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Autore: Jareth01    01/05/2016    3 recensioni
«Se solo… li avessi io, i tuoi dannati poteri! Vorrei controllare il tempo, vorrei mettere sottosopra il mondo intero! Così capir…» non fece in tempo a finire la frase, che la vista le si appannò; si sentì cadere, sprofondare sempre più in basso, finchè non perdette completamente i sensi.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Nuovo personaggio, Sarah, Toby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sarah, come da un sonno pesante, riprese lentamente coscienza, sentendo i sensi intorpiditi, ad uno ad uno, risvegliarsi: percepì l’inquietante silenzio che la circondava, toccò la morbida superficie su cui era sdraiata, e le sembrò un letto; infine si ricordò cosa era successo e, allarmata, spalancò gli occhi.
Un meraviglioso soffitto d’oro a cassettoni, simile a quelli delle basiliche italiane del suo libro di arte, si stagliava su di lei: si alzò, spaventata, per osservare l’enorme, sfarzosa stanza in cui si trovava, a lei completamente estranea; i mobili erano degni della reggia più lussuosa, le pareti erano coperte da delicati arabeschi, mentre il pavimento – mai vista una cosa del genere! Era completamente ricoperto da arazzi, raffiguranti creature mostruose e luoghi mai visti, incomprensibili storie di un mondo inumano, sconosciuto. Ad un angolo della sala, sulla destra, vide un enorme specchio da terra e, accanto a questo, un abito tanto maestoso quanto singolare: completamente nero, ma di un’insolita lucentezza, giocava a creare contrasti, balze e ruches con l’esuberante pelle e la delicata seta; il rigoglioso corpetto finiva su una lunga gonna a campana, svasata e a più strati: il più interno era di seta, mentre quelli più esterni di pizzo, con altri particolari in pelle. Il magnifico abito da gotica regina vittoriana era coperto da un lungo mantello, anch’esso di pelle, dal collo alto e rigido, impreziosito da strani simboli ricamati; il tutto, per finire, era accompagnato da lunghi guanti e stivali, neri come il resto, ed un medaglione dorato.
Dove si trovava? Quei particolari le suggerivano una scomoda realtà. Corse verso la finestra più vicina, in cerca di conferma: scostando le tende, vide un immenso cielo arancio, un tramonto troppo denso per somigliare a quello del giorno precedente, ed un’infinità di strade contorte ai piedi di esso.
«Esatto, quello è il Labirinto» disse una voce giovane, gentile, alle sue spalle - «e sarà il suo regno finché lo vorrà, maestà».
Sarah ebbe un sussulto. Si girò, trovandosi davanti un ragazzo che sembrava non dimostrare più di diciassette - diciotto anni, fisico snello, con dei penetranti occhi azzurri, degli sbarazzini capelli corti e neri ed un abbigliamento che, per essere nell’underground, rasentava l’essenzialità: giacca e pantaloni di stoffa nera, camicia bianca, fiocco alla lavallière, anfibi consumati.
«No, io non sono…ma cosa ci faccio qui? Chi sei?» accennò Sarah, confusa, con voce tremante. Il ragazzo fece un gran sorriso.
«Sei qui perché è ciò che hai desiderato, Sarah. Sei la nuova regina della Città di Goblin e del Labirinto. Il mio nome è Arthur e… beh, ho qualche potere in più di Jareth. Il mio compito è di assicurarmi che tutto vada secondo le regole, nei regni dell’Underground. Non hai nulla da temere: sono qui per aiutarti». La presenza del ragazzo era rassicurante, la sua voce cristallina: sembrava innocuo ed innocente, quasi angelico; Sarah non poteva fare a meno di fidarsi di lui.
«Non capisco, non ho mai chiesto di essere la regina di Goblin e non voglio diventarla… non che non apprezzi una carica del genere, ma vorrei tornare a casa, alla mia vita» spiegò docilmente.
«Sei la campionessa del Labirinto, sai già come funziona la magia: purtroppo ciò che è detto è detto –e  tu hai detto di voler avere i poteri di Jareth. Eccoti accontentata» ribattè Arthur.
«Ma non è giusto, ero arrabbiata e non sapevo cosa fare, Jareth…»
«Lo so cara, Jareth è una vipera e tu non volevi dire ciò che hai detto» rispose il ragazzo in tono indulgente. «Ma non disperare: sarai regina per tredici ore, come le regole del Labirinto impongono, durante le quali potrai sfidare Jareth, ora molto meno potente di te, a superare il tuo Labirinto per riavere il suo trono. Se, allo scoccare della tredicesima ora, sarà riuscito a superarlo, tornerà ad esserne il re; altrimenti, deciderai tu cosa fare. Potrai rimanere al comando del regno, potrai ridarlo comunque a Jareth e tornare a casa, potrai perfino uccidere quel barbagianni o trasformarlo in uno gnomo, se è questo che desideri».
Sarah, al pensiero, inorridì. «Non lo farei mai» rispose - «voglio dire, non se lo merita e vorrei fargliela pagare, ma gli ridarò il suo regno, non potrei mai fare una cosa del genere.»
«Come desideri» - Arthur sorrise e poi, con uno sguardo complice, aggiunse «divertiti, allora. Fagliela pagare. Ha rapito tuo fratello e cercato di ucciderti, quando eri solo una ragazzina! Non vorrai rendergli la vita facile» esclamò dolente «lui conosce il Labirinto come le sue tasche, lo risolverebbe in meno di un’ora - ma tu hai i poteri di una regina adesso, puoi cambiare quelle strade, puoi creare ciò che vuoi in un battito di ciglia: basterà soffermarti col pensiero sull’oggetto che desideri, come facevi quando invocavi i tuoi piccoli amici». Osservò Sarah con fare pacato, paterno. Non sembrava del tutto convinta. «Imparerai subito, vedrai, ti piacerà. Chissà, magari riuscirai a fargli imparare la lezione, ad insegnargli dei valori, a mettere un po’ di sale in zucca a quel Fae!» - scoppiarono entrambi a ridere.
«Quando si inizia?» chiese la ragazza, con un sorriso partecipe, prontamente ricambiato. «Anche subito, è ormai sera inoltrata, l’ora è giunta! Ti porterò da Jareth, così potrai lanciargli la sfida. Ma prima necessiti di vesti appropriate – in questo mondo, l’abito fa il monaco. Ti dispiace l’abbigliamento visto poc’anzi?» disse, indicandolo.
«No, affatto». Era quindi davvero il vestito della Regina di Goblin!
«Benissimo! Permettimi di evitarti la pena di indossarlo» - così dicendo, schioccò le dita: fu in quel momento che Sarah si ritrovò con l’abito addosso, l’aspetto di una Fae e i poteri di una Regina.
«Incantevole. Tra pochi secondi ti troverai faccia a faccia con lo sfidante. Ricorda, se avessi bisogno…conosci il mio nome». Arthur si mise sull’attenti, serio e composto, fissando il vuoto.
 «3…2…1…»
 
****
 
Jareth riprese lentamente coscienza, nonostante percepisse un’inaudita debolezza, il corpo pesante ed un fitto mal di testa. Sentiva dei fastidiosi rumori intorno a lui, ma non riusciva a comprenderne la provenienza e la distanza, aveva l’impressione di essere mezzo sordo; aprì gli occhi, trovandosi protagonista di un orribile incubo. Vide, sopra di lui, un soffitto coperto di vernice bianca, simile ad uno delle umili case dei folletti di Korang; era sdraiato su un minuscolo letto di una stanza simile a quelle usate dai giovani umani, ma i suoi occhi non riuscivano più a distinguere i particolari lontani; la luce che entrava dalla finestra, poi, incredibile! Era pallida, mattutina, ma non dava fastidio ai suoi occhi che, anzi, sembravano cercarla.
Il fae, che aveva già intuito in quale spiacevole situazione doveva trovarsi, cercò di trattenere il panico e l’ira, di non pensare al peggio, finché non vide la sua immagine riflessa in un piccolo specchio appeso al muro: rabbrividì. Aveva lo stesso corpo, forse un po’ più mingherlino, e lo stesso viso, ma le sue sopracciglia non erano più all’insù, indossava una dozzinale camicia azzurra, dei pantaloni neri ed i suoi capelli erano più corti, pettinati e… rossi. Nessuna traccia del medaglione reale.
Provò a creare una sfera di cristallo: le mani rimasero vuote. I presentimenti avuti, dunque, erano fondati: era diventato umano.
Dalla rabbia, ruppe lo specchio con un pugno e cominciò a dare calci a tutto ciò che trovava. «Asor igu edsi!» inveì, senza risposta alcuna. «Arthur», sussurrò, per poi ripeterlo, questa volta urlando. «Arthur!»
«Che piacere incontrarti nel sopramondo, Jareth! Molto graziosa, la tua cameretta. Come te la passi?» disse il ragazzo, sorridente e sornione, comparendo accanto alla finestra.
«Sono una catastrofe estetica, ho perso i miei poteri e mi ritrovo in un appartamento dell’aboveground, tu che dici?» rispose sarcastico. «Lei dove si trova?» aggiunse, minaccioso.
«Oh, non è colpa mia se da umano adori le tinte per capelli, mio caro Ziggy Stardust. E non eri un po’ deboluccio anche prima?»
«Non prendiamoci in giro, verme! Lei dov’è?»
Arthur, seccato, sospirò. «Al tuo castello, come potevi ben immaginare. Le sto parlando proprio in questo momento, una campionessa adorabile, non c’è che dire. Avrà le tredici ore da regina che ha desiderato, tu verrai sfidato per avere la tua chance di riacquistare il trono e ci divertiremo tutti un sacco» rispose, sbrigativo.
Dunque Arthur stava usando il potere dell’ubiquità, parlando con lui e con Sarah nello stesso momento. Jareth s’incupì ulteriormente. «Potrai prendere in giro lei, ma non me. Conosco le regole del mio labirinto. Nessun umano può attraversarlo, se non per salvare una persona che le sta a cuore. Niente troni, niente poteri, niente eccezioni. Chi c’è in palio?»
«Uhm, giusta osservazione! Vediamo un po’» rispose il ragazzo, facendo finta di tenere il conto con le dita. «Toby è al cinema, tu sei l’umano sfidato, nessuno ha chiesto di essere rapito dagli gnomi, io sono quello che ha utilizzato la magia per esaudire il desiderio e…ah, già, io non sono umano! Uhm, chi manca?»
«…Sarah! E’ lei che vuoi intrappolare per sempre nell’Underground, vero? Non hai il diritto di farlo, non ha mai desiderato questo!»
«Sei sprecato come re, dovresti intraprendere la carriera di investigatore!» rispose Arthur, sarcastico. «Non ti sei accorto di quanto sono cresciuti i poteri che le avevi dato, negli ultimi anni? Un’umana capace di invocare un essere dell’Underground col solo pensiero, è incredibile! Riesci ad immaginare cosa riuscirebbe a fare, se diventasse come noi? Con la sua magia potremmo far cadere la Loggia Reale in un giorno! Rivoluzioneremmo l’ordine dei mondi di sotto, di sopra e delle intervanescenze, creeremmo una nuova realtà! Ma, dimenticavo, il piccolo Jareth non insorgerebbe contro il marcio vecchiume!»
Jareth gli voltò le spalle. «Enfant prodige, non sono mai stato un santo e di sicuro, della mia piccola fiaba, sono il cattivo… ma non appoggerò mai i piani di un pazzo che vuole mettere le mani sui nostri mondi, non ti aiuterò ad ottenere un potere tale da distruggerci tutti al primo capriccio! Non conosci Sarah, lei non diventerà mai una tua pedina e, puoi giurarci, io non lo permetterò, finché sarò in vita!»
«Tipico dei barbagianni» Arthur alzò gli occhi al cielo. «Teatrali e melodrammatici! Ma è colpa tua, se adesso si trova nell’Underground, e lei lo sa. Com’è essere così affezionati alla propria nemica? è bello addormentarsi sapendo che lei ti odia?» incalzò.
«Lurida palla di pelo, ti butterò nella Gora con i miei stessi artigli, è una promessa!»
«Ora come ora» rispose indicandolo «non credo ti sia possibile. Sembra proprio che la tua unica chance sia sconfiggere Sarah, così da portarla sana e salva nella sua casetta umana… peccato che, potente com’è ora, sembra proprio non avere la minima  intenzione di lasciar superare il Labirinto a quel cattivone del re di Goblin!» accennò una risatina.
«Un dono come l’ubiquità non dovrebbe essere usato per uno scopo infimo come il tuo» rispose Jareth. «Allora, quando porterete questo umano al Labirinto? Non vedo l’ora di attraversarlo e di fartela pagare».
«Oh, la regina è pronta: è ormai mattino inoltrato. Che inizino i giochi! Tra tre secondi sarà da te» disse Arthur, scomparendo.
Jareth, immobile, fissò la finestra.
«3…2…1…»
   
 
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