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Autore: 9Pepe4    25/04/2016    11 recensioni
Il Maestro Qui-Gon Jinn non ha nessuna intenzione di prendere un nuovo apprendista… Ma l’incontro con Obi-Wan Kenobi, un Iniziato di sette anni, potrebbe cambiare le cose.
Peccato che il passato, in un modo o nell’altro, trovi sempre la maniera di fare lo sgambetto al presente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Obi-Wan Kenobi, Qui-Gon Jinn, Yoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 16 – I ladri

I Jedi, per lo più, avevano una concezione particolare degli spazi.
Non li percepivano soltanto in termini di lunghezza, larghezza e profondità, ma anche in rapporto delle persone che li occupavano.
Su Nihilo, questa capacità era come ottenebrata, ma almeno per un momento parve tornare in piena forza.
Qui-Gon, infatti, avvertì con estrema chiarezza l’emozione che scaturì da quello scricciolo dai capelli ramati che era Obi-Wan Kenobi.
Il bambino lo guardò da sotto in su, le mani strette sulla sfera. «Davvero?»
Era chiaro che stentava a credere alle proprie orecchie.
«Davvero» confermò Qui-Gon, girandosi per posare il rilevatore d’impronte sulla scrivania. «Ed ora, se non ti dispiace, vorrei farti alcune domande… Mi serve l’identikit di quell’uomo».
Obi-Wan iniziò ad annuire prima ancora che lui concludesse la frase. «Certo, Maestro Jinn».
«Molto bene, allora». Qui-Gon indugiò, quindi decise di cominciare da una domanda basilare. «Ti ricordi di che colore aveva occhi e capelli?»
«Capelli neri e occhi scuri» rispose subito il bambino.
Qui-Gon annuì sovrappensiero, prendendo il proprio datapad ed inserendo quei primi dati in un programma che avrebbe tracciato il ritratto del suo indiziato. Un Jedi doveva essere in grado di farlo anche a mano, naturalmente, ma se c’era la tecnologia tanto valeva approfittarne.
«I capelli erano un po’ lunghi» aggiunse Obi-Wan, sporgendosi ansiosamente verso di lui, «e gli occhi erano a mandorla».
«Ricordi le sue sopracciglia?»
Le ricordava sì, così come ricordava la lunghezza del naso, la forma del volto, il neo sotto l’occhio destro e fondamentalmente tutte le informazioni che Qui-Gon gli chiese.
Ciononostante, via via che si entrava nel dettaglio, Obi-Wan iniziava a farsi più timoroso di dare la risposta sbagliata. Si mordicchiava il labbro inferiore, e si era messo a giocherellare coi propri capelli ramati.
Accanto all’orecchio destro, aveva un ciuffo più lungo degli altri – sarebbe servito come principio della sua treccia da Padawan – e continuava a rigirarselo tra le dita.
Nel momento in cui Qui-Gon gli mise davanti il ritratto completo dell’uomo, domandandogli se era accurato, Obi-Wan lasciò ricadere le mani e si immobilizzò.
«Sì» disse, dopo aver fissato a lungo lo schermo del datapad. «Sì, Maestro Jinn. Gli somiglia molto».
L’uomo gli rivolse un accenno di sorriso. «Eccellente».
Obi-Wan sorrise di rimando… Poi parve ricordarsi di qualcosa e sussultò.
«Tutto bene?» domandò Qui-Gon.
Il bambino appoggiò la sfera sulla scrivania e si torse le mani. «La Maestra Yula» disse infine, in tono colpevole. «Non sa… Non ho detto a nessuno che stavo venendo qui».
«Va’» disse subito Qui-Gon.
A onor del vero, Obi-Wan parve un po’ deluso da quella risposta. «Non c’è… non posso aiutarti con qualcos’altro, Maestro Jinn?»
«Mi sei già stato di grande aiuto» gli assicurò Qui-Gon, «ma non vogliamo certo far preoccupare la responsabile del tuo clan».
«No» concordò Obi-Wan.
«Bene, allora» concluse l’uomo, tendendo una mano verso il bambino ed accompagnandolo alla porta. «E mi raccomando, spiega alla tua Maestra come mai sei venuto qui».
«Va bene, Maestro Jinn».
Obi-Wan uscì in corridoio, e mentre si allontanava si girò più volte indietro, verso Qui-Gon. Da parte sua, l’uomo attese che il bambino fosse scomparso alla sua vista, e a quel punto rientrò nella propria stanza.
Tentò di contattare il Corpo di Polizia di Omnia, il pianeta più vicino a Nihilo, così da fargli avere l’identikit del suo sospettato. La sola astronave di linea che passasse per Nihilo, infatti, faceva la spola tra Nihilo e Omnia – se i ladri avessero cercato di lasciare il pianeta, era probabile che l’avrebbero fatto con quel mezzo.
Le comunicazioni, però, avevano ancora qualche problema, e l’uomo non riuscì a stabilire alcun contatto.
Dopo quasi un’ora di infruttuosi tentativi, Qui-Gon si alzò con la mezza idea di scendere dal locandiere… e qualcuno bussò alla sua porta.
L’uomo si bloccò per un momento. Stava ricevendo una visita dopo l’altra.
Chiedendosi se fosse di nuovo Obi-Wan, si diresse ad aprire la porta, e si ritrovò davanti la Maestra Yula.
La donna doveva aver lasciato la toga scura nella propria stanza, ed aveva i capelli scuri sciolti sulla schiena, liberi dal consueto chignon.
Erano davvero lunghi, notò Qui-Gon. Le arrivavano ai fianchi.
«Maestro Jinn» esordì la donna. «Potrei parlarvi un momento?»
L’uomo si fece da parte per lasciarla entrare. «Naturalmente».
Lei avanzò nella stanza e si voltò a guardarlo, mentre la porta si richiudeva alle spalle dell’uomo con un sibilo sommesso.
«Il piccolo Kenobi mi ha detto di avervi aiutato nelle vostre indagini».
«È così» asserì Qui-Gon, domandandosi se per caso la donna ne dubitava.
«Ha detto che lo sconosciuto che lo ha avvicinato questo pomeriggio si è rivelato essere un sospettato. Un’incredibile coincidenza, non trovate?»
L’uomo la fissò. Nessun Jedi credeva nel caso. Tutto accadeva per una ragione. Commentando che era stata un’incredibile coincidenza, la donna voleva probabilmente sottolineare che era stato il volere della Forza.
«In ogni modo» riprese la Maestra Yula, senza lasciargli il tempo di replicare, «poco fa ho contattato Coruscant, per assicurarmi che la navicella del Tempio arrivasse domani come da programma».
«Domani?» non riuscì a trattenersi dal ripetere Qui-Gon, in tono inquisitorio.
«Oh… Sì. Domani mattina». La donna incontrò il suo sguardo. «La nostra gita è giunta al termine».
L’uomo distolse gli occhi. Non poteva negarlo: gli dispiaceva che Obi-Wan se ne andasse.
«Ho parlato col Gran Maestro» proseguì la Maestra Yula, ricatturando la sua attenzione, «e gli ho detto quanto ha fatto l’Iniziato Kenobi. E lui ha richiesto che il bambino rimanga qui su Nihilo con voi».
Qui-Gon sbatté le palpebre. «Come?»
«È suo parere» rispose la donna, «che il piccolo Kenobi meriti di assistere al resto delle vostre indagini».
Qui-Gon non disse nulla. Yoda, naturalmente, non si era fatto sfuggire l’opportunità di affidargli Obi-Wan Kenobi.
La mente dell’uomo tornò all’inizio del suo incarico, a quanto gli era sembrato bizzarro che un Jedi dovesse occuparsi di un semplice caso di furto.
E se questo fosse stato l’obiettivo di Yoda sin dall’inizio? Trovare un modo di fargli passare del tempo solo con Obi-Wan?
No, si disse poi. La cosa non tornava del tutto.
In fondo, nemmeno il Gran Maestro avrebbe potuto prevedere che il bambino avrebbe avuto l’occasione di rendersi tanto utile.
Doveva esserci dietro qualcos’altro… Qui-Gon ripensò a quando aveva chiesto a Fja Larr se avesse mai avuto a che fare con l’Ordine dei Jedi.
Non particolarmente, aveva risposto l’artista, e l’uomo si ripromise in silenzio di indagare su quella replica.
«Naturalmente» disse la Maestra Yula, facendolo tornare al presente, «se pensate che l’Iniziato Kenobi vi sarebbe di disturbo…»
«Tutto il contrario» la interruppe Qui-Gon, d’impulso. «Lasciatelo pure con me».
La donna lo guardò con aria consapevole, come se non avesse avuto neanche un dubbio su cosa lui avrebbe risposto. Possibile che fosse diventato tanto trasparente, per quanto riguardava Obi-Wan?
«Molto bene» disse la donna. «Allora domani lo lasceremo con voi».
Accennò un inchino e fece per ritirarsi, quando Qui-Gon realizzò una cosa.
«Un momento» disse, «siete riuscita a contattare il Tempio?»
Lei inarcò le sopracciglia. «Dopo una decina di tentativi, sì. Come mai lo chiedete?»
«Niente, è solo… Ho tentato senza successo di contattare Omnia».
La comprensione passò negli occhi della donna. «Per l’identikit del vostro indiziato? Mmm. Io ho parlato col signor Tar. Mi ha detto che le comunicazioni stanno dando problemi, e che domani dovrebbe passare il loro miglior tecnico a dare una controllata».
«Capisco» disse Qui-Gon. Se non si sbagliava, la navicella di linea avrebbe fatto scalo a Nihilo solo tra due giorni. «Molto bene, dunque».
La Maestra Yula gli rivolse un sorriso cortese, per poi uscire dalla stanza.

Il mattino successivo, quando i suoi coetanei partirono per tornare a Coruscant, Obi-Wan rimase su Nihilo.
Non si sarebbe fermato a tempo indeterminato, aveva chiarito la Maestra Yula al momento di salutarlo. Se le indagini di Qui-Gon non si sarebbero concluse entro cinque giorni, lei o un altro Maestro sarebbero comunque venuti a recuperare il bambino.
Nonostante il lasso di tempo limitato, Obi-Wan sembrava nervoso ed elettrizzato al contempo. Era chiaro che l’idea di trascorrere altro tempo in compagnia di Qui-Gon gli piaceva, ma sembrava anche timoroso che il Maestro Jedi potesse considerarlo un fastidio.
Per tentare di alleviare quella sensazione, l’uomo invitò il bambino nella propria stanza e gli spiegò le procedure che era solito seguire in un’indagine come questa.
Fuori aveva iniziato a piovere, e l’acqua tamburellava ritmicamente contro la finestra.
Qui-Gon disse ad Obi-Wan che non era riuscito a contattare Omnia, e nemmeno Coruscant, e che di conseguenza aveva fornito alla Maestra Yula una copia dell’identikit del suo sospettato… Una volta giunta al Tempio, la donna l’avrebbe trasmesso al Corpo di Polizia di Omnia.
«Così se vedono quell’uomo lo fermeranno» disse Obi-Wan, annuendo.
Qui-Gon sorrise. «Esatto».
A quel punto, scesero in mensa per il pranzo, e furono servite loro delle gustose polpette verdi che sembravano piacere parecchio ad Obi-Wan.
A fine pasto, fecero per tornare nelle loro stanze, ma si fermarono nell’ingresso, trovando Jon Tar in compagnia di una ragazza di circa diciassette anni.
Era vestita con una tuta da lavoro blu scuro, e portava i capelli neri legati dietro la nuca, anche se molti ciuffi le ricadevano comunque sul lato sinistro del volto.
Era intenta ad ascoltare Jon Tar – che le stava spiegando i problemi che c’erano stati con le comunicazioni – ma all’arrivo di Qui-Gon ed Obi-Wan spostò lo sguardo su di loro e si irrigidì, affrettandosi a volgere altrove il proprio volto.
Nella frazione di secondo in cui i loro occhi si erano incrociati, Qui-Gon aveva avuto modo di individuare il motivo della reazione che era seguita.
La metà sinistra del volto della ragazza, infatti, era sfigurata; la pelle era biancastra e grinzosa, l’occhio azzurro e opaco anziché scuro e luminoso come il destro.
«Maestro Jinn» disse Jon Tar, probabilmente per riempire il silenzio prima che si facesse troppo imbarazzante. «Iniziato Kenobi».
Accanto al locandiere, la ragazza si rilassò appena e tornò a guardare nella loro direzione, anche se teneva la testa china come per nascondere il proprio volto.
Con la coda dell’occhio, Qui-Gon notò che Obi-Wan la stava guardando con una curiosità infantile e priva di giudizio.
«Questa è Heri, il nostro tecnico migliore».
Qui-Gon si fece avanti ed accennò un inchino, subito imitato da Obi-Wan.
«Le stavo giusto dicendo del nostro problema con le comunicazioni».
La ragazza aveva preso a giocherellare coi guanti che indossava. «È un problema che stanno avendo un po’ tutti» disse, guardando ovunque fuorché verso Qui-Gon. «Ma spero di riuscire a risolverlo entro domani».
«Ottimo» disse il Maestro Jedi, con voce carica di approvazione. «Vi ringrazio davvero».
«Figuratevi. È il mio lavoro».
Da vicino, Qui-Gon si rese conto di due cose: il viso della ragazza gli dava uno strano senso di déjà-vu, anche se era certo di non averla mai incontrata… E inoltre lei emanava uno strano odore, un odore pungente, che sembrava essersi attaccato alla sua pelle e ai suoi vestiti.
Lei non rimase ancora a lungo; rispose alle domande di Jon Tar, quindi borbottò qualcosa su un altro appuntamento e fu rapida ad andarsene.
Da parte loro, Qui-Gon ed Obi-Wan si diressero al piano di sopra, e il bambino scosse la testa. «Il tecnico puzzava di vernice di speeder» dichiarò, arricciando il naso.
Qui-Gon si lasciò sfuggire un sorriso divertito. Era vero, realizzò dopo un momento. Era quello l’odore che aveva sentito sui vestiti della giovane. Si occupava anche di riparare mezzi di trasporto, per caso?
Mentre Obi-Wan si dirigeva a lavarsi i denti, Qui-Gon tornò nella propria stanza. Dopo una sosta in bagno, riprese in mano il ritratto del suo indiziato… e si bloccò.
I capelli neri. Gli occhi a mandorla. La forma del viso. Erano molto simili a quelli della ragazza, Heri.
«Oh, Forza» esalò il Maestro Jedi.
Possibile che fosse una parente del sospettato? Possibile che fosse coinvolta in qualche modo? Forse il suo nervosismo non era dovuto ad una sorta di disagio per il propria aspetto, bensì a qualcosa che sapeva… O forse addirittura a qualcosa che aveva fatto.
Preso da una frenesia improvvisa, Qui-Gon recuperò la mappa cittadina che aveva esaminato in precedenza… Ed eccola, al limitare della città, la fabbrica di speeder in disuso.
Non poteva trattarsi di una coincidenza. Una ragazza che somigliava incredibilmente al suo indiziato, e che poteva esser stata in un posto che… be’, che sarebbe stato un eccellente nascondiglio per la refurtiva.
Senza perder tempo, Qui-Gon indossò la propria toga ed uscì dalla stanza, imbattendosi in Obi-Wan.
«Maestro Jinn?»
«Esco un momento» affermò l’uomo. «Ho un’idea su dove possano trovarsi le opere rubate. Tu rimani qui, io vado a verificare. Faremo la nostra lezione al mio ritorno».
Obi-Wan aggrottò la fronte. «Sì, Maestro Jinn».
Quando l’uomo uscì in strada, cadeva una pioggia rada e sottile. Camminando in tutta fretta, lui notò degli Ysalamiri accanto ai muri delle case e sotto le verande.
Dopotutto, Jon Tar non gliene aveva forse parlato, appena il giorno prima? Quegli animali, in caso di pioggia, si rifugiavano presso le abitazioni…
Per Qui-Gon non era il massimo – poiché significava che la sua percezione della Forza non era mai stata così stentata – ma al momento aveva altro a cui pensare.
Dopo un po’, non abbastanza da sentirsi stanco ma abbastanza da iniziare a sentirsi bagnato, uscì dalla città, e percorrendo una strada sterrata giunse alla fabbrica.
Era possibile che alcuni edifici secondari fossero stati smantellati negli ultimi anni: adesso rimaneva soltanto la costruzione centrale, un fabbricato scuro, di forma cilindrica.
Qui-Gon si avvicinò al portone e lo spinse, ottenendo un cigolio orrendo ed una fessura abbastanza ampia da permettergli di entrare.
Si ritrovò in un’unica grande stanza, dal soffitto molto alto, pervasa dall’odore pungente della vernice. Esattamente quello che aveva sentito sugli abiti di Heri.
C’era una catena di montaggio ferma, alcuni speeder incompleti che pendevano dal soffitto… E, davanti a lui, alcune casse sistemate l’una di fianco all’altra in una lunga fila.
Qui-Gon si avvicinò ad aprire la prima, rivelando alcuni pezzi di ricambio arrugginiti. Li prese uno ad uno e li lasciò cadere sul pavimento, e quando ebbe svuotato quasi completamente la cassa trovò una scultura bianca, un Mynock che pareva sul punto di prendere il volo. Uno dei lavori trafugati di Fja Larr.
Poi udì uno sparo fischiargli accanto all’orecchio destro, e ricordò che all’artista erano stati rubati anche i droidi di sicurezza. In un istante, la spada laser fu attiva tra le sue mani, e la lama verde balenò a deflettere i primi colpi.

Obi-Wan Kenobi non aveva idea di cosa fare.
Si trovava di fronte ad un edificio imponente, e siccome non aveva nessuna mantella stava anche iniziando ad inzupparsi.
Sapeva che non avrebbe dovuto seguire il Maestro Jinn. Avrebbe dovuto rimanere alla locanda come gli era stato detto. Non appena l’uomo se n’era andato, però, lui era stato invaso da un’ansia schiacciante. Aveva dovuto seguirlo.
Era stato attento a non farsi notare, a mantenere una buona distanza tra loro, e il rumore della pioggia e la debolezza della Forza l’avevano aiutato a passare inosservato… Ma adesso?
Prima che il bambino potesse decidere il da farsi, la sua mente registrò un rumore alle sue spalle… E qualcuno lo afferrò e lo sollevò dal terreno, premendogli una mano sulle labbra per soffocare il suo grido di sorpresa.
Pur sbigottito com’era, Obi-Wan riconobbe subito l’odore pungente di chi lo stava tenendo fermo e a bocca chiusa.
«Non ci credo» disse una voce familiare, maschile, appartenente a qualcuno che il bambino non riusciva a vedere. «È il marmocchio della sfera».
«Era alla locanda col Maestro Jedi» rispose la persona che lo teneva stretto.
Adesso Obi-Wan non aveva più dubbi. Era lei, Heri, la ragazza che doveva aggiustare le comunicazioni. Era una complice del ladro?
«E il Maestro è dentro».
«Ci sono anche i droidi» ricordò la ragazza, senza allentare la presa su Obi-Wan.
«Non credo lo sconfiggeranno» disse l’uomo, «ma potrebbero distrarlo».
«Distrarlo?» ripeté lei, voltandosi completamente verso il suo complice, e finalmente Obi-Wan poté vederlo.
Era decisamente l’uomo che aveva raccolto la sua sfera… e stava sollevando la mantella per rivelare due blaster di piccole dimensioni.
«Me ne occupo io».
Obi-Wan sbarrò gli occhi e cercò di dimenarsi, ma la presa della ragazza era ferrea. «Te ne occupi in che senso?»
L’uomo le sorrise in un modo che doveva essere rassicurante. «Entro dalla porta sul retro. Mi nascondo dietro le casse. Prendo la mira. Non ci darà più fastidio»
Un gemito di orrore rimase imprigionato nella gola di Obi-Wan, e l’uomo si diresse verso la fabbrica… Il bambino pensò a Qui-Gon con tutte le sue forze, cercando di avvertirlo, cercando di trasmettere il proprio terrore attraverso la Forza.
«Aspetta, no!» esclamò la ragazza.
L’uomo si bloccò e si voltò a guardarla, interrogativo.
«Lo faccio io» affermò lei, con decisione. «Tu prendi il ragazzino».
L’uomo era accigliato, ma acconsentì. «Come vuoi».
Si sganciò uno dei blaster dalla cintura e lo mise a terra, dopodiché si fece avanti per prendere Obi-Wan dalla ragazza. Il bambino tentò disperatamente di liberarsi durante il trasferimento, dimenandosi e graffiando le braccia dei ladri, ma fu inutile, e la mano inguantata sulla sua bocca venne subito sostituita da quella dell’uomo.
La ragazza si chinò a raccogliere il blaster. Le tremavano le mani, ma sembrava determinata.
«E di questo qui?» chiese l’uomo. «Che ne facciamo?»
Gli occhi di lei – tanto quello azzurro e opaco quanto quello scuro e luminoso – guizzarono su Obi-Wan. «Ci pensiamo dopo. È… è un bambino».
«Ha sentito tutto. Ci ha visti».
La ragazza indugiò. «È un bambino» ripeté infine, e si avviò verso l’edificio con una certa fretta, come se volesse rimandare quella conversazione.
Quando scomparve dietro l’angolo, certamente diretta all’entrata sul retro di cui aveva parlato l’uomo, Obi-Wan cercò nuovamente di liberarsi.
«Fermo» gli sibilò il ladro, con una certa cattiveria. «Sei fai un fiato, ti ammazzo».
Ignorando la minaccia, il bambino tirò indietro la testa… e poi la spinse in avanti, riuscendo ad affondare i denti nel palmo dell’uomo.
Quest’ultimo lo lasciò con un’imprecazione, e Obi-Wan capitombolò a terra. Si rialzò incespicando, evitò le braccia che tentavano di acciuffarlo e si mise a correre.
Il portone era appena dischiuso, e il bambino sgusciò in quella fessura, entrando nella fabbrica.
Qui-Gon era là, e stava abbattendo con metodo i droidi che gli si stringevano attorno. Non sembrava, però, che si fosse accorto della ragazza che si stava sollevando da dietro la fila delle casse, e che stava mirando alle sue gambe.
Obi-Wan sveltì la corsa, e un grido disperato gli uscì dalle labbra: «Maestro!»










Note:
…ebbene sì, sono tornata ad aggiornare questa storia.
Non so bene come scusarmi dell’immenso ritardo, spero almeno che questo nuovo capitolo non sia stato una lettura deludente.
Per quanto riguarda il prossimo aggiornamento, arriverà lunedì 9 maggio (sperando che non ci siano altri ritardi!).
  
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