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Autore: FioreDArgentoWattpad    04/05/2016    0 recensioni
Forse io mi ero sempre sentita diversa perché io il mio nome, a differenza degli altri, lo conoscevo. Quando ero sola, alcune volte lo sussurravo alle pareti grigie della mia stanza; lo ripetevo quanto bastava a ricordarmi di non essere solo una lettera simile alle altre.- Prologo
Nessuna origine.
Nessun nome.
Nessun appiglio.
Queste sono le caratteristiche che accomunano gli studenti dell'Heddem Institute, una scuola costruita su un'isoletta dell'arcipelago delle Bahamas, lontana da tutto e da tutti. Queste e un marchio nero sull'avambraccio.
Amira però è diversa, lo è sempre stata. Ha ricordi confusi della sua vecchia vita, ma il solo averli vissuti la separa inevitabilmente dai suoi compagni.
Riuscirà a soffocare le proprie emozioni o ne rimarrà sommersa?
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo I

Capitolo I

Era opinione popolare che il preside Mark Hedd fosse un uomo di bell'aspetto, e concordavo, se non fosse stato per la costante paura che gli deformava viso. Gli occhi stralunati erano d'un azzurro scolorito, sembrava che non avessero mai visto la luce del sole per assorbirne la brillantezza e la vivacità cristallina. I capelli poco curati gli cascavano disordinati sulla fronte perennemente aggrottata e una barbetta dorata gli copriva il mento tozzo, che tremava insieme al labbro inferiore mentre parlava alle assemblee (uniche occasioni in cui lo vedevamo). Avrebbe potuto avere una ventina d'anni o aver superato la cinquantina, possedevo troppi pochi termini di paragone. La maggioranza dei docenti della scuola era costituito di donne, e agli scarsi insegnanti maschi non avrei sicuramente potuto domandare l'anno di nascita.

Gli uomini che avevo conosciuto nella mia vecchia vita invece, erano maschere cineree che sfumavano nella memoria ogni giorno di più. Io del resto preferivo lasciarle andare, non mi prendevo la briga di rammentare i colori o i tratti di gente che non avrei visto mai più. Avevo appena tre anni il mattino in cui Kathleen (avevo cessato di chiamarla mentalmente mamma) mi aveva trascinata con l'inganno su una nave, la stessa nave su cui quel dì sarebbero giunti i neomarchiati, la stessa nave straripante di culle che di tanto in tanto si affacciava nei miei incubi. Concentrai di nuovo lo sguardo sul preside, che stava sciorinando il discorso d'inizio anno con la passione che avrebbe messo W nel mangiare gli spinaci.

"Q-Quest'oggi desidero in-inaugurare il centocinquantesimo anno di attività dell'Heddem Institute che da sempre fornisce grazie all'infallibile metodo Hedd una preparazione adeguata a noi m-marchiati, presentandovi..." si schiarì la gola, sistemandosi per la centesima volta la cravatta verde pallido. "... presentandovi la novità d-del corpo docenti. L'anno scorso Paul Serringard, vostro educatore all'uso del marchio, è andato in pensione dopo un onorevole carriera. Vi invito per la sua sostituta, la signorina Key."

Un rumore quieto si levò dalla folla, ma fui probabilmente l'unica ad osservare davvero la donna che, sbucando dalla penombra, si era seduta silenziosamente di fianco al preside. Il cappello gocciolante le celava parte del volto, ma sulla pelle chiara scorsi un sorriso compiaciuto. Se lo tolse con un unico movimento aggraziato, liberando una cascata di capelli albini bagnati sulle punte. Fui scossa da un brivido quando ci rivolse uno sguardo penetrante, rivelando gli occhi grigi affilati come la lama di un coltello.

Diedi una gomitata a W, che m'ignorò volutamente. Tra l'altro me lo sarei dovuta aspettare, W con il suo portamento compassato e l'espressione imperturbabile incarnava perfettamente i valori dell'Istituto. Avevo avuto la sfortuna che mi fosse assegnata lei in qualità di compagna di stanza, che in teoria sarebbe dovuta diventare la mia maggior confidente. O almeno così recitava il Manuale di Easton e Marcus Hedd, i fondatori dell'Istituto. Io con W avevo soltanto un rapporto di sussistenza, il necessario a non impazzire rinchiusa tra quelle quattro mura.

"Sono desolata per il ritardo Mark, ero andata che tutto fosse in regola al porto."

La signorina Key si sedette tra i colleghi nella prima fila, non aggiungendo altro. I miei compagni si lanciarono occhiate di disapprovazione, ma il preside non parve aver nulla da ridire.

"Quest'oggi come sapete arriveranno i marchiati. Vi p-pregherei perciò..." Un colpo di tosse sommessa lo interruppe e il preside si guardò intorno con occhi spauriti.

"S-Samantha?" sussurrò bianco in volto.

La sorella del preside, nonché insegnante di Letteratura all'Heddem Institute, si alzò dal suo posto e gli mormorò qualcosa a voce troppo bassa per essere udita. Carlos tremò visibilmente sotto lo sguardo accusatore della sorella e riprese:"Vi vieto perciò di g-girare per l'Istituto dopo il termine dell'assemblea."
Strofinò nervosamente una mano sudata lungo i pantaloni, navigando nel dubbio con espressione sofferente. Per un attimo provai un moto di pietà verso quell'uomo, ma ricordando di chi si trattava, lo soffocai subito.

"Direi che la fine dell'assemblea è a-arrivata. Tornate nei vostri dormitori!" concluse con gioia folle e temetti che avrebbe scagliato lontano il microfono per la felicità. In fondo sarebbe stato divertente assistere ad un gesto così avventato, così umano, così poco consono all'istituto. Tuttavia si limitò a posarlo cautamente su una sedia, come se fosse una bomba pronta ad esplodere.

"A? A? Mi senti?" Riscuotendomi dal torpore, posi lo sguardo sul viso lentigginoso di W. "Dobbiamo tornare nei dormitori, muoviti!" La sua voce aveva l'intenzione di suonare perentoria, ma gli occhi verdolini mi guardavano supplicanti.
"Non voglio essere l'ultima!" sbottò, non ricevendo risposta. In effetti intorno a noi erano rimasti cinque o sei studenti, che diligentemente si dirigevano verso l'uscita principale. All'improvviso in allerta saltai su, afferrando il polso ossuto di W. Anch'io detestavo l'idea di giungere per ultima nei dormitori, ma per motivi ben differenti.

"Ma cosa fai?" sibilò W, scuotendo la mano dolorante. Sulla rampa di scale che portava al secondo piano, nei dormitori femminili, le ragazze erano disposte ordinatamente in fila e nel più assoluto silenzio si avviavano verso le camere. Sospirai di sollievo, la maggior parte non erano ancora arrivate.

"Corri." mi limitai a sussurrare a W, che sgranò gli occhi scandalizzata.

Ignorandola sgusciai tra le ragazze in abito grigio, spintonandole se necessario. Quando passavo loro di fronte mi lanciavano occhiate poco rassicuranti, ma la loro forza di volontà era pari a quella di una bambola di pezza.

Con il fiato corto scavalcai l'ultimo gradino, trovandomi di fronte ad un corridoio grigio. Porte bianche tappezzavano le pareti, l'una la perfetta copia della precedente. Vidi una W ansante raggiungermi, le ciocche rosso chiaro sfuggite alla coda le donavano un'aria ancora più sconvolta.

"Ma cosa ti salta in testa?" farfugliò. Io però l'ascoltavo a stento, avevo già iniziato a contare le porte che sfilavano di fianco a me mentre camminavo lentamente.
1...
2...
"Correre!"
5...
6...
"Spingere!" 
12...
13...
"Avrai infranto metà del regolamento dell'Istituto!"
17...
18...
19...
Velocizzai il passo, c'eravamo quasi.
"Ti rendi conto?" terminò irata.
23!

Mi concessi finalmente di concentrarmi su W, che rossa in volto mi squadrava con aria di rimprovero.

Scrollai le spalle, non era di certo la prima volta che violavo il regolamento. E neanche l'ultima.

"Perché siamo arrivati fin qui? Le altre camere erano libere." affermò W, di colpo dubbiosa.

Io sorrisi nervosamente, se avesse scoperto il mio segreto sarebbe stato difficile evitare che spifferasse ai professori tutto.

"Non me n'ero accorta." mentii, girando in basso la maniglia della nostra stanza. In realtà noi non avevamo il diritto di possedere alcunché, avremmo dovuto cambiare stanza ogni giorno lasciando la borsa nell'armadio prima di cena. Al ritorno una stanza valeva l'altra, poiché tutti avevano gli stessi libri e gli stessi appunti.

Noi però, all'insaputa di W, stavamo nella stessa da quattro anni. Mi piaceva l'idea che quel luogo fosse mio, anche se equivaleva ad infrangere le regole. Inoltre la finestra si affacciava sul piccolo porto in cui, una volta l'anno, approdava la nave che recava scritto sulla fiancata il nome dell'Istituto. Nonostante l'orrore imbrattasse e confondesse i ricordi, sapevo che si fermava in diverse località per permettere ai bambini e i professori d'imbarcarsi verso l'isoletta sperduta delle Bahamas. Era l'unica informazione che ci era concesso sapere.

La vista del mare che ondeggiava dolcemente intorno al porto era rilassante, seppur la vista della nave che proprio la sera prima era arrivata mi nauseasse. Ero forse la sola, oltre al preside e i professori ovviamente, a conoscenza di ciò che stava accadendo. I bambini venivano spogliati dei loro averi ed erano sottoposti a rigide visite mediche, prima che fosse tatuato loro il marchio.

Lo shock adombrava il resto, ricordavo soltanto che quando degli uomini avevano tentato di sottrarmi il mio talismano, una pietra dura che tenevo in tasca, l'avevo lanciato in mare purché non finisse nelle loro mani rozze.

"Miss. Key non ci ha detto una parola, solitamente i professori nuovi preparano un discorso." osservò W ad alta voce, distraendomi. Negli anni avevo imparato a conoscerla e sapevo che alle volte, senza rivolgersi direttamente a me, esprimeva i suoi dubbi ad alta voce perché io dessi la mia opinione. Era un rapporto singolare il nostro.

"Sempre meglio delle patetiche frasi fatte che ci propinano gli altri." dichiarai tagliente. W mi guardò sbigottita dal letto e aprì la bocca, serrando le labbra sottili un secondo dopo. Era un tacito accordo, se chiedeva il mio parere non si poteva aspettare che fingessi la lealtà assoluta nei confronti dell'istituto. Lealtà che poteva avere lei, ma non io.

"L'anno scorso Serringard non ci ha mai fatto provare a... a convertire. Secondo te lei ce lo permetterà?" cambiò argomento W, mentre si scioglieva la coda rossa per la notte.
Un brivido gelido mi percorse la schiena. Il professor Serringard ci aveva istruito riguardo alla teoria ma non aveva mai lasciato che facessimo un tentativo, anche con un oggetto piccolo. L'anno prima una volte gliene avevo domandato il motivo e, con un misto di rabbia e spavento, aveva gridato che il professore era lui e non dovevo provare a contraddirlo. Non mi sarebbero mancati né il suo caratteraccio, né i suoi sputi mentre spiegava, ne ero certa.

"Trasformare la materia in non-materia, sta tutto lì." ripetei le sue esatte parole assorta.

Odiavo lo scarabocchio che avevo sul braccio, sapevo che Kathleen mi aveva ripudiato a causa sua. D'altro canto era indelebile e scoprire a cosa servisse o anche soltanto perché si trovasse lì, era l'unica consolazione che potevo avere.

W mi lanciò un'occhiata interrogativa, era raro che ascoltassi le lezioni, ricordarmele ancor di più.

"Blaterava la stessa frase per un'ora." mi affrettai a spiegare, ritornando con lo sguardo puntato sulla spiaggia.

Mi accorsi che un paio di pullman neri si stavano inoltrando nel sentiero che si dirigeva verso l'Istituto. In quel breve tragitto dei neonati si stavano giocando tutto: il nome che non avrebbero mai saputo, il compleanno che non avrebbero mai festeggiato, la famiglia che non avrebbero mai visto, le origini che avrebbero sempre ignorato. Le cose a cui, dodici anni prima, avevo dovuto rinunciare io.
Avrei voluto gridarglielo, fino a sgolarmi, ma non sarebbe servito a nulla. Perché delle persone, in quel momento, stavano perdendo tutto e neanche lo sapevano.

"Arrivano." mormorai semplicemente, con la bocca impastata.

   
 
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