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Autore: SabrinaSala    28/04/2016    18 recensioni
André l’aveva penetrata con quel suo sguardo irriverente e sornione, annientandola, spazzando via in un battito di ciglia la sua ostentata sicurezza, fragile come il più sottile bicchiere di cristallo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6 – Domande e risposte
 
«Oscar!»
Le mani appoggiate alla balaustra della terrazza, proteso verso il giardino,  il conte di Fersen sogguardò la propria ospite attenderlo proprio sotto le sue finestre.
«Mattiniera come sempre!» sorrise, ilare e spontaneo, ignaro del tormento che l’aveva tenuta sveglia tutta la notte.
E soppesandone la figura snella e tonica profilarsi, ardente, nella luce vivida del mattino, le rivolse il più sereno e accattivante dei sorrisi. Poi, vinto da quei barbagli dorati, socchiuse le palpebre, riducendo gli splendidi occhi grigi a sottilissime feritoie argentate.
Favorita dal controluce, Oscar indugiò con lo sguardo sulla sua persona, alta e prestante. La seta leggera ed elegantissima della camicia bianca non faceva che metterla in risalto, aderendo perfettamente ai muscoli delle braccia e al petto largo e forte.  
Il suo sorriso, rivolto a lei e a lei soltanto, le si profuse nel petto, riscaldandola e facendola emergere dalle tenebre nelle quali era  sprofondata. Rinsaldando le convinzioni che una notte insonne le aveva fatto traballare.
Era quello l’uomo che avrebbe voluto al suo fianco… Lo straniero affascinante, dai modi galanti e dal sorriso gentile… L'unico in grado di farle battere il cuore… Il suo cuore di donna
L’unico?
«Aspettatemi, Oscar! Vi raggiungo subito! » esclamò il conte,  rammentando all’improvviso l’invito della sera precedente ad unirsi a lei per una cavalcata.
La sua voce, calda e carezzevole, strappò Oscar dai propri pensieri. Annuì, severa, e decise di precederlo alle scuderie, ricacciando in un angolo nascosto della mente, ragionamenti insensati e fastidiosi confronti.  
Lo sguardo di Hans la accompagnò fino a quando scomparve.
Sereno e compiaciuto, il Conte si rallegrò della decisione di essersi fermato a palazzo. Inspirò l’aria frizzante del mattino, chiedendosi perché tutti i risvegli non potessero essere così gradevoli. Gli piaceva palazzo Jarjayes. E gli piaceva la compagnia di Oscar. Un toccasana per il suo malumore e la sua malinconia.  
Con Oscar non servivano parole. Non servivano maschere né finzioni. Bastava godersi la vita.  E per un attimo, forse, dimenticarsi di lei
 
***
 
Al termine di una lunga cavalcata silenziosa, Oscar si era finalmente fermata.
Là, dove la macchia si apriva in una piccola radura che degradava dolcemente verso il fiume. Non una parola. Non un sorriso. Semplicemente l’aria fresca a scarmigliare spavalda i lunghi capelli biondi di lei e a carezzare, sorpresa, quelli ora più corti di lui.
Hans volse appena lo sguardo nella sua direzione poi, come lei, tornò a fissare un punto lontano, sulla sponda opposta del fiume.
Sedevano a terra. Entrambi fasciati negli aderenti pantaloni al ginocchio e con indosso la sola camicia bianca. Liberi da costrizioni ed etichette. Soli.
Gli occhi di Oscar, leggermente adombrati.
«Siete più silenziosa del solito…» mormorò il Conte, accennando un sorriso. «Qualcosa vi preoccupa, Oscar? » domandò sentendosi velatamente colpevole per non essersene interessato prima. Pago della quasi irreale e inaspettata serenità che stava vivendo.
Oscar affilò impercettibilmente lo sguardo, senza voltarsi, come a cogliere un pensiero lontano.
«Vi chiedevate dove fosse André» disse, rompendo improvvisamente il silenzio con il suono vibrante della sua particolare voce roca.
Hans incrociò il suo profilo perfetto e severo.
«Ho dovuto allontanarlo» ammise lei. «Non era più possibile stare sotto lo stesso tetto, dopo quello che è successo».
«Vi ha mancato di rispetto? » domandò il conte, sorpreso. « Ha disatteso i vostri ordini, forse? » azzardò corrugando la fronte.
«Ha detto di amarmi».
Un silenzio di piombo cadde nuovamente tra loro appena Oscar ebbe pronunciate quelle parole.
Hans schiuse le labbra, poi le serrò. Oscar non si volse ancora, mentre lui la guardava sorpreso.
«Innamorato di voi… » strabuzzò gli occhi. Poi proruppe in una risata. Una risata amara.
«Adesso capisco… » disse. «Sì, adesso capisco tutto» mormorò riportando alla mente tutta una serie di ricordi.  A partire dal loro primo e singolare incontro…
Tornò a guardare l’orizzonte pur senza vederlo realmente. Abbassò leggermente le palpebre e serrò di nuovo le labbra.
«Confido che questa conversazione rimanga esclusivamente tra noi» commentò Oscar con tono apparentemente distaccato ma autoritario.
«Non temete» annuì il conte, tornando poi a condividere lo stesso silenzio di Oscar.
Inaspettatamente, lei decise di parlare e se Hans le avesse rivolto uno sguardo, in quel momento, avrebbe colto un leggero rossore diffondersi rapidamente sulle sue guance tese per poi svanire, dissimulato dalla solita maschera di freddezza.  
«Trovate così strano che un sentimento di amicizia si trasformi in qualcosa di più? »
Hans Axel di Fersen si chinò leggermente verso il margine erboso e colse un piccolo fiore rosa. Non rispose subito e quel suo temporeggiare fu per Oscar un’inaccettabile agonia.
«Lo trovo strano, sì…» rispose. «Se non impossibile. Per il mio modo di vedere le cose» specificò. «Per quanto mi riguarda, credo in quello che viene definito colpo di fulmine» si volse repentinamente verso la donna. «Voi stessa ne siete testimone, Oscar…» sorrise, triste.
«Un’amicizia resterà sempre tale. Anche se profonda» riprese tornando a scorrere con lo sguardo il letto del fiume. «Non raggiungerà mai l’intensità e la passione di un amore così come io lo intendo. Improvviso, folgorante, totale» Chinò il capo sul petto. Abbassò le palpebre sugli occhi chiari, visibilmente emozionato.
«Un’amicizia si trasformerà in un bene profondo e sincero» mormorò. «Come quello che provo per voi, Oscar», sorrise guardandola inaspettatamente negli occhi.
«E per voi desidero solo il meglio», aggiunse.
Avanzò di un passo, gettando indietro la testa e rilassando le spalle. Dal proprio punto di osservazione, Oscar ammirò la stoffa preziosa tendersi a seguire la forma virile della sua schiena.
«Se il vostro André fosse il meglio, per voi…» riprese il conte guardandola dolcemente da sopra una spalla, «Vi esorterei certamente a non rinunciare a un uomo capace di una tale dedizione», si accovacciò, giocando con i fili d’erba. «Anni di silenzio. Di rinunce. Anni passati nella vostra ombra… in una triste e lenta agonia».
Si sollevò e lentamente tornò verso l’amica.
«Io mi ritengo fortunato, Oscar. Nonostante tutto», continuò «La regina mi ama come io amo lei. Questa è la mia croce e al contempo la mia delizia» sorrise portandosi di nuovo alla sua altezza ma rimanendo in piedi,  rivolto dalla parte opposta a quella che lei si ostinava a fissare. «Ma non oso nemmeno immaginare quanto si possa soffrire per un amore non corrisposto… », terminò.
Oscar si alzò a sua volta.
«Si è fatto tardi», commentò. «E’ meglio rientrare».
Svelta montò a cavallo, tirò le redini e spronò inaspettatamente Caesar alla corsa.
«Aspettate, Oscar! » la richiamò Hans alzando la voce. «Ho detto qualcosa che vi ha turbata? » gridò. Poi tornò in sella e si lanciò all’inseguimento.
Oscar sfrecciava veloce. Stretta al collo di Caesar. Sollevata sulle gambe. Protesa in avanti. In fuga.
Hans Axel di Fersen! L’uomo più affascinante e devoto che avesse mai conosciuto.
E il più stupido! Pensò… Il più stupido!
Possibile che non si fosse accorto di nulla? Possibile che il rumore assordante del suo cuore non fosse giunto alle sue orecchie? Cieco e sordo… solo questo poteva essere.
L’aria fresca del mattino le pungeva le guance, alleviandone il rossore. Le pungeva gli occhi, ma mai come le lacrime che spingevano, testarde e sfacciate, per uscire e le annebbiavano la vista.
Impegnata in quella sorta di spietato duello contro le emozioni, sollevata sulle staffe, furiosa, Oscar non si accorse dello scoiattolo che le tagliò la strada.  Caesar si impennò,  cogliendola di sorpresa e disarcionandola.
In un attimo, si ritrovò riversa a terra. Supina. Un braccio piegato sul volto a nascondere gli occhi umidi e le guance in fiamme.
«Oscar! » esclamò Fersen smontando da cavallo e raggiungendola.
«Oscar! Dite qualcosa. Parlate!» si preoccupò, accovacciandosi accanto a lei e sollevandola delicatamente da terra.
Oscar avvertì il tocco delle sue mani grandi e lisce attraverso la stoffa leggera della camicia. Ne respirò il profumo. Ne percepì l’essenza. E decise di non aprire gli occhi. Di non rispondere. Non subito.
Cercò testardamente le sue risposte. E quando si sentì inutile, in quell’abbraccio vuoto, comprese…
«Sto bene» disse. «Sto bene» ripeté più convintamente. «E’ stata solo una sciocca distrazione» si schermì, accennando un debole sorriso.
«Mi avete fatto temere il peggio, Oscar…» si tranquillizzò il conte, scaricando la tensione in una calda risata e poi attirandola a sé, abbracciandola.  E quando avvertì il contatto con il suo corpo morbido, quel misterioso corpo di donna, trasalì arrestandosi bruscamente.
«Oscar, io…» mormorò, il cuore in gola.
Oscar lo accolse nel proprio sguardo limpido. Nel blu profondo dei suoi occhi.
«Oscar, io…» ripeté il conte. Quasi un sommesso balbettio…
Oscar si levò in piedi, bruscamente. Avanzò di un passo verso Caesar che brucava tranquillo.
«Confido che anche questo resti tra noi…» mormorò. «Una caduta come questa… un passo falso… Non farebbe certo bene alla mia reputazione, se si sapesse in giro» sorrise, lo sguardo inespugnabile.
«Certo! » concordò Hans con esagerata veemenza.  «Certo! » ridacchiò nervosamente, levandosi in piedi e passando le mani sui pantaloni per pulirli dei residui di terra e di erba. «Al vostro plotone non gioverebbe sapere come il suo comandante è stato disarcionato da uno scoiattolo…»
Oscar rimontò in sella.
«Non so come ringraziarvi, conte di Fersen» disse atona. «Era quello che intendevo», concluse chiudendo il discorso. «Da dove ci troviamo, siamo più vicini a casa vostra che a palazzo Jarjayes…» osservò, apparentemente distaccata.
Hans Axel, montando a cavallo, socchiuse le palpebre.
«Avete ragione» disse, «Credo che andrò direttamente a casa».
Oscar non rispose e il suo silenzio fu eloquente.
«Arrivederci, Oscar» mormorò il conte,  abbozzando un sorriso amaro.  «Abbiate cura di voi… », la salutò. Poi spronò il cavallo e si allontanò al galoppo.
 
***
 
Rosalie conosceva abbastanza bene André da sapere che c’era una spiegazione per tutto. Al fatto che si trovasse a Parigi. Che fosse lontano da madamigella Oscar. E anche per le deprecabili condizioni nelle quali si era presentato alla sua porta, senza preavviso, la notte precedente.
Bussò delicatamente contro il pannello di legno scuro e dalla camera che aveva messo a sua disposizione giunse la voce ancora un po’ impastata del giovane che le strappò un sorriso. Un misto di biasimo e di comprensione al tempo stesso.
Entrando, lo trovò in piedi, rivolto alla finestra, intento a guardare  l’andirivieni che riempiva la strada sottostante, forse sorpreso dal brulicare cittadino.
«Come ti senti, questa mattina? » gli domandò porgendogli una tazza di latte e un pezzo di pane fresco.
André le rivolse uno sguardo riconoscente ma declinò la colazione. I postumi della sbornia gli avevano chiuso lo stomaco.
La ragazza comprese e lasciò il vassoio su un tavolino di legno grezzo.
«Perdonami, Rosalie» disse André cercando i suoi occhi turchesi, sinceri e limpidi come l’ultima volta che l’aveva vista, per poi distogliere lo sguardo e tornare a fissare le strade di Parigi.
In poche e sofferte parole le servì la stessa spiegazione che Oscar aveva dato a sua nonna, tranquillizzandola.
«Capisco…» sorrise lei, annuendo. «E anche ubriacarsi in una bettola faceva parte di questo misterioso incarico? » lo rimbeccò, curiosa.
André sorrise. Touché, pensò.
«Anche» mentì sentendosi subito in colpa. Dispiaciuto dal prenderla un po’ in giro. Ma non poteva dirle la verità. Non ancora. Non adesso. Faceva troppo male. E la speranza di tornare a palazzo Jarjayes non era morta del tutto. Meglio non esporsi troppo, dunque.
Preferì tacere.
«Se non ti dispiace e non ti è di disturbo… » continuò adombrandosi. «Mi fermerei qualche giorno. Il tempo di organizzarmi» disse, domandandole poco velatamente asilo.
Rosalì gli rispose con il solito, timido sorriso che conosceva.
«Con tutto quello che tu e madamigella Oscar avete fatto per me, il minimo che possa fare è offrirti la mia ospitalità e tutto quello che ti serve, André! » disse. «Spero solo di poter rivedere presto anche madamigella Oscar… »
André sorrise dolcemente. Gli occhi verdi adombrati.
«Lo spero anche io, Rosalie… » rispose, sentendosi improvvisamente soffocare.
Deciso a rimanere a galla, nonostante tutto, afferrò ridendo una mela rossa e lucida dal vassoio che lei gli aveva portato
«Andrò a fare due passi» disse,  «L’aria fresca non mi farà che bene!»
Per la strada, una ridda di odori salmastri lo aggredì strappandogli una smorfia.  Che sciocco era stato, si schernì. Credeva forse di respirare l’aria fresca dei giardini di palazzo Jarjayes? Nemmeno l’odore delle stalle era così acre, pensò.
Si passò una mano sugli occhi, respingendo il senso di nausea, poi si guardò attorno. Nemmeno il tempo di decidere che direzione prendere e una voce ben nota lo richiamò oltre il vicolo.
«Ehi, bel ragazzo!»
Si girò e una costellazione di lentiggini gli si parò davanti.
«Non ti sarai dimenticato di me! » lo rimbrottò una procace ragazza dai lunghi capelli rossi che senza lasciargli il tempo di parlare lo rimbeccò nuovamente.
«Sei in debito, ricordi? Ti ho dedicato un bel po’ del mio tempo, ieri sera…»
André ricordava ogni cosa. Anche se avrebbe preferito dimenticare.
«Posso pagarti» rispose guardandola negli occhi e rubandole un battito del cuore.
«Non sono i tuoi soldi che voglio» ribatté lei. «Ma sapere perché un bel giovanotto come te si ubriaca, fino a perdere i sensi, in una bettola sporca e maleodorante di Parigi» mentì, dissimulando la verità.
André strinse le dita attorno alla mela che ancora teneva in mano. Bella e rossa come la ragazza che gli stava di fronte.
«Il motivo è lo stesso che mi avrebbe comunque impedito di andare fino in fondo…» mormorò, mal celando un certo imbarazzo.
La ragazza incrociò le braccia sul petto e lo guardò piegando leggermente la testa di lato.
«Una donna» disse.
André la penetrò con lo sguardo togliendole il fiato.  
«La mia donna…» asserì.


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DUE CHIACCHIERE...

Difficile fermarlo, questo Conte, quando decide di parlare, vero?
A qualcuno avrà fatto venire l'orticaria... Qualcun'altro, invece, magari lo avrà anche apprezzato. Cosa ne penso io? Credo di averlo detto "indirettamente" nel tracciare questo capitolo (e tante altre volte, qua e là nelle diverse ONE SHOT). Chi vuole provare a indovinare? Ma, soprattuto, cosa succederà, adesso?
Nella speranza di avervi un po' emozionato e forse anche incuriosito, ringrazio tutti quanti leggono! E la cara MGrandier che chiedeva un capitoletto un po' più lungo... Che dici, va meglio? Notato un paio di omaggi alla tua "IL MIO SEGRETO"
A presto e ancora grazie a tutti! 
Sabrina 



 
   
 
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