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Autore: endif    08/04/2009    5 recensioni
"Il buio si fece più buio. Una voragine si spalancò nel mio petto. All’improvviso sentii il dolore, immenso, pulsante, invadermi la testa. «Non c’è più…» mormorai. Chiusi gli occhi e con tutto il fiato che avevo in gola urlai tutta la mia disperazione."
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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- Questa storia fa parte della serie 'Change'
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EDIT: Capitolo revisionato e corretto.

CAP. 5
ALLUCINAZIONI

EDWARD

Quella era la voce di Bella.
Non l’avevo immaginata, non era stata un’eco della mia mente. No, io l’avevo sentita, sentita con le mie orecchie,  intendo.
Con i sensi all’erta, immobile e teso, mi accorsi a malapena del cellulare che squillava. Guardai il display e non mi stupii nel riconoscere quel numero.
Pigiai il tasto della risposta.
«Alice» dissi piatto, poi silenzio.
«Edward … stai bene?» la sua voce era un po’ incerta, mi fece tenerezza.
«Sì Alice, sto bene». Per quanto permettessero le circostanze era vero, anche se credo che scioccato rendesse meglio l’idea.
«Mi sono spaventata, ho … ho avuto una visione … no, non era proprio una visione …, beh sì, insomma io …» Sospirò pesantemente. «Ecco, stavo guardando il tuo futuro, e …»
«Alice, ma cosa ti …» iniziai, stancamente.
«Oh, insomma Edward, non inquietarti! Ti ho promesso che non avrei sbirciato nel futuro di Bella, ma non nel tuo. Esme mi tormenta ogni giorno, sai? E’ preoccupata, siamo TUTTI molto preoccupati per te. E … e io, poco fa, ho visto che tu …»
«COSA, Alice, cosa hai visto?» Stavo per spazientirmi. Risentire la voce di quel piccolo folletto petulante non mi era indifferente come volevo convincermi e con l’accenno a nostra madre aveva toccato un tasto doloroso. Ero irritato.
«Edward tu sei …» fece una pausa per scegliere con cura la parola giusta «sei SCOMPARSO» disse, quindi, in un fiato.
Poi partì a raffica «Che stai tramando, eh? Vuoi commettere una sciocchezza? Non ho visto chiaramente, ma c’è un’unica spiegazione a ciò. TU VUOI SPARIRE. Non puoi, capito! Non pensi a noi? Non pensi a me?» La sua voce si era fatta acuta e stridula.
«Alice, smettila ti prego. Hai frainteso, non sono queste le mie intenzioni. E’ vero, è appena successo qualcosa di strano, ma, in verità, credo che sia stata un … un’allucinazione, ecco.»
Silenzio da entrambe le parti. Ammutolire Alice era un risultato insperato.
«Come un allucinazione?» Il tono era perplesso.
«Sì, Alice. E’ molto che non vado a caccia, probabilmente troppo. La mia mente mi ha giocato un brutto scherzo, niente di più.» Terminai io.
«Mmm …, mai sentita una cosa del genere, ma Carlisle lo saprà di certo, all’inizio della sua nuova vita anche lui era un po’… sì, beh, hai capito cosa intendo.»
«Un po’ fuori?!» accennai appena un sorriso involontario. Quel mostriciattolo era davvero impossibile. Espirai e con l’ultimo briciolo di pazienza che mi restava dissi: «E’ tutto a posto Alice, ok? Sto bene, tranquillizza anche Esme e … e saluta tutti per me.» E senza attendere una risposta chiusi la comunicazione.
Avevo nostalgia della mia famiglia, era inutile negarlo. Ammetterlo mi faceva provare un senso di libertà e un certo sollievo, ma non cambiava affatto la situazione. Al momento i loro pensieri erano troppo per me, ed io avevo bisogno di far pace con me stesso prima di riuscire ad interagire di nuovo con altri individui.
Ripensai allo scambio di battute avuto con Alice e cercai di analizzare con obiettività l’accaduto.
Allucinazioni … ero curioso anch’io di sapere se era possibile per un vampiro essere provato a tal punto da sentire delle voci immaginarie. In effetti io leggevo nel pensiero, Alice prevedeva il futuro …, c’era davvero qualcosa di impossibile nel mio mondo, qualcosa che potesse stupirmi?
Ah, che meraviglia se avessi trovato la maniera di rievocare queste stupende allucinazioni! Se era stato lo stress della sete prolungata ad averle provocate, qualcosa di più incisivo mi avrebbe, magari, permesso anche di vederla Bella, non solo di sentirla …!
Scossi la testa, alzando gli occhi al cielo.
Stavo vaneggiando sul serio, meglio andare a caccia.
Mi diressi veloce sulle scale, ma una strana sensazione di disagio che mi accompagnava.

BELLA

Mossi una mano intorpidita con lentezza, poi, spostai il braccio che tenevo appoggiato sotto la testa a mò di cuscino ed aprii un occhio.
Ero nel mio letto, la sveglia segnava le quattro del mattino.
Mi sentivo in una sorta di beatitudine precaria e sapevo che era solo in minima parte dovuta al sonno che mi aveva finalmente ristorata.
Avevo avuto una specie di visione, un’allucinazione, ma era stata così realistica, vivida, e avevo rivisto lui, come se fosse a meno di un metro da me.
Ne avevo percepito l’odore.
Mi era apparso con il volto teso, gli occhi scuri come quando era assetato. Il mio cuore aveva esultato alla sua vista, ma aveva perso un battito quando si era voltato.
Credevo che l’annebbiamento dei sensi, il limbo in cui ero precipita da mesi, avesse creato una sorta di protezione per la mia anima flagellata, ma era bastato risentire la voce di colui che mi aveva soccorso nel bosco per farmi piombare nella dura realtà. La mia visione era chiara e orribilmente veritiera. Lo desideravo ancora con tutta me stessa, una brama di tale struggente potenza da evocarlo nella mia mente con scherzi sensoriali. Caldo balsamo ristoratore aveva lenito per un attimo le mie ferite, ancora completamente aperte, macabramente esposte.
Ed ora cosa mi restava? Quel fragile equilibrio che avevo cercato di costruirmi, i pezzi di me che avevo creduto di poter mettere nuovamente insieme, tutto era solo una stupida illusione.
Tutto era sempre stato un’illusione. Io e lui insieme per sempre, per una vita lunga e felice, addirittura oltre la morte, per l’eternità. Ma cosa avevo creduto di fare? Mi ero sempre chiesta l’oscura ragione che lo aveva spinto ad interessarsi a me, e, in fondo, avevo sempre saputo di non essere abbastanza per lui.
Lo avevo amato, lo amavo ancora disperatamente e, in fondo, avevo sperato che anche lui potesse amare me, una semplice, stupida umana.
La speranza, un veleno lento che ti corrode ed invade il corpo, il cervello … Si infrange a lungo contro gli scogli della realtà e ti rimane solo sabbia fra le dita. Questo mi era rimasto di quella che avevo creduto una incredibile, ma stupenda storia d’amore.
Cominciai ad affannare. Avevo bisogno di lui, di rivederlo. Volevo credere che la nostra storia avesse avuto un senso, non solo per me, ma anche per lui. Ero stata così deludente per lui, addirittura si era scusato con me per aver fatto passare troppo tempo prima di dirmi che era finita. Era stato un modo come un altro per farmi sapere che si era annoiato insieme a me.
Mi sentii estremamente in imbarazzo. Stavo avvampando dalla vergogna e dall’umiliazione. Chissà da quanto era che mi considerava un peso? Quando eravamo seduti insieme a mensa, quando uscivamo per Port Angeles, o andavamo a casa sua, tra i suoi familiari … ?
Un singhiozzo strozzato si liberò dalla mia gola. Era stato anche per Alice così? Era questo il motivo per cui era andata via senza neanche dirmi addio? Credeva che avrei scorto la verità nei suoi occhi e che avrei sofferto nel comprendere che anche lei, come suo fratello, si era stancata di me?
Mi alzai, in preda ad un’agitazione febbrile. Cominciai a sentirmi soffocare nella mia stanza e mi diressi alla finestra per spalancarla alla ricerca di un po’ d’aria. Fuori era tutto immobile, il mio pick-up parcheggiato di fianco al vialetto.
Pioveva.
Decidere fu solo un attimo.
Con gli abiti che ancora indossavo nel letto scesi in silenzio le scale dopo aver afferrato le chiavi dell’auto.


   
 
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