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Autore: Gwenlynn    08/04/2009    2 recensioni
Tre one-shot incentrate sul rapporto tra Naruto e Sasuke, le prime due ambientate nel momento in cui quest'ultimo lascia Konoha, e l'ultima quando vi farà - se vi farà - ritorno. "E così te ne sei andato.[...]Forse sono solo un illuso, ma spero ancora che tu decida di tornare."
Genere: Malinconico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: What if? (E se ...), Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Come Back

[As We Fall]

  

[Davanti a me c’erano due strade.

Una mi portava da Itachi.

(… e l’altra era solo una vita vissuta nell’illusione.)

Tu sai quale ho scelto.

E non me ne sono pentito.

Ora cammino da solo.

Se inciamperò, mi rimetterò in piedi.

Se mi fermerò, sarà per decisione mia e di nessun altro.

[…]E quando tutto questo sarà finito…

…allora continuerò a camminare.]

Da “Outward Journey Part II

§

 

[Un passo dopo l’altro.]

 

E’ questo il segreto, vero?

Quando si insegna ai bambini piccoli a camminare.

È questo che si dice, no?

 

[Un passo dopo l’altro.

E se cadi, non importa: ci saremo noi a rimetterti in piedi.]

 

Tsk.

Che discorso stupido.

Questo vale solo finché si è bambini.

Mocciosi che muovono appena due passi e poi crollano al suolo.

Ma tanto a loro non importa.

Non finché ci sarà qualcuno a prenderli in braccio ogni volta.

 

[E se cadi, non importa]

 

“Non importa”.

Ecco, un’altra idiozia.

Se cadi importa sì.

Se cadi ti fai male.

E più si cresce, più aumenta la distanza dal suolo.

E più dolore provoca la caduta.

 

[Cade.

Un corpo in caduta libera crolla al suolo sfiorandomi appena.

Un tonfo sordo mi annuncia che ormai ha toccato terra.

I miei occhi non hanno più il coraggio di accertarsi della situazione.

Ma tanto non è necessario: il suo respiro è scomparso.

L’unico suono è quello del mio cuore che batte all’impazzata.

Con uno sforzo immane, riesco ad abbassare il capo,

fino ad incontrare gli occhi spalancati di mio fratello,

imprigionati in uno sharingan eterno.]

 

Immagino che tra gli Uchiha non fosse abitudine insegnare tutto questo.

No, loro sicuramente davano per scontato che soffrire fosse una parte integrante della nostra tradizione.

E che superare il dolore senza battere ciglio fosse l’obbligo.

 

Ambizione.

Orgoglio.

Brama di potere.

Tutte caratteristiche proprie del mio clan.

Caratteristiche che lo hanno portato inesorabilmente verso la fine.

Strano.

Prima d’ora non mi era mai capitato di pensare in questo modo della mia famiglia.

 

Nell’esatto istante in cui ho visto i corpi senza vita dei miei genitori ho smesso di provare qualunque sentimento negativo per loro.

Né rabbia nei confronti di mio padre, che aveva sempre preferito Itachi a me,

né irritazione nei confronti di mia madre, che sembrava incapace di capirmi,

né gelosia per come trattavano mio fratello, considerato migliore di me in tutto.

Niente.

 

Qualsiasi emozione, qualsiasi ricordo che ho di loro è diventato improvvisamente neutro.

Credo che sia normale, quando muore una persona cara, perdonarle tutto.

Ma mi chiedo se sia anche giusto.

 

Quello che Itachi è diventato.

Quello che io sono diventato.

Davvero non si poteva evitare tutto questo?

…ma forse è solo la febbre che sta parlando.

 

Dannazione.

Non mi ero reso conto di avere già perso così tanto sangue.

Questa maledetta ferita è più profonda del previsto.

Potrebbe anche rimanere la cicatrice, da un taglio del genere.

Sarebbe davvero ironico.

L’ultimo ricordo di mio fratello.

E del fatto che io l’ho ucciso.

 

Ucciso.

 

La mia missione è compiuta.

Il mio clan è stato vendicato.

Il mio obbiettivo è stato raggiunto.

Io ho davvero ucciso Itachi.

 

Dovrei sentirmi sollevato, no?

Libero da un compito ingrato.

Soddisfatto del buon esito della mia missione.

Felice di aver ucciso mio fratello.

 

Ecco, di nuovo.

Mi ritrovo a pensare a cose sulle quali non ho mai riflettuto prima.

Se è davvero un bene quello che ho fatto.

Se quel massacro si poteva evitare.

Se ci sia una ragione per tutto questo.

 

Stupidi, stupidi pensieri.

Che cosa importano, adesso?

A cosa mi servono i sensi di colpa?

 

[Non posso fermarmi ora.

Devo continuare a camminare .]

 

Ho dato la mia intera esistenza per questa vendetta.

Ho tradito dodici lunghi anni di amicizie e fiducia per compiere il mio obbiettivo.

Sono passato dalla parte del nemico per ottenere il potere necessario.

Ho trovato la forza dopo allenamenti e sofferenze inimmaginabili.

E, alla fine, sono riuscito a ucciderlo.

Dovrei esserne fiero.

Dovrei.

 

[E allora perché non lo sono? ]

 

Non devo più pensarci.

Non devo.

L’ho promesso a me stesso, che questo non mi avrebbe fermato.

 

[Io continuerò a camminare ]

 

Un passo dopo l’altro.

Un.passo.dopo.l’.altro.

 

Perché è diventato così difficile muovere le gambe?

Perché non avanzo più?

Cosa mi trattiene?

[Cado… muoio?]

 

Forse è davvero giunta la mia ora.

Le forze iniziano ad abbandonarmi, ormai.

Dietro di me, la scia del mio sangue macchia il selciato del sentiero tra gli alberi.

 

Buffo. A pensarci adesso, non so nemmeno dove mi trovo.

Che strano, essere in punto di morte e preoccuparsi di cose come il “dove”.

Piuttosto, dovrebbe essere più importante il “come”, il “perché”, il “con chi”…

… chi è con me, nell’ora della mia morte?

Nessuno, ecco la risposta.

 

L’unico suono che riesco a sentire è il canto di uccelli lontani nella foresta…

… chissà se Juugo è con loro.

Lui e Suigetsu e Karin.

Dove sono, in questo momento?

Dov’è la mia squadra?

… mi hanno abbandonato anche loro?

 

Non devo pensare a queste cosa stupide, adesso.

Loro sono esattamente dove ho detto loro di stare.

Sono io che non sono andato a prenderli, dopo lo scontro con Itachi.

Già, non ci sono andato…

… perché no?

 

Forse loro avrebbero saputo guarire la mia ferita.

Karin si sarebbe immediatamente gettata in mio soccorso e si sarebbe messa a urlare, ma non mi avrebbe lasciato morire per nulla al mondo.

Suigetsu magari mi avrebbe addirittura schernito per essermi ridotto in uno stato così pietoso, ma mi avrebbe protetto da qualunque attacco nemico durante la convalescenza.

E Juugo avrebbe trovato tutto il necessario per la mia pronta guarigione e sarebbe rimasto al mio fianco, in attesa che riaprissi gli occhi.

E invece…

 

… e invece sono qui, nel mezzo di una foresta anonima, solo.

Sarei potuto andare dalla mia squadra, dai miei compagni, ma…

 

… ma forse non lo volevo davvero.

Forse, nello stato di confusione in cui mi trovavo, volevo trovare i miei altri compagni, quelli che ho abbandonato?

Deve essere così.

Se è così, allora sono proprio un idiota.

Sperare di incontrarli, così lontano da Konoha… che idiota.

 

Le mie gambe tremano sotto il peso del mio corpo che non riesce più a stare in piedi.

Crollo sulle ginocchia, prima.

Poi mi accascio a terra, affondo il viso nel sangue sul selciato.

È giunta la mia ora, lo so.

Ognuno dei miei respiri rantolanti solleva una nube di terra rossiccia, che mi invade la gola e gli occhi.

Tossirei, se avessi abbastanza fiato per farlo.

In compenso i miei occhi irritati iniziano a lacrimare.

Anzi… sono loro che lacrimano o io che piango?

Non lo so. Tutto è così confuso…

È come se avessi un velo davanti al viso, ormai.

Le immagini degli alberi, della strada, dei cespugli…

Tutto è sfocato.

E le mie palpebre diventano sempre più pesanti.

Forse se le chiudessi…

-…ke! -

Anche i suoni sono ovattati, a quanto pare.

Non riesco a sentire quasi nulla.

O forse sto solo immaginando…

-…suke-kun! -

Sembra quasi la voce di…

-…Sasuke! -

Sì, sono senza dubbio le loro voci.

Desideravo così tanto rivederli un’ultima volta da sognarmeli in punto di morte?

-… idiota!

È un sogno decisamente realistico, se vengo addirittura insultato.

Risponderei a tono, se solo ne avessi le forze…

-…Non morire, idiota! -

Per l’ennesima volta, non ti starò a sentire, Naruto.

Eppure vorrei, almeno in questa situazione…

- Ti ho detto di non morire!

Suigetsu, Juugo, Karin…

Kakashi-sensei…

Sakura…

Naruto…

… adesso torno dalla mia famiglia.

- NON MORIRE, DANNATO IDIOTA! -

 

Delle mani mi afferrano per il colletto e mi strattonano in avanti, costringendo il mio corpo a girarsi sulla schiena.

Riesco appena ad intravedere due iridi azzurre spalancate per la rabbia e l’agitazione, quindi la figura viene sballottata fuori dalla mia visuale e la sostituisce una macchia informe di un rosa sfocato.

Sento alcune voci confuse che discutono, quindi una leggera pressione all’altezza del petto e un inaspettato calore inizia a scorrermi per il corpo.

La figura che ho accanto avvicina il viso al mio e mi dice qualcosa, ma mi giunge solo un singhiozzo confuso.

- Sasuke-kun…!

Le palpebre si stanno facendo un po’ meno pesanti adesso, o sbaglio…?

 

È segno che ormai sto per abbandonare questo corpo…?

 

- Resisti, Sasuke-kun, tieni duro!

Riesco a sentire la voce, ora. È tesa e implorante, potrei giurare che la sua proprietaria sta piangendo.

Sakura…?

La nebbia che copriva i miei occhi fino a pochi istanti fa si dirada un poco.

Stai applicando un jutsu medico su di me, Sakura?

Non devi, non serve… io ti ho abbandonata, ricordi?

 

- Niente scherzi, teme!

 La voce che mi urla nelle orecchie è quella di Naruto, senza dubbio.

- Non mi sono fatto in quattro per riportarti a Konoha solo per assistere alla tua morte, hai capito?! -

Certo che ho capito, idiota.  

- Vivi, dannato! Fai almeno questo per me, una volta nella tua vita! -

Il calore del jutsu ormai mi invade tutto il corpo, ma non so quanto posso resistere, ancora.

Ce la farai, Sakura…?

Perché se riuscissi a guarirmi, allora…

 

- L’ho stabilizzato, possiamo iniziare il trasporto, ora! Dobbiamo portarlo all’ospedale più vicino!

Il tono di Sakura è autoritario e preoccupato. Ma non disperato.

Naruto e un Kagebushin mi afferrano per le spalle e iniziano a correre tra gli alberi.

Il viso di Naruto, accanto al mio, è pallido e teso.

- Andrà tutto bene, Sasuke. Non ti lascio crepare, stanne certo.

Piacerebbe anche a me, sopravvivere.

 

- E tornerai a Konoha, dovessi trascinarti per i capelli!

 

…anche questo mi piacerebbe, in fondo.

Rimettetemi in sesto, e vi seguirò.

Questa volta davvero.

 

§

 

 

[Un passo dopo l’altro.]

 

E’ questo il segreto, vero?

Quando si insegna ai bambini piccoli a camminare.

È questo che si dice, no?

 

[Un passo dopo l’altro.

E se cadi, non importa: ci saremo noi a rimetterti in piedi.]

 

Questo discorso, in fondo, non è nemmeno tanto stupido.

Quando non si è più bambini, si è abbastanza forti per sopportare le cadute.

Perché, se hai agito bene nel corso della tua vita, hai la forza necessaria a farcela da solo a rimetterti in piedi.

E, se hai agito male… se hai agito male allora ci saranno delle persone tanto stupide da dimenticare i torti subiti e tirarti in piedi a forza.

O, perlomeno… nel mio caso è andata così.

 

 

NOTE DELL’AUTRICE:

E con questa terza one-shot si conclude dunque la raccolta!  

Un grandissimo grazie a Azzusam e ryanforever per averla seguita!

Alla prossima!

Gwen

  
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