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Autore: EvelynJaneWolfman    29/04/2016    5 recensioni
Cosa ci fa una donna all'areoporto in abito da sposa? Fugge dallo sposo, ovviamente.
* * *
Christina sa che non può assolutamente sposare Gus, non dopo averlo visto baciare un'altra con più passione di quanta ne abbia mai dimostrata a lei in sette anni di fidanzamento. Così, con solo la sua borsa ed il suo abito da sposa, fugge lontano, dall'altra parte dello stato: in Texas.
Ha bisogno di chiarire le idee prima di affrontare i familiari e le chiacchiere che si è lasciata dietro. Peccato che la sua auto a noleggio decida di fermarsi nel bel mezzo del nulla, tutto sembra destinato solamente a peggiorare, ma proprio quando Christina sta per perdere le speranze, arriva in suo soccorso Roy, un'aitante ranchero che sembra disposto a tutto per aiutare lei ed il suo povero cuore ferito a ritrovare la felicità.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Le occhiate perplesse delle persone che affollavano l'areoporto e di quelle in fila insieme a lei per l'imbarco, la mettavano decisamente in imbarazzo. Certo, non si vedeva tutti i giorni una donna vestita di bianco in attesa di prendere l'aereo, ne era consapevole, ed in quel momento si sentì come Julia Roberts in Se scappi ti sposo, peccato che per lei non ci fosse nessun Richard Gere dietro l'angolo pronto a risollevarle il cuore ed il corpo, soprattutto quello...

Sbuffò all'ennesimo sguardo insistente della vecchina che si trovava davanti a lei, sin da quando si era messa in fila non le aveva tolto gli occhi di dosso nemmeno per un secondo e restare calma stava diventando sempre più impossibile, avrebbe tanto voluto urlarle un “cosa diamine ha da guardare? Non ha mai visto una povera cornuta che scappa dal toro bastardo prima di passarci tutta la vita insieme?”, ma facendo appello a tutto il suo buonsenso e all'educazione esemplare che i suoi genitori le avevano impartito, riuscì ad ingoiarsi tutto.

Ancora non riusciva a credere di essere scappata dal proprio matrimonio come una pazza, ma non era del tutto colpa sua! Se Gus non avesse esplorato la bocca di un'altra con la sua lingua da Indiana Jones, tutto quello non sarebbe mai successo. Ormai era inutile rimuginarci sopra, il danno era fatto e lei si ritrovava cornuta, sola ed in fila per un volo che l'avrebbe portata in Texas con indosso solo un vestito da sposa, la sua vita non poteva procedere meglio...

Quello che più le dispiaceva era aver fatto spendere soldi inutili ai suoi genitori per il ristorante, gli inviti, le decorazioni e l'abito, soprattutto quello. Lanciò un'occhiata di fuoco al vestito bianco che indossava, quando l'aveva visto in vetrina, due mesi prima, le era parso l'abito più bello che avesse mai visto, quello che aveva sempre desiderato da bambina e sua madre non aveva esitato un solo istante per accontentarla, spendendo un bel po' di soldi.

Ed ora, il solo vederselo addosso le causava un'irritazione senza pari, forse era il pensiero di averlo indossato per Gus che glielo faceva odiare e si ritrovò a maledire quell'uomo ancora una volta nell'arco di quaranta minuti, grazie a lui odiava il vestito che le era costato una fortuna.

Finalmente la fila avanzò, permettendo alla vecchina che le stava di fronte di sparire lungo il corridoio che avrebbe portato tutti i passeggeri sull'aereo e lei lontano da quel posto. Avanzò verso la ragazza in divisa che le sorrideva in imbarazzo mentre cercava di non soffermarsi troppo sul suo vestito da sposa, e le porse il biglietto, ricevendo anche lei il permesso di attraversare quel corridoio che rappresentava un nuovo inizio.

Pochi minuti dopo, si trovava sull'aereo, seduta accanto ad una donna piuttosto in carne che si manteneva ai braccioli del sedile e respirava affannata con lo sguardo terrorizzato. Ed i motori non si erano ancora accesi... era l'unica che non le aveva rivolto uno sguardo perplesso o divertito, forse perché era più occupata ad andare in iperventilazione.

Cercò di ignorare il panico della sua compagna di viaggio, che stava contagiando anche lei, e si concentrò sulla pista che si vedeva dal piccolo oblò posto alla sua sinistra. Le sembrava tutto così irreale, così impossibile. Proprio lei, Christina Coleman, stava scappando dalla sua famiglia, dai suoi amici e da tutto quello che le era familiare, per volare in Texas, dove non conosceva nessuno e nessuno la conosceva.

Perché tutto quello era capitato proprio a lei? Perché Gus aveva cercato conforto nelle braccia di un'altra? Non era abbastanza carina? Simpatica? Divertente?

Forse il suo ex era semplicemente un bastardo, e quello che era capitato a lei quel giorno sarebbe potuto accadere anche ad un'altra ragazza che si fosse ritrovata fidanzata con lui al posto suo. Quel pensiero non riuscì proprio a risollevarla, aveva speso gli anni dell'adolescenza per lui, era sempre stata pronta ad accontentarlo in tutto, gli aveva sempre dato tutto. E lui come la ripagava? Tradendola il giorno prima delle nozze.

Abbassò lo sguardo verso il solitario che ancora adornava il suo anulare, un bellissimo zaffiro che ormai non le causava felicità come faceva appena il giorno prima, ma che le rammentava quanto fosse stato stronzo il suo promesso sposo.
Ricordava ancora la sera di sei mesi prima in cui gliel'aveva dato, erano andati a cena in uno dei ristoranti più belli di Manhattan per festeggiare il loro settimo anniversario. Lui aveva ordinato per lei i piatti più costosi del menù, anche quelli che non le piacevano, e non aveva fatto altro che ripeterle quanto fosse bella e luminosa quella sera. Era rimasta contenta di tutta quell'attenzione e premura da parte sua e non aveva sospettato nulla per tutta la serata. Alla fine, durante il dessert, lui si era inginocchiato davanti a lei mentre tutti i commensali della sala si voltavano curiosi verso di loro, mostrandole quel bellissimo anello e ponendole la fatidica domanda. Inutile chiedere cos'avesse risposto, era ovvio.

Si era sentita la ragazza più felice e fortunata del mondo, aveva creduto che nessun'altra avesse un fidanzato più perfetto del suo, mentre ora avrebbe tanto voluto una macchina del tempo per tornare indietro e fargli ingoiare quel maledetto anello.
Se lo sfilò con disgusto dal dito e lo porse alla donna accanto a lei, che ancora cercava di rilassarsi con degli esercizi di respirazione.

<< Ecco, tenga.>> Le disse, mettendole sotto il naso il gioiello ed interrompendo il suo inutile esercizio.

La donna smise di respirare come un montone eccitato e sgranò gli occhi palesemente incredula, mentre la fissava cauta, cercando di capire se quello forse uno scherzo o meno. << Ma ne è sicura?>> Le chiese con voce incerta

<< Certo, ne sono sicurissima. Non sopporto più la vista di quest'anello, figuriamoci indossarlo.>> Già stufa di tutta quella reticenza verso un gioiello che costava più del suo intero anno di stipendio, prese una delle mani che la donna aveva ancorate ai braccioli e vi depositò l'anello.

<< Ehm... grazie.>> Mormorò la poverina, fissando con sguardo già innamorato, lo zaffiro che una perfetta sconosciuta le aveva appena ceduto.

Christina si limitò ad un cenno del capo e tornò a fissare l'areoporto, sentendosi stranamente più libera senza quel peso al dito. Gus era sempre stato così, era eccessivo e gli piaceva mettersi in mostra, se ne rendeva conto solo ora. Era ricco e gli piaceva che la gente lo notasse, che invidiassero tutto ciò che possedeva. Forse, anche lei era stata solo un oggettino da mostra, più un cagnolino fedele che una fidanzata, già se lo immaginava a vantarsi di come la sua ragazza gli morisse dietro e di quanto fosse stupida da non accorgersi del tradimento che avveniva proprio sotto il suo naso.

Afferrò il bracciolo del sedile con furia omicida, prima di arrivare in Texas lei e la sua compagna di viaggio avrebbero distrutto le loro sedute, ne era convinta. Aveva voglia di rompere qualcosa, di urlare, di far del male ma si trattenne. L'unico a cui voleva seriamente danneggiare il viso era Gus... sì, come voleva procurargli un bell'occhio nero. L'immagine del viso perfetto del suo ex intaccato da un vistoso livido nero all'occhio, la fece sentire decisamente meglio.

La voce forte del comandante che avvertiva tutti passeggeri dagli altoparlanti di allacciarsi le cinture di sicurezza per il decollo, la fece sobbalzare.

Ci siamo, si disse, mentre si allacciava la cintura di sicurezza. Stava davvero per andare via, ma non ci avrebbe creduto fino a quando l'aereo non avesse lasciato il suolo di quel paese. Stranamente, sentiva una certa fretta impossessarsi di lei, voleva entrare nella cabina di pilotaggio e spronare il comandante affinché decollasse il prima possibile, senza lasciarle il tempo di pentirsi della sua idea.

Aveva il terrore che il coraggio le venisse meno proprio all'ultimo minuto, cosa che sapeva improbabile ma non impossibile. Abbandonò il capo contro il poggiatesta del sedile e chiuse gli occhi, ripetendosi continuamente che non poteva perdonare Gus o scendere da quell'aereo. Non poteva tornare alla sua vita piena di menzogne e tradimenti. E se qualcuno dei suoi amici avesse sempre saputo della tresca di Gus con la loro procace vicina? Sapeva quanto le sue amiche adorassero il suo ex fidanzato, e lui non avrebbe dovuto faticare poi molto per convincerle a mantenere il segreto, inventando una delle sue solite stronzate o semplicemente sorridendo.

Il rumore dei motori che si accendevano riuscì a calmarla, non sarebbe mai scesa né tornata a casa con la coda tra le gambe.

Passare del tempo all'aria aperta, immersa nella natura, l'avrebbe sicuramente aiutata a far chiarezza nella sua mente e nel suo cuore, perché una parte profonda di lei le suggeriva di tornare a casa e chiedere spiegazioni, incapace di credere che Gus avesse fatto una cosa del genere proprio a lei. Ovviamente, avrebbe presto ucciso quella parte stupida che credeva ancora in un amore che forse non era mai esistito.

Eppure, doveva immaginarselo, ai tempi del liceo lei non era di certo la ragazza più popolare della scuola. Preferiva rimanere chiusa in biblioteca a studiare o leggere tomi sulla guerra di seccessione, ignorando i problemi che affliggevano tutte le adolescenti della sua età all'epoca. Non le erano mai interessati i ragazzi, non particolarmente almeno, e di certo non si sarebbe aspettata che il ragazzo più popolare della scuola cercasse il suo aiuto per recuperare un'insufficienza in biologia.

Era iniziata proprio così la loro storia, s'incontravano tutti i venerdì in biblioteca per ripassare la materia tanto odiata da Gus ed in meno di una settimana si era ritrovata con un ragazzo ed un invito al ballo di fine anno. Da allora non si era più allontanata da lui, aveva sempre accettato ogni sua scelta senza mai protestare o fare scenate. Esisteva ragazza più stupida e patetica di lei? Come aveva potuto permettere a quell'idiota di prendere il controllo totale della sua vita? Lei, che si era sempre creduta un donna forte e caparbia, ora si rendeva conto di essere sempre stata una pedina nelle mani lunghe e traditrici di Gus.

Probabilmente, l'aveva sempre tradita negli ultimi sette anni, ma ancora non riusciva a capire perché fosse rimasto insieme a lei. Se non l'amava, perché le aveva chiesto di sposarlo? Perché non aveva rotto con lei subito dopo il diploma? Tante domande e nessuna risposta.

L'arrivo dell'hostess che avvertiva i passeggeri di spegnere qualsiasi oggetto tecnologico prima del decollo, le offrì un'ottima distrazione da tutti quei dubbi e quelle domande che fino a dodici ore prima non si sarebbe mai posta.

Vide la donna accanto a sé prendere il cellulare dalla tasca, con la mano impreziosita dall'anello che le aveva regalato, e spegnerlo. Lei il cellulare l'aveva nella borsa che ora se ne stava rinchiusa nel piccolo scomparto sopra alla sua testa, ma per fortuna l'aveva spento la sera precedente e non l'aveva più riacceso. E forse non l'avrebbe fatto per un bel po' di tempo. Già si immaginava la marea di chiamate perse e messaggi che vi avrebbe trovato una volta accesso, ed era per questo che non aveva il coraggio di riaccenderlo. Be', per fortuna ora era sull'aereo e per dieci ore non avrebbe dovuto preoccuparsene. Poteva preoccuparsi però, della marea di invitati, la maggior parte amici e colleghi di Gus, che la stavano cercando come un branco di cani segugi, mentre i suoi genitori e suo fratello se ne stavano in pensiero.

Doveva telefonare alla sua famiglia una volta scesa dall'aereo, almeno a loro doveva una spiegazione. Ovviamente non gli avrebbe di certo detto a telefono ciò che Gus le aveva fatto o dove si trovava, suo fratello sarebbe di sicuro corso a spaccare la faccia a quel bastardo, mettendoselo contro e per il momento non poteva permettere che una cosa del genere accadesse.

Michael, il suo adorato fratello maggiore, aveva sempre odiato il suo ex e più volte aveva cercato di metterla in guardia su di lui, ma da brava idiota abbagliata dall'amore qual era stata, l'aveva sempre ignorato.

Brava Christina, diciamo che un po' te la sei cercata. Se non sbattevi in faccia alla realtà, probabilmente non avresti mai aperto gli occhi. D'accordo con la voce della sua coscienza, da una parte non poté fare a meno di ammettere che per quanto doloroso, almeno lo aveva scoperto prima che fosse troppo tardi.

Finalmente l'aereo decollò, facendole emettere un sospiro di sollievo, mentre la donna accanto a sé squittiva terrorizzata.
Ora poteva davvero lasciarsi tutto alle spalle, almeno per un po', e dedicarsi solamente a se stessa. Doveva diventare più forte, non avrebbe più permesso a nessun uomo di scegliere per lei o renderla un cagnolino obbediente, come aveva fatto Gus.

Chiuse gli occhi, lasciando che la stanchezza e la tristezza prendessero il sopravvento su di lei.


<< Ehi! Signorina? Si svegli, siamo arrivati.>>

Aprì gli occhi, disturbata da una mano poggiata sulla sua spalla che la scuoteva non proprio delicatamente e dall'irritante vocina stridula che le stava molestando il timpano. Si mise seduta composta, stiracchiandosi e mettendo a fuoco ciò che la circondava. All'inizio non capì dove si trovasse, poi tutto le ritornò alla mente come una bomba e si lasciò ricadere contro il sedile dell'aereo a peso morto.

Allora era tutto vero? Non aveva sognato nulla di ciò che era accaduto, lei era veramente scappata dal suo matrimonio, aveva davvero preso l'areo per un luogo che distava migliaia di chilometri da casa con addosso solo il vestito da sposa.

<< Mi scusi, signorina, dovrebbe scendere.>> Di nuovo quella vocina irritante che l'aveva strappata dal sonno... si voltò verso la sua destra, ritrovandosi davanti un'hostess bionda dal sorriso cordiale, che la fissava a disagio. Diede un'occhiata a tutti i posti a sedere e notò di essere ormai sola su quella lattina volante.

Cosa? Aveva davvero dormito per tutta la durata del volo? Erano più di dieci ore! Come aveva fatto?

Tossì a disagio e si slacciò la cintura di sicurezza, alzandosi con sommo sollievo della ragazza in divisa.

<< Da quanto tempo siamo atterrati?>> Chiese all'hostess, preoccupandosi della risposta che avrebbe potuto ricevere.

Doveva essere stata davvero molto stanca e spossata per aver dormito tutte quelle ore filate senza accorgersi di essere arrivata a destinazione. Ed un po' le sembrava ovvio e normale, non le capitava spesso di scoprire, alla vigilia delle proprie nozze, che il suo ragazzo era un completo bastardo.

<< Da soli cinque minuti, signorina.>> La rassicurò la ragazza.

Sospirò di sollievo e si affrettò a recuperare la borsa e scendere velocemente da quell'aereo. Appena mise piede sul suolo texano, una leggera brezza le scompigliò i capelli e ne approfittò per ammirare il cielo scuro di quel paese mai visitato prima.

Era strano come anche il cielo le apparisse diverso, sapeva che era sempre lo stesso, ma in qualche modo era come se lo vedesse per la prima volta.

Sorrise emozionata, sentendo una forte eccitazione spazzare via tutta la tristezza e l'amarezza del giorno. Non vedeva l'ora di inoltrarsi nelle piccole cittadine del luogo, non voleva visitare le principali città ma i piccoli paesini intimi e accoglienti che aveva sempre e solo visto in tv.
Si affrettò ad entrare in aereoporto per il controllo, non voleva perdere un solo secondo in più. Anche se aveva dormito per tutte quelle ore, si sentiva ancora stanca quindi voleva cercare in fretta un taxi che la portasse al più vicino autonoleggio della zona, ammesso che c'è ne fosse uno, per poi farsi indicare la contea più piccola ed intima e raggiungerla guidando. Quindi doveva rimanere lucida.

Entrò in fretta dentro l'illuminato ed enorme edificio, ignorando per l'ennesima volta le occhiate perplesse di tutte le persone che la notavano, o meglio; che notavano il modo in cui era vestita. Si sottopose a tutti i controlli, sotto lo sguardo attento di ogni singolo essere umano che affollava quel posto, ed alla fine uscì di corsa, riprendendosi la sua borsa.

Si guardò intorno, in cerca di un taxi libero e per la sua gioia ne trovò uno parcheggiato proprio accanto a lei. Il conducente stava leggendo un giornale, ignorando completamente tutto ciò che si svolgeva sotto al suo naso, praticamente era proprio quello che cercava. Entrò velocemente dentro l'abitacolo, facendo sobbalzare l'uomo sulla cinquantina con uno strano basco in testa.

Il conducente si voltò verso di lei, fissando con curiosità la sua mise, ma distogliendo subito lo sguardo come se non gli interessasse capire come mai una donna vestita da sposa fosse appena salita sul suo taxi.

<< Dove desidera andare?>> Le chiese con la voce roca ed annoiata. Christina si sentì decisamente sollevata, quell'uomo non l'avrebbe spiata ogni secondo dallo specchietto retrovisore e di sicuro non le avrebbe posto domande inopportune a cui non aveva voglia di rispondere al momento.

<< Al più vicino auto noleggio, per favore.>> Lo vide annuire e partire quasi immediatamente.

Con la coda dell'occhio notò una giovane donna che la puntava e poi bisbigliava qualcosa nell'orecchio del ragazzo che le stava vicino. Sbuffò infastidita ed incrociò le braccia al petto, chiedendosi per quale arcano motivo le persone non si facessero mai gli affari loro. Già si immaginava quante persone avessero provato pietà di lei vedendola, o quante altre invece avevano riso alle sue spalle. Forse, se si fosse vista con gli occhi di una di quelle persone, avrebbe provato pena anche lei.

Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi, per la prima volta dopo tutte quelle ore, ma le ricacciò indietro. Quello non era né il momento né il posto adatto per sfogarsi, una volta trovato un piccolo motel in cui alloggiare, avrebbe dato sfogo a tutta la sua tristezza.

Cercò il cellulare nella sua borsa e lo strinse con forza nella mano, indecisa se accenderlo o meno. Alla fine, si disse che era meglio affrontare subito i suoi genitori e poi avrebbe di nuovo potuto ignorare tutto e tutti, concentrandosi solo sulla sua piccola “vacanza”.

Accese il cellulare, vedendo investita quasi subito dalla marea di messaggi e chiamate perse che aveva ignorato per tutte quelle ore. C'erano quaranta chiamate perse da Gus, venti di suo fratello, cinquanta di sua madre e una quindicina da parte di Roxanne. Per non parlare dei messaggi...

Ne lesse qualcuno di Gus, troppo curiosa di vedere cosa il bastardo le avesse scritto.

“Dove cazzo sei?”, diceva uno dei primi, mentre rimase allibita dall'ultimo che le aveva mandato. “Ti pentirai della brutta figura che mi hai fatto fare, Christina. Ti conviene ritornare subito a casa, chiedermi scusa davanti a tutti e pregare che io sia ancora disposto a sposarti.”

Cosa?! Che lui fosse ancora disposto a sposarla? Quello era davvero il colmo, lui era il bastardo pezzo di merda, ma lei si prendeva la colpa di tutto. In fondo era scappata senza dire nulla e di sicuro la gente stava consolando il povero ragazzo a cui aveva spezzato il cuore, ma nessuno si stava chiedendo come mai fosse scappata. Gus era troppo bravo a monopolizzare la situazione, ad attirare tutta l'attenzione su di sé e recitare la parte della vittima.

Prima che potesse cedere alla tentazione di rispondergli per le rime, selezionò il numero di sua madre tra le chiamate recenti e si portò il cellulare all'orecchio.

Sua madre rispose subito, come se avesse sempre tenuto il proprio cellulare tra le mani, aspettando una sua telefonata.

<< Christina? Tesoro, sei tu?>> La voce preoccupata e rotta dal pianto della madre la fece sentire un mostro e si lasciò sfuggire una lacrima che subito pulì via con rabbia.

<< Sì, mamma sono io.>> Sentì la donna sospirare sollevata, forse aveva creduto fosse stata rapita, ma era un po' improbabile rapire un persona in chiesa, che aveva un abito da sposa addosso per di più, senza passare inosservato.

<< Grazie al cielo, ma dov'eri finita? Ti abbiamo cercata dappertutto, tutti si sono dati da fare perlustrando ogni angolo della città ed ogni posto in cui ti piace andare. Abbiamo temuto il peggio, Gus era così preoccupato...>> A quella frase la sua rabbia ritornò più forte di prima e non permise alla madre di continuare.

<< Sono sicura che a Gus non importi proprio nulla della ma scomparsa, gli interessa solo la brutta figura che ha fatto a causa mia. Comunque io sto bene, ho bisogno di prendermi una pausa da tutto, mi dispiace avervi fatto preoccupare e vi chiedo per favore di non provare più a rintracciarmi, almeno per il momento. Vi chiamerò io e, per favore, non dire nulla a quel bastardo di Gus.>>

<< Bastardo? Cos'è success...>> Riagganciò in fretta, mandando delle mute scuse alla madre e spegnendo di nuovo il cellulare, gettandolo con poca grazia nella borsa.

<< Signorina?>> Alzò lo sguardo alla voce dell'autista e lo trovò a fissarla in modo strano. << Siamo arrivati.>>

Aggrottò incredula le sopracciglia e lanciò uno sguardo fuori dal finestrino. Erano davvero arrivati, poteva chiaramente vedere la grande insegna luminosa dell'autonoleggio che faceva bella mostra di sé sopra una piccola costruzione rossa dalla grandi vetrate.

Ringraziò il tassista ed una volta pagato, scese velocemente dal taxi, rischiando quasi di cadere a causa di quello stupido abito che non vedeva l'ora di far sparire.

Tremò alla fresca brezza che le accarezzò le braccia e le spalle nude, incamminandosi tra le centinaia di auto in esposizione, ce n'erano alcune davvero belle ma che di sicuro non si sarebbe potuta permettere con l'esiguo budget di cui disponeva.

Si fermò di fronte all'appariscente costruzione rossa e si schiarì la voce. << C'è qualcuno?>> Sentì chiaramente la sua voce rimbombare tutt'intorno, creando un'inquientante eco che le fece accapponare la pelle.

Se non fosse stata così disperata, probabilmente avrebbe abbandonato quel posto, ma le serviva assolutamente un auto e non poteva lasciarsi influenzare dalla paura.

<< Eccomi!>> Urlò qualcuno, si guardò intorno ma non vide nessuno, che fosse tutta opera del suo cervello? << Eccomi, mi scusi.>> Un ometto basso e grassottello, costretto dentro ad un completo elegante di almeno due taglie inferiori, uscì di corsa dall'edificio mentre ancora si alzava la zip. Ormai a Christina era ovvio il motivo dell'assenza di quell'uomo.

<< Mi scusi, ero occupato.>> Il proprietario dell'autonoleggio le si avvicinò respirando affannatamente, mentre si asciugava il sudore dalla fronte con un fazzoletto di stoffa. Per un secondo le ricordò la donna seduta accanto a lei sull'aereo, quella a cui aveva regalato l'anello.

<< Non si preoccupi.>> Lo rassicurò tentando un sorriso.

<< È qui per una macchina, ho indovinato?>> Le chiese l'uomo, molleggiando sui talloni mentre faceva vagare il suo sguardo sul vestito bianco.

Che tipo sagace... commentò ironica tra sé, annuendo all'uomo. << Qualcosa di non molto costoso, ma che vada bene per le strade di campagna.>>

L'uomo assunse un'espressione pensierosa, poi fece scoccare il pollice e l'indice, sorridendole come se avesse appena avuto un'idea geniale. << Ho proprio quello che fa per lei! Mi segua.>>

Non proprio convinta e rassicurata, seguì quell'uomo fino al retro della struttura, ritrovandosi macchine un po' ammaccate o arrugginite, ben diversi dai bolidi che erano esposti davanti.

L'uomo si fermò vicino ad un pick up rosso, l'auto meno messa male tra tutte quelle che vedeva.

<< Questo pick up me l'hanno portato giusto ieri, ha qualche annetto ma funziona ancora bene ed è perfetto per camminarci in campagna.>> Non sembrava convinto nemmeno lui, ma non aveva poi molta scelta e doveva accontentarsi.

<< Siamo sicuri che parta?>> Si avvicinò anche lei all'abitacolo, sbirciandovi dentro e notando con sorpresa che gli interni in pelle erano ancora in ottime condizioni.

<< Certo che parte!>> Sbuffò offeso l'ometto. << Se vuole glielo dimostro.>>

<< No, mi fido di lei.>> Lo vide rilassarsi e ritornare il pazzo strano e calmo di prima. << Quanto mi costerebbe?>> Nascose la paura di quella domanda dietro ad un'enorme finto sorriso.

<< Quaranta dollari al giorni.>>

Be', non erano di certo pochi, ma nemmeno tanti. Di sicuro le auto luccicanti che aveva visto prima costavano molto di più.

<< Okay, la prendo per l'intero mese.>> Già stava piangendo la perdita di tutti quei soldi, ma avrebbe speso sicuramente di più facendosi scarrozzare in giro dai taxi, ammesso che c'è ne fossero...

<< Bene! E visto che mi è simpatica, le farò anche uno sconto.>> L'uomo si avviò dentro l'edificio rosso, facendole segno di seguirlo, cosa che lei stavolta fece con immenso piacere. La prospettiva di uno sconto la fece sentire più euforica, risparmiare anche solo un dollaro per lei era importante, doveva stare molto attenta a non spendere anche la parte che aveva versato Gus per il viaggio di nozze, che era quasi il triplo della sua.

Firmò i documenti che l'ommetto le mise davanti, pagò con un sorriso fiero sulle labbra e prese con gioia le chiavi del pick up. Appena entrò nell'abitacolo, venne investita da un forte odore di erba e muffa, non certo una cosa gradevole ma almeno aveva un mezzo di trasporto con cui spostarsi. Prima di andarsene chiese al venditore quale fosse la contea più piccola che si trovava nelle vicinanze, scrivendo poi le sue indicazioni su un taccuino per evitare di dimenticarle e perdersi. Salutò l'uomo e s'incamminò verso l'autostrada.

In quel momento, mentre guidava su quella strada mai vista prima, verso un paesino mai visitato in vita sua, si disse che forse le cose si sarebbero davvero sistemate. Era lì solo da qualche ora, eppure le sembrava già di sentire l'effetto benefico che quel luogo aveva su di lei, forse era la consapevolezza di poter essere se stessa in un luogo dove nessuno la conosceva, dove avrebbe potuto farsi accettare per ciò che era veramente e non per la fidanzata robot di Gus Miller.

Sì, lì non doveva essere perfetta, avrebbe potuto mangiare un hamburger con le mani, esattamente come facevano i comuni mortali. Poteva lasciarsi scappare un ruttino, senza scandalizzare nessuno, poteva uscire fuori a prendere il giornale con le sue pantofoline a coniglio, senza temere lo sguardo terrificato e derisorio di quella stronza di Victoria.

Lei era libera, poteva fare ciò che voleva, mangiare ciò che voleva, vestirsi come voleva e dire quello che pensava. Quella era una prospettiva davvero bella, prima di allora non si era mai resa conto di aver chiuso la vera sé in un angolo remoto del suo essere per evitare di imbarazzare Gus... quindi lui l'aveva sempre trovata imbarazzante e non se n'era mai accorta. Doveva ammetterlo, era stato davvero bravo a soggiogarla, a plasmarla in una perfetta bambolina efficiente ed ubbidiente.

Per fortuna, ora si era svegliata e non avrebbe più permesso a quel bastardo di controllarla, da adesso aveva di nuovo il controllo della sua vita. Le sembrava di essersi svegliata da un lungo coma e ricominciare in un luogo sconosciuto era la cosa migliore per ritornare in pace col suo vero “io”.

Il suono del motore che iniziava a singhiozzare la strappò dai suoi pensieri ed iniziò a preoccuparsi, che diamine aveva quel catorcio?
Non le aveva dato problemi in quell'ultima mezz'ora, perché ora emetteva quel suono raccapricciante?

Tentò di accelerare, ma il pick up continuò a rallentare mentre il rumore pian piano scemava, poi l'abitacolo si fermò del tutto.

<< No!>> Esclamò disperata, colpendo con un pugno il volante e tentando di riaccendere quell'inutile catorcio. << Ti prego, riparti...>> Tentò ancora di far ripartire il pick up, ma fu del tutto inutile.

Si appoggiò con la fronte al volante, mentre sospirava rassegnata. Era bloccata in mezzo al nulla, era uscita dall'autostrada diversi chilometri prima e di sicuro non era una buona idea incamminarsi con quel buio in cerca di aiuto.

Si slacciò la cintura di sicurezza con stizza e prese il cellulare dalla sua borsa, riaccendendolo per chiamare aiuto. Era ovvio che qualcosa dovesse andare storto, non poteva davvero essere così bello!

Lanciò uno sguardo sullo schermo del cellulare ed imprecò appena vide che non c'era campo. Si trovava in una strada di campagna che non aveva nemmeno i lampioni, seriamente aveva creduto di trovare linea in quel posto desolato?

Scese dall'auto e si avviò verso il cofano, aprendolo e facendosi luce con il cellulare. Lei non ci capiva nulla di motori, però magari il problema sarebbe stato qualcosa di visibile e facilmente risolvibile.

Ovviamente, anche quella sua speranza andò a farsi benedire, a parte il motore piuttosto evidente, non conosceva le altri parti che componevano quel catorcio, quindi le era impossibile capire il problema, figuriamoci risolverlo. Sbatté con forza il cofano e si abbandonò contro il pick up, cercando di non cadere nel panico.

Forse l'unico modo per uscire da quella situazione era davvero camminare fino all'uscita dell'autostrada, ma quel posto era circondato da boschi e lei aveva visto troppi episodi di Bones e tutte le stagioni di Law and Order SVU per non preoccuparsi.

All'improvviso, il bagliore dei fari di un'auto l'accecarono, costringendola a coprirsi gli occhi con un mano. Sentì il suono di un auto che si fermava proprio di fronte al suo pick up ed iniziò a preoccuparsi. E se la persona che si era appena fermata fosse stato un maniaco sessuale? Un folle pazzo pronto ad ammazzarla? Lei non conosceva nemmeno una mossa di auto difesa in caso le cose si fossero messe male, perché non aveva preso lezioni su quella invece della cucina?

Deglutì spaventata, mentre sentiva che la portiera di quell'auto sconosciuta veniva aperta e sbattuta con forza.

Ti prego signore, non farmi morire prima di aver rimesso apposto la mia vita.


-ANGOLO DI EVELYN-

Buongiorno!

Come avevo promesso, anche se in ritardo, ecco il primo capitolo di questa nuova storia. Spero vi sia piaciuto e che vi abbia chiarito un po' le idee su Gus e sul suo comportamento con la nostra protagonista. Non è bello per nessuna donna essere tradita, figuriamoci rendersi conto che è stata addirittura manipolata senza che se ne accorgesse. Ovviamente, è stata l'ammirazione ed i sentimenti che lei provava per lui a permettere che questo accadesse, ma ora Christina sembra pronta a voltare pagina, sarà così?

E chi sarà questo sconosciuto (o sconosiuta) che si è fermato? Be', credo che questa sia la domanda più stupida.

Spero che sia riuscita a farvi un po' ridere, oltre che a provare una furia omidica verso Gus, ahahaha.

Grazie per aver letto!

Alla prossima,

Evelyn! ♡

  
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