Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: localcyrus    25/04/2016    0 recensioni
La vita di Rebecca Ashenoff è stata segnata nel profondo quando la sua migliore amica si è spenta davanti a lei durante un incidente stradale.
Il senso di colpa la trafigge continuamente e trasferisi a Chicago, la città che da sempre desidera visitare, sembra essere l'unica soluzione per evitare il disastro emotivo.
Fino a quando, in circostanze piuttosto ambigue, si imbatte nel giovane Zayn Malik, un enigmatico e promettente talento dell'informatica, che nasconde però la sua identità, mostrandosi al mondo unicamente servendosi dell'uso di un robot, con la scusa di dover testare l'oggetto nel Centro di Sperimentazione Robotica dove entrambi lavorano.
Dapprima affascinata, la ragazza si troverà a fare i conti con il proprio passato, per poi scoprire che all'apparenza nulla è come sembra.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il mio nuovo appartamento fa schifo.
 
L'uomo che me l'ha appena mostrato sembra essere uscito da un ridicolo cartone animato: è alto circa un metro e cinquanta, robusto, e con un'ispida e sporca barba a ricoprirgli il volto.
Mi ha fatto ribrezzo persino stringergli la mano una volta conclusa la trattativa, la sua pelle era sudaticcia e umida ma per buona educazione non ho potuto tirarmi indietro.
L'appartamento è situato al primo piano di una palazzina decadente e instabile, ma questo è il massimo che posso permettermi date le mie scarse possibilità economiche.
I muri sono scrostati e ingialliti dal fumo e dal tempo, i pavimenti sbeccati e consumati a causa del passaggio continuo di persone e all'interno dell'ambiente aleggia un odore stantio di muffa e ruggine.
È arredato, ma di pessimo gusto.
Mobili scardinati e putridi campeggiano per tutta la casa, dandole un'aria inquietante da film dell'orrore.
Ci sarà molto lavoro da fare.
 
La casa mi è stata affittata così com'è, perciò dovrò provvedere io allo spostamento e alla sostituzione di tutti i complementi d'arredo, compreso il fetido materasso appoggiato sul pavimento, che probabilmente contiene molte più infezioni e malattie di tutta l'intera città di Chicago.
Mi sono trasferita qui undici giorni fa dal North Dakota, uno Stato noioso  dimenticata dal mondo in cui vivevo con mio padre e mio fratello, e in tutto questo tempo, prima di trovare l'appartamento, ho sborsato quasi tutti i miei risparmi in un ostello per giovani, paragonabile ad uno zoo, in cui tutti fanno i comodi loro quando vogliono.
 
Finire l'università non è stato facile, anzi potrei definirla un'ardua impresa, ma lo dovevo a mio padre che per anni mi ha sostenuta economicamente pagandomi le lezioni fino all'ultimo giorno.
Con i soldi racimolati dai lavori occasionali che compivo piuttosto saltuariamente, sono riuscita finalmente a trasferirmi qui, a Chicago, la città che fin da quando ne ho memoria sognavo di visitare.
Certo, speravo in condizioni migliori di queste, ma non posso lamentarmi, sempre meglio che abitare sotto un ponte.
 
Armeggio con la maniglia della finestra che non ne vuole sapere di aprirsi e che solo circa al decimo tentativo cede, spalancandosi verso l'interno e ricoprendomi di polvere.
La luce solare mi acceca ma ciò permette all'aria fresca di circolare in questa casa sporca e disordinata.
Al contrario della luce fioca delle lampadine, con il sole riesco ad osservarla meglio: la stanza in cui mi trovo presenta un pavimento in legno che probabilmente ha assorbito tutta l'umidità negli ultimi tempi, mentre i muri, inizialmente bianchi, ora sono coperti da un fitto stato di fuliggine e sporcizie di ogni genere.
Tiro un sospiro rassegnato nel vedere quanto schifo mi toccherà pulire, ma questa è la sorte di chi non ha grandi possibilità economiche: adattarsi a tutti i tipi di ambienti, compreso questo.
Prima di uscire spalanco con forza tutte le finestre: non credo che la mente di qualcuno possa mai essere attraversata dal pensiero di venire a rubare qualcosa qui, e, anche se fosse così, vedendo le condizioni dell'ambiente, mi lascerebbero cinque dollari sul pavimento e se ne andrebbero.
 
In strada l'aria è leggera e mi beo di questa piacevole sensazione, liberando le mie narici da quella puzza insistente di muffa.
Ripasso mentalmente tutto ciò che dovrò comprare al negozio di ferramenta, ma quando il commesso mi chiede con cortesia di cosa ho bisogno, non ricordo più nulla.
Alla fine esco di lì facendo due volte avanti e indietro dal negozio all'auto per caricare tutto al suo interno, aiutata anche dal ragazzo addetto alle vendite. 
Tutta la mia roba si trova già nel bagagliaio della macchina che ho acquistato pochi giorni fa, salvandola dalla demolizione. Non sono molte cose ma hanno una vitale importanza e sicuramente mi saranno utili in futuro.
Ringrazio il cielo che l'appartamento sia al primo piano, non voglio immaginare come sarebbe stato percorrere cinque o sei piani con tutta questa roba in mano, non c'è nemmeno uno stupido ascensore, o meglio, c'è, ma è guasto.
Quando finalmente ho scaricato tutto, mi appoggio allo stipite della porta, asciugandomi la fronte imperlata di sudore con il dorso della mano, prima di armarmi di forza d'animo per ripulire tutto nel minor tempo possibile.
 
Alle tre del pomeriggio sono sfinita dopo cinque ore di fatica senza sosta, ma l'appartamento sembra solo minimamente migliore  di prima, probabilmente stanotte mi toccherà dormire in macchina.
Cerco di scrostare via lo sporco dal parquet usurato, inginocchiandomi per strofinarci sopra una spazzola, ma ciò richiede uno sforzo fisico non indifferente e alla fine, quando sono riuscita a ripulire solo quella che sarà la mia stanza, mi butto a peso morto sul pavimento che ho appena tirato a nuovo. 
 
Il palazzo sembra disabitato anche se ci sono diversi nomi sui campanelli e passa circa mezz'ora prima che un ragazzo sui venticinque anni che trascina una chitarra sulla spalla mi passi davanti con passo spedito.
Gli offro dieci dollari per portare fuori il materasso lurido che non toccherei nemmeno sotto tortura e inizialmente lui storce il naso, ma quando gliene offro quindici e due barrette di cioccolato, finalmente cede, trascinando quell'enorme e puzzolente ammasso di germi dall'altra parte del marciapiede.
 
La stanza che ho appena meticolosamente pulito ora quasi splende, se non fosse per i muri scrostati e ammuffiti, che tinteggerò nei prossimi giorni.
Presa dalla stanchezza non posso fare a meno di stendermi per terra a addormentarmi sul quel legno umido e profumato.
 
Mi sveglio di buon'ora, il sole sta sorgendo e non può essere più tardi delle sei.
Rendendomi conto di tutto il duro lavoro che mi tocca oggi vorrei tornare a dormire, ma il pavimento non è molto comodo e mi sento tutte le ossa fragili e indolenzite.
 
In casa non c'è cibo e rovistando nella mia borsa riesco a racimolare una barretta dietetica e una piccola confezione di cioccolatini, che divoro senza nemmeno gustarne il sapore.
 
È il secondo giorno ma la casa è quasi nelle esatte condizioni di ieri, se non fosse per il pavimento pulito su cui ho passato la notte.
Mi alzo con fatica da quella superficie dura che scricchiola appena sotto il mio movimento e un giramento di testa improvviso mi fa barcollare per qualche secondo prima di prendere equilibrio.
 
Mi fanno male tutte le ossa ma comunque porterò a termine le pulizie, prima o poi.
Perlustrando l'ambiente mi accorgo che ciò che ho fatto ieri è niente rispetto a tutto il lavoro che mi resta ancora da compiere e quasi mi sembra impossibile pensare di riuscire a riportare questa casa ad uno stato civile, da sola.
Vorrei disperatamente l'aiuto di qualcuno, ma non mi viene in mente nessuno che possa davvero essermi utile al momento.
Da quando sono qui avrò conosciuto all'incirca dieci persone, compreso il commesso della ferramenta e il ragazzo con la chitarra di ieri, che probabilmente starà ancora dormendo beatamente nel suo letto.
 
Spalanco tutte le porte e finestre della casa per incentivare il passaggio d'aria, per poi mettermi al lavoro sul pavimento di un'altra stanza.
Strofino così forte da farmi male le braccia e la schiena, così rumorosamente da non sentire che qualcuno è in piedi accanto a me e mi sta dicendo qualcosa.
 
Mi giro di scatto sentendo una mano toccarmi la spalla, evitando di poco l'infarto.
 
"Ciao" 
Il ragazzo con la chitarra di ieri mi fissa con un mezzo sorriso divertito stampato in faccia mentre mi ci vuole qualche secondo prima che il battito cardiaco si stabilizzi. 
 
Lo fisso ad occhi spalancati prima di riuscire ad articolare qualche parola.
Mi esce un "Ciao" che suona come un gessetto graffiato su una lavagna nuova.
 
"Sono Louis" Si presenta, porgendomi la mano.
"Rebecca" Rispondo stringendola.
"Sei nuova di queste parti?"
"Beh, sì mi sono trasferita ieri." Affermo, sistemandomi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
Non oso immaginare il mio aspetto al momento.
"Bene e cosa ti porta qui?" 
"Il lavoro, penso. E poi beh, tante altre cose"
"Capisco. E pensi di sistemare tutto questo da sola?" Domanda fissando un punto indefinito del muro.
"Ho altre alternative?" Rispondo sarcastica.
"Beh potrei aiutarti, non ho nulla da fare oggi."
 
Lo guardo accigliandomi per qualche istante mentre un sorriso compiaciuto si fa spazio sul suo viso tondo.
 
"Tu forse non hai idea di tutto lo schifo che c'è da pulire qui" Lo avverto prima che mi accusi di avergli fatto pulire quest'ambiente troppo sgradevole e putrido.
"Dopo il materasso che mi hai fatto buttare ieri non temo più niente" 
Sorrido avvampando al ricordo.
 
"Allora, da dove si comincia?"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: localcyrus