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Autore: Riveraythn    29/04/2016    0 recensioni
Una scelta, una condanna, un sacrificio.
Per sopravvivere alla guerra, alla sorte, sarà necessario ciò che ormai è perduto.
La verità non è mai stata più nascosta, la realtà spietata e le decisioni difficili. La perdizione è facile, la giustizia piena di sfaccettature, la pace delicata e solo un cuore appesantito è capace di resistere a tutto questo. Ma la solitudine è ricca di sofferenza, la magia un nemico interiore e i ricordi, quelli sono l'unica giusta via che può tener ancorato a un futuro migliore. Il Principe delle Serpi, tuttavia, avrà bisogno di crescere per affrontare la vita, per affrontare il fato e per lui il nuovo anno ad Hogwarts sarà completamente rivoluzionato dal passato. La sua furbizia è l'unica compagna di viaggio, l'unica che può aiutarlo e le sue capacità dovranno affinarsi per diventare migliori, come la sua persona.
Il rischio è sempre pronto a soffocarlo, la lucidità vacilla quando gli occhi si appannano, l'arrendersi però non è contemplato.
#Drarry #BlaisexNP (Stephen James) #HermioneRon
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Il trio protagonista, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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“Guardi il tuo cielo,
ed ogni pensiero
si colora, si fà posto
diventando ricordo.”
Monica Castellani_

 
°°°° 1997 – presente °°°°
Draco pov.
Poggiai il gomito sullo spesso tavolo in legno, scuro e sentii contro il mento la pelle liscia del mio palmo, aperto. Trascinai le dita sul mio zigomo, nervoso mentre mi guardai intorno con indifferenza, seppur in realtà stessi facendo attenzione a ogni singola persona nella sala. Sbattei le ciglia quando i ciuffi della frangia, morbidi e fini, mi coprirono gli occhi e lentamente aspirai una bocca d’aria, sentendo lungo la gola i vari profumi dei dolci e del cibo diffuso per l’intera sala. Mi morsicchiai l’interno della guancia facendo attenzione a non scalfire troppo la carne sensibile e mi passai la lingua sulle labbra, in un guizzo veloce, quando Silente richiamò tutti gli studenti che tacquero dopo qualche secondo di troppo. Non mi interessava molto il suo discorso d’inizio anno, come non mi sarebbe importato quello del Cappello Parlante tra pochi minuti. I piccoli bambini desiderare d’iniziare questi anni a Hogwarts potevano solo aspettarsi il peggio, forse neanche sarebbe stata più come prima questa scuola dopo i piani pazzi di Voldemort. Nonostante non mi piacesse particolarmente la moralità e l’attitudine verso i Mezzosangue, o gli stessi babbani, non avrei nemmeno voluto cambiarla dato che da troppo tempo ormai questa era l’abitudine. Non era male, a pensarci bene. Noi Serpeverde in qualche modo ce la cavavamo sempre, nonostante il Preside stesso fosse fin troppo cordiale con i Grifondoro. Salazar non gli doveva andare troppo a genio, constatai con amarezza.  Sbuffai contro i miei stessi pensieri mentre potei distintamente sentire le parole che spronavano a l’unione, cosa che non era nei miei progetti attuare, specialmente ora.
Il marchio pizzicò sotto le bende e trattenni l’impulso di grattarlo ferocemente, come a volerlo sradicare dalla mia stessa epidermide. Piegai quindi i polpastrelli graffiandomi senza forza la guancia e quando il primo ragazzo venne smistato nella mia casata nemmeno applaudii, troppo preso da me stesso e i miei fastidi. Che erano tanti. In primo luogo la Wesley vicino a Harry, era davvero una sanguisuga e me ne ero reso conto sul treno, quando mi ero ritrovato a dover affrontare una seconda volta il moretto che però, ancora scosso, mi aveva semplicemente guardato trucemente per voltarsi subito dopo verso la ragazza che lo aveva stretto a sé in un abbraccio caldo di conforto e davvero, la mia Magia mi aveva suggerito di attaccarla, o forse non era stata lei, ma i miei stessi sentimenti. Fatto stava che non lo aveva mollato un secondo, neanche dopo la provocazione leggera di Pansy al suo indirizzo, neanche troppo velata come istigazione effettivamente. La Granger comunque aveva evitato un’altra inutile discussione dove nuovamente sarei stato dovuto essere crudele, rimpiangendolo subito dopo. Il pensiero di doverla ringraziare mi aveva disgustato parecchio, in quel momento e avevo dovuto sopprimere la voglia di insultarla per un bene superiore: il mio. E quello del Grifone, soprattutto il suo dato che ormai sapevo perfettamente i punti deboli del suo cuore fin troppo ferito per la sua giovane età. Se in passato avevo deciso di essere la sua cura, ora avevo deciso di diventare una tossina velenosa per esse. Non che lo volessi davvero, comunque. La sola idea di fargli ancora male era vomitevole e se prima mi aveva fatto crollare tanto facilmente, ora neppure potevo immaginare come sarebbe stato dover rivedere quella scena più volte al giorno. Non volevo, affatto, volevo solo essere io a consolarlo quando tutto il resto era troppo da sopportare, per un ragazzo alle prese con una vita già ricca di pesi. Aveva perso tutto e stava mettendo tutti davanti a lui, io ero stato fin troppo meschino portandogli via l’unica cosa per cui aveva lottato per personale guadagno: me stesso. Obliviarlo però era stato necessario per la sua salvezza, se avessi dovuto pensare solo a me stesso probabilmente ora mia madre sarebbe deceduta, mio padre sarebbe stato punito in maniera esemplare e Severus -il cui compito di proteggermi era diventata una promessa basilare dopo l’anno scorso, un vero legame- sarebbe stato devastato interiormente dallo stesso Signore oscuro. Quindi, per quanto avessi voluto seguire Harry nella sua folle idea, non avevo potuto farlo. Dovevo pensare a tutto il resto, prima che alla nostra situazione. In realtà stavo pensando prima ad essa, mettendole tutto davanti. A volte essere un manipolatore tanto saccente non aiutava neanche il mio ego. Dannato Godric.
Irritato da quella scenetta affettuosa dove la piattola si appiattì contro il braccio del Sopravvissuto –ancora per poco se non se la fosse tolta di torno- mi alzai, non accorgendomi nemmeno che l’ultimo bimbo fu smistato nella mia casata e così, quando Blaise me lo fece notare, finsi di andargli incontro per togliermi dalla mente quella squallida sensazione che avrei conosciuto sicuramente meglio, viste le palesi intenzioni della rossa. Superai le ultime sedie e porsi la mano al piccolo castano davanti a me, di cui neanche chiesi il nome mentre strinsi le falangi intorno alla sua piccola mano sudata, schifosamente sudata. Trattenni un sibilo e circondai le sue spalle con il mio braccio sinistro, che al gesto spruzzò spasmi bollenti lungo tutto l’avambraccio, sempre in maggior profondità nella carne. Soffocai un singulto quando la sua veste strofinò contro il Marchio in via di guarigione e probabilmente impallidii per quel continuo sfregamento. Deglutii spostandolo, allontanandolo così dal Cappello Parlante che in quel momento saettò come un furia, risvegliandosi. Mi bloccai mentre la sua voce riecheggiò nella Sala Grande.
 
“Principe dei Serpeverde, grande astuzia ti contraddistingue in mezzo ai tuoi simili, un grande potenziale sta nascendo e posso scorgere nubi, ma un chiaro sentiero sei disposto a compiere. La tua furbizia tuttavia non è però  la sola cosa che dovrai usare, non solo quella è una tua caratteristica, ricorda ciò che hai imparato e non lasciarlo scorrere via dalle tue mani.”
Schiusi la bocca per replicare, ma quando notai i vari sguardi degli alunni puntati su di me congelai, attendendo mentre il Capello tornò supino al suo posto, continuando a sussurrare la parola Slytherin, in chiaro segno che indicasse a chi si stesse riferendo e dopo il silenzio attenuò il suo profondo tono. Prima d’ora mai aveva osato parlare tanto pubblicamente, a una sola persona. Tossicchiai un paio di volte cercando di camuffare l’imbarazzo appena accennato, ma soprattutto l’irritazione dato che non mi stava aiutando a passare inosservato, riguardo i miei piani mentali. Indignato, mi sentivo tradito da quell’orribile coso che in questo momento avrei solo voluto buttare a terra e torturare, se fosse stato possibile, ma ovviamente non lo era come non potevo neanche far scordare a tutti quelle sue parole piuttosto intime. Non riuscivo proprio a capire come mai avesse creato tanto scompiglio e mi sarei volentieri risparmiato quella scenetta ridicola, sicuramente non adatta ad un Malofy che già solo per la presenza acquistava tutte quelle occhiate curiose e dubbiose. Sentii la mia Magia crescere e come un bisbiglio mi accarezzò l’orecchio in soffi di leggeri consigli, come se mi chiedesse il permesso di agire e per quanto volessi lasciarla divampare fino a far prendere fuoco a quel Cappello, non potevo permettere evitando così di venire scoperto.
Nonostante ciò quest’ultimo balzò nuovamente in aria come se fosse stato colpito e scombussolato iniziò a farneticare cose senza senso, volando oltre il suo posto fino al tavolo degli insegnanti, per poi tornare verso i tavoli dove gli adolescenti abbassarono le teste per evitare di venir colpiti al suo passaggio che sembrò più uno scappare impaurito. Approfittando del momento di distrazione tornai velocemente al mio posto sfuggendo così ai quesiti dei presenti e quando, per mia sfortuna, quel coso volò dalla mia parte mi venne letteralmente addosso come una freccia scoccata da lontano, veloce e potente. Caddi rovinosamente a terra prima che potessi sedermi sulla panca e sbattei la nuca contro il muro strizzando tra loro le labbra, prima di inveire contro quell’affare completamente impazzito dal nulla. Lo cercai di afferrare, ma quando sfiorai la sua punta prese letteralmente fuoco e senza ragione, sotto i miei occhi sgranati, fuggì come una fiamma senza controllo finché nel mezzo della Sala non trovò riposo quando Silente scagliò un incantesimo per ammutolirlo e spegnerlo. Tutti si zittirono.
Aprii e chiusi velocemente le palpebre per guardarmi intorno circospetto e mi resi conto che tutti mi stavano fissando, o studiando, stupefatti da quegli ultimi minuti di totale sconvolgimento. Non che io avessi capito cosa diavolo era successo, ne sapevo quanto loro, ma ero quasi sicuro di non aver completamente negato alla mia Magia di uscire. Era comunque strano, visto che non erano questi i modi in cui si creava solitamente. Rimasi pietrificato con la schiena al muro. Il Preside mi venne incontro rapidamente e dovetti ricorrere a tutta la mia infanzia per mascherare la confusione con stizza, irritazione che feci divenire palpabile.
 
“Signor Malfoy, la prego di seguirmi in infermeria” disse dubbioso, continuando a elaborare nuove supposizione nella sua mente e con assoluta risolutezza mi alzai, spazzandomi le vesti in azioni di drammatico fastidio per tutto.
 
“Se non le dispiace, dopo questo sconvenevole evento, preferirei andare a riposare nelle mie stanze senza interrompere questo discutibile banchetto” risposi utilizzando il mio miglior tono sfrontato ed educato, glaciale come mio padre mi aveva insegnato e potei cogliere il ghigno di Zabini crearsi sul suo volto, oltre le spalle di Silente.
 
“Posso comprenderla, ha il permesso di andare, allora” affermò, lasciandomi intuire che la discussione non sarebbe sicuramente terminata qui. Come se avessi veramente voglia di spiegargli cosa era appena accaduto. Annuii senza riguardo e con passi eleganti, formati da grazia e compostezza, mi diressi oltre la soglia della Sala, senza riuscire a evitare di vedere gli occhioni smeraldo di Harry, destabilizzato dagli eventi e confuso, visibilmente instabile in quel momento dove recepii la sua riluttanza a rimanere imprigionato tra queste mura. Era frustrato, lo sentii chiaramente nel mio flusso magico.
 
“Andiamo?” Mi voltai verso la serpe corvina, in piedi al mio fianco e lo seguii in un silenzio tollerante finché le porte non si chiusero dopo che Pansy ci raggiunse. Insieme scendemmo i bui sotterranei dove fioche luci ci fecero strada finché, grazie al fatto che ero un prefetto, esclamai la parola d’ordine che fece aprire il ritratto con pigrizia.
Dopodiché entrammo, mi tolsi la tunica rimanendo in camicia bianca e mi strinsi maldestramente il braccio ancora pulsante finché non raggiunsi la mia camera privata dove mi stesi sul divanetto in velluto verde e legno di quercia scuro. La seta delle tende dove ricami argentei adornavano il letto a baldacchino creavano un’atmosfera di pace e il camino scoppiettante era un bel suono di sottofondo. Blaise studiò i tre armadi dalle forme antiche e i mobiletti dove le mie cose erano state disposte ordinatamente, sulla destra di essi c’era uno specchio lungo fino alla moquette color petrolio sul pavimento. Sulla sinistra della stanza, accanto al fuoco, la trifora in vetrata mostrava la profondità del Lago Nero oltre di essa. Il lampadario, anch’esso argenteo, scendeva al centro della stanza separandosi in sette lingue dove sull’estremità alcune fiammelle si erano automaticamente accese. Il piccolo tavolino sovrapposto tra il divanetto e due poltrone dello stesso motivo, era accompagnato da una vetrinetta posta sotto la finestra, accanto al materasso. Era piuttosto enorme come camera e avevo già lanciato diversi incantesimi di sicurezza, in modo da poter rimanere tranquillo.
La Parkinson si accomodò sulla poltrona mentre Zabini mi si sedette accanto.
“Ti trattano bene” constatò lei, con un sorriso di sincera adorazione verso tutta quella raffinatezza.
 
“Ho chiesto espressamente queste cose, prima di venir via l’anno scorso” rivelai tranquillo, mentre il dolore si attenuava sempre di più e il respiro finalmente tornò regolare. Non mi ero accorto di star affannando lungo la strada. Al contrario il Serpeverde al mio fianco se ne accorse, nonostante non disse nulla a riguardo concedendomi appena il lusso di uno sbuffo. Lo ringraziai mentalmente sentendomi davvero grato per quella benevolenza da parte sua.
 
“Hai decisamente attirato l’attenzione, non potevi aspettare almeno l’inizio delle lezioni?” mi schernì mentre le sue dita passarono capricciose oltre il tessuto che mi copriva la pancia, accarezzandomi con lentezza e gentilezza in contrasto con quella voce scocciata.
 
“Ne avrei fatto volentieri a meno, non ho bisogno di queste scenette per avere i miei momenti di protagonismo, lo sai” strascicai con stanchezza ricordando le iridi vispe del Preside che sicuramente avrebbe mandato Severus nella mia camera, per farmi chiamare. L’importante comunque era non avere Potter tra i piedi, era particolarmente difficile restare vigile in sua presenza dato che non ero stato io quello colpito dall’obliviate.
 
“Non ne avevamo dubbi, tesoro” mi rimbeccò Pansy, dilettata al ricordo degli ultimi avvenimenti e ricordando a me quanto ancora dovessi delle spiegazioni ad entrambi i miei cari amici, che si dimostrarono veri e propri bastardi quando risero della mia ennesima sventura a Hogwarts.
 
“Inizio a pensare che questa scuola ce l’abbia con me” incalzai, lamentoso, cercando di sviare al più lungo possibile il discorso, ma sapendo che presto la foce di esso sarebbe stata posta come la miglior domanda del secolo. Nonostante ciò rimasi con quella maschera di esasperazione che fece brillare d’allegria le pupille dei miei compagni di casa.
 
“O forse ti sta solo punendo per la tua infinita arroganza” sbiascicò il moretto che scrollò le spalle con disappunto finché non fissò gli occhi nei miei per cercare risposte tacite di cui aveva un bisogno disperato. Sospirai, riconoscendo lo stesso sguardo negli occhi della ragazza e mi misi composto, ignorando i loro visi dove espressioni interessate erano presenti.
 
“Non potrei davvero biasimarla” dissi atono, catturando totalmente la loro attenzione e presi un profondo respiro mentre rivissi nella testa tutto quel che avevo vissuto negli ultimi mesi e con calma, strana naturalezza e un tono paziente incominciai a snocciolare tutti i preziosi dettagli di quel funesto racconto freddo, passato.
 
****
 
Lo scrociare del vento si sentì oltre le mura e l’acqua si abbatté sul vetro della mia stanza, quando molto tempo dopo terminai di spiegare le mie ragioni e fui immensamente soddisfatto di notare le loro labbra serrate. Stavano elaborando le nuove conoscenze e le varie possibilità che ora potevano prendere, avvantaggiandosi rispetto a tutti gli altri. Li potevo comprendere, tutto questo metteva a me a rischio più di quanto non volessi accettare e non gli avrei mai chiesto supporto se non ne avessi sentito disperatamente bisogno, anche se ovviamente tra le righe avevo lasciato loro detto che ora potevano, o meno, decidere di unirsi insieme a me in questo percorso insidioso.
 
“Che casino” irruppe Blaise, liberando la tensione accumulata e non potei che confermare tale parole con un sicuro cenno del capo, Pansy si limitò a sospirare con estrema gravosità.
 
“Ci stai mettendo in una posizione scomoda, soprattutto per noi e per ciò che siamo. Non tutti siamo disposti a fare ciò che tu hai intenzione e se lo verranno a scoprirei sarai come minimo diseredato da tuo padre, Cruciato da tua zia e ucciso da Tu-sai-chi. Senza mettere in conto tua madre e Greyback” esordì la piccola donna, tutto d’un fiato e restando priva d’ossigeno cercò di immagazzinare al meglio tutti quei contrastanti sentimenti che riconobbi nelle sue iridi oceano.
“Come se questo non bastasse hai anche fatto dimenticare tutto alla sola persona che ci avrebbe aiutato a uscirne una volta finito tutto, ma non ti bastava questo, no, a quanto pare tutti hanno scordato tutto ciò che è successo e non capisco ancora come tu abbia fatto nonostante questa tua nuova magia sorta all’improvviso” finì paonazza in volto e affranta, abbattuta sulla poltrona. Ringraziai mentalmente che fosse comoda.
 
“Non lo so nemmeno io questo, lo ammetto. Ora voi ne sapete quanto me” affermai con riluttanza, stringendo il pugno quando confessai questa mancanza piuttosto importante e che mi sarebbe servita sapere per poter controllarmi meglio.
 
“Sono comunque con te, Draco.” Alzai lo sguardo, senza parole, inchiodando la serpe corvina e quando notai l’onestà più pura nelle sue pozze nere mi fiondai sulla sua bocca per baciarlo con celata felicità dopo la paura di essere abbandonato una volta svelato tutto. Sorrise e ricambiò finché non mi privò del calore di quelle labbra da cui mi staccai più allegro di prima.
“Ti ho già lasciato da solo ad affrontare troppe cose e guarda che hai combinato” mi schernii senza troppo entusiasmo, mascherando il senso di colpa che gli attanagliava la gola in una morsa di sofferenza letale.
 
“Di certo anche con te non sarebbe stato meglio” ironizzò l’adolescente che con aria impettita mi fissò dolcemente.
“Puoi contare anche su di me, già immagino i danni se vi lasciassi da soli” continuò e mi allungai per stringerle le mani in segno di contentezza per questa sua decisione che mi portò pace nel cuore.
 
“Il Cappello ti ha puntato un faro addosso, dovrai fare più attenzione di prima adesso” mi avvisò il ragazzo. “Specialmente a Harry che ti tiene già d’occhio, inoltre è convinto tu abbia il Marchio” si fermò occhieggiando il mio avambraccio. “E non mancherà di provocarti ancora, vorrei evitare che ci rimanessi male ogni volta che avrete un confronto e quindi opterei per ignorarlo, ma non sarebbe da te. La crudeltà è l’unica arma a tuo vantaggio ora, cerca di conviverci al meglio” finì colloquiale, bevendo dal bicchiere dinnanzi a lui.
“Dannato Godric, già l’anno scorso ti avrei preso a parole per come quel ragazzo ti ha influenzato persino sui babbani.” Ridacchiai, insieme alla ragazza, nonostante un brivido freddo mi trapassò la schiena quando ricordai perché ora come ora pensavo ancora certe cose su di loro. Ma scossi la nuca e cercai di sembrare indifferente alla cosa inscenando invece una recita melodrammatica.
 
“Silente vorrà sapere la causa scatenante e insieme a lui ci sarà anche Potter già lo so. Dovremo tutti usare l’occulmanzia per evitare spiacevoli sorprese e dovremmo recitare in maniera impeccabile la parte dei giovani confusi” avvertii cosciente che già lo sapessero e non potei che inveire contro il vecchio al pensiero di quanto tenesse al suo Golden Boy. Gli altri due immaginarono la stessa cosa perché inorridirono contrariati.
“Neanche un giorno e già mi ritrovo al centro della scena” sibilai irritato, quando le parole del Cappello si fecero spazio in me e incrociai le braccia al petto risentito.
 
“Sei un Malfoy, cosa ti aspettavi?” mi prese in giro Blaise guadagnandosi uno schiaffo sulla coscia che lo divertì innocentemente, mentre invece Pansy sembrò preoccupata e immaginai il perché.
 
“Ho già una scappatoia in mente, non dovremo mentire, solo mezze verità” la rassicurai e intercettai entrambi gli sguardi furbi che si crearono come ghigni sulle loro facce mentre mi alzai, per inginocchiarmi davanti al camino e chiamare l’unico che avrebbe saputo come aiutarmi in questo mare di situazioni l’una sovrapposta all’altra. Il solo che per ora poteva realmente aiutarmi date le mie ricerche, dovevo solo riuscire a convincerlo prima che il Preside, o il professor Piton, piombassero nella mia camera.
 
°°°° 1996 – un anno prima °°°°
 
Il risveglio successivo non fu come quello avvenuto quella mattina, per il giovane Sopravvissuto.
Poteva ancora sentire lo strisciare del serpente sul pavimento gelido, in contrasto alle squame. La porta che celava qualcosa di estremamente importante e quella voce profonda, ripiena di cattiveria e pazzia. La cicatrice pulsava continuamente sulla fronte e poteva sentire chiaramente quanto stesse diventando sempre più calda, ci poggiò i polpastrelli sopra e li premette con forza contro di essi finché tutto quel calore concentrato in quel punto non smise di lanciare tuoni nella sua testa che sentiva spaccata in due. Lo stomaco chiuso e il cuore sempre più veloce nel petto non lo aiutarono a tranquillizzarsi finché molti minuti dopo riuscì a calmarsi col tenue bagliore del sorgere del sole.
Quando Ron si svegliò poté subito notare Harry seduto, immobile, contro il materasso e non chiese semplicemente perché quelle giade sembravano ancora stordite. Il Goldey boy lo ringraziò con un piccolo sorriso rassicurante, mettendosi poi in piedi con sicurezza instabile. Si vestì adeguatamente per quell’udienza, occhieggiò la foto di sua madre e suo padre dandogli un bacio veloce, ma sentito nel profondo, scendendo poi lungo le scale e incontrando così Hermione. Insieme il trio andò a fare colazione, venendo investito dagli abbracci e baci che augurarono una buona giornata. Nessuno parlò del Ministero dato che era palese che avrebbe cercato di camuffare il ritorno di Voldemort, inscenando scuse pietose che il Grifondoro avrebbe dovuto smascherare con audacia.
 
“Fai molta attenzione, mi raccomando” sussurrò Sirius al suo orecchio mentre lo strinse a sé e accarezzò con tocco delicato i suoi capelli. “Tu-sai-chi non è interessato a loro per il momento, è alla ricerca di una cosa che prima non aveva ed è per questo che ti ha fatto attaccare senza preoccupazione, quindi non prendere niente sotto gamba. Tutti potrebbero essere suoi seguaci, traditori” lo avvisò, creando altri mille dubbi in lui. Guardò lo zio per chiedere maggiori informazioni, ma Arthur lo spronò ad andare per giungere in orario e non creare altri motivi di lamentele. Di certo non volevano dare altre ragioni per dargli contro.
Si fecero quindi strada tra le vie grigie di Londra dove il cielo sarebbe potuto scoppiare in lacrime da un momento all’altro, la pioggia avrebbe rinfrescato tutto, ma lui si sentiva già abbastanza freddo dentro. Così spero che non accadesse mentre seguì il padre dei Wesley con frenesia, camminando rapido e incerto tra i passati frettolosi.
 
****
 
La cabina rossa, un passaggio per il Ministero, sembrò totalmente normale quando la vide per la prima volta, ma quando entrarono e li condusse dove Harry avrebbe fatto volentieri a meno capì che era solo l’ennesimo accesso strategico, per i visitatori aveva detto Arthur. Non rimase stupito quando riconobbe Kingsley e un altro uomo appartenenti all'Ordine, camminarono dietro di loro, tra le varie dimore l’una uguale all’altra e sembrò una piazza quella in cui sopraggiunsero prima di prendere un ascensore che li divise mano a mano uno per volta. Non si sentiva pronto a spiegare un’altra volta tutti quei fatti accaduti fin troppo velocemente, ma sapeva che presto gli avrebbero fatto domande studiate, trabocchetti stupidi con cui metterlo con le spalle al muro e cercò di rimanere disinteressato alla questione nonostante il Signor Wesley lo incoraggiò ancora, lasciandolo davanti all’ingresso del tribunale dove si sarebbe svolto il tutto.
Entrò, per nulla certo e si accomodò sulla sedia difronte ai vari spettatori.
 
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Non fu mai più grato quando Silente irruppe nella stanza con la sua aria potente, infastidita e composta nonostante la fatica che accompagnò quei movimenti veloci. Le lievi accuse velate e la colpevolezza celata del Ministero furono un amaro pugno da digerire per il Sopravvissuto che dovette rimangiarsi un insulto che sarebbe stato chiaro a tutti.
“Non c’è motivo per cui i Dissennatori si trovassero in quel quartiere, il ragazzo sta mentendo” osservò Caramell e Albus lo guardò con finto stupore, raccogliendo quell’educazione.
 
“Infatti crediamo che qualcuno gli abbia ordinato di allontanarsi da Azkaban” rispose senza osare troppo e il Grifondoro dovette trattenere l’ennesima imprecazione fiorita naturalmente dentro di lui. Ovviamente quel pazzo gli aveva mandato quei mostri oscuri, lo voleva più di quanto volesse mettere fine alla pace del mondo. Un risata stridula interruppe le due voci dei signori.
 
“Mi scusi, mi è parso per un secondo che stesse incolpando il ministero per questo” protestò una signora dai capelli scuri e la tenuta rosa confetto, sicuramente pregiata e già da quel viso adulto, il rossetto e la pettinatura eccentrica Harry capì non sarebbe stata d’aiuto. Umbrige, intuì che si chiamasse.
 
“ Non mi permetterei mai, non voi li avete mandati” incalzò il Preside facendo impallidire i presenti quando capirono a chi si stesse riferendo e Caramell divenne paonazzo al solo pensiero che quel nome echeggiasse nella sua sala.
 
“Non ci sono nemmeno testimoni” lo fermò con irritazione e uno sguardo spaventato. Potter ringhiò in risposta, sommessamente.
 
“In realtà ci sarebbe una persona, la prego di venire qui Arabella Figg” chiamò, il Preside, la sua vicina di casa e gli fece strabuzzare gli occhi quando la piccola donna venne in suo aiuto. Capì che era una Maganò solo in quel momento e deglutì esasperato annotandosi di quante cose non sapesse con riluttanza. Altro che per il suo bene, Salazar maledetto.
 
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“Mi può dire cosa ha visto?” La piccola donnina si strinse nelle spalle, seduta dove prima c’era lui e si guardò intorno intimorita, ricevendo tutto l’appoggio morale di Harry che poté comprendere quanto fosse scombussolata da quella serie di eventi.
 
“Uno era grassoccio, l’altro piuttosto magro” incominciò creando nel Grifone un contrasto tra risate divertite e isteriche per quella mancanza di sagacia, che le costò però un richiamo e dopo qualche secondo finalmente descrisse i Dissennatori, l’attacco e la destrezza con cui aveva salvato la vita a se stesso e al cugino. Venne così scagionato, guadagnandosi occhiatacce da chi non lo giustificò e altre confuse da chi invece optò per la sua liberazione da tutte le accuse. Espirò grato che tutto fosse finito e intercettò Albus uscire a grandi falcate dalla sala.
Gli corse immediatamente incontro per chiedergli di più, alcune spiegazioni, ma non lo degnò di un’occhiata scomparendo con velocità inusuale tra la folla di persone. Arthur invece si congratulò, trovandolo nella piazza e circondandogli le spalle lo portò via da lì. Non sapeva davvero perché lo stesse evitando in quel modo, aiutandolo al contempo e questo causava una leggera rabbia che gli annebbiava la vista, in qualche modo si sentiva tremendamente solo rispetto a chi lo circondava.
 
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Al suo ritorno ci fu una festa accompagnata per tutto il tempo da risate e felicità, dopo il timore che non potesse tornare a scuola e ciò allievò la sua inquietudine verso il resto della compagnia. La sua curiosità però lo portò nella stanza dell’albero genealogico della famiglia Black e quando suo zio lo intercettò lo avvolse tra le braccia per rassicurarlo con un senso di devozione che lasciò il moretto sorpreso, nonostante tutto. Sentiva davvero di appartenere a una vera famiglia ora, non era importante fossero solo in due o come si sentisse, Sirius c’era ed era vivo al suo fianco, questo lo rendeva contento più di tante parole superflue.
 
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Tutte le raccomandazioni di Felpato, che lo aveva accompagnato fino alla stazione di King’s Cross, non erano state dimenticate da Harry che ora si apprestava a salire sull’Espresso diretto ad Hogwarts. Gli sguardi degli alunni tuttavia non erano rassicuranti, ma li ignorò facilmente dopo tutta la repressa furia dovuta tenere nascosta a chiunque, persino a Ron e Hermione che andarono a prendere i posti nel loro vagone di sempre. Il moretto si guardò indietro prima di salire i piccoli scalini, scorgendo la figura snella, ma muscolosa, di Malfoy circondato da Blaise –ragazzo popolare sia tra femmine che tra maschi, dalla reputazione famigerata per via della madre sicuramente complice di quel folle- e la Parkinson –passata compagna dello stesso furetto se non ricordava male, con una potente e ricca famiglia alle spalle.- Gli lanciò un’occhiata ricordando il sogno della notte prima e si chiese perché lo avesse fatto, nel suo inconscio forse si sentiva in colpa per quell’atto sfrontato del primo anno? Beh, non era colpa sua visto che proprio il biondo lo aveva spinto ad allontanarsi creando antipatia, i suoi ideali non avevano nessuna dignità ed era sicuro che presto li avrebbe mostrati in tutta la loro vomitevole ripugnanza. Ricevette uno sguardo scettico in risposta, quando la Serpe riconobbe i suoi occhi e poté leggere una leggera confusione in quelle iridi grigie, prima che tornassero gelide e distaccate, con quella sua aria altezzosa entrò nel treno, seguito dagli altri due.
Digrignò i denti, sbuffando quando lo imitò raggiungendo i Grifondoro già seduti comodamente. Si mise nel suo angolino, già stanco per la giornata appena iniziata e con lentezza chiuse le palpebre, per prendersi alcuni minuti di totale riposo da tutto e tutti. La Magia vagò libera nel suo corpo già dormiente.
 
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Harry pov.
La Sala Grande immersa nel silenzio era uno spettacolo che mai avrei creduto possibile, il tramonto oltre l’orizzonte che con i suoi raggi ormai lontani illuminava il tavolo dei professori era sempre più distante e potevo sentire l’ombra scura della solitudine avvolgermi in un abbraccio gelato, che non volevo. I pavimenti non erano caldi, la pietra fresca e i tavoli immobili erano così vuoti privati degli studenti delle diverse case, di cui gli stendardi ancora scendevano dal soffitto alto. Sbuffai sentendomi fuori luogo, nonostante fossi a casa e mi sentii un bambino lamentoso, ero ad Hogwarts, ma non mi andava ancora bene.
 
“Hai intenzione di restare lì impalato ancora per molto?” Mi voltai di scatto quando Malfoy entrò nel mio capo visivo, stretto in una canottiera nera di buon tessuto e dei pantaloni stretti, che gli fasciavano le gambe in maniera sublime. Le braccia lasciate libere mostrarono tutta la carnagione lattea, del petto scoperto e delle spalle che erano rigide. Sollevò un sopracciglio confuso mentre gli si avvicinò con attenzione.
“Li ho trovati in camera mia, erano l’unica cosa presente e non volevo metterti in imbarazzo presentandomi nudo qui, nonostante trovo davvero squallidi questi completi babbani” spiegò mentre contrariato si scosse la canotta che creò languide onde sul suo corpo magro e pallido. Sgranai gli occhi guardando verso il basso e liberai un sospiro di sollievo quando riconobbi dei jeans, strappati sulle ginocchia e una maglia bianca, pulita.
“Ieri eri maggiormente presentabile, senza quella t-shirt orrenda” disse il biondo, facendomi alzare meccanicamente il mento e lo fissai senza parole ancora una volta. Che diavolo stava accadendo? Niente simboli delle fazioni diverse addosso, niente rumori o persone nei paraggi, solo noi due e dei vestiti che mai avrei immaginato di vedergli addosso.
“Sfregiato, smettila di essere così idiota” mi riprese alzando gli occhi al cielo scocciato e non fece in tempo a ritirarsi che mi allungai per catturargli il polso in una stretta morsa. Mi diede uno sguardo appena irritato e lo lasciai istantaneamente, scioccato dal mio stesso gesto. Nascosi quindi la mia espressione spaventata sotto i capelli mori e attesi l’ennesimo insulto da parte sua, che però non arrivò mai.
“Non vuoi restare da solo?” chiese, con tono basso e appena accennato, calcolando probabilmente cosa e come dirlo. Osai quindi sollevare la nuca per studiarlo da sotto le ciglia che sbattei più volte.
“Neanche io” sussurrò con voce quasi sofferente, lasciando cadere la maschera quando guardò a terra con aria affranta e capii che non volesse ammettere quanto avesse paura di rimanere solo lui. Forse non era minimamente paragonabile al mio terrore, però.
 
“Credo, penso sia una delle mie fobie” affermai insicuro, incerto se fidarmi o meno di quel ragazzo che per la prima volta si stava mostrando il sedicenne che era, senza quella ferrea educazione a sorvegliare le sue mosse o le sue decisioni.
 
“Tu hai la Mezzosangue e il Traditore del sangue con te, è semplicemente impossibile che tu rimanga da solo” rispose lui, cogliendo il tono superficiale che usai pensando di poterlo superare e ciò provocò uno scrollamento di braccia da parte mia.
 
“Tu hai la tua famiglia e tutti quei leccapiedi” sospirai preparandomi all’ennesimo litigio col giovanotto, che probabilmente nemmeno avrei dovuto ascoltare visti i suoi precedenti, anche se infondo era lo stesso che per una seconda volta mi aveva offerto la mano in segno di pace o di amicizia, forse lo stavo valutando male in questo luogo dove era libero da tutte quelle assurde costrizioni.
 
“Tu credi sia così, non vuol dire che lo sia veramente” iniziò saccente, piegando le braccia che incrociò sul petto e mentre assunse un’espressione oltraggiata, captai la sua riluttanza e il dolore celato dietro quelle iridi argentee, sciolte da ricordi ancora soffocati sotto quelle nere pupille sapute.
 
“Non lo è?” domandai quindi, per scuoterlo e riportarlo alla realtà, quasi sfidandolo a mostrarsi ancora un po’, solo un pochino di più di quanto già non stesse facendo e lo comprese, sfoderando un mezzo sorriso finto in cui riversò tutta la sua tristezza. Si andò quindi a sedere al suo tavolo e quando presi posto al suo fianco si morse il labbro inferiore combattuto come me del resto.
 
“Non lo è quando torno al Manor” bisbigliò infine, ignorando deliberatamente i miei occhi curiosi, ora spalancati dall’incredulità.
“Il fatto che ci siano elfi domestici o i miei genitori nella villa non include anche il fatto che stiano con me, anzi, sono sempre chiuso in camera o in giardino senza alcuna presenza vicino. Solo io e i miei libri di studio, la mia bacchetta e quando mio padre viene a passare del tempo con me è solo per addestrarmi, quando sarà il momento di-“ si bloccò, mordendo quella frase che però il mio essere captò ancora sulla punta della sua lingua. Per quando avrebbe dovuto incontrare Voldemort diventando un mangiamorte.
“-di crescere e affrontare il futuro.” Quindi me. Lo stava dicendo apertamente tra le righe e potevo apprenderlo con ogni parte di me, non avevo pensato però che potesse farmi male in quel momento e così rimasi qualche secondo in silenzio, non sapendo come riprendermi da quella rivelazione che mai avrei pensato prima.
 
“Si aspettano tutti qualcosa da te, le persone al tuo fianco, vero?” constatai, senza energie per poter esprimermi meglio, sentendo solo fitte continuo nello stomaco ormai chiuso da tutte quelle confessioni.
 
“Si, immagino che conosci la sensazione. Solo che c’è una grande differenza tra noi” finì, non dicendola a voce alta, nonostante la potei ascoltare tramite quelle pause. Io ero dalla parte buona, tutti sapevano che avrei fatto qualcosa di buono per loro e non avevo troppi problemi ad accettarlo, ma lui, lui forse stava facendo qualcosa che non voleva e che non avrebbe portato a niente se non malvagità assoluta. Magari se ne rendeva conto a dispetto di quello che credevo.
 
“Potresti decidere te cosa fare col tuo futuro” azzardai, ricevendo lingue di rabbia direttamente nel petto quando mi fissò rammaricato.
 
“No e comunque so che ciò che devo fare è giusto, va fatto” esordì, in questo momento capii quanto non potessi affatto compatirlo, anzi, lo biasimavo alquanto per quanto stava dicendo con tanta facilità, ammettendo fosse giusto causare tanta morte.
 
“Neanche sai di cosa parli” sputai irato, stringendo i pugni che probabilmente a breve avrebbero colpito il suo volto tanto superiore quando mi inchiodò.
 
“Lo so meglio di te, dato che l’ho vissuto in prima persona, ma per te è impossibile anche solo pensare a tale possibilità. Le persone non sempre possono scegliere come arrivare a conclusioni e se potessi evitare di fare certi pensieri sui quei dannatissimi babbani lo farei, ma li trovo altamente ripugnati e noi Sangue Puro meritiamo di meglio che condividere il nostro spazio con certa feccia” commentò disgustato e scattai, afferrandolo per il collo e sbattendolo sopra la pieta, bloccandolo tra essa e il mio stesso corpo ormai stracolmo di furia.
 
“Loro sarebbero feccia? Non sono loro che si divertono a uccidere e torturare innocenti, Draco” sibilai quasi trasformando l’inglese in serpentese, del tutto incontenibile davanti a quella ripugnanza che potevo ancora incassare tramite quelle iridi socchiuse con collera.
 
“Non dire il mio nome come se fosse un insulto e non osare difenderli proprio con me, tu stupido Sopravvissuto che non sei altro” mormorò celando la sua rabbia dietro sfrontatezza completamente inadeguata al momento e la Magia zampillò sulle mie mani, incontrollata, cercai di sopprimerla, ma notai il suo volto impallidire nonostante rimase immobile per sorbirsi quel colpo che presto sarebbe sopraggiunto invisibile.
“Lasciami andare, tu non sai niente.”
 
“So che in questo momento mi fa schifo il solo pensiero di star parlando con te, che disprezzi persone che nella vita sono condannate senza nessuna colpa se non quella di nascere senza magia” soffiai contro il suo volto quando mi avvicinai per sfidarlo ancora una volta a ripetere quelle maledette e stole parole piene di pregiudizi stomachevoli, che mi fecero venire presto la nausea.
 
“Nessuna colpa se non quella di aver agito nella stessa maniera di Tu-sai-chi in passato e con me per primo” bisbigliò nascondendo la faccia sotto la frangia platino. Boccheggiai incredulo e lasciai andare subito la sua canottiera, issandomi sulle ginocchia per allontanarmi da lui, scottato da quella frase.
“Hai ragione, Harry, possiamo decidere cosa fare col tempo che ci rimane e io ho deciso di perseguire la giustizia, per me e per chi ha subito certe cose come me.” Si appoggiò sui gomiti e potei vedere chiaramente le lacrime trattenuta  in quelle pupille scure, che scomparvero quando chiuse le palpebre evitando quindi di lasciarle cadere. Non seppi perché e non cercai nemmeno la risposta, ma presto chiusi la mano intorno alla sua e la poggiai sul mio petto, catturando il suo sguardo sorpreso, offuscato da quel pianto interiore.
 
“La vendetta ti perseguiterà più di quanto farai te con loro” esclamai con rinnovata certezza, senza fermare quel contatto visivo che divenne quasi dolce, tra noi.
 
****
 
Scattò seduto, guardandosi intorno con affanno e subito i suoi amici si preoccuparono di chiedergli cosa esattamente non andasse, ma il moro rimase in silenzio cercando di evitare di farli incuriosire ulteriormente. In qualche modo quei sogni erano più privati delle visioni che aveva su Tom, non voleva condividerli con terzi per quanto ancora non credeva possibile che Malfoy fosse così, che senza quella sua arroganza e altezzosità potesse perseguire una ragione plausibile nel suo cuore. Non ci aveva mai pensato, a dire il vero, aveva solo deciso che quelle Serpi erano schifosamente sottomesse a un folle, credendo davvero a quest’ultimo. Il Principe dei Serpeverde poi non gli aveva mai dato prova di grande intelligenza, nonostante dovesse ammettere che vederlo andare bene in Pozioni fosse stata per lui una sorpresa, dato che lui per prima non aveva idea di dove iniziare. Effettivamente il biondino aveva ottimi voti a scuola, forse per evitare di essere punito dal padre.
Inorridì pensandoci e si alzò per recuperare una cioccorana dalla bancherella girovagante, chiacchierando con Ron a proposito del Quidditch, aveva tutta la voglia del mondo di tornare su quella scopa per abbattere i suoi avversari e conquistare la coppa, nonostante preferisse pensare all’adrenalina della ricerca del boccino. Sorrise mentre si risedette al suo posto, ridendo con gli altri due.
 
°°°° 1997 – presente °°°°
 
Draco pov.
Sobbalzai fintamente sorpreso quando Piton entrò velocemente e bruscamente in camera mia, con sguardo scettico, infastidito. Brividi mi passarono lungo la schiena e li repressi mentre mi misi composto, imitato dai miei amici che rimasero immobili davanti al Capo della nostra casata.
“Scena pietose e mancante di grazia per un Malfoy, tuo padre non sarà felice” iniziò, facendomi soffocare la voglia di sbuffare irritato dalla frase. Mio papà avrebbe solo dovuto ringraziarmi una volta terminato tutto e non era colpa mia se quel dannato Cappello aveva deciso di svegliarsi.
“Un suggerimento interessante, comunque” continuò mentre esplorò il mio volto per cercare risposte che evitai accuratamente di lasciare che gli arrivassero, mentre mi voltai verso Blaise che, sfacciato, poggiò la testa sulle mani dietro la nuca, comodo al suo posto.
“Sempre elegante, noto, Zabini.” Quest’ultimo sorrise all’indirizzo del professore e si mostrò in tutta la sua superficialità, scrollando le spalle con un gesto aggraziato del corpo snello. Un leggero ghigno si impadronì della sua espressione e sospirò stancamente. Ci voleva davvero una grande sicurezza per sfidare Severus in quel modo e alla serpe non mancava, dato il suo vissuto con la madre. Aveva imparato tempo prima a sopravvivere distinguendo i momenti dove poteva mostrarsi forte e quelli dove era meglio usare la furbizia per cavarsela.
“Ragazzini” sussurrò Piton quasi con disgusto, mentre mi fece cenno di seguirlo quando alzò semplicemente un dito, rifiutandosi di sprecare ulteriore fiato.
 
“Ufficio di Silente?” chiesi saputo, costringendomi a non apparire troppo privo di stupore. Cosa che annotò quando mi studiò in pochi secondi, prima di darmi le spalle e camminare oltre la sala della casa e i sotterranei cupi.
 
“Ovviamente” strascicò in risposta, mentre le vesti svolazzarono a seguito di quel passo felpato.
 
“Potter?” continuai, abbattuto quando annuì riluttante e dovetti mordermi la lingua per non imprecare a voce alta mentre salimmo le scale attirando alcuni sguardi dei quadri. Pansy agitò nervosamente la mano, allontanando da noi quei bisbigli al nostro passaggio e le feci un piccolo cenno di approvazione.
 
“Fa attenzione a quello che dirai, Draco” mi avvisò Severus dicendo immediatamente la parola d’ordine che ci permise di entrare. Raccolsi quel consiglio con maestrale impassibilità e mi accomodai sul divano quando notai la Nata Babbana insieme al Traditore e il Sopravvissuto già in piedi davanti alla scrivania del Preside palesemente curioso e dubbioso per via dei fatti recentemente accaduti.
 
****
 
Sbuffai l’ennesima volta risentito quando Wesley inclinò incredulo il capo e Harry mi attaccò con furia malcelata.
“Mente” decise facendomi chiudere il pugno con indignazione.
 
“Se stessi mentendo tu non lo sapresti, Sfregiato” lo apostrofai, mordendomi la lingua al nomignolo stupido. Adoravo baciare quella cicatrice, nonostante fosse prova del suo dolore.
 
“Il fatto che hai un’alta opinione di te stesso non include che il resto di noi pensi lo stesso, Furetto” rispose furente, mentre socchiuse pericolosamente le palpebre e il soprannome mi fece agitare il piede, poggiato sul ginocchio, posai il braccio lungo il bracciolo del divano e alzai gli occhi al cielo assumendo un tono gelido, crudele.
 
“Non che mi interessi cosa ignobili pensino di me, ma tu stesso hai dato prova di non saper neanche captare una menzogna l’anno scorso. Non costringermi a rammentarti le conseguenze di questa tua grande mancanza, però puoi star tranquillo che le ricordiamo tutti.” Mi sentii tremendamente sporco fin nelle viscere rimembrano ancora una volta la morte di Sirius e quando il Golden boy nascose il viso per celare le lacrime che accompagnarono il ricordo dovetti sostenere il peso di due cuori frantumati all’unisono, che questa guerra aveva destinato al peggio.
 
“Sei solo un vigliacco pezzo di m-“
 
“Ron!” Il rosso si voltò verso la Grenger, quando lo bloccò mandandomi un’occhiata truce, piena di disprezzo che condivisi come una maschera di scherno davanti alle pupille.
“Non merita neanche una risposta, dopo questa ennesima prova di insensibilità senza dignità.” Strinsi tra loro le labbra fingendo indifferenza e ruotai gli occhi fino a incontrare quelli di Blaise, che divertito continuò a studiare la ragazza dinnanzi a lui, quasi sdraiato sul divano.
 
“Pensavo che avessero trovato insulti più efficaci, ma a quanto pare gli piacciono i cliché discutibili” mi disse, concedendomi un drammatico gesto di portare la mano sul cuore, quasi veramente ferito mentre il suo diletto si riversò nel sorrisetto sghembo che delineò la sua bocca sottile e carnosa, chiara. Velocemente tornai a guardare il Grifone che mi interessava e recepii quello sguardo di fuoco lungo tutto il torace quando ci lessi dentro puro odio profondo.
 
“Quindi non ne sapete davvero nulla?” domandò proprio lui, elaborando l’esasperazione di Pansy che si alzò dalla poltrona per posare le mani sui fianchi, in chiaro segno di stanchezza per quella situazione.
 
“Così si che sei sexy” la derise Zabini, realmente interessato a quella recita e dovette trattenere una risata fresca, posando elegantemente le dita sulle labbra serrate. Le iridi oscure erano un chiaro avvertimento di finirla qui data la pigrizia con cui si opponevano alla nostra sincerità.
 
“No, non sappiamo perché quel Cappello abbia messo in scena una pietosa figura come quella e no, non ci interessa scoprirlo dato che neanche ci interessano le sue parole prive di significato. Certi misteri preferiamo lasciarli ai Corvonero, noi abbiamo di meglio da fare che dare retta a quello, inoltre le cose dette erano piuttosto ovvie e non avevo realmente bisogno di sentirle. Oltretutto private, quindi non vedo perché dovete interessarmi a fatti che riguardano solo il sottoscritto senza prestare invece attenzione a una cosa di cui avete perso il controllo” affermai con fermezza, alzando in mento con altezzosità e dovetti congratularmi con me stesso per l’onestà trasparita da ogni lettera pronunciata. Comunque a quanto pareva non bastò dato che Silente si sovrappose tra me e il suo amato Grifone. Serrai la mascella teso e attesi che parlasse.
 
“Dubito che non vorrai saperne di più, elevare te stesso ti riesce sempre” sussurrò Harry, prima di darmi le spalle e mi morsi con fastidio l’interno guancia.
 
“Disse quello che vive della sua fama” sibilai infine, prima di venir afferrato saldamente da Piton su una spalla. Il Preside mi stava fissando con evidente rammarico.
 
“Quello che è accaduto oggi è molto pericoloso, Signorino Malfoy. Non si tratta di cosa ha detto il Cappello, ma di come è successo che abbia preso fuoco e questo, caro ragazzo, è accaduto solo dopo il tuo tocco” spiegò, con tono strettamente glaciale e professionale. Maledettissimo Godric e la sua dannatissima casata. Proprio a questo punto dovevamo arrivare? Cercai di muovermi a disagio, nonostante fosse difficile ora che tutti mi stavano inchiodando al divano. Abbassai il capo prendendomi le mani tra loro e sospirai con modesta bravura.
 
“Non so cosa sia successo, ma ho già informato chi di dovere di tale cosa e mi è stato inviato un Auror con cui potrò trovare risposte per la mia incolumità” snocciolai con timbro rigido, mentre incrociai le gambe e pensai che fosse una mezza menzogna, dato che di certo non avevo assolutamente detto nulla ai miei genitori. E come avrei potuto? Mia madre era circondata da Mangiamorte e mio padre carcerato per il momento. Rabbrividii al pensiero.
 
“Nonostante questo preferisco essere informato prima che certe notizie escano dalla mia scuola, Malfoy” mi riprese Albus, guadagnandosi un silenzio assordante come risposta a tale sciocchezza. Evitai comunque di mostrare il mio dissenso per quella stupida esclamazione. Il suo amorevole trio sembrò riflettere sulla cosa e la Mezzosangue si fece avanti cauta.
 
“Siamo in un periodo delicato, siamo davvero sicuri sia saggio permettere l’accesso a qualcuno che neanche conosciamo? Potrebbe essere più dannoso e inoltre abbiamo gli insegnanti che possono occuparsi del problema del viziato, si può benissimo arrangiare per una volta” osservò con intelligenza, facendomi scattare in piedi e rapidamente la fronteggiai.
 
“Ti assicuro che il Preside lo conosce bene e credo sia più dannoso il tuo continuo essere così  saccente che la mia sicurezza, Piattola” sibilai frustrato da quelle accuse. Stavo rischiando tutto per loro, un minimo di protezione la desideravo visto che non avevo risposte e si trattava della mia Magia nonostante ne sapessi più di loro, che ancora ignoravano quanto fosse importante questa questione.
Potter mi spinse non appena si avvicinò e Ron tirò fuori la bacchetta, spaventato dopo aver sentito la gelata, eppure intrigante, voce che avevo usato senza rendermene conto. Quegli smeraldi erano fusi alle mie iridi e lo ignorai, rimanendo inebetito quando il profumo del Grifone mi attraversò l’interno corpo dopo tanto tempo, concentrando il suo calore su un punto parecchio intimo. Mi mancava troppo ed era straziante averlo vicino e non poterlo toccare, non poterci conversare come sempre. La sua assenza aveva preso la forma della mia intera figura, impedendomi di riconoscere il mio stesso cuore ormai troppo appesantito. Avevo bisogno di lui e della sua essenza per tornare ad amarmi, dopo tutta quella sporcizia che stava uscendo dalla mia bocca. Dopo tutta la sofferenza che stavo causando in lui. Necessitavo lui.
 
Salvami da ciò e chi sono Harry, ti prego.
 
“Allontanati da lei” mi suggerì, arrabbiato e subito feci qualche passo indietro non volendo star a contatto con nessuno dei due, finché la presa calda di Blaise sul polso non mi diede un minimo di conforto in tutta quella agonia che mi fece tacere.
 
“Che scena davvero deludente.”
 
Mi voltai immediatamente riconoscendo quel timbro graffiato, dall’accento russo. I capelli rasati sui lati, che sul capo ricadevano a ciuffo sulla sinistra, lunghi abbastanza da potergli coprire l’occhio sinistro ghiacciato, viola e trasparente quanto esso. L’altro, sulla destra, era invece azzurro quanto la stessa acqua invisibile alla vista. Così chiari da apparire spietati. Le sopracciglia corvine in sintonia con le ciocche e le pelle chiara, meno della mia, era scavata sulle guance mettendo in mostra la durezza dei suoi zigomi e delle labbra sottili. Il corpo massiccio e muscoloso era perfettamente delineato dalla canottiera bianca, dove il cappuccio era tirato su per coprirgli la nuca. I tatuaggi sulle dita, sulle mani, sulle braccia, sulle spalle e sul collo erano lasciati scoperti perché probabilmente sentiva caldo, dato che era abituato al clima freddo della Russia.
 
“Aleksej Nikolaj Ryurik” lo salutai quando si scostò pigramente dalla soglia d’ingresso per venirmi accanto, poggiando quei ruvidi polpastrelli sulla mia fronte.
 
“Draco Malfoy” ricambiò incontrando lo sguardo sorpreso del Preside.
“Albus, Severus” salutò ancora prima di presentarsi ai rimanenti quattro nella stanza, finché giungendo a Zabini non divenne irritato, ignorandolo.
“Sono qui per aiutarti, spero che non stavate discutendo della mia lealtà” sogghignò, mentre Silente gli poggiò con orgoglio una mano sulla spalla, fiero di quel giovane uomo.
 
“Venticinque anni e già Auror, immagino che andare via da Hogwarts ti abbia aiutato nella tua crescita, ragazzo” si congratulò ricevendo solo un gesto di alzata di sopracciglia, annoiato, in risposta.
 
“Grazie per essere qui” mi intromisi, lasciando tutti senza parole e fu davvero divertente, dato che nessuno ancora aveva intuito quanto fosse potente la famiglia Ryurik, la più importante famiglia di maghi Purosangue della Russia. Non mi sarei mai permesso di essere sfrontato o ineducato con lui, anche perché era una delle poche persone che davvero stimavo in questo mondo.
 
“Ringraziami quando ti salverò il culo.” Scoppiai a ridere, liberando un suono delicato.
 
“Finesse.” Non era molto loquace e non aveva peli sulla lingua, abbastanza rude come persona effettivamente. L’opposto di me, eppure andavamo davvero d’accordo.
 
“Non sarà quella a salvarti quando dovrai affrontare qualcun altro” mise fine alla piccola discussione, stravolgendo davvero tutti quanti per la sua stranezza affascinante, misteriosa in qualche modo. Mi piaceva un sacco tutto questo.






Note finali:
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