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Autore: Mia addams    01/05/2016    1 recensioni
Il mio nome era Lily Potter. La mia vita non poteva definirsi noiosa ma di certo non era all'altezza della vita che aveva vissuto la mia famiglia. Spendevo il mio tempo mettendomi nei guai e progettando schemi di Quidditch, attività che adolescenti scalmanati potevano benissimo portare avanti senza finire un giorno sì e uno no in fin di vita.
Ero nata in una generazione che aveva tutto, che non aveva nulla per cui lottare, nulla in cui sperare. Ovviamente, quando dicevo che avrei voluto una vita più movimentata non intendevo vivere una vita in cui la paura di morire da un momento all'altro o di perdere le persone che ami predominava ma mi sentivo alquanto inutile.
« Sei fortunata! » mi rimbeccava continuamente mia madre. « Vuoi davvero che qualche altra minaccia tenti di seminare il caos e distruggere ciò che abbiamo creato? »
« Nessuna strana minaccia attaccherà il nostro mondo, mamma. Questo è assurdo! »
E da quando in qua io avevo ragione su qualcosa?
Genere: Avventura, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dominique Weasley, Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Lysander Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Incubi reali.


Mi alzai dal vecchio parquet di Grimmauld Place dopo qualche secondo, accorgendomi del fatto di non essere stata l'unica ad essere atterrata sul freddo pavimento di legno. Mi sentivo il capo pesante, incantesimi e maledizioni che ancora rimbombavano prepotentemente nella mia testa. Mi voltai verso i due ragazzi con uno sguardo eloquente: Hugo sembrava piuttosto sbalordito dall'improvvisa smaterializzazione costretta e Scamander, data la spaventosa espressione facciale da serial killer che aveva assunto, sperai di buon grado non decidesse di far fuori Alex Olsen proprio in quel momento.
Quello doveva toccare a me.
« Mi dispiace, ho dovuto farlo. »
Fu proprio Alex il primo a parlare, in piedi accanto al tavolo indenne da ogni caduta mentre ci osservava attentamente. Sembrava calmo ma nella sua espressione riuscivo ad intravedere una sorta di disagio provocato dalla sua posizione attuale, ovvero quella di trovarsi tra sei occhi minacciosi puntati su di lui.
« Per quale motivo ci hai portati qui? » esordì mio cugino, sconvolto.
« È ovvio, non credi? Grimmauld Place era il quartier generale dell'Ordine della Fenice. » rispose Scamander, in tono velenoso.
« Era pericoloso restare lì, soprattutto per voi. Se vi fosse accaduto qualcosa il paese si sarebbe ritrovato una brutta rivolta tra le mani. »
« Cosa volevano quei tizi incappucciati? » chiesi brusca, una volta che ebbi recuperato il respiro e l'equilibrio.
« Ce lo chiediamo anche noi dell'Ordine. » rispose Alex, gettandomi un'occhiata furtiva e ricambiandone una di Scamander. « Uccidere persone innocenti, creare il caos, spaventare. È questo quello che fanno, lo sai bene anche tu. »
« Certo che lo so bene. » sbottai, facendo un passo avanti verso il ragazzo che dal suo canto non si mosse di un solo millimetro. « Mi devi delle diavolo di spiegazioni, Alexander Olsen. Non te la caverai in questo modo. »
Lysander venne avanti in maniera alquanto intimidatoria e esordì in tono bellicoso: « Concordo. » fece schioccare le nocche, fissando Alex come se non ci fosse nessun altro in quella stanza. « Ci stavi spiando a scuola, vero, Olsen? Ti sei divertito a fare il piccolo detective, sei diventato suo amico per spiarla. Era un tuo piano per l'Ordine! Hai anche conosciuto i nostri genitori. Cosa aspettavi per dirglielo? »
Assunsi un'espressione scioccata quando le parole del biondino arrivarono a me con la stessa durezza con cui le aveva pronunciate. Del tutto scombussolata, mi presi un paio di secondi per ripensare velocemente al comportamento di Alex nei miei confronti in tutto quel tempo. Il suo continuo sbucare tra la folla per incontrarmi, il suo continuo starmi accanto, la smaterializzazione costretta per portarmi in salvo... possibile fossero solo dei pretesti? Una sua messa in scena per tenermi lontana dai pericoli, così come mio padre desiderava e come l'Ordine comandava? Possibile che quel ragazzo, così gentile e amichevole, era riuscito durante tutto il trimestre a tenermi d'occhio per conto di mio padre, diventando mio amico per questo?
« Io non la stavo spiando. » aveva risposto Alex, velocemente. Un lieve rossore tinse le sue guance pallide mentre si avvicinava a me con urgenza. « Sono davvero affezionato a te. Lilian, ascoltami... »
« Sì, ti ascolto volentieri. » esclamai, paonazza di rabbia per i nervi e per i tanti pensieri che non facevano che vorticarmi nel cervello.
« È vero, mi sono trasferito ad Hogwarts per volere dell'Ordine. Ed ero già a conoscenza degli incidenti causati... »
« ... dai vecchi servitori di Voldemort. Sì, Olsen, lo sappiamo benissimo. » concluse Hugo impaziente, che fino a quel momento era stato in silenzio appollaiato su una vecchia e polverosa poltrona in cucina. Il suo tono era altrettanto acido e il modo in cui mi fissava significava solo una cosa: era deciso ad andare contro il ragazzo.
« Nessuno sa per certo chi dei tanti siano i colpevoli e se pure si hanno sospetti non si hanno prove per incastrarli. Sono davvero abili. »
« Questo l'avevamo capito, Olsen. » ci tenne a sottolineare Scamander, stringendo i pugni.
« Non avevo dubbi. Hai un gran bel cervello, Scamander. » disse Alex serio, lasciando il biondino lievemente spiazzato da tale affermazione.
« Come hai conosciuto l'Ordine della Fenice? » chiesi, malvolentieri. Il mio desiderio era quello di chiudermi in un silenzio ostile e urlare contro Alex allo stesso tempo, ma la sete di informazioni prevalse ed era troppo grande per restare zitta o dare di matto: dovevo riuscire a controllarmi.
« Tuo padre ci ha fatti visita. » rispose Alex, infilando le mani nelle tasche con aria colpevole. « I miei nonni erano abilissimi Auror e stavano aiutando nel caso, così conobbi l'organizzazione. Non per fare il modesto, ma ho un gran bel cervello anche io. »
Nella mia mente non potetti fare a meno di concordare con lui mentre Scamander non sembrava affatto d'accordo a giudicare dallo sbuffo esasperato che fece eco nella stanza.
« Mi sono trovato in un attimo coinvolto in cose ben più grandi di un paio di libri di Hogwarts. Tramite i miei nonni avevo dato indirettamente una mano al Ministero, proponendo delle tattiche per acciuffare i colpevoli, aiutando così l'Ordine e tuo padre, che subito mi volle con loro. » Alex fece una pausa, scostando il ciuffo bianco di capelli dagli occhi. « Scamander ha ragione: ho sempre giocato a fare il detective. »
« Di quali tattiche si parla? » chiese il ragazzo, anticipandomi.
« Non posso rivelare i piani dell'Ordine della Fenice, mi dispiace. »
Il biondino fece l'ennesimo sbuffo come per minimizzare il suo operato. « Addirittura. Piani. » disse, beffardamente.
« Sì, sono molto scaltro, Scamander. » disse a sua volta Alex, in tono calmo.
« Ho visto con quanta scaltrezza hai evitato una cruciatus poco fa. »
Vidi le labbra di Alex incresparsi in un lieve sorriso mentre si avvicinava al ragazzo, con passo lento e felpato. « Vuoi per caso che io esprima la mia riconoscenza in qualche modo, mio salvatore? »
I nasi di entrambi quasi si toccavano e la loro vicinanza mi provocava una sorta di lieve agitazione che non avrei saputo neanche spiegare. Mi decisi ad intervenire in fretta prima che potessero, in modo molto probabile, finire per duellare o fare a botte, il che sarebbe stato un trauma anche per me che sarei stata costretta a fermarli mettendoli fuori gioco entrambi. Il desiderio di scoprire cosa avesse da dirmi Alex, in ogni modo, mi diede un valido motivo per non ammazzarli.
« D'accordo. » mi intromisi, ponendomi fra di loro in modo brusco prima che potessero saltarsi addosso: la tensione tra i due ragazzi era sempre stata palpabile.
Hugo venne avanti, afferrandomi un braccio e trascinandomi con uno strattone lontano dai due. « Lascia stare, non ne vale la pena. » intervenne, scortese. « È soltanto una spia, ricordatelo. »
« Lilian. » disse Alex, voltandosi verso di me con espressione quasi di supplica. « È vero, ho conosciuto tuo padre e non te l'ho detto, e mi dispiace. Ma non mi ha mai chiesto di spiarti. Mi ha solo chiesto di tenerti d'occhio per evitare che corressi pericoli e di non dire una parola sui vari attacchi, su chi li stava compiendo e sull'Ordine della Fenice. Che scelta avevo? »
« Hai scelto di non dirmelo. » risposi, delusa.
Gli occhi di Alex erano colmi di qualcosa che andava quasi oltre la supplica, sembravano così sinceri che non riuscivo a non fissarli e non riuscivo a non credere alle sue parole. Nel profondo del mio cuore, non incolpavo del tutto quel ragazzo.
Alex mi prese le mani sotto lo sguardo furibondo di Scamander, che sembrava volesse annientarlo con la forza del pensiero. « E come avrei potuto dirtelo? Non mi avresti neanche permesso di essere tuo amico. »
« A te non sarebbe passato neanche per l'anticamera del cervello di essere mio amico se non fosse stato per il fatto che mio padre ti aveva chiesto di tenermi d'occhio! » urlai ferita, lasciando Alex a bocca chiusa, un'espressione di pura colpevolezza e collera che animava il suo volto pallido.
Scamander fece un passo verso di me, approfittando del fatto che avevo inveito contro Alex a pieni polmoni, afferrandomi bruscamente una mano e allontanandomi da quella che per lui si era rivelata la minaccia assoluta del nostro mondo. Mio cugino fece lo stesso, afferrandomi l'altra mano libera.
« Torniamo a casa. » disse quest'ultimo, facendo un cenno al biondino, che annuì.
« Posso anche accompagnarti io a casa. » insistette Alex, guardandomi intensamente. « Tuo fratello e i tuoi cugini dovrebbero essere qui a momenti. »
« Tu conosci mio fratello e i miei cugini? » strepitai, accorgendomi solo in quel momento di aver tralasciato quel minuscolo particolare. « Quante altre cose hai omesso di dirmi? »
« Passano le vacanze nel quartier generale, Lilian, mi sembrava... »
« Lei, comunque, sta da me. » lo interruppe Scamander, stringendo con più forza la mia mano.
« Da te nel senso...? »
« Nel senso che passa le vacanze di Natale a casa mia. James non te l'ha detto? O forse fingi che non te l'abbia detto? Ce ne andiamo. » e senza dire un'altra parola ci smaterializzammo verso casa. Ebbi una veloce visione dei chiarissimi e lucidissimi occhi di Alex Olsen prima che tutto attorno a me diventasse vorticoso e confuso.




Nei pochissimi giorni che seguirono, nessuno seppe della nostra pericolosa gita a Londra. Non ricevetti strane domande, telefonate da mio padre, tanto meno ebbi rimproveri o avvertimenti da parte di qualcuno. Supposi, dunque, che Alex avesse pensato bene di starsene in silenzio senza riferire una sola parola a mio padre e convincendo i suoi compari dell'Ordine della Fenice a fare lo stesso.
Durante quel fine settimana invernale, col freddo che cominciava a penetrarti nelle ossa e il vento ululare forte alla finestra, con le luci natalizie sparse in tutta casa Scamander e la partenza di Lorcan per la sua noiosissima vacanza studio, non facevo che riflettere sullo strano caso di Alex Olsen.
Il tipico amor proprio Grifondoro mi impediva di perdonarlo, anche se la tipica furbizia Serpeverde non faceva che persuadermi ad invitare Alex in casa Scamander come da Luna concesso per far andare su tutte le furie il biondino che, dopo lo spiacente episodio a Londra, sembrava ancora più ostile nei confronti del ragazzo. Dal mio canto, non avevo affatto dimenticato della spiacevole visita a casa di Cassandra Smith e quello che era accaduto durante la cerimonia di Natale nello studio di Lumacorno. Decisi, durante un impeto di pura vendetta, coinvolta in un raptus quasi sessuale in cui la frustrazione faceva da padrona, di prendere una decisione degna di Salazar in persona: rispondere alle lettere di Alex e acconsentire all'incontro.
Se non altro, ero arrivata alla conclusione che perdonare Olsen era più semplice che perdonare il ragazzo di cui ero innamorata.
Dominique, ore 14.13 -Ti ricordo che avevo organizzato quella serata al locale per far sì che voi due idioti vi deste una mossa. E cosa scopro? Che hai invitato Alex in casa Scamander! Sei cosciente della sciocchezza o deve bussarti la fata turchina in sogno?
Lis, ore 14.24 -Non intendo dare buca ad Alex a causa delle tue turbe ormonali, Domi.
Dominique, ore 14.25 -Le mie turbe ormonali? Hai dato un'occhiata alle tue, ultimamente? E quel presunto bacio dove lo mettiamo? Se voi due chiariste tutti i malintesi e non vi teneste tutto dentro forse, ma dico forse, staremmo tutti bene. E non funziona con Alex, quante volte devo dirtelo?
Con uno sbuffo rumoroso, lanciai il cellulare sul comodino. Finsi di non vedere tutti i malintesi del quale ci eravamo fatti carico durante tutti quei mesi e, soprattutto, finsi di non aver neanche letto la sua ultima frase. Per quale motivo mia cugina nutriva quella certezza schiacciante che con Olsen non avrebbe funzionato? Mettendo anche caso fosse vero, cosa gliene dava tutta quella sicurezza?
Decisi di abbandonare il mio rifugio protetto per fare una doccia rigenerante, intascando il cellulare che in quei giorni portavo sempre con me. Avevo appena abbassato la maniglia della porta del bagno che l'immagine che mi si presentava dinanzi agli occhi mi fece sobbalzare per la sorpresa: Scamander, mezzo nudo, con un minuscolo asciugamano a coprire la zona proibita. Non era muscoloso ma appariva ben definito, dalla corporatura asciutta e longilinea. Era perfetto, coi capelli biondi grondanti d'acqua e un'espressione serena mentre si tastava il petto liscio.
« LYSANDER! » urlai, cercando di simulare indifferenza quando in quel momento i miei ormoni sembravano a dir poco impazziti e le mie guance praticamente come tizzoni ardenti e i miei occhi praticamente sgranati.
« LILY, DANNAZIONE! » aveva esclamato lui imbarazzato, lasciando cadere di scatto le mani dal petto per tentare di coprirsi o, almeno, di darsi una controllata.
« Che vuoi? » sbottai, attaccata alla porta e con nessuna intenzione di andare via: la visione era troppo paradisiaca anche solo per tentare di rinunciarvici. « Non sai chiuderti a chiave? »
Lui tossì eloquentemente, afferrando un altro asciugamano. « Potresti anche bussare. »
« Oh, quante storie. » sbuffai, cercando di convincere me stessa a fare dietrofront anche se le mie gambe erano praticamente impiantate al pavimento. « Manco fossi il chitarrista delle Sorelle Stravagarie. »
Feci per andarmene quando notai un paio di boxer blu e due mazze gialle incrociate sulla zona anteriore.
« Carini i tuoi boxer. » dissi in tono svampito, e il ragazzo, con estremo imbarazzo, arrossì. « Non sapevo tifassi ancora per il Puddlemere United. »
« Sì, tifo ancora per... ti spiacerebbe... » aveva balbettato il biondino, facendo cenno alla porta.
Inutile dire che me la presi a morte.
« Quante storie, Scamander. » ripetei alterata, chiudendomi velocemente la porta alle spalle con un'ultima breve occhiata al suo corpo perfetto.
Ero sicura che quel piccolo breve evento mi avrebbe perseguitata per tutto il tempo che avrei sostato in casa Scamander, tutte le volte che l'avrei incrociato sulle scale, o durante i pasti, e mi maledissi per i pensieri impuri che stavano scaturendo dalla mia mente. Cercando di distrarmi dall'immagine celestiale penetrata nei meandri del mio cervello, corsi in salotto per accendere la televisione così da coprire il rumore dei miei molesti pensieri.
Dominique, ore 14.40 -Cosa state combinando? :P
Potevo mai rivelare a mia cugina di aver appena visto Scamander mezzo nudo in bagno? La risposta era: no.
Lis, ore 14.41 -Dominique, la smetti di fare la stalker?
« Qualcosa di interessante in televisione? »
Una voce che non avrei voluto affatto udire in quel momento fece eco nel salotto dopo una decina di minuti dal nostro malizioso incontro e notai, con la coda dell'occhio e con tutto il disappunto del mondo, che il biondino si era rivestito.
« A parte questo ridicolo programma di cucina? » risposi con distacco, stravaccata sul divano mentre mi affrettavo a nascondere il cellulare dopo una lunga vibrazione: mia cugina doveva avere proprio nulla da fare per investigare sul mio conto.
Lo vidi muoversi con circospezione per poi sedersi accanto a me sul divano. I miei piedi nudi sfiorarono la sua coscia e io non ebbi la forza e la decisione di ritirarli.
« C'è il notiziario delle sei, se ti interessa. » disse, indicando la televisione e alzando il volume dal telecomando.
Puntai lo sguardo sul televisore mentre il giornalista presentava lo scenario dietro di lui che comprendeva la zona di Londra che era stata attaccata pochi giorni prima, il locale distrutto e la strada ancora recintata. Parlava spedito, illustrando i danni che aveva subito il quartiere e intervistando vari babbani che passavano per strada.
« Ma c'è dell'altro. » disse l'uomo, con interesse professionale. « Delle telecamere di servizio hanno ripreso un momento davvero impressionante che sta facendo il giro di tutta Londra. A voi in studio per la prima volta! »
Scamander ed io ci voltammo di scatto l'uno verso l'altro: eravamo appena apparsi in televisione. Il momento ripreso dalle telecamere nascoste era quello in cui la folla si ribellava e urlava spaventata il giorno della nostra gita a Londra, il momento in cui tutti i babbani avevano mostrato i crocifissi al cielo, il momento in cui noi eravamo lì, vicinissimi alla recinzione, risaltando tra la folla, inconfondibili.
Cose che avevamo già udito pervennero ancora una volta alle nostre orecchie e un rumore proveniente dalla cucina ci destò dall'orripilante contemplazione del notiziario. Il panico mi assalì come una bestia feroce. Al momento, non riuscivo a non pensare a cosa sarebbe successo se Luna e Rolf fossero sbucati improvvisamente in salotto, attirati dalle urla, e ci avessero visti in televisione.
« Il telecomando, Scamander. » sibilai frettolosamente, balzando in piedi e fissando il ragazzo in maniera agitata.
« Non hai cambiato tu il canale? »
« Ma tu hai abbassato il volume. »
L'attenzione si rivolse di nuovo sull'intervistatore. « Queste assurde immagini hanno sconcertato parte della popolazione, nessuno sa per certo cosa sia potuto succedere per scatenare la follia di queste persone. »
Dalla cucina si udì un altro rumore di sedie spostate e la voce serena di Luna dalla stanza accanto ci smosse.
Scamander, nel frattempo, stava controllando che il suo di dietro fosse perfettamente in ordine. « Ti pare che abbia il telecomando su per il... »
Dei passi rimbombarono per la casa, diretti inesorabilmente verso il salotto. Impulsivamente, con la sensazione di essere morti per mano di mio padre, ci fiondammo entrambi a terra e tirammo contemporaneamente la spina della televisione, ritrovandoci l'uno addosso all'altro in una posizione alquanto ambigua.
« Oh. » fu il commento di Luna quando entrando in salotto ci vide in quelle condizioni. Non sembrava arrabbiata e si aprì in un luminoso sorriso malandrino che non aveva niente a che vedere con la situazione orribile in cui avremmo potuto sprofondare. « Non vi sembra un pochino presto per queste cose? »
Mi chiesi insistentemente a quali cose stesse pensando la mia madrina.
« Mamma! » aveva soffiato il ragazzo con un filo di voce, alzandosi da terra, o meglio dal mio corpo dove era avvinghiato come un'anguilla nella stagione degli amori, con uno scatto fulmineo mentre io faticavo per tirarmi su. « Noi... siamo solo caduti, stavamo scherzando... tra di noi... »
Luna non parve convinta dall'affermazione del figlio, anche a giudicare dal rossore che aveva tinto il suo volto, e ritenne opportuno continuare a sorriderci con estrema malizia. Notammo solo in quel momento che indossava un completo mimetico, con tanto di cappellino, e dei grossi stivaloni neri da soldato tedesco.
« Vai da qualche parte? »
« Io e tuo padre passiamo la notte fuori. Non ve l'ho detto? » rispose Luna, tranquilla.
Tossicchiai, cercando di darmi un contegno almeno in presenza di Rolf Scamander che fece capolino nel salotto con un vestiario identico a quello di sua moglie. Tra le mani aveva una lente di ingrandimento e un piccolo bauletto di pelle.
« Dove hai la testa, cara? » esordì Scamander senior, entusiasta e con occhi che brillavano. Si rivolse a noi, con un timido sorrisetto: « Io e Luna abbiamo sentito come una sorta di richiamo nei boschi vicini. Sembrerebbe quello di un animale fantastico, così abbiamo deciso di fare delle ricerche sul campo. »
« Ci lascerete soli? » azzardai, titubante.
« Solo per una notte, al momento. » rispose Rolf, pacato. « Mi aspetto che... beh, che non facciate cose stupide. »
« Del tipo? » insistetti, fissando il biondino a sottecchi e cercando di non guardare il nuovo sorrisetto spuntato sulle labbra della mia madrina.
« Sapete benissimo di che parlo... »
Festini illegali? Traffico di droga? Commercio di merendine marinare ancora non in commercio?
« Sono ragazzi, Rolf, lasciamo che facciano le loro esperienze. » venne in soccorso Luna, con voce soave. « Sono sicura che staranno attenti e che prenderanno precauzioni. »
« Attenti? » strepitai, sbarrando gli occhi.
« Precauzioni? » fece Scamander, ancora più paonazzo di un attimo prima.
« In che senso? » domandammo in coro, orripilati.
« Aspetta un attimo, cara. » intervenne Rolf, cercando di darsi un tono. « Io non so cosa facciano questi due quando stanno da soli ma fin quando dormono sotto il mio stesso tetto non voglio assolutamente saperlo e immaginarlo. Quindi... »
« Contraccettivi babbani, semplici ed efficaci. » concluse Luna serena, facendo venire un mezzo principio di infarto al figlio, una paralisi facciale a me e un altro mezzo principio di infarto al marito. « Andiamo, caro? Non voglio perder tempo. Se vi serve qualcosa contattateci tramite walkie talkie, domattina saremo qui per pranzo. »
Rolf prese con una certa titubanza la mano della moglie, lasciando me e il figlio come due pesci lessi, e insieme si smaterializzarono. Rimasi ferma a fissare il punto in cui erano scomparsi fin quando non mi voltai verso il ragazzo, che aveva ancora la mano sul petto e una smorfia a dir poco sconvolta sul volto.
« Non stavano parlando di... »
Lysander prese a fissarmi insistentemente. « Sì. » mi interruppe, sedendosi nuovamente sul divano, scosso.
Mi presi un paio di secondi, poi scoppiai a ridere, di una risata nervosa e del tutto schizofrenica che regnava sovrana nelle situazioni imbarazzanti o pericolose in cui sembravo immergermi ogni volta fino alla testa. Non volli guardare Scamander negli occhi: immaginavo che fosse particolarmente nauseato dall'immagine che i genitori gli avevano evocato, al mio contrario, che non la trovavo affatto una cattiva idea...
« Divertente. » esordì il ragazzo stizzito, incrociando le braccia al petto con un certo disappunto. « Davvero divertente. »
Nonostante continuassi a ridere in modo piuttosto convulso, non trovavo nulla di tutto quello divertente. Era, oltre che imbarazzante, esaltante a dir poco a causa dei miei ormoni che sembravano essere già partiti ed atterrati nel letto di Scamander e saltellavano sereni in attesa di grandi eventi.
Il ragazzo fece un colpetto di tosse. « Come se potesse accadere. » disse, sottovoce.
Le sue parole mi fecero calmare di colpo dal riso.
« Non potrebbe? » chiesi, lasciando trasparire una punta di delusione nella domanda.
Scamander aveva inarcato le sopracciglia, a metà tra lo scettico e il sorpreso. Consapevole di aver praticamente messo a rischio la mia intera permanenza in casa e, soprattutto, la mia persona, decisi di sparire in cucina con un borbottio di cui si poteva indistintamente capire: « Non intendevo, non intendevo affatto. » rivolto verso qualcosa che intendevo con tutta me stessa.
« Vado a preparare la cena, tu vai pure a riposarti! »
Il problema fu che neanche dieci minuti dopo la cucina era in fiamme, esattamente come la mia decenza.




Quella sera cenai chiusa in camera di Lorcan, con l'amor proprio che non desiderava altro che sotterrarsi nei meandri più oscuri della terra. Quei pochi giorni passati in casa Scamander mi stavano rendendo la persona più pervertita sulla faccia del pianeta e non facevo altro che fissare il biondino con una sensazione di calore che mi fasciava l'intero corpo, che mi scuoteva e mi faceva pensare a quanto potesse essere bello, impacciato o divertito, mentre mangiava, si stropicciava gli occhi o anche mentre mi lanciava un timido sguardo quando eravamo tutti intenti a guardare la televisione.
Il vento ululava forte fuori dalla finestra, la tempesta cominciava ad infuriare e io mi sentii inquieta. Non ne conoscevo il motivo ma una strana inquietudine regnava sovrana nel mio animo, insieme ad una strana sensazione, la stessa che avevo avuto a Londra.
Mi sentivo osservata.
Guardai attraverso il vetro della finestra con estrema cautela e non vidi nulla, a parte i fulmini in cielo, le foglie che dai rami degli alberi venivano scosse senza sosta dal vento e il paesello illuminato oltre la collina. Feci spallucce e mi infilai sotto le coperte, tirando fuori il cellulare.
Lily, ore 11.31 - Stai dormendo?
Hugo, ore 11.34 - E tu credi sul serio che con Dominique si possa dormire? Non ha mica finito di tormentarmi. Allora, come va la situazione lì?
Lily, ore 11.37 - Tutto tranquillo. Lorcan, Luna e Rolf sono fuori casa...
Hugo, ore 11.39 - Quindi, tu e il tuo innamorato siete soli in casa? Ah! Aspetta che lo dica a Domi, penso che stanotte non chiuderemo occhio! Vedi di non fare troppe porcate con mister Scamander ;)
Cliccai sull'icon sms in modo da rispondere a tono al mio caro cuginetto ma qualcosa aveva catturato la mia attenzione: un ramo di un albero si era spezzato e aveva colpito con forza la parete della camera. Lasciai il cellulare sul letto e corsi alla finestra per verificare qualche ipotetico danno...
Spalancai gli occhi, non sul ramo spezzato che giaceva immobile nel prato, ma sull'ombra nera di un uomo in piedi davanti casa. Non riuscivo a vederlo in faccia, era tutto buio, ma la sua presenza mise in moto qualcosa di davvero spiacevole nel mio petto ed ebbi l'assoluta certezza che mi stesse osservando, che non facesse altro che fissarmi dalla mia camera illuminata nel buio della collina. Il terrore si impadronì di me. Corsi al cassetto per afferrare la bacchetta e, armata, mi precipitai nella stanza di Scamander senza neanche bussare.
Spalancai la porta della sua stanza illuminata da una fioca luce arancione e individuai il ragazzo seduto sul letto impegnato a strimpellare con la chitarra.
« Ti senti bene? » mi chiese immediatamente, posando via la chitarra e alzandosi di scatto dal letto per venirmi incontro.
« C'è qualcuno fuori casa! Dobbiamo uscire fuori a vedere, potrebbe essere... »
Lui impallidì vistosamente. « Come sarebbe a dire che c'è qualcuno fuori casa? » mi interruppe, facendosi prendere dal panico.
Lo afferrai rudemente per una mano e lo trascinai in tutta fretta nella mia camera fino ad arrivare alla finestra, dove il ragazzo si sporse a guardare come da me esortato.
« Non c'è nessuno. » annunciò, dopo un paio di secondi.
Lo scansai dalla finestra e puntai immediatamente la zona in cui avevo visto l'uomo... notando con sconcerto che non c'era davvero nessuno. Rimasi a bocca aperta ad osservare la tempesta infuriare, perplessa. Possibile che quella bufera mi avesse giocato un brutto scherzo? Possibile che avessi confuso qualcosa, qualunque cosa, per la figura di un uomo? Eppure mi ero sentita così inquieta, così fastidiosamente osservata. Possibile non ci fosse davvero nessuno lì fuori?
« Mi sembrava di aver visto... » sussurrai, allontanandomi dalla finestra senza osare guardare il ragazzo: mi sentivo abbastanza stupida ma, a giudicare da come tenevo stretta la bacchetta in pugno, ero decisa a credere di non essere stata influenzata dal temporale.
Il biondino, che si era tranquillizzato e aveva ripreso del colorito sulle guance, mi mise le mani sulle spalle e disse: « Non c'è nessuno, a parte un brutta tempesta. »
« Sembrava che qualcuno mi stesse osservando... »
« Cosa? » fece il ragazzo, con un piccolo sorriso sghembo che mi diede particolarmente sui nervi. « Impossibile. Siamo protetti, nessun estraneo poteva mai intercettarci. »
« Era un uomo quello che ho visto lì fuori. » insistetti, ricordando la cristallina sagoma che mi era apparsa dinanzi e sprofondando sul letto con un grande tonfo.
« Come fai ad esserne così certa? C'è un tempaccio fuori, potresti aver scambiato qualcosa per un uomo. » tentava Scamander pragmatico, buttando lì qualche soluzione che non comprendesse la comparsa improvvisa di un uomo che mi osservava nel bel mezzo della bufera. « Chi verrebbe mai sulle colline a mezzanotte? Per le persone qui sopra non c'è praticamente nulla. All'inizio delle vacanze ho visto mio padre impostare l'Incanto Fidelius sulla nostra casa. Anche per questo mi sono accorto che qualcosa non andava. »
« Poteva esserci comunque qualcuno lì fuori, no? » mi intestardii, gettandogli uno sguardo bieco.
Il biondino fece un sospiro e un'alzata di spalle. « Poteva. » disse, ma non era convinto.
Strinsi con più forza la bacchetta e me la rigirai tra le dita: le mie sensazioni di solito si rivelavano reali, non era possibile che i miei occhi mi avessero ingannata in quel modo. Nutrivo il forte desiderio di uscire e controllare, anche a costo di superare la protezione dell'Incanto Fidelius.
Mi alzai dal letto lentamente e stavo per fare un passo verso la porta quando il ragazzo mi aveva afferrata per un braccio, attirandomi a lui. Quel contatto così violento mi fece trattenere il respiro e il cuore cominciò a battermi nel petto neanche stessi giocando l'ultima partita di Quidditch ad un passo dalla tanto desiderata vittoria.
« La bacchetta. » disse, stendendo l'altra mano verso di me con decisione. « Non vale la pena inoltrarsi fuori con questa tempesta, non troverai nulla. Lo so cosa stai pensando, ma non credo tu abbia visto chi pensi... d'altronde, non avrebbe avuto senso. Non siamo reperibili e visibili, ricordalo. »
Non gli porsi la bacchetta ma, piuttosto vulnerabile, mi lasciai trascinare delicatamente senza opporre resistenza alcuna verso la sua camera. C'era qualcosa nello sguardo del ragazzo che mi stava ammaliando, che mi frenava dal correre fuori casa ad affrontare la presunta minaccia.
« Ho una brutta sensazione. » decretai, facendo il mio ingresso in camera mentre il biondino chiudeva la porta alle sue spalle.
« È un incubo, sei solo turbata dalle vicende accadute a Londra. » disse in un sussurro Scamander, sprofondando accanto a me sul suo letto. « Non andare. Resta qui... insieme a me. »
Il cuore cominciò nuovamente a battermi in maniera fastidiosa nel petto e fu la sua calda voce rassicurante a permettermi di posare la bacchetta sul suo comodino. Se non avessi avuto il ragazzo di cui ero perdutamente cotta a neanche un metro da me che mi supplicava con gli occhi di tranquillizzarmi e di restare con lui, probabilmente mi sarei inoltrata senza pensarci nella tempesta alla ricerca dell'uomo misterioso ma la sua presenza, i suoi occhi, il fatto di essere soli in casa, il contatto fisico che c'era stato tra noi in quei pochissimi minuti aveva represso totalmente il mio impulso di correre fuori.
Lui mi sorrise, lievemente impacciato. « Resti? »
« Vuoi che passi la notte qui? » chiesi, mordendomi un secondo dopo le labbra mentre lo fissavo con insistenza.
Diedi una veloce visuale della sua stanza mentre lui, probabilmente paonazzo, cercava le parole per acconsentire in modo meno provocatorio, spinto e malizioso. La camera non era molto ordinata come quella che era stata quella di Lorcan prima che io me ne impadronissi ma tutto aveva un'armonia particolare. I poster della sua squadra preferita di Quidditch, lo stemma dei Serpeverde, i libri, la radio, la chitarra non erano posti all'interno della stanza in modo maniacalmente ordinato ma possedevano una certa musica.
Le nostre mani, notai, erano a due centimetri le une dalle altre ma l'ardente desiderio di restare sola con lui fu represso e soppiantato dalla paura. Probabilmente avrei apprezzato di più quel momento se non ci fosse stato nulla da dire o chiarire tra noi ma le cose non dette sembravano essersi messe a ballare caoticamente sul letto sul quale eravamo seduti e non facevano che tamburellare sulle pareti.
Mi chiesi se avesse tanta importanza fingere che andasse tutto bene...
« Mi piace un ragazzo. » esordii, senza averlo premeditato e lasciandomi guidare dall'impulso. Sentii che mi tremava la voce e mancava il fiato come mai mi era capitato nella vita.
Lysander non rispose subito ma l'impatto fu immediato: aveva iniziato ad osservarmi con uno strano sguardo di curiosità mista a qualcos'altro. Seguì il mio sguardo verso il letto, verso le nostre dita che si sfioravano, e fece un colpetto di tosse imbarazzato. « Lui lo sa? » chiese, in un sussurro appena udibile e con voce morbida.
« Non lo so. Forse... io non gliel'ho detto. »
« E per quale motivo? »
« È complicato. »
Ed era vero: non era mai stato così complicato come lo era in quel momento. Avevo cercato in tutti i modi di reprimere i miei sentimenti ma essi esistevano e avrebbero continuato ad esistere. Ripetermelo faceva bene, mi dava forza, ma era difficile amare qualcuno per me.
« Anche a me piace una ragazza. » rivelò inaspettatamente il ragazzo, abbassando lo sguardo sulle nostre mani e insinuando la sua mano nella mia. Sentii il respiro mozzo e l'adrenalina che mi percorreva ogni molecola del mio corpo immobile. « Lei non lo sa e non gliel'ho detto, ma penso l'abbia capito. È complicato anche per me... non sono un Grifondoro, tanto meno so cavarmela con le ragazze e uscire dalle situazioni scomode. »
Non capivo per quale motivo non riuscisse a cavarsela con le ragazze: aveva la fortuna di frequentare una delle ragazze più popolari della scuola e lei ricambiava il suo interesse in maniera plateale. Ad averlo capito, la Smith l'aveva sicuramente capito. In caso contrario, non riuscivo a pensare a nessun'altra che non fosse lei anche se c'era speranza nei miei occhi, quel briciolo di speranza che si era spenta subito dopo la festa di Natale di Lumacorno, quella che mi aveva fatta pensare, anche grazie a quell'inaspettato bacio, di essere la ragazza di cui Lysander era innamorato.
« Dovrei fare qualcosa. »
« Dovresti... » sussurrai, stringendogli la mano e lasciandomi trasportare dalle emozioni.
In quel momento non mi importava tanto di dominare impulsi e tenerli a bada: Lysander mi stava guardando con un'espressione di meraviglia che avrei sempre voluto vedere sul suo volto. Strinse di rimando la mia mano, stendendosi accanto a me e stringendomi in un abbraccio mozzafiato...




Il mattino successivo mi svegliai in un viluppo di coperte, braccia e gambe. Non misi a fuoco subito cosa era successo la sera prima, ragion per cui mi accoccolai ancora di più a quello che avevo accanto senza rendermi affatto conto, neanche la minima idea, di cosa stessi abbracciando. La luce che filtrava attraverso la finestra mi infastidiva e strizzai gli occhi, focalizzando una testa bionda. Aprii gli occhi di scatto e vidi Scamander che dormiva beatamente a tre centimetri da me e mi cingeva la vita con una mano e l'altro braccio era alzato sopra la mia testa. I ricordi della sera prima riemersero e smisi immediatamente di abbracciare quello che durante la notte avevo ritenuto normale abbracciare e che quel mattino non consideravo ancora così regolare. Cercai di alzarmi dal letto per darmela a gambe levate facendo meno rumore possibile ma il biondino si stava cominciando a muovere: aprì lievemente gli occhi mentre cercavo di liberarmi dalla sua presa e arrossì quando mi vide.
« Oh, non volevo disturbarti. » mormorai, con una mezza bestemmia rivolta a Salazar Serpeverde in sottofondo. « Ho sentito un rumore... saranno i tuoi che sono tornati? »
Il ragazzo mi tolse le mani dalla vita e si sporse oltre il letto. « Potrebbero essere... »
Non finì neanche di concludere la sua frase che la porta della camera da letto si era spalancata con un rumore secco. Luna, Rolf, Hugo, Dominique e niente di meno che Alex Olsen in persona erano fermi sotto l'arco della porta e ci osservavano, Luna con un sorrisino malizioso, Rolf sconvolto, Hugo ancora più allibito di Rolf, Dominique in stato di shock e Alex Olsen non seppi dire se deluso oppure confuso.
Lysander ed io ci guardammo, in preda al panico.
« NON È COME SEMBRA! » esclamammo, all'unisono.
   
 
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