Doveva
ammetterlo: le
feste non gli erano mai piaciute un granché. Forse
perché veniva sempre messo
in ridicolo dai suoi dodici fratelli o forse perché
preferiva i luoghi di calma
e tranquillità come la biblioteca reale, dove era certo che
nessuno l’avrebbe
disturbato.
O forse
– si disse,
attraversando l’ampio salone dai drappi color porpora
– non le amava
particolarmente, perché aveva passato l’ultimo
anno da solo in un fredda cella
e delle feste aveva solo sentito la fastidiosa eco lontana.
Nonostante fosse
in un
certo qual modo l’ospite d’onore, verso la
mezzanotte Hans si ritirò in uno dei
tanti balconi che davano sul fiorente giardino del palazzo,
là dove allegre
fontane spruzzavano acqua limpida verso il volto pallido della Luna.
Quella
sera settembrina Arendelle era uno splendore, brillava di mille luci
come un
diamante.
L’aria
fresca fu per lui
un toccasana. Tirò indietro il capo e socchiuse le palpebre,
restando immobile
per alcuni istanti, perso nei propri pensieri e nella piacevole
frescura di
quella notte punteggiata di stelle.
- Anche voi non amate la calca?
Quella voce lo
fece
trasalire. Si volse con talmente tanta enfasi, che per poco non
precipitò di
sotto.
- Regina Elsa! – esordì con voce stridula
– non avevo idea che foste qui.
- Perdonatemi, principe Hans. Non volevo spaventarvi.
- Oh no, non importa. Ero molto assorto.
Elsa
incrociò le mani sulla
preziosa stoffa dell’abito e distolse timidamente lo sguardo
dal suo. La luce
argentea della Luna si rifletteva sulla pelle di porcellana, sui
capelli
biondissimi e negli occhi simili a zaffiri, che in quel momento
osservavano
chissà cosa nel giardino lontano.
- Forse volete stare un po’ sola – disse a quel
punto Hans, riscuotendosi. Per
fortuna la giovane non si era accorta che la stava fissando
così intensamente.
- No, non preoccupatevi – si affrettò a rispondere
lei, per poi arrossire
leggermente – sapete, invece speravo proprio di incontrarvi
in privato.
Suo malgrado,
avvampò
anche lui.
- Come mai, Maestà?
Elsa prese aria
e si
avvicinò al parapetto del balcone, sfiorandone il marmo con
la punta delle
dita.
- So cosa significa vivere soli e imprigionati. E so anche cosa
significa
essere divorati dai sensi di colpa – disse ad un tratto,
mentre una leggera
brina ricopriva la balaustra, seguendo i disegni che la mano della
regina
tracciava distrattamente.
- Ma voi non avete nessuna colpa, Els-... cioè, Vostra
Altezza. Voi possedete
un dono e inoltre... non avete
fatto
nulla di male.
- Ah no, principe Hans? – rimbeccò lei, sollevando
un sopracciglio – ho quasi
congelato tutta Arendelle...
- Non lo avete fatto di proposito. Eravate fuori controllo, a
differenza mia,
che ho agito con cognizione di causa – a quel punto, il
principe s’inginocchiò
ai piedi della regina, con il capo chino e una mano sul cuore
– e a tale
proposito, Altezza... vostra sorella mia ha perdonato, ma voi? Lo avete
fatto?
Non posso vivere sapendo che non mi avete accordato il vostro perdono!
- Hans, per favore, alzati – il giovane la guardò
confuso e smarrito per
quell’inaspettata confidenza.
- Ma, regina...
- Elsa.
Hans
avvampò e ubbidì,
rimettendosi in piedi.
- Elsa – ripeté e mai nome gli parve
più dolce nell’essere pronunciato.
- Ti ho perdonato da molto, moltissimo tempo – gli disse
infine.
Gli occhi gli si
riempirono di lacrime.
- Temo, invece, di non meritarlo davvero.
- Sì, lo meriti – Elsa gli strinse una mano
fremente – come lo meritavo
anch’io.
Hans non
disse nulla e
ricambiò la stretta. Si scambiarono un lungo e intenso
sguardo. Infine, si
volsero entrambi ad ammirare la bellezza del cielo stellato.
Angolino
dell’autrice:
Che ve ne pare
come
primissima Helsa? Forse avrei potuto fare di meglio, ma ho preferito
non
strafare e rimanere sul “soft”, seguendo anche la
linea guida del prompt
assegnatomi.
Spero che questi
due
brevi capitoli vi siano piaciuti.
Alla prossima!
Elly