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Autore: malpensandoti    01/05/2016    1 recensioni
Jodie le sorride di tanto in tanto, le scosta i capelli dal volto e le dice che Louis non ha idea di cosa si stia perdendo a non volere una sorella del genere.
Georgia la ringrazia e tace, alla fine non ci crede più di tanto.
Aspetta piano gli uomini – le persone – della sua vita prendersi qualcosa e sparire, perché è così che funziona, è così che semplicemente vanno le cose.
Vanno via.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Words As Weapons
Little Bit


So we don't confirm the fling
Keep avoiding all the questions
You could teach me many things
I'm just scared to learn a lesson

 


 
 
A scuola le è difficile concentrarsi sulle parole degli insegnanti. Georgia non è mai stata una studentessa modello: il massimo, la perfezione non sono di sua competenza; ci sono troppe responsabilità in mezzo e tutta quella pressione lei non riuscirebbe mai a gestirla. La sua media è comunque buona, senza alcun voto negativo o a rischio. A Jodie non dispiace e, quando suo padre si interessava alla faccenda, le ha sempre fatto capire quanto la scuola – per lui – fosse inutile.
Oggi però sembra tutto troppo difficile da capire.
In letteratura hanno ripreso Hamlet per l'ennesima volta per via della rappresentazione teatrale che ci sarà da lì a pochi mesi e Georgia non riesce proprio a capire quello che il professore Kaine sta dicendo.
Le piace Hamlet, è la sua tragedia preferita di quelle scritte da Shakespeare, eppure la sua mente è così piena di altro che non riesce a concentrarsi.
Oscar le lancia qualche occhiata curiosa di tanto in tanto, aggrottando le sopracciglia ai suoi movimenti nervosi e goffi che fanno cadere penne e matite.
A fine lezione lei è l'unica a non avere uno straccio di appunto e ciò la fa sentire terribilmente in colpa, come se avesse mancato di rispetto a qualcuno.
“Probabilmente è l'effetto del glutine” è ciò che le suggerisce il suo migliore amico a pranzo.
Lei scrolla le spalle e arriccia le labbra, addentando una mela. “Non credo – risponde – Insomma, è successo diversi giorni fa e io sto bene. Sono solo...un po' nervosa”
La mensa è meno piena del solito, quelli del primo anno sono in gita a Londra e i tavoli in mezzo alla sala sono quasi tutti vuoti. Nonostante ciò – in qualche modo – c'è molto più chiasso, c'è un ronzio costante che non vuole andare via.
Oscar finisce il suo panino ai cetrioli e “Già, è sicuramente così – riflette poi – Voglio dire, hai vissuto più cose nell'ultimo mese che in tutta la tua vita! Devi abituarti a tutta questa vita sociale”
Finisce la frase con una risata di pancia e, davvero, Georgia sa che Oscar scherza e che il più delle volte non ragiona prima di dire qualcosa, ma ciò non allevia il dolore che le morsica il petto, proprio sotto al cuore.
Sa di non essere la persona più socievole del mondo, sa di avere difficoltà nel fare amicizia e che molto spesso le persone non fanno che procurarle altra ansia. Ma ci prova, okay? Si sta sforzando, sta tentando di aprirsi a degli sconosciuti per il bene di Oscar, per non deluderlo. Non è abbastanza questo?
Di nuovo, vorrebbe solo che lui capisse che è difficile a volte stare nel corpo piccolo di una persona insignificante come lei. Vorrebbe che lui capisse che non sono solo capricci, che non si considera superiore a nessuno ma che anzi, la paura di non poter dare a qualcuno quello che le viene chiesto ogni tanto non la fa dormire la notte.
Non è solo timidezza, è il terrore di essere vista per quella che è realmente. Vuota e insicura, come cristallo in bilico.
Sforza un sorriso – l'ennesimo – e ingoia insieme alla mela anche le parole attaccate alle corde vocali.
Dov'è il mio vecchio migliore amico?


 
“Ti va di andare al parco, oggi?”
Il suo tono è meticolosamente calmo, studiato qualche minuto prima nel silenzio della sua camera.
Georgia sposta il peso da un piede all'altro, si tortura le mani dietro la schiena e attende impaziente che Harry, davanti a lei, le dia un qualsiasi tipo di cenno.
Le ha aperto la porta con addosso un paio di jeans scuri e un maglione pesante, blu come la notte.
Ha gli occhi incerti, curiosi e diffidenti. Georgia si pente immediatamente di averglielo chiesto. Poi lo vede annuire, come dopo un ragionamento lungo e interiore.
“Sì – le risponde, la voce bassa e seria – Credo di averne bisogno”
Lei sorride a denti scoperti quindi, sollevata e quasi orgogliosa. Il nervosismo di quella giornata si è sciolto come un nodo sottile e per un attimo si domanda come diavolo faccia quel ragazzo a influire così tanto sul suo umore. 
Non è ancora pronta per darsi una risposta, però.
Harry si copre con un giaccone militare e un cappello di lana azzurro, si chiude la porta di casa dietro le spalle e respira forte.
“Grazie” le dice guardandola di sfuggita.
Poi iniziano a camminare.

 
Il parco lo raggiungono in meno di dieci minuti, la maggior parte dei quali la trascorrono in silenzio.
Non che Georgia si aspettasse qualcosa di diverso.
L'inquietudine di quella mattina è completamente sparita dalle sue articolazioni, rimpiazzata da un sorriso timido, genuino.
Quando entrano nel parco accanto alla scuola materna, Harry continua a guardarsi intorno con gli occhi vigili e spalancati. Non sembra avere paura, piuttosto risulta attento, in guardia.
“Va tutto bene?” gli chiede lei, notando la rigidità delle sue spalle.
Il tempo non è dei migliori, il vento è freddo contro la pelle delle mani e c'è odore di pioggia.
I ragazzini delle medie in divisa si fingono grandi lanciando bastoni sul prato mentre i più piccoli giocano sugli scivoli e le altalene.
“Sto cercando di non impazzire – ammette Harry, il tono forzatamente leggero – Non credo di riuscirci granché, però”
Accenna a un sorriso poi, guardandola da sopra la sua spalla. A Georgia viene voglia di sorridergli in risposta.
“Stai andando alla grande, invece – lo tranquillizza, infilandosi le mani dentro alle tasche del giaccone – Anzi, visti da lontano, potremmo quasi apparire come due persone normali”
La risata di Harry la coglie impreparata, facendola arrossire.Lo vede socchiudere le palpebre, gettare la testa verso l'alto e incastrare la lingua divertita tra i denti bianchi. Ride in modo sospirato, gentile, puro.
Le piace, così come le piace la sensazione che quella risata le fa provare: è bello prendersi cura di Harry.
“Hai ragione – dice poi lui – Solo da lontano, però”
“Sì, solo da lontano”
Continuano a camminare sul viale asfaltato senza più parlare. Georgia però continua a sorridere.
Sorriso che si spegne nel momento in cui il ragazzo in tuta sportiva che corre a lato del viale si ferma di scatto, togliendosi le cuffie bianche dalle orecchie come se scottassero.
Harry
Si fermano anche loro due, spiazzati. Chiaramente, l'idea di incontrare una faccia conosciuta non era tra i progetti di nessuno.
Niall ha il volto arrossato dalla fatica e l'espressione scioccata di chi non riesce a credere ai propri occhi. Sbatte le palpebre più e più volte, scuotendo leggermente la testa bionda.
“Niall” risponde Harry, la voce impostata, il corpo di nuovo teso come un violino.
“Harry – ripete di nuovo l'altro – Georgia!”
Lei stringe i pugni dentro alle tasche e “Ciao Niall” mormora, cercando di apparire tranquilla.
“Ragazzi, voi...woah! – Niall scoppia a ridere – Siete davvero la cosa più strana e bella che abbia mai visto”
Si avvicina saltellando entusiasta, lasciandoli senza parole per qualche secondo. Poi Georgia sorride, perché nonostante il poco tempo trascorso insieme a lui, Niall le è sempre parso una bella persona. È invadente, certo, un po' troppo esuberante forse, ma è intelligente e sa quando è giusto non fare domande.
“Quanto sei grosso, amico – è il suo commento, mentre osserva la figura di Harry  - Hai mai pensato di iniziare a giocare a rugby?”
Gli appoggia una mano sulla spalla e Harry trasalisce, facendo un passo indietro. È un riflesso involontario, non sembra davvero spaventato.
“Merda, hai ragione. Sindrome post-traumatica o qualcosa del genere, vero? L'ho visto in The Sniper, un film davvero figo, cazzo. Beh, a parte la fine, certo”
Il tatto di Niall è così inesistente che perfino Harry sorride. “È bello rivederti, Niall”
“Anche per me amico, dico davvero – per un attimo rimane in silenzio a osservarlo come stregato – Merda, Harry. È davvero fantastico rivederti qui, all'aria aperta. Con Georgia!”
Il suo sguardo chiaro si concentra su quello della ragazza adesso, che s'è fatta più vicina al braccio di Harry senza nemmeno rendersene conto.
“Già, sì – è il mormorio di quest'ultimo, che la fa arrossire – È bello essere qui”
Il sorriso bianco di Niall si allarga. “Non sapevo foste amici. Come diavolo si possono essere conosciuti due come voi?”
Per la seconda volta, Georgia non è imbarazzata dai commenti esuberanti del ragazzo. Non così tanto, per lo meno. Niall non è cattivo e anzi, è una buona persona. Non li sta prendendo in giro, non sta ridendo di loro e tanto meno li sta accusando di essere strani in modo negativo. Piuttosto sta riconoscendo il loro essere diversi, dicendo che nonostante possa non capirli, per lui è okay. Loro sono okay. Non è come stare con Oscar.
Harry guarda Georgia per qualche istante, incerto su cosa rispondere. Ha le sopracciglia aggrottate e la bocca socchiusa, come un bambino confuso.
Quell'immagine le scalda il cuore, per un attimo ci sono solo loro due; un attimo e c'è solo lui.
“Grazie alle candele – risponde Georgia con un piccolo sorriso – Ci siamo conosciuti grazie alle candele”
Entrambi tornano a guardare Niall, il quale fa scattare le pupille sull'una e sull'altro come se cercasse di capire che cosa possa implicare una frase del genere. Non ci riesce, come potrebbe?
“Beh, figo, no? Mi piace come cosa – sorride e torna a scaldare i muscoli saltellando sul posto – Vi lascio andare, allora. Torno a fare finta di saper correre”
Si salutano amichevolmente, Niall li ha già superati quando Harry lo richiama.
“Io...” sembra in procinto di scusarsi.
Il suo vecchio amico scuote la testa e sorride. “Non mi devi alcuna spiegazione, Harry – dice, la voce gentile e adulta – Io non sono Louis”
Georgia vede gli occhi del ragazzo a fianco a lei ingrandirsi e farsi consapevoli al suono di quel nome. Apre e chiude la bocca senza emettere suono e anche dopo che Niall ha voltato loro le spalle, lui continua a fissare il vuoto, l'espressione persa e nostalgica.
Quello di Georgia è un istinto: intrufola le dita sotto alla manica del suo giaccone militare e gli accarezza il polso caldo, vivo.
Harry scuote la testa, si riprende e non si ritrae. Abbassa gli occhi per guardarla e accenna un sorriso fantasma.
“Solo da lontano” ripete.





 
 

lo so, lo so. sono davvero pessima!
presentarmi così, con questa cosa, dopo mesi di silenzio è davvero orrendo, eppure non potevo lasciare stare. nonostante il lungo tempo senza aggiornare, non potevo permettermi di non cercare di finire questa storia. odio lasciare le cose a metà, anche in periodi bui come questi.
probabilmente sarete rimaste in cinque gattini a leggere e sperare in questa storia, ma da brava e stupida ragazza che scrive, spero che ci sia comunque qualcuno a leggermi (anche se non me lo merito)
avevo giurato che compiuti i diciotto anni avrei abbandonato questo maledetto sito, eppure eccomi qui due mesi dopo la maggiore età ad aggiornare una storia triste, tristissima.
è triste, vero? georgia è triste. e io ho davvero bisogno di approfondire questa tristezza - possibilmente in tempi mortali, ecco.
a ogni modo, ho ancora qualcosina in cantiere prima di sperare davvero di chiudere tutto qui: sto scrivendo la mia prima larry e nonostante non segua più gli one direction sono davvero intenzionata a finirla, insieme a questa storia.
e niente, cosa aggiungere? grazie a te che stai leggendo, grazie perché hai aspettato una persona in ritardo come me.
spero che il capitolo non sia uscito troppo assurdo, in realtà la scoperta della loro amicizia è solo il primo gradino della scaletta che ho in mente e che spero di scrivere il prima possibile.
e niente, fatemi sapere!
un bacione immenso anzi due,
caterina

 
 

 
  
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