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Autore: Ceccaaa    24/04/2016    1 recensioni
~DALL'ULTIMO CAPITOLO~
E poi quella parola, che aveva cominciato ad odiare. Corpuscontroller. Aveva un suono aspro sulla sua lingua e un profilo oscuro nella sua mente. Era l’insieme di amicizia e terrore. Una paura troppo terribile per essere vera, ma che esisteva senza il minimo dubbio. E poi, come colpita da un attimo di lucidità, un colpo al cuore: casa mia. Sono andati a casa mia. Lo sapevano. Sapevano chi era.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Dursley, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Tu non puoi mollare

23 Dicembre 2023
Caro diario, come hai notato dalla data è quasi Natale. Ora mi trovo alla Tana nella mia stanza (la vecchia stanza di zio Ron) con Sammy che – non ci crederai mai – russa come se non ci fosse un domani. Sono le 7.30 del mattino e sento già la nonna fare avanti e indietro per la cucina. Aspetta: zio Harry è appena arrivato. L’ho sentito materializzarsi, fa sempre colazione qui quando passa la notte in bianco – e succede quasi sempre.
Sai, il Natale qui è bellissimo ma quest’anno sarà anche meglio: ho invitato Mila, facendo attenzione di non invitare lo Zabini. Lui verrà a capodanno con la sua famiglia e in ogni caso è in vacanza con i suoi genitori. Certo: non so quanto sia una buona idea andare in Alaska a Natale, ma comunque non è qui. Sento dei passi sulle scale: deve essere Albus, è sonnambulo. Sammy si sta svegliando, ci sentiamo domani,
Jo
 
“Stai ancora scrivendo quello stupido coso?” chiese suo cugino strofinandosi gli occhi. “Aiuta, sai? Quando non hai nessuno con cui confidarti, basta confessare tutto a un pugno di righe e sei apposto.” Rispose Jo riponendo con attenzione l’agendina sul comodino. “Sarà, ma io ho sempre odiato scrivere qualunque genere di racconto. Sia pure la mia giornata.”
Si sentì un CRACK e Sammy si voltò per vedere chi si fosse appena materializzato nel giardino. Sgranò gli occhi e Jo chiese: “Stai bene?” “Devi scendere, Jonathan.” Il Serpeverde non se lo fece ripetere due volte: Sammy l’aveva chiamato così solo quattro volte nella sua vita e non sapeva se esserne contento o preoccupato. Infilò la vestaglia e uscì dalla stanza per fiondarsi giù dalle scale. “Ciao nonna, ciao zio, abbiamo sentito qualcuno materializzar…” non finì la frase che un fiume di capelli biondi profumatissimi lo fece quasi soffocare. Il ragazzo rispose all’abbraccio beandosi di quel profumo così delicato finché Mila non lo allontanò suo malgrado. “Hey, Jo!” esclamò una voce alle sue spalle. Jo impallidì identificandola come quella della sua migliore amica. “Ehm… ciao Claire. Che ci fai qui?” chiese leggermente imbarazzato. “Mila mi ha detto che veniva da te e, siccome mio padre doveva andare in Germania, ci ha portate con la materializzazione congiunta.” Rispose la fotocopia della sua ragazza raggiante. “E mi ha anche detto anche perché veniva qui.” Il ragazzo divenne paonazzo e guardò Mila incredulo. Lei fece finta di grattarsi il naso con aria colpevole. “È mia sorella: doveva sapere.” Si giustificò. “Quindi dobbiamo evitare che Leòn scopra tutto… facendo in modo che tutti sappiano tutto.” Le ragazze alzarono le spalle. “Volete qualcosa da mangiare, care?” chiese nonna Molly in quel momento. “Nonna, è un po’ presto per la colazione, direi. Vi porto su a conoscere Sammy.” Propose invece il ragazzo porgendo una mano a Mila, che accettò volentieri. Notando all’ultimo secondo lo sguardo deluso della nonna, guidò le ragazze verso l’ultimo piano, dove entrarono nell’unica stanza presente con il fiato leggermente alterato per la fatica. “Sei piuttosto in alto.” Commentò Claire osservando la stanza dalle pareti trasandate. “Quando sei l’ultimo di quasi venti cugini, e forse più, ti becchi la stanza meno voluta.” Sospirò l’amico sedendosi sul letto. In realtà la sua stanza era decisamente più grande di quando suo zio la abitava: c’erano due letti fissi, una scrivania spaziosa e diversi poster dei Cannoni di Chandley su una parete, mentre su quella opposta gli acerrimi rivali: i Falmouth Falcons. Jo li adorava e Sammy offriva una degna risposta alla provocazione ricoprendo di gadget dei Cannoni la sua parte della stanza. “Hey, Lupin! Non sarai mica tornato a letto.” “Maledetto, Dursley!” grugnì in risposta il cugino cercando di scrollarselo di dosso, visto che si era seduto sulla sua schiena.
“OK, OK! Mi tolgo… ma ti togli anche tu.” Ribatté l’altro tirandolo giù dal letto. “Mi passeresti il cuscino, per favore?” “Piantala, mi fai fare brutte figure.” Borbottò Jo. Sammy aprì gli occhi e guardò le due sorelle che ricambiarono con sguardo divertito. “Io… sono sonnambulo…” cercò di giustificarsi alzandosi. Aveva solo nove anni, ma Jo lo vedeva talmente bene nella parte di James da considerarlo un coetaneo. “Ma certamente. Queste sono Mila e Claire. Te ne avevo parlato.” Presentò indicandole una dopo l’altra. “Sì, praticamente non parli d’altro. Piacere, Sammy Dudley Lupin.” Il Serpeverde sorrise tra sé: era stato lui, a cinque anni, a proporre per scherzo di chiamarlo così di secondo nome. Non aveva certo immaginato l’avrebbero davvero preso in considerazione.
Dopo poco più di mezz’ora decisero che c’erano abbastanza passi sulle scale da seguirli. In quei giorni precedenti il Natale era concesso a tutti i genitori (tranne Teddy e Victoire) una pausa dal convivere con i figli. Tutti abitavano la tana per tenere compagnia alla nonna, sola in una casa troppo grande da un paio d’anni. Quando arrivarono in cucina il lunghissimo tavolo posizionato al centro era quasi del tutto pieno e rumoroso, ma cadde il silenzio appena tutti notarono le nuove arrivate. I ragazzi ne erano ammaliati, i fratelli per un ottavo Veela le osservavano evidentemente disorientati e tutti gli altri sorridevano amichevoli. “Ragazzi, queste sono Mila e sua sorella Claire. Credo di avervene parlato.” Fred sbuffò qualcosa che sembrava: “Non ha parlato d’altro.” E gli altri si alzarono per salutare. “Quale delle due è Mila?” chiese James. La ragazza alzò incerta la mano. “Complimenti e buona fortuna.” Ghignò il ragazzo con una strizzatina d’occhio. Poco dopo si sedettero tutti a tavola e tutto tornò alla normalità. “Vuoi della cioccolata, tesoro?” chiese Victoire a suo figlio. “Grazie mamma. Mi passeresti lo zucchero?” “Nella cioccolata?” chiese lei contrariata. “È sempre troppo amara.” Rispose lui. Lei gli passò la zuccheriera alzando gli occhi al cielo. “Quindi, com’è andata la nottata, Harry caro?” chiese nonna Molly al cognato. “Non male. Non abbiamo preso nessuno di loro. A proposito: Jo, Mila e Claire vi devo parlare.” Di nuovo piombò il silenzio. I tre avevano una certa idea del perché il capo Auror volesse parlare proprio a loro. Infatti si alzarono con gli occhi di tutti addosso e seguirono lo zio nel salotto. Lui bloccò la porta e la imperturbò in modo che fosse a prova di Roxanne-Fred e si voltò verso i tre che si erano stretti nel divano più grande. “Bene. Il modo con cui vi siete mossi mi fa pensare che sappiate perché siete qui, e siccome Jo vi ha presentato come sorelle penso abbiate fatto ricerca. Ragazzi: sta notte sono andato a caccia di Corpuscontroller.” I ragazzi trasalirono. Non erano sicuri delle intenzioni dell’uomo. “Non preoccupatevi, non avete alcuna colpa. Volevo mettervi in guardia: qualche anno fa il Ministero, che fa abbastanza schifo da questo punto di vista, ha dichiarato la quasi totale scomparsa del Corpuscontroller dalla faccia della terra. Dicevano che solo uno esisteva ancora, che gli altri erano stati sterminati. Beh, non è così. Forse all’inizio erano pochi, ma si sono riprodotti, formando quasi un piccolo esercito. Quindi ve lo dico: sono pochi quelli che pensano di essere normali esseri umani e magari si vergognano anche del loro potere. La maggior parte si crede una specie a sé e non faticheranno a convincere gli altri. Quindi vi prego: fate attenzione.” Concluse e si diresse verso la porta. I tre ragazzi erano un po’ scossi. “Ehm… dovremmo finire la colazione.” Mila si alzò, ma Jo la fermò: “Posso parlarti? In privato?” la sua migliore amica si alzò con un sorrisetto malizioso e seguì la zio Harry chiudendosi a porta alle spalle.
“Mila, ho paura.” Sussurrò Jo fissando il pavimento. Non aveva dato l’idea di quanta pura avesse, ma lei era certa che se l’avesse guardato negli occhi avrebbe visto più di semplice paura: avrebbe visto terrore. “Lo so. Ma non è colpa tua. E neanche mia. Non è colpa di nessuno.” Lui sbuffò e si alzò tirando un calcio alla poltrona per scaricare l’adrenalina. “Jo! Devi credermi. Non è colpa tua.” Il ragazzo era rosso in viso e quando la guardò negli occhi argentati lei non vide il terrore. Era anche più del terrore. Ha gli occhi verdi. Verdi come la speranza. Pensò scacciando l’espressione appena scorta in un angolo del cervello. Ha gli occhi verdi perché lui è la nostra speranza. Realizzò infine. “Tu non puoi mollare.” Si era alzata e glielo aveva sussurrato all’orecchio, come un segreto. Ma il ragazzo sapeva perfettamente che il segreto sarebbe divulgato.
   
 
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