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Autore: DonnieTZ    03/05/2016    4 recensioni
[RaphaelxSimon - post 1x13]
Una minilong che vorrebbe riparare al finale di stagione e che spero possa piacere...
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Non significhi niente.
Raphael ricordava quelle parole. Le aveva dette e le aveva pensate, con l’estrema convinzione che un semplice mondano fosse poco più di una sacca di sangue.
Poi tutto era cambiato. Simon era diventato un vampiro, e Raphael aveva promesso di prendersene cura.
E, nel farlo, giorno dopo giorno, aveva finito per cadere nella trappola più antica del mondo. [...]Era bastato qualche piccolo gesto, uno sguardo di troppo, e Simon aveva iniziato a significare qualcosa.
Per poi significare tutto.
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Sognava e si tormentava.
Gli avrebbe detto di aver pensato a lui ogni istante, gli avrebbe chiesto scusa, e…
Sì, avrebbe ammesso perfino
quello.
La strana emozione che lo mangiava vivo quando era in sua presenza, come il vuoto quando si crede ci sia un altro gradino, come la vertigine durante la caduta, come la sensazione di schiantarsi al suolo nel dormiveglia.
Se lo sentiva dentro, nel sangue, nella carne, nell’anima.
Faceva male, ma lo faceva sentire stranamente vivo.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Raphael Santiago, Simon Lewis, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6. Palabras
Y las miro lejanas mis palabras. 
Más que mías son tuyas. 
Van trepando en mi viejo dolor como las yedras. 
 
Ahora quiero que digan lo que quiero decirte 
para que tú las oigas como quiero que me oigas. 
 
Escuchas otras voces en mi voz dolorida. 
Llanto de viejas bocas, sangre de viejas súplicas. 
Ámame, compañera. No me abandones. Sígueme. 
Sígueme, compañera, en esa ola de angustia. 

Pero se van tiñendo con tu amor mis palabras. 
Todo lo ocupas tú, todo lo ocupas. 

 
Simon osservò il piacere genuino di Raphael, spingendosi in lui come a ritrovare la vita, il respiro, il battito perduto del cuore. Era tutto così intenso che, se avesse potuto respirare, il fiato gli si sarebbe mozzato in gola.
“Mordimi” si sentì dire.
Ne aveva voglia, voleva affondare dentro Raphael anche coi denti, succhiare via tutto, bere un amore che non era certo di poter ricevere in altro modo.
“Io non… sicuro?” chiese.
Raphael si limitò a piegare il collo di lato, intrecciando le dita sulla sua nuca, con le palpebre abbassate. Così Simon obbedì, i denti nella pelle tesa dell’altro, all’improvviso, senza pensarci troppo. Quante cose aveva fatto senza pensare, dopotutto? Parlargli di tutto, avvicinarsi per toccarlo ad ogni occasione, annegare nel profumo dei suoi vestiti, tradirlo, amarlo, volerlo.
Il sangue di Raphael a scorrergli sulla lingua, una nuova ossessione. Sapeva di lui, del suo profumo, di qualcosa che camminava sulla terra da anni, strisciava nella notte, afferrandogli in una morsa il ventre. Sapeva del piacere appena consumato, come se si fosse messo a scorrere nelle vene.
Simon si spinse ancora, mentre il cuscino si tingeva di rosso. Si separò dopo due sorsate – il sangue che colava sul mento – perché si sentiva sul bordo del precipizio, al limite, pronto a cadere e immergersi nel piacere. Serrò gli occhi, la mascella, il corpo a quello di Raphael, e si abbandonò.
In quel momento, come suggellando un patto, Raphael gli si attaccò al collo, spingendosi a fondo con i canini, in un bruciante marchio di appartenenza.
Simon voleva farlo: appartenere a qualcuno dopo anni passati a sentirsi un’ombra.
“Dio.” gli sfuggì dalle labbra, mentre riprendeva possesso della ragione e della coscienza.
Il tempo parve congelarsi, mentre loro restavano fermi a realizzare quanto accaduto, a guardarsi negli occhi e più a fondo. Poi si separarono con delicatezza, piano, lentamente. Simon si distese a pancia in su, a fianco a Raphael, a fissare il soffitto.
L’avevano fatto davvero.
Simon riviveva i momenti appena trascorsi, ancora e ancora: le mani di Raphael su di lui, il suo sguardo ad accarezzarlo, la sensazione di perdersi e di trovarsi.
“Ho detto Dio.” mormorò, dal momento che quello era l’unico dettaglio che si sentisse in grado di affrontare.
“Non racconterei al rabbino le circostanze specifiche, comunque.” sussurrò Raphael, girandosi su un fianco per scrutarlo.
Simon ricambiò finalmente lo sguardo, un po’ intontito. L’altro vampiro allungò una mano e gli passò il pollice sul mento per pulirlo, portandoselo poi alle labbra. Erano entrambi un disastro, impiastricciati e insanguinati, ma c’era una strana tranquillità nell’aria.
“Mi dispiace.” esordì Simon.
Raphael si ributtò a pancia in su con un gesto che parve irritato.
“Anche questo è stato un errore?” gli chiese.
“Cosa? No, no! Non per questo. Per… per Camille, per essermene andato, per tutta quella storia. Mi dispiace davvero.”
Raphael voltò appena la testa, nel sentire quelle parole.
“Dispiace anche a me, quello che hai fatto. Vedi di pensarci prima, la prossima volta in cui la tua amata Fairchild ti chiederà un favore.” lo rimproverò.
“Non credi che dovresti… non so… scusarti anche tu?”
“E per cosa?”
Uccideteli, presente?”
“Mi hai messo in una posizione scomoda, pequeñín.”
“Beh, scuse accettate.” sorrise Simon, come se Raphael si fosse appena compromesso.
Restarono in silenzio per un po’, finché non iniziò a diventare strano, finché non appesantì l’aria fra di loro. E adesso? Cos’avrebbero fatto? Simon non lo vedeva proprio, Raphael, ad un appuntamento romantico. Non che lui volesse passare una serata fra cena e cinema, ovviamente. Solo… qual era la normalità per due vampiri? E lui non poteva neanche uscire dal DuMort.
“Raph?”
“Sì?”
“Dormi?”
“Mi sono appena svegliato, perché dovrei dormire?”
“Allora di’ qualcosa.” lo supplicò Simon.
Raphael sembrò pensarci un po’, immobile fra le lenzuola. Parlò solo dopo lunghi secondi, attimi in cui Simon pensò ad ogni pessimo scenario possibile. Ecco, gli avrebbe detto che era stata una bella nottata, grazie e prego, ma di non farsi troppe illusioni. O forse gli avrebbe detto che non era stato poi chissà che, tutto sommato, e che ne aveva avuti di meglio, e che non aveva mica l’eternità da perdere con lui. Che era irritante e inutile e al più poteva servire da passatempo per il capo clan.
“Cosa vorresti, Simon? Cosa vorresti da tutto questo, dalla tua nuova vita? Chiedimelo, e farò in modo che tu lo abbia.”
Simon restò in silenzio. Sentiva un calore nel petto e i dubbi che continuavano a reclamare attenzione si fecero un po’ più piccoli. Allungò la mano e intrecciò le dita a quelle di Raphael.
“L’ultima volta che me lo hai chiesto mi hai rinchiuso in una bara” sorrise, “e comunque credo di avere tutto quello di cui ho bisogno.”
Prima di continuare rifletté attentamente. Forse non era così stupido pensare di poter stare con Raphael. Era tutto così nuovo, così inaspettato – un vampiro, un uomo, non ci aveva mai pensato prima – che un briciolo di normalità sarebbe stata la benvenuta.
“Forse, se fossi libero di lasciare l’hotel...”
Parve una coltellata. Simon non riuscì neanche a finire la frase, completando quella sua sdolcinata richiesta, che Raphael reagì bruscamente, scostando la mano e mettendosi a sedere sul bordo del letto.
Simon si tirò su solo per toccargli una spalla, ma l’altro si alzò per sfuggire al contatto, raccattando i vestiti e indossandoli sommariamente per coprirsi.
“È questo che desideri? È questo che vuoi? Se è così, al diavolo il clan, sei libero. Vai, sparisci.”
“Raph, non intendevo quello, non…”
Cállate.”
La voce di Raphael era un ringhio, il verso di un animale ferito.
Simon avrebbe voluto spiegare che non se ne sarebbe andato, che aveva davvero quello che desiderava, che nulla sarebbe mai valso quanto ciò che avevano condiviso, ma lo sguardo di Raphael sembrava uno sguardo d’odio e le parole fecero fatica ad uscire.
“Non volevo dire quello, davvero, intendevo che…”
“No, intendevi esattamente questo. Che idiota che sono, Dios, non posso credere di esserci cascato di nuovo.”
Furono le ultime parole di Raphael, prima di aprire la porta e scomparire lungo il corridoio.
Simon resto immobile per un istante, sorpreso dalla piega degli eventi, per poi ributtarsi fra le lenzuola.
Di nuovo?
Chi lo aveva ferito, in passato?
Simon si sentiva così stupido, così incasinato.
Avrebbe solo dovuto confessare tutto, dirgli quella semplice frase, smetterla di avere paura che Raphael non sentisse la stessa cosa.
Ti amo.
Cosa ci voleva a dirlo?
Aveva voglia di piangere.
 
Non sapeva bene in quale momento fosse arrivato il sonno. Aveva fatto per alzarsi una quantità incredibile di volte, aveva vagato per la stanza, aveva quasi poggiato la mano sulla maniglia per poi cambiare idea. Lo specchio era stato il silenzioso spettatore di un susseguirsi incredibile di discorsi, ma il timore di fare nuovamente la cosa sbagliata aveva tenuto Simon in quella stanza, prigioniero di se stesso. Non voleva ferire Raphael, ma era così difficile avvicinarlo, infrangere la corazza che credeva di aver incrinato, con il tempo e le parole, da quando era al DuMort.
Così si era addormentato, cadendo in un’oscurità agitata, le lenzuola annodate attorno al corpo. Se fosse stato umano, se tutto avesse funzionato a dovere, sicuramente si sarebbe ritrovato sudato e ansante al risveglio.
Un incubo aveva visitato quella nottata che si stiracchiava verso l’alba: Camille.
Camille che lo chiamava, i canini che baluginavano nel buio, l’indice a muoversi ipnotico con la sua lunga unghia nera.
“Vieni,” diceva, “torna da me.”
E Simon aveva quasi l’impressione di muoversi, fluttuando nell’aria. La sensazione fisica di indossare dei vestiti, di uscire, di superare corridoi e scale, di seguire quell’ordine.
 
Quando Simon riaprì gli occhi, ebbe quell’attimo di straniamento che capita quando si dorme a fondo e male. Gli parve di non essere affatto nella sua stanza, di non fissare il suo soffitto, di non sentire più il profumo di Raphael sulle lenzuola.
Impiegò un secondo buono a realizzare che fosse la verità.
Non era nella sua stanza, non era nel suo letto.
Al contrario, era in un posto mai visto prima, sdraiato su un largo materasso, circondato da mobili lussuosi.
“Sei tornato da me, piccola caramella.”
La voce di Camille lo fece indietreggiare sulle lenzuola, fino a rannicchiarsi contro la testata del letto.
“Cosa… come…”
Il panico fu una vampata calda, come se il sangue avesse preso a ribollirgli nelle vene, permettendogli di reagire più in fretta, di scappare, se necessario. Il fatto era che non parevano esserci vie d’uscita se non la porta alle spalle di Camille.
“Non temere, non ti farò del male.” disse lei.
Gli si avvicinò sempre di più, ondeggiando sui tacchi. Arrivò fino al bordo del letto, poggiandovi sopra i palmi per sporgersi verso Simon.
“Dopotutto, ti ho creato io. Vedi, mi cercano ovunque e ho bisogno di una moneta di scambio, nel caso mi trovino.”
“Non… nessuno mi cercherà. Non interessa a nessuno quello che faccio, davvero, sono proprio inutile, dico sul serio.”
“Al contrario, tesoro. Sento l’odore di Raphael ovunque, su di te…”
Camille si esibì in un sorriso inquietante.
“Chi l’avrebbe mai detto, ha ceduto al tuo innegabile fascino.” mormorò con sarcasmo, prima di essergli addosso in un battito di ciglia.
Aiutami, Raphael, urlò Simon nella sua mente, prima del buio.

 
And I watch my words from a long way off.
They are more yours than mine.
They climb on my old suffering like ivy.

 
Now I want them to say what I want to say to you
to make you hear as I want you to hear me.

Lament of old mouths, blood of old supplications.
Love me, companion. Don't forsake me. Follow me.
Follow me, companion, on this wave of anguish.

But my words become stained with your love.
You occupy everything, you occupy everything
.



 
Ciao!
Questo capitolo è stato difficile per altri motivi rispetto al precedente, lo ammetto candidamente. 
Lo so, il mainagioia è oscuro e pieno di terrori, ma abbiate fiducia in me. O in Raphael, almeno. XD
Spero che questa storia stia continuando a piacervi. Il prossimo sarà l'ultimo capitolo (al più potrebbe esserci un epilogo piccino picciò dopo, dipende da quanto mi uscirà lungo il prossimo capitolo, ecco). 
Spero non ci siano troppi errori, ma sto facendo un sacco di cose, ultimamente, e studiando, anche... quindi ho i tempi tiratissimi per tutto! 
Commenti e saluti vengono accolti con secchiate d'ammmore.
A presto!
DonnieTZ


 
   
 
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