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Autore: Coleottero    30/04/2016    1 recensioni
E forse il fuoco non è solo sinonimo di morte
Forse il fuoco può portare nuova vita
Dalle ceneri la Fenice può risorgere
Ma c'è un problema:
è solo una bambina
~Dan R. Jumper~
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In quel corridoio, le torce con il fuoco viola emanavano una luce più tenue e rendevano difficile scrutare all'interno delle celle. Si intravedevano occhi curiosi brillare nel buio e seguire Jenny, Ettore e René con lo sguardo.
Si sentivano sibilati e ringhi che facevano accapponare la pelle. Ogni tanto, una mano ricoperta da pelo o squame o altro ancora, sporgeva dalle sbarre spaventando Jenny e facendola allontanare di qualche passo. 
La rana dalla bocca larga era stranamente silenziosa, troppo impegnata a far guizzare gli occhietti gialli su qualsiasi cosa si muovesse. Il Minotauro, invece, si spostava con passo pesante e sguardo fisso in avanti, concentrato a non inciampare sul terreno inadatto ai suoi zoccoli. Ad un certo punto, a Jenny parve di sentire un flebile nitrito, timido e triste. Si avvicinò cautamente ad una cella pur restando a distanza di sicurezza. 
-Cosa fa ragazza umana? Cosa fa?- domandò visibilmente preoccupata la rana. Jenny non rispose, strizzò gli occhi per vedere nel buio. Ci fu un leggero scalpiccio, poi il prigioniero della cella si avvicinò abbastanza agli aculei metallici per permettere alla luce di illuminarlo. 
Jenny si portò una mano alla bocca quando vide gli occhioni tristi di un tenero unicorno bianco con il corno perlaceo mozzato. 
-Oh, poverino!- esclamò dispiaciuta Jenny allungando una mano per fargli una carezza sul muso. L'animale le si accostò, lasciandosi accarezzare. La rana però cacciò un grido e si portò le mani verdognole sugli occhi nell'istante in cui l'unicorno spalancò la bocca piena di denti appuntiti e seghettati per scagliarsi contro le sbarre nel tentativo di addentare Jenny. 
Quando scostò le zampine dalla sua visuale, vide con sollievo che l'amico metà uomo e metà toro aveva scostato la ragazzina in tempo e la stava tenendo sollevata a distanza di sicurezza. L'unicorno carnivoro, rimasto a bocca asciutta, si ritrasse con disappunto nelle tenebre.
-Stupida umana ragazza! Stupida! Perché pensi unicorni abbiano corno? Perché infilzano umani ragazzi! Stupida!- gracidò isterico René. 
Jenny era rimasta scossa dall'accaduto e quindi si limitò a balbettare -P-proseguiamo-.
Camminarono per ore, o forse solo per qualche minuto, difficile percepire il tempo scorrere lì sotto. Poi René riaprì bocca -Cerchiamo umano signore? E umano signore ha capelli grigio topino?-
-Sì- rispose Jenny.
-Occhi bianchi?- domandò Ettore. 
-Sì- ripeté la ragazza.
-È lui?-  chiese infine René fermandosi davanti ad una cella e indicandone il prigioniero. Jenny seguì con lo sguardo la direzione indicata dalla rana dalla bocca larga fino ad incrociare gli occhi spenti del professor Cremly, legato ed imbavagliato. -Sì!- esclamò Jenny. René allora sorrise -Bene! Io? Io rana felice! Ciaaao- e si incamminò per tornare da dove erano venuti. Ancora una volta il Minotauro la riacchiappò 
-Non vuoi lasciare da sola qui ragazza umana, vero?- brontolò. 
-Lasciare sola? Lei con umano signore. Oh andiamo! Noi aiutato abbastanza!-. 
Ettore non accettò repliche e costrinse la rana a restare. Poi mugghiò a Jenny -E ora?-. 
Lei si passò una mano tra i capelli 
-Credo di poter...- lasciò cadere la frase per dare una dimostrazione. Distese il braccio con l'H tatuata e azzardò qualche passo verso la cella. Ad un certo punto, senza alcuna apparente spiegazione logica, una paura intensa la pervase, a tal punto da costringerla ad arretrare. Immagini orribili e spaventose le erano sfrecciate davanti agli occhi.
- Quale problema ora? Quale?- domandò lagnoso René. Jenny stava aspettando che la paura provata le scivolasse via prima di rispondere, quando qualcun altro lo fece al posto suo -Temo sia colpa mia-.
Alcune delle ombre sembrarono staccarsi dalle altre e avvicinarsi alla luce, per permettere di distinguere di cosa si trattasse. Un uomo dalla pelle di un grigio chiarissimo ma i capelli corvini, neri quanto i vestiti ed il mantello, e un'espressione desolata negli occhi scuri profondi come pozzi, si fece avanti con un breve cenno del capo. -Mi presento, mi chiamo Babau, ma forse avrete già sentito parlare di me come l'Uomo Nero-. 
René fece un saltino e provò a svignarsela, ma poi si limitò a nascondersi dietro al Minotauro. 
-Oh, piccolo amico dalla bocca larga- sibilò mellifluo l'Uomo Nero, lasciando intendere sia che ormai l'aveva visto, sia che in realtà non erano affatto amici -Dimmi, hai ancora l'oggetto del nostro baratto?-
René spuntò timidamente da dietro Ettore e gracchiò spaventato -Oggetto? Oooh no, perso oggetto. René non ha più oggetto-.
Babau fletté le lunghe dita e se le portò al mento in un'espressione accigliata, poi però fece un sorriso, gradevole quanto quello di una vipera -Sai, non è stato per niente carino da parte tua imbrogliarmi così-.
 Jenny, che non conosceva i trascorsi, seguiva il discorso alquanto confusa.  L'Uomo Nero continuò -Allora facciamo questo: tu mi fai uscire di qui e io non friggo le tue cosce di rana, d'accordo?-. René congiunse le mani e, assumendo un tono pragmatico, commentò 
-D'Accordo? In realtà no, cosce di rana sicuro salve se tu non esci. Uomo Nero sta lì-. Jenny si voltò di scatto verso la rana -Ma noi dobbiamo aprire la cella, c'è il mio professore lì!-.                                                                          
-Professore? Spiacente, spiacente- farfugliò René sventolando una mano e lasciando intendere che non se ne parlava. Ettore prese un sospiro, il fiato caldo scostò i capelli di Jenny, e poi si rivolse a Babau -René accetta-. La rana strillò ma il Minotauro le tappò la bocca. L'Uomo Nero fece un sorriso volpesco. Aveva appena stipulato un accordo, che a René non piacesse non era un problema suo. -Bene, allora mi faccio indietro- mormorò, allontanandosi quindi lentamente dalle sbarre. Passò a fianco al professor Cremly, che per un istante sbarrò gli occhi, attanagliato dalla stessa paura irragionevole che aveva colpito Jenny. Non appena Babau si fu allontanato di ancora qualche passo, il professore si riprese e respirò profondamente. A quanto pare, l'Uomo Nero era la causa del terrore. Jenny si avvicinò alle sbarre ed allungò la mano con l'H impressa. Iniziò a concentrarsi e, in una frazione di secondo, una fiammata incandescente scaturì dal suo palmo. La vampata stava funzionando, le fiamme stavano sciogliendo le sbarre, ma poi accadde qualcosa di inaspettato: le lingue di fuoco iniziarono a scurirsi, fino a diventare nere. Era come se le ombre della cella stessero filtrando nell'energia di Jenny. Lei quindi tentò di arrestare il potere, ma l'oscurità glielo impediva, come se avesse incatenato il fuoco. E poi l'energia della ragazza iniziò a venire consumata, buio che bruciava il fuoco stesso. In condizioni normali, Jenny si sarebbe chiesta come ciò fosse possibile, ma quelle non erano condizioni normali, perché insieme all'oscurità iniziarono a raggiungerla anche emozioni come paura e rabbia incontrollabili, emozioni non sue. Nel panico, stava provando ad allontanarsi dalle sbarre quando, procurandole un dolore acuto alla testa, una cascata di parole la travolse.
Se doveva essere un mostro, sarebbe stato il migliore. La paura stessa avrebbe generato il panico e, nella confusione, nessuno l'avrebbe vista strisciare nell'ombra. 
Ancora una volta, non si trattava di pensieri suoi.
   
 
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