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Autore: starsfallinglikerain    27/04/2016    4 recensioni
Ciò che inizia come un rapporto di ospitalità e aiuto fra l'ateniese Alexander e lo spartano Magnus nell'estate del 429 a.C. rapidamente deraglia in un sentimento molto più impetuoso, nonostante entrambi riconoscano la pericolosità del cedere all'attrazione reciproca, soprattutto in un'epoca in cui le due grandi poleis sono impegnate nella Guerra del Peloponneso.
Red rain è la storia di un amore che cresce rapidamente, giorno per giorno, sfidando le insidie della guerra e l'aggressività delle circostanze infauste.
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 2 - L'ospite


«Prego, entrate» disse Magnus, tenendo aperta la porta dell'abitazione e scostandosi per far passare il suo ospite, che osservava l'ingresso con celata espressione guardinga. Avrebbe potuto fidarsi? Rischiare? Non che ormai avesse molte alternative, certo. Anzi, se fosse stato furbo non avrebbe mai ammesso di non aver trovato una locanda in cui alloggiare.       
Guardò ancora una volta lo stipite della porta e poi, prendendo un bel respiro, mosse il primo passo per entrare nella dimora del giovane spartano, che lo invitò nuovamente, intimandogli di fare come se fosse a casa propria mentre accendeva una torcia appesa al muro per rischiarare l'ambiente. «Grazie» disse Alec gentilmente, continuando a guardarsi attorno con aria un po' scettica, del resto ancora non sapeva se fosse al sicuro. Al contrario era totalmente convinto che, finché si fosse trovato in territorio nemico, non avrebbe mai potuto esserlo.            
«Se pazientate un momento vi preparerò un ottimo giaciglio. Nel frattempo posate pure i vostri averi dove più vi aggrada» assicurò Magnus, sorridendo, prima di scomparire nella stanza accanto con passo felpato. Alec tolse l'arco e la faretra dalle spalle, senza però appoggiarli a terra: voleva tenerli vicini a sé, per qualunque evenienza. Continuò a scrutare l'ambiente: un tavolino di legno scuro era posto al centro della stanza, circondato da tappeti e morbidi cuscini, alcune statuette di gesso raffiguranti divinità o giovani guerrieri decoravano il locale, mentre le candele accese creavano delle ombre scure sulle pareti e sul pavimento.
Qualcosa che si strusciava contro le gambe fece fare un salto al giovane ateniese, che trattenne a stento un imprecazione nel vedere che era solamente un gatto. «Accidenti a te!» disse, forse rivolto più a se stesso che all'animale, dalla sua reazione era chiaro che aveva i nervi a fior di pelle.   
Una risata gorgogliante fece sollevare le sue iridi di un blu oltremare verso Magnus, appena ricomparso nella stanza, «Sembra che gli piacciate» ammiccò quello, inginocchiandosi per chiamare a sé il gatto, che inarcò la schiena e iniziò a fare le fusa non appena incontrò la mano del padrone.        
«M-Mi ha spaventato» balbettò Alec, il cuore che ancora gli batteva forte nel petto.          
«Oh, l'ho notato. Penso che le vostre membra necessitino di una buona dose di sonno» ribatté Magnus, alzandosi proprio mentre il micio emetteva un miagolio di disappunto, «Va bene, Presidente, hai vinto tu» borbottò allora, abbassandosi nuovamente per prenderlo in braccio.
«Come lo avete chiamato?» chiese Alec sorpreso e divertito, senza nemmeno accorgersi di star sorridendo e di avere i nervi più rilassati. «Presidente. Il suo nome è Presidente Miao» rispose Magnus, fissando i suoi occhi smeraldini sull'ateniese, che si accorse solamente allora della forma allungata delle pupille di Magnus e delle leggere screziature giallastre.
«I vostri occhi...» sussurrò, piano, poi maledicendosi per essersi lasciato sfuggire una simile affermazione: era come se le sue labbra fossero improvvisamente dotate di vita propria e non riuscisse a tenere sotto controllo il proprio corpo. Che diamine gli stava succedendo? Certo, Magnus era un bellissimo giovane uomo, ma non per questo si sarebbe dovuto comportare a quel modo! E poi suo fratello...           
«Assomigliano a quelli del Presidente, vero? Me lo dicono in molti» disse lo spartano, con una certa malizia nella voce, ed Alec colse l'allusione ma forse per la stanchezza, forse per la confusione decise di non ribattere.
Magnus si rese conto che il giovane non sarebbe stato al suo gioco e così lo invitò a seguirlo, dal momento che l'avrebbe portato nella stanza dove alloggiavano gli ospiti. Ogni tanto lanciava delle occhiate dietro di sé, per assicurarsi che Alexander lo stesse seguendo, e si accorse che il giovane si osservava intorno, quasi come se si aspettasse di veder sbucare qualcuno dalle stanze adiacenti al corridoio che stavano percorrendo.
Forse pensa che abbia una moglie o qualcun altro che mi attende nel mio letto? si chiese Magnus, nonostante fosse certo che l'altro avesse colto il significato della sua battuta di poco prima. Forse è solo curioso, suggerì una vocina dentro di lui, a cui decise di dare ascolto. Sì, probabilmente è così.
Ma dopotutto nessun ragazzo aveva mai potuto resistergli. Lui era il sommo sacerdote di Dioniso. Pertanto non aveva dubbi che, prima o poi, anche Alexander sarebbe stato suo.

 
***


Alec aprì gli occhi la mattina seguente, dalle imposte chiuse entrava una sottile linea luminosa, la quale lasciava intuire che era mattino inoltrato e che il sole stava splendendo sulla città.   
Al contrario di ciò che si era aspettato, il sonno aveva prevalso e lo aveva colto quasi subito quando aveva posato la testa sul morbido cuscino del letto preparatogli da Magnus ed ora si sentiva completamente riposato, pronto ad iniziare la sua missione. Si alzò e aprì i balconi di legno, lasciando che la luce invadesse la stanza; serrò un poco gli occhi, ancora abituati alla semioscurità, e non appena fu in grado di aprirli senza che sentisse le iridi trafitte dai raggi del sole controllò la posizione dei suoi oggetti: l'arco e la faretra erano ancora posti come li aveva lasciati, segno che nessuno li aveva toccati, lo stesso il fagotto con i suoi pochi averi, la porta era ancora chiusa.            
Accanto al letto vi era un piccolo comodino di legno su cui lo spartano aveva posto anche un catino con dell'acqua e uno straccio per lavarsi.  Alec rimase sorpreso dalle tante attenzioni, ma fu contento di potersi dare una risciacquata al volto.  
L'acqua risultò fresca contro la sua pelle, un sollievo dopo quei lunghi giorni di viaggio; con lo straccio poi si asciugò e cercò con le mani di sistemarsi i capelli corvini, di sicuro sparati in tutte le direzioni. Suo fratello spesso lo canzonava  per il suo aspetto quando alla mattina si presentava al ginnasio ancora mezzo addormentato.  
Quando ebbe finito si diresse verso la porta e la aprì, quasi finendo addosso a Magnus. «Magnus!» esclamò Alec, arrossendo per la vicinanza tra i loro corpi.   
«Oh, Alexander, buongiorno» ribatté l'altro con totale disinvoltura, Alec si chiese come facesse ad essere così a proprio agio.   
 «Vi serviva qualcosa?» domandò il giovane ateniese, al che Magnus s'illuminò: «Mi chiedevo se foste già sveglio. In caso, volevo darvi degli abiti puliti e informarvi che la colazione è pronta» disse, porgendo ad Alec degli abiti puliti e piegati.           
Alec li guardò, non si aspettava affatto tutta quella disponibilità: certo, era dovere dell'ospitante fornire all'ospite una stanza, cibo e dei vestiti di ricambio, ma Alec non era sicuro di poterli accettare. Come avrebbe fatto se Magnus avesse scoperto che era un ateniese, un nemico?     
«Non credo di poter accettare» disse, abbassando lo sguardo, ma Magnus porse nuovamente ciò che teneva in mano verso l'ateniese: «Insisto».     
Non rifiutare mai l'ospitalità offerta con sincerità.    
Alec alla fine li prese, dicendo che si sarebbe cambiato e che avrebbe raggiunto il padrone di casa, ringraziandolo ancora per la sua gentilezza, il sacerdote si limitò a sorridere. Una volta vestito, ripose i vecchi abiti nel suo fagotto e si avviò verso la sala principale, dove Magnus lo attendeva.    
Il tavolo che aveva notato la sera precedente era ora imbandito con pane d'orzo, latte e fichi che sembravano appena colti. Il suo sguardo si fece ancor più stupefatto quando notò le staititas1, era un secolo che non ne mangiava una e il suo stomaco cominciò a gorgogliare di fronte a tante prelibatezze.  
«Dal vostro sguardo direi che gradite quel che vedete»  commentò Magnus, la solita sfumatura maliziosa nella voce, Alec sorrise senza ribattere e si sedette di fronte al sacerdote. «Prego, servitevi»lo incitò quello, Alec esitò ancora un momento prima di gettarsi letteralmente sul cibo: erano giorni che non mangiava un pasto decente.          
Magnus lo osservava in silenzio, notando quei particolari adorabili che la sera prima non era riuscito ad ammirare: le lunghe ciglia del giovane, le labbra rosee, la sua pelle pallida, il modo in cui i muscoli guizzavano ad ogni minimo movimento. Certo, era capitato che prendesse vari abbagli, anche piuttosto forti, ma qualcosa in Alexander lo attirava particolarmente, qualcosa sembrava dirgli che con lui sarebbe stato diverso. Tuttavia Alec sembrava essere molto schivo, ancora non gli aveva permesso di fargli domande personali e finché non glielo avesse chiaramente dichiarato la legge dell'ospitalità gli imponeva di non impicciarsi.
Alec alzò lo sguardo in quell'istante e i loro occhi si incatenarono. Anche Alec si sentiva attratto da Magnus, ma sapeva che era sbagliato in qualche modo. Non che la sua omosessualità fosse un problema per la loro società, ma era lo stesso Alec a non sentirsi a proprio agio con essa, forse perché non aveva mai dichiarato di essere omosessuale, né avuto alcuna relazione o addirittura un'altra attrazione per qualcuno che non fosse suo fratello. Ed ora si sentiva attratto da uno spartano, un nemico.            
«Ancora non riesco a capire la ragione per cui siate così gentile nei miei confronti, nemmeno mi conoscete» rifletté Alec a voce alta.        
«La stessa ragione per cui avete deciso di fidarvi» ribatté serafico Magnus, al che il giovane ateniese rimase senza parole e sentì le guance andare in fiamme.    
«Cosa vi fa pensare che io...» incominciò Alec, sentendosi andare nel panico, ma fu interrotto dalla risata gorgogliante di Magnus: «Siete un giovane ateniese, l'ho capito nel momento esatto in cui avete recitato quei versi alla taverna».            
Alec rimase muto, le parole gli morirono in gola, bloccate dal terrore di essere stato scoperto: probabilmente era proprio così che succedeva. Ingaggiavano un tipo affabile come Magnus, facevano sì che la spia si sentisse al sicuro o quantomeno che abbassasse la guardia e poi la catturavano. Non aveva nemmeno potuto cominciare a cercare Isabelle che già era condannato. Stando così le cose, avrebbe anche potuto cercare di soffocarsi da solo con uno dei cuscini, sicuramente le sentinelle e i soldati erano già al corrente della sua presenza e lo avrebbero fatto a pezzi anche se avesse solo provato a fuggire in qualche modo.       
Magnus si accorse dello sguardo terrorizzato del giovane ateniese di fronte a sé e, per quanto possibile, tentò di rassicurarlo che poteva fidarsi: «Il vostro segreto è al sicuro con me, Alexander».  
«Lo avete detto a tutti quelli che avete mandato a morte?» ribatté aspro Alec, alzandosi in piedi e camminando nervosamente per la stanza.   
Magnus sospirò: «Non posso spiegarvi le ragioni, perché sarebbe troppo rischioso, ma vi posso assicurare che siete davvero al sicuro».    
«Oh certo, come no. Avete già avvisato le guardie? In quanti sono qua fuori? Per Zeus, come ho fatto ad essere così ingenuo!» esclamò frustrato Alec, esprimendo tutta la rabbia che provava.
«Non c'è nessuna guardia pronta a uccidervi, Alexander» cercò di mantenere la calma il sacerdote.          
«Tanto vale che mi uccidiate voi, qui. Avanti» lo sfidò Alec.          
Magnus sorrise enigmatico e scrollò le spalle: «Non posso».            
«Come prego?» disse Alec, arrestando la propria camminata e guardando Magnus, immobile, lo stomaco attorcigliato dalla rabbia, dalla paura, dalla frustrazione. Era un disastro, aveva fallito la sua missione, la sua prima e unica missione, fondamentale.        
Isabelle, per quanto può valere, mi dispiace. Ti voglio bene, sorellina. pensò, sicuro di ciò che Magnus stava per dirgli: non poteva ucciderlo perché prima avrebbero dovuto torturarlo, interrogarlo, vedere se avessero potuto ottenere informazioni utili. Solo nel momento in cui fosse diventato un peso inutile lo avrebbero ucciso.   
Ma ciò che il sacerdote disse lasciò il giovane ancor più sconvolto: «Non posso, Alexander. Non posso uccidervi, altrimenti non riusciremo mai a salvare vostra sorella». 

 
Note dell'Autrice:

1 - staititas: dolcetti fatti con farina o pasta di farro, di solito ricoperti con miele, formaggio o sesamo. Nella Grecia antica erano mangiati a colazione assieme a pane d'orzo, latte, fichi e olive. In alternativa potevano essere consumati altri dolcetti, come ad esempio i teganites.

Hello everyone!
Come promesso, eccomi qui in un tempo decente! Spero di riuscire ad aggiornare una volta a settimana, se la scuola me lo permette (maledetta maturità ehm ehm ehm). La storia comincia a farsi un po' più viva in questo capitolo, vi anticipo già che non sarà lunghissima, pertanto è necessario affrettare un po' il ritmo degli eventi. Il nostro Alec giustamente ha dei dubbi sull'enigmatico Magnus: è davvero qualcuno che semplicemente vuole aiutarlo a salvare Isabelle o è un membro della Krypteia sotto copertura? Per saperlo, bisognerà aspettare il prossimo capitolo v.v
Comunque ci tenevo a ringraziare davvero con il cuore in mano quelle anime dolcissime che hanno lasciato delle recensioni, chiunque abbia messo la storia fra le preferite, ricordate, seguite. E grazie mille anche ai lettori silenziosi, non mi aspettavo così tante visite al primo capitolo! Perciò mille volte grazie.
A rileggerci presto e dolce notte a tutti ^^ Baci, 
Starsfallinglikerain.
   
 
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