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Autore: Sara Weasley     04/05/2016    15 recensioni
Un fumo dall’odore dolciastro si diffonde nel vicolo e l’ennesimo boato esplode nell’aria: da qualche parte oltre il terrore, le maledizioni, i rumori assordanti, qualcuno urla e io sento il gelato di Florian risalirmi lentamente lungo la gola. Potrebbe essere chiunque dei miei amici: potrebbe essere Remus, oppure Peter, Frank o Alice… ma io, più di tutto e tutti, spero che non sia Lily. Non può essere Lily.
Imprecando tra i denti, schiaccio ancora un po’ la schiena contro il vecchio muro dietro cui sono nascosto e mi azzardo a fare capolino per cercare di capire cosa Merlino sta succedendo nel putiferio là fuori. La bacchetta nella mia mano freme e asciugo freneticamente un rivoletto di sangue che dalla fronte mi scivola sulle palpebre. Nessun Mangiamorte in vista, potrei…
Sirius lancia un sibilo di avvertimento e riprende a strisciare sotto i cumuli di macerie in cui è quasi intrappolato. "Lo avevo detto" dice tra i denti, con il suo classico tono sarcastico "che i compleanni portano sfiga. Ma tu no, dovevamo per forza fare una festa! E adesso guarda… "
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Da chi lo ha tre volte sfidato. '
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Capitolo 99. 


 
Ventiquattro ore dopo.
 
Il pavimento scricchiola sotto i miei piedi, ed io cerco di fare più attenzione in modo che nessuno mi senta. La porta della stanza che io e le ragazze abbiamo scelto come nostra è leggermente socchiusa: ne esce fuori una macchia di luce bianca dalla forma di un quadrato un po’ allungato, ed io ho la strana sensazione che sia il solo posto al mondo in cui l’oscurità non è ancora arrivata.
Apro la porta: anche questa cigola. In ogni caso, credo che il mio migliore amico  mi avesse già sentita arrivare molto tempo prima. Remus ha la faccia stanca, i capelli sono appiccicati alla sua fronte come alghe bagnate: a giudicare dalle sue occhiaie deve aver passato qui tutta la notte. Nonostante questo, però, le sue labbra si piegano in un piccolo sorriso rassicurante. «Ehi» mi dice.
«Ehi» gli dico anche io, cingendogli le spalle con il braccio buono. «Alice non si è ancora svegliata?»
I nostri occhi si posano sulla ragazza che dorme nel letto: ha il volto di un pallore innaturale e le sue palpebre sono così sottili che sembrano fatte di carta velina. Con delicatezza, mi siedo accanto a lei e le stringo una mano.
«No» dice lentamente Remus. «Ma urla nel sonno, ogni tanto: non capisco se è perché ancora le fa male o se ha gli incubi.»
«Incubi» rispondo con semplicità, e la scritta sul mio braccio sfrigola sinistramente. «Non fa più male, quando finisce. Ma quando c’è… ti fa desiderare di essere morto.»
Remus annuisce come se la sua testa fosse un macigno particolarmente pensante.
 «Come mai Frank non è qui?»
«Ha detto che voleva parlare un po’ con Mary, per farle capire che, sai…»
«Lo so» sospiro, deglutendo disperazione e rabbia.
Gli occhi dorati di Remus si fissano su di me. «Tu e James non vi rivolgete ancora la parola?»
«Già. E Sirius e James?»

«Lo stesso. Credo che Sirius abbia dormito in giardino, pur di no dover condividere la stanza con James.»
«Hanno di nuovo messo in mezzo Peter?»
«Non lo so» riflette lui. «Ma credo che lui sia stata solo l’ennesima scusa da aggiungere al motivo principale.»
«Cioè io.» Stancamente, mi passo una mano sul viso: non c’è niente che non farei per portare indietro le lancette e cancellare quello che ci è appena successo. Remus mi tocca le bende della spalla con un dito: «tu come stai?»
«Marlene me l’ha fatta rientrare, ma devo comunque prendere una pozione per qualche giorno» mormoro, pensando che comunque lui non ha una cera migliore della mia. «Dovresti andare a riposare: Emmeline è di sotto, e anche lei ha bisogno di qualcuno che le stia vicino.»
Riesco a vedere qualcosa luccicare nelle iridi di Remus: ma è così veloce che potrebbe anche semplicemente essere un baluginio della candela sul comodino. «No, grazie. Credo che resterò qui…»
«Remus, quello che è successo ad Alice non è colpa tua. Sei stato costretto, proprio come tutti quanti noi.»
Lui gira il volto nell’oscurità, e all’improvviso il suo viso mi sembra una mezzaluna. «Voglio aspettare che si svegli, almeno per chiederle scusa per quello che le ho fatto.»
Scuoto la testa, lasciando che i capelli mi rimbalzino sulle spalle. È inutile provare a dirgli qualsiasi altra cosa, i suoi sensi di colpa lo troverebbero anche se fosse il solo a non essere stato presente: senza niente da dire, decido di fargli compagnia. Non vedo l’ora che Frank venga qui: sono certa che Alice potrebbe stare bene solo grazie alla sua presenza. Immediatamente, i miei pensieri volano a James: ma insieme al suo viso sfigurato vedo i colori delle maledizioni e mi costringo a concentrarmi su qualsiasi altra cosa. Guardo Remus, che sta guardando Alice.  «Credi che Silente abbia fatto bene, a volerci lasciare qui fino alla fine delle Vacanze?»

Remus deve esseri già posto questa domanda, perché annuisce senza pensarci. «Sì. Questa casa è il posto perfetto: siamo protetti ed è l’unico luogo in cui possiamo ritrovare noi stessi, dopo quello che ci è successo.»
Mi mordicchio le labbra, senza trovare niente di ragionevole da aggiungere. Ma anche se la mia bocca rimane chiusa, la mia testa è piena di pensieri: mai, in tutto questo tempo, mi sono pentita della scelta che ho fatto –essere entrata a far parte dell’Ordine della Fenice anche se ho solo diciassette anni e là fuori è una guerra- ma adesso, con Alice qui vicino a me, mi chiedo se sia stato un bene per tutti noi. James dice che non possiamo dubitare di Silente, né di noi tutti: ed io so che ha ragione, e desidero credergli immensamente. 
Vorrei solo che non fosse così complicato: vorrei solo che tutto non dovesse essere così maledettamente difficile come lo è adesso.
 
 
 
 
 
Quando i miei occhi si aprono, il mio primo pensiero è quello di essere stata catapultata in una tempesta di sabbia. È solo in un secondo momento che mi rendo conto che, quelle che cadono davanti a me e tutto intorno, non sono altro che le briciole quello che una volta era un negozio di Diagon Alley.
Tossisco, tentando faticosamente di riprendere a respirare. Con una mano cerco freneticamente la bacchetta, sperando ardentemente che si trovi nella mia tasca e prendendo un respiro di sollievo quando mi accorgo di trovarcela. Non mi rendo conto che i miei gesti sono lenti e robotici fino a quando non sento un urlo lacerare l’aria, facendo esplodere la bolla di shock in cui mi trovavo: in un secondo la paura, la confusione e la rabbia mi piombano addosso e mi impediscono di ragionare con lucidità.
Dov’è JAMES?
Dei passi in qualche punto accanto a me. Mi nascondo dietro un tavolino ribaltato, e impongo a me stessa di riprendere il controllo dei miei pensieri disarticolati. Faccio parte dell’Ordine della Fenice, dovrei essere abituata a tutto questo. È semplice, ed elementare: i Mangiamorte hanno attaccato Diagon Alley.
E con questa consapevolezza ci sono solo due cose a cui posso pensare: dove sono finiti i miei amici? E, più di tutto il resto,  Voldemort sarà qui? Perché se lui è qui allora James… devo trovarlo, perché non sarò la sola che lo starà cercando. E ci sarà qualcuno che cerca anche me, e noi due siamo invincibili solo quando stiamo insieme.
Cercando di non fare rumore, seguo il contorno di un muro su quella che dovrebbe essere l’High Street. Orientarsi è particolarmente difficile, e i vetri che scricchiolano sotto i miei piedi rendono tutta l’operazione più complicata.  Anche se dubito seriamente che qualcuno potrebbe sentirmi anche se urlassi: non riesco a capire dove –potrebbe essere molto vicino o dall’altra parte del mondo- ma qualcosa sta esplodendo e ci sono delle persone che urlano e altre che gridano concitatamente.
Devo trovarle, devo andare da James, devo…
«Expelliarmus!»
Riesco a buttarmi a terra quasi cadendo, un attimo prima di venire disarmata. Rotolo su in fianco e solo una parte del mio cervello mi dice che io questa voce la conosco. Non ho neanche il tempo di prendere coscienza dei miei pensieri, che un altro incantesimo vibra a pochi centimetri da me e sono costretta a rispondere.
«Diffindo! Expelliarmus, Ex- » e poi intravedo tra il fumo una chioma di capelli biondi e il mio cuore perde un battito. «Alice! Alice, aspetta! Sono io!»
Lei si immobilizza, bloccandosi con l’incantesimo ancora tra le labbra. «Lily?»
«Si!» dico, e quando lei si avvicina a me e riesco a vederla bene, devo sforzarmi per contenere l’impulso di abbracciarla e piangere perché è sana e salva. Invece, le punto la bacchetta contro.
Alice spalanca gli occhi. «Lily?»
«Qual è il tuo colore preferito di Magismalto?»
«Cosa? Ma adesso che..?»
«Rispondi!»
«Ehm» borbotta lei, guardandosi nervosamente le unghie colorate di un vivace rosa pesca. «Non lo so! Cambio colore preferito una volta ogni tre giorni!»
Sulle mie labbra si disegna un sorriso, il braccio scivola lungo il mio fianco ed io per poco non rischio di farla cadere nel saltarle addosso. «Sei tu! Scusa se ho controllato, ma…»
Lei nasconde il viso nei miei capelli, poi tossisce. È la situazione a costringerci a separarci, un attimo dopo.  Quando guardo nei suoi occhi, sono certa che lei riesce a vedere lo stesso nei miei. «Sai dove si trovano gli altri?» chiede disperatamente. «Ho perso Frank, non so più…»
Faccio no con la testa. Il rosso di una maledizione spacca il cielo di polvere come un fulmine al contrario, ed io deglutisco. «La sola cosa che so è che in quella direzione ci sono i Mangiamorte, e quindi…»
«Potrebbe esserci anche qualcuno dei nostri» continua seriamente Alice. In questo momento non sembra una studentessa, ma –con i capelli biondi gonfi dall’esplosione e dei graffi che le solcano le guance- più che altro mi ricorda una leonessa a cui hanno appena rubato i cuccioli. «Va bene, andiamo allora. Ma fai attenzione, ti prego.»
«Stiamo attente entrambe. E teniamo gli occhi aperti.»
Con cautela, inizia la nostra missione suicida verso il pericolo o la morte. E sì, è probabilmente la cosa più stupida da fare: ma io non riesco a liberarmi dell’idea che, se anche non fosse direttamente coinvolto, la cosa più stupida è esattamente quello che farebbe James. O Sirius, e lui ha quello specchietto con cui possono comunicare.
Bacchetta alle mani e guardandoci alle spalle, i rumori aumentano ad ogni passo. Adesso riesco a sentire una donna che piange e implora: una risata, poi più niente. La mia pelle si contorce come se mi avessero appena buttato nell’acido: Alice mi guarda dal basso e mima con le labbra “nessuno dei nostri, vero?”. Io faccio no con la testa, eppure non riesco ad esserne totalmente convinta.
 Ci accucciamo dietro quello che rimane di una parete, osando sbirciare solo un pochino: il mio cervello registra i dettagli con precisione meccanica. Sono tanti, troppi considerando anche che ce ne sarà qualcuno qui in giro, alla ricerca dei sopravvissuti.  Un piccolo gruppo di loro sta quasi in disparte, e dal modo in cui si muovono e fanno comunella credo che siano le reclute, gli studenti di Serpeverde che hanno appena ricevuto il Marchio Nero.
Ma la cosa che mi fa gelare il sangue e desiderare di essere in un altro posto che sia ovunque ma non qui è un’altra: lo riconoscerei ovunque anche se non ci fosse un mucchio di cadaveri gettati ai suoi piedi, perché è la faccia che alcune notti viene a perseguitarmi nel sonno.
Lord Voldemort, e i suoi fedeli  Mangiamorte.  
Le dita di Alice si stringono fino a conficcarsi nella mia pelle, ma io neanche le sento. La parte razionale della mia testa mi dice che è impossibile, eppure non riesco a liberarmi della sensazione strisciante che lui sia qui per noi, perché sapeva che io e James ci saremmo stati.
«Nessuno che conosciamo» sussurra Alice, con gli occhi puntati sui corpi. «Nessuno dei  nostri.»
Come se il mondo l’avesse sentita, l’ennesimo incantesimo sfrigola nell’aria e un urlo disperato viene esalato da qualche povero innocente per l’ultima volta. «Nessuno dei nostri» ripeto anche io, per darmi coraggio.
«Che facciamo adesso?»
Io scuoto la testa lentamente. «Non lo so. Ma… credo che tu dovresti andartene da qui, Alice. Lord Voldemort… lui sta cercando noi, me e James. E se ti trova qui…»
«Mi ucciderà a prescindere, in un caso o nell’altro. Sei pazza a pensare che ti lascerei qui da sola.»
«Alice» ripeto, cercando di essere convincente. «Io posso cavarmela da sola, tu vai a…»
«Non lo faccio solo per te» mette in chiaro lei, con un tono determinato che mette fine alla questione. «Lo sto facendo per Frank. E per Mary, Emmeline e per tutti i ragazzi. Io da qui non mi muovo.»
Sospiro, cosciente del fatto che qualsiasi cosa non riuscirebbe mai a smuovere la sua idea: Alice morirebbe per salvare le persone che ama.
Sporgendomi ancora un po’, distolgo lo sguardo da lei per studiare quello che sta succedendo: un paio di Mangiamorte entrano nel nostro campo visivo. «Ancora nessuna traccia dell’Ordine, mio Signore.»
Quando Voldemort apre la bocca, ho paura che le mie orecchie possano esplodere. «E allora che succede? Sento dei disordini… lo sento…»
«Sono solo dei ragazzi, mio Signore» pigola uno dei due Mangiamorte.
«E voi permettere a dei ragazzini di mettervi i bastoni tra le ruote?»
Un brivido collettivo. «Li abbiamo trovati, ce ne stiamo occupando.»
Gli occhi del Signore Oscuro, rossi come se fossero completamente iniettati di sangue, si dilatano e poi si stringono in due fessure. «Sono quelli che cerco?»
«Non lo so, mio Signore.»
«Portateli a me. Vivi.»
Il cuore nel mio petto batte così forte che ho paura che tutto il mondo potrebbe riuscire a sentirlo: il sangue nelle mie vene bolle come se fosse fuoco.  «James» mormoro. «Deve essere James.»
Alice annuisce. «E dove c’è lui c’è anche Sirius.»
«Allora cosa facciamo? Sono troppi per essere attaccati, ma non possiamo continuare a nasconderci e lasciare che uccidano chiunque gli capiti a tiro.»
«Io…» le guance di Alice si gonfiano. «Che cosa farebbe Remus in questo caso?»
«Chiamerebbe Silente?»
«Chiamerebbe l’Ordine!» dice lei, con un tono di voce un po’ troppo alto. «Una di noi potrebbe mandare un Patronus prima che sia…»
Alice soffoca con le sue stesse parole. Troppo tardi, lo è già.  Questa volta, la voce che urla è dannatamente familiare anche se sta imprecando contro Voldemort e contro tutti i Mangiamorte in maniera decisamente scurrile. Per una volta, però, Alice non dice niente e noi ci limitiamo ad osservare attonite e raggelate Mary ed Emmeline che vengono trascinate sull’asfalto in mezzo ad un cerchio invisibile di uomini in nero.
La gioia di un attimo prima, nel sapere che James era vivo, scompare di botto. In un folle attimo di panico il mio cervello si svuota completamente: sono costretta a tappare la bocca di Alice con una mano per impedirle di urlare.
«È quella che cercavate mio Signore?»
Voldemort guarda le mie amiche con gelido interesse. «Nessuna delle due» taglia corto, guardando poi il gruppetto di piccoli Mangiamorte. «Nome.»
«Emmeline Vance e Mary Macdonald. Grifondoro» risponde immediatamente quello che potrebbe essere Mulciber.
«Ritenete che possano essere membri dell’Ordine della Fenice?»
 Dopo un momento di silenzio, qualcuno annuisce. E questo fa si che improvvisamente tutta l’attenzione di Voldemort si concentri su di loro.
Alice nel frattempo mi strattona per una manica. «Che cosa facciamo? Ci serve un piano, dobbiamo…»
«Lo so» mormoro tra i denti, cercando di tirare fuori dalla mia testa un piano o una soluzione o qualsiasi altra cosa che possa salvare la vita alle mie migliori amiche.
Nel frattempo, Voldemort continua a parlare- il che non fa altro che aumentare la mia paura e mi impedisce di ragionare. «Allora… cosa abbiamo qui?» sibila quasi allegramente, piegandosi su Mary con un espressione di malcelato disgusto. «Tu devi essere una Sanguesporco.»
«Mezzosangue, grazie» precisa Mary, che guarda Voldemort come se fosse una Pluffa . «Tu devi essere il Signore Oscuro. Capisco perché tutti hanno così paura di te.»
Voldemort non si scompone.  «È chiaro. Com’è chiaro che tu sei una piccola Purosangue. Vance, vero? Una famiglia del Nord?»
È evidente anche da dove ci troviamo che Emmeline si sta sforzando per non piangere: tuttavia, come se non potesse fare a meno di rispondere ad una persona che le fa una domanda, annuisce.
«Bene» ripete Voldemort, che sembra essere compiaciuto. «Chi dice che la razza non faccia alcuna differenza è uno stolto, oppure mente. La purezza della stirpe magica è così evidente.»
Mary guarda Emmeline. «Mi sta dicendo che sono brutta?»
Ma Voldemort deve averla giudicata tanto inferiore che neanche la sente. «Quante persone ci servono per scoprire i segreti dell’Ordine della Fenice?»
Anche se non posso vederlo, immagino che il Mangiamorte accanto a lui stia sorridendo. «Ne basta una, Signore.»
«Bene» taglia corto Voldemort. «Allora uccidete la Mezzosangue.»
 A quel punto, tutto succede nella frazione di un secondo. Emmeline strilla così tanto che sono certa che Silente potrebbe sentirla senza l’aiuto di un Patronus. Mary tenta di alzarsi e scappare, ma i Mangiamorte la ricacciano a terra nonostante tutte le sue proteste: ne servono tre per tenerla ferma e impedirle di muoversi mentre uno di loro le punta la bacchetta contro per ucciderla. Io mi rendo conto di stare correndo solo quando sento i muscoli delle mie gambe stridere: ma nessuno mi vede. Un incantesimo esplode proprio contro i Mangiamorte e alcuni di loro volano come marionette. Io guardo la punta della mia bacchetta, incapace di capire se sono stata io oppure no: ma poi altri incantesimi sferzano l’aria e nell’agitazione generale riesco a distinguere Frank Paciock e Remus Lupin, bacchetta alla mano, cercare di respingere i Mangiamorte per farsi largo fino ad Emmeline e Mary.
Questa volta è il turno di Alice di strillare: e lo fa come se volesse sgridare il suo fidanzato per essersi allontanato da lei e allo stesso tempo stesse avendo un mancamento per il fatto che l’ha visto.
Al contrario di lei, Voldemort non sembra particolarmente contento di essere stato interrotto. Un rivoletto di sangue gli scende dalla tempia fino alla guancia: lui lo tocca con le dita e lo osserva con una strana espressione negli occhi, poi alza lentamente la testa e senza che un muscolo del suo volto cambi guarda Frank e Remus.
Ormai sono così vicina che mi sembra di sentire l’aria che Voldemort respira. La bacchetta nella mia mano sfrigola come se fosse carica di energia elettrica: ogni muscolo del mio corpo è teso e aspetta, impaziente, il secondo perfetto per agire. 
Le espressioni di Remus e Frank sono attonite e determinate tutte insieme. La cosa positiva è che adesso i Mangiamorte non prestano più attenzione a Mary: la cosa negativa è che… beh, sono troppi, e tra poco polverizzeranno tutti noi.
«Uccideteli» taglia corto Voldemort.
Ecco: è esattamente questo il momento. Lo capisco perché il mondo intorno a me va veloce, eppure io vedo tutto a rallentatore: i Mangiamorte che all’unisono si preparano ad attaccare, Alice che corre verso Frank, Mary che si dibatte cercando di fare qualcosa, Emmeline che piange e guarda Remus. Voldemort è sempre al centro della scena, imperioso e dominante: alzo il braccio, socchiudo un occhio per prendere bene la mira; punto la bacchetta su di lui, poi seguo la traiettoria e la fisso un enorme negozio di vestiti vintage per giovani streghe, a due piani. Esattamente sopra tutti quanti noi. «Deprimo!» urlo.
Per un inquietante momento, tutti gli occhi sono su di me ed io ho paura di aver buttato via la mia unica possibilità per fare qualcosa. Con un dolore quasi fisico, riesco a vedere Voldemor guardarmi come il cacciatore con la preda, e sorridere in maniera soddisfatta, e il sangue mi si gela sotto la pelle. Ma poi un rumore simile a uno strappo riempie lo spazio intorno a noi, tutti quanti riusciamo a vedere le prime macerie cominciare a cadere su di noi.
«MALEDETTA EVANS!» urla Vodemort, l’istante prima che il palazzo gli crolli quasi addosso. Lily 2-Signore Oscuro 0, penso stupidamente: poi mi rendo conto di essere troppo vicina e il mondo si abbatte anche su di me.
«LILY!» strilla Alice, cercando di mettermi in guardia.
Qualcosa che potrebbe essere un mattone mi colpisce la spalla con la velocità di una pallottola, ed io mi mordo le labbra per non urlare dal dolore mentre rotolo a terra senza nessun controllo, sfregando contro il cemento e i ciottoli e grattugiandomi la faccia e le mani. Cerco di proteggermi la testa, ma quando provo a muovere il braccio sinistro il dolore è così lancinante da farmi svenire.
Remus è immediatamente accanto a me,  e mi cinge con le braccia per farmi alzare il più presto possibile. «Andiamocene, prima che si riprendano!»
«Emmeline e Mary?»
«Con Frank e Alice. Muoviamoci, Lily, non abbiamo molto...»
Due bacchette si puntano su di noi: i volti sono coperti dalle orribili maschere dei Mangiamorte ma io potrei giurare che stiano ringhiando di rabbia. Da qualche parte, sento Alice e Frank gridare incantesimi e cercare di difendersi: è stato tutto inutile.
«Dov’è? Portatela qui! PORTATEMI LA SANGUESPORCO!» ordina Voldemort, con una voce che potrebbe uccidere.
Remus cerca di opporsi, ma non riesce: sono troppi, e siamo circondati. Così la sola cosa che possiamo fare è farci trascinare malamente fino al cospetto del Signore Oscuro. Guardo Remus, e lui guarda me: le sue labbra sono serrate, ma i suoi occhi sono gentili come sono sempre stati e il riuscire ad immaginarlo mentre si sfila dalla tasca una tavoletta di cioccolata mi fa stare subito meglio. Silenziosamente, prego che almeno gli altri siano riusciti a fuggire: le mie speranze, però, si infrangono un secondo dopo, quando vedo Emmeline, Mary, Frank e Alice gettati sull’asfalto.
Immediatamente facciamo anche noi la stessa fine: la spalla mi fa così male che gli occhi mi si riempiono di lacrime e mi sfugge un piccolo urlo soffocato. Ma non ho tempo per pensarci adesso: Voldemort mi sovrasta, i suoi occhi da rettile e la sua bacchetta sono su di me.
«Evans, i tuoi occhi sono carichi d’odio mentre mi guardi» dice lui, come se la cosa lo rendesse particolarmente felice. «Hai ragione, hai aspettato anche troppo. Adesso finalmente posso fare quello che avrei dovuto fare mesi fa: ucciderti.» Accanto a me, i miei amici si dibattono: Alice urla, Mary impreca ancora ed Emmeline singhiozza; sento Remus supplicare per la mia vita, Frank parlare con i Mangiamorte. Ma è tutto inutile: guardo la punta della bacchetta cominciare a scintillare di un orribile verde mortale, e penso a James e a quanto sia bello il suo sorriso e al modo atroce in cui mi mancherà anche quando sarò morta. «Peccato che il tuo amico Potter non sia qui ad assistere alla conclusione dello spettacolo. Ava-»
«Stupeficium!» urla qualcuno e immediatamente tutto l’universo –le stelle, il sole, la luna e i pianeti- riprende a gravitare intorno a me. «Fidanzato, Potter. Fidanzato. Expelliarmus! Ho impiegato sette anni a conquistarla –Stupeficium!- che almeno mi sia riconosciuto!»
«Evidentemente non gliel’hanno ancora detto, James» taglia corto Sirius, che affronta i nemici con la stessa grazia di un modello in passerella. «Diffindo! Sai, non tutto il mondo deve per forza saperlo. Stupeficium!»
Il cuore mi batte all’impazzata: so che dovrei essere dispiaciuta che anche loro due siano stati coinvolti, ma mi basta vedere James per dimenticarmi che stavo quasi per morire e sentirmi di nuovo a casa. «James!» urlo.
Lui, anche se sta attaccando il mago oscuro più pericoloso di tutti i tempi, si volta quel tanto che basta per farmi un sorriso. «Ti sono mancato, Evans?»
«No, Potter, attento!» per poco una Maledizione Senza Perdono non lo colpisce. Anche se sono in due ad affrontare Voldemort, lui sembra non fare la minima fatica.
«Bene, Potter, ci sei anche tu: vorrà dire che ucciderò entrambi.»
«Che ne dici di cambiare i tuoi progetti?» propone Sirius. «Non ti piacerebbe… non so, un po’ di shopping? Un naso nuovo?»
Nel frattempo, Mary ed Emmeline sono riuscite a liberare Frank ed Alice e adesso stanno combattendo contro i Mangiamorte: di nuovo, Remus mi aiuta ad alzarmi e anche noi ci buttiamo nella mischia.
Il mio bersaglio, è Voldemort: non lascerò a Potter e al suo compare la soddisfazione di fargli del male. «Expelliarmus! Stupeficium!»
«Vi ucciderò tutti! Tutti!». Ad ogni nostro colpo, lui risponde prontamente: io guardo Sirius e James –tra i migliori studenti di Hogwarts- faticare per stargli dietro, e dico a me stessa che deve esserci qualcosa di terribilmente Oscuro dietro tutto questo. «A cominciare da voi, che mi avete sfidato pensando che vi avrei lasciato vivere.»
James mi guarda, avvicinandomi a me con fare protettivo e continuando a lottare tutto insieme. «Non ci avrai mai» ringhia quasi, ed io riesco a vedere tutti i suoi muscoli contrarsi, come se si stesse preparando a saltare.  
«Esatto. C’è solo un terzo in comodo tra questi due, e quello sono io» aggiunge anche Sirius, che mantiene il suo tono di indifferenza e sarcasmo pur se con il fiatone.
Per un momento credo davvero che possiamo farcela: credo davvero alla possibilità di uccidere il Signore Oscuro, sbaragliare tutti i Mangiamorte e riuscire a tornare a casa sani e salvi; ci credo, perché è facile pensare che tutti noi, insieme, siamo invincibili e ci credo perché James è qui con me ed io ho la sensazione che tutto potrebbe andare bene.  Ma non siamo più ad Hogwarts: questa è la vita vera –è la guerra- e non va così. Ed è per questo che Sirius finisce scaraventato contro un muro, e James viene disarmato: Voldemort mi punta la bacchetta contro la gola, trascinandomi contro di se e facendo in modo che il mio braccio scricchioli sinistramente. Questa volta non riesco a farne a meno, e urlo.
«BASTA! Che i giovani maghi posino le bacchette, altrimenti la ragazza è morta!»
«NO!» urla James, che prende la rincorsa come se volesse picchiare Voldemort a mani nude: il suo viso è trasfigurato in una maschera di rabbia e i suoi occhi castani –normalmente di un colore quasi liquido- adesso cercano Voldemort e lo trafiggono. «LEVALE LE MANI DI DOSSO, MI HAI SENTITO?» grida dibattendosi, lottando contro i Mangiamorte che lo bloccano sul suo posto. «Levale le mani di dosso!»
«Altrimenti cosa farai, Potter?»
James prende un respiro e il tono della sua voce ritorna ad essere quasi calmo: mi guarda con un’intensità tale da farmi venire voglia di piangere ed io sento come se solo in questo modo mi stesse carezzando una guancia. «Se oserai farle di nuovo del male» scandisce bene, «io non avrò pace nella mia vita fino a quando non ti avrò trovato e ucciso con le mie mani.»
Voldemort sorride: io riesco a sentire il suo respiro some un sibilo su di me. «Oh, ma non sarò io a farle del male» gracchia. È un attimo, tutto avviene con una velocità tale da farmi rimbalzare il cervello in testa per il contraccolpo: Voldemort stacca la bacchetta da me, e la punta contro James. «Imperio» sussurra piano.
No.
Non può essere vero.
Le mani di Voldemort si staccano da me, e mi spingono via come se fossi carne da macello: questa volta, il dolore alla spalla neanche lo sento. James batte le palpebre, i suoi occhi castani che diventano freddi e duri come pietre cristallizzate: tutto quello che di bello c’era in James, all’improvviso svanisce. Il suo volto diventa marmo, ogni espressione si cancella e quando mi guarda il mio cuore batte ma dalla paura. «James no…» provo a sussurrare, con una voce che non è neanche la mia. «James, ascoltami, non-»
Ma lui fa per lanciarsi su di me, con la bacchetta già in mano. Ed io sono così inorridita dalla visione di lui –della sua bella anima che improvvisamente è diventata assassina- che non mi interessa quasi più neanche muovermi: se devo morire, sono contenta che la mia fine sia per mano di James Potter, la persona che ho odiato e amato tutto insieme.
Ma questo non succede. Non so neanche da dove sia sbucato fuori, ma in un attimo Sirius Black spunta nel mio campo visivo e si frappone tra me e James. «Prongs» gli urla quasi nelle orecchie, mentre lotta per non farsi scacciare via. «Ricordati chi sei! Torna in te!»
Ma James non lo vede: probabilmente neanche lo sente. Tutta la sua attenzione è per me, e il modo in cui mi guarda mi fa pensare che appena mi avrà preso mi ridurrà in briciole.
Anche Sirius, stretto a James in quello che potrebbe sembrare uno strano abbraccio, deve pensarlo. A fatica, con le braccia spalancate per farmi da barriera contro la morte, si gira a guardarmi. «Scappa!» urla. «Vai via di qui, scappa!»
Batto le palpebre, incerta e senza capire se sono davvero riuscita a sentirlo. I miei piedi sono pesanti come piombo, eppure all’improvviso il mio cervello riprende di nuovo aria e ricomincio a ragionare: distolgo gli occhi da James perché vederlo in questo stato è come sentire di aver abbandonato questo mondo.
«Lily!» grida di nuovo Sirius. «Vattene via!»
Con la bacchetta stretta in mano, non me lo faccio ripetere due volte.
 
 
 



 
***
 
 
Ventotto ore dopo.
Il tempo in questa casa pare essersi dilatato così tanto da sembrare liquido: sono costretto a guardare fuori dalla finestra per assicurarmi che nel cielo non ci sia la luna piena. Quando vedo solo uno spicchio di luce, prendo un respiro: ma è un sollievo che dura poco. I muscoli mi fanno così male che la trasformazione sembra minacciosamente vicina, e quando provo ad allungare le braccia sul divano dalle labbra mi sfugge un piccolo gemito. Scuoto la testa, per non pensarci: ci sono cose più importanti a cui badare adesso.
Come il fatto che siamo stati attaccati da Lord Voldemort, e siamo sopravvissuti. Sì, ma come? Il prezzo che abbiamo dovuto pagare per le nostre vite è stato troppo alto. E adesso James si è arrabbiato con Sirius, Sirius ce l’ha con Peter, Lily odia James, Mary si è completamente isolata e Alice non mi rivolgerà mai più la parola probabilmente. Voldemort ha cercato di ferirci sapendo che il modo migliore per farlo era farci ferire le persone che amiamo: e c’è qualcosa di estremamente sadico in questo, una gioia per il dolore altrui che –stupidamente- non credevo che potesse esistere.
Quando vedo una punta di luce, istintivamente sobbalzo.
«Sono solo io» mi dice piano Mary, che fa capolino nel salone. I suoi capelli corti sono disordinati come se avesse appena corso nel vento, ed in effetti non posso escludere che sia davvero così. Lei mi scruta un po’ con i suoi occhi scuri, fino a quando non sembra decidere che sono degno della sua compagnia e si siede sul divano accanto a me. «Immagino che non abbia senso chiederti come va.»
«No» sospiro. «Immagino che lo stesso valga anche per te.»
«Già.»
«Sei stata da Alice?»
«No. Tu?»
«Prima. Adesso ho lasciato Frank con lei, ma non si è ancora svegliata» prima che lei possa chiederlo, aggiungo «Marlene ha detto che è normale, che deve riposare tanto dopo quello che le è successo, come Lily.»
«Spero non tanto quanto lei» dice Mary, in maniera secca. Con un gesto brusco, intreccia le gambe sul divano: ha le labbra carnose, e se le mordicchia nervosamente con i denti mentre i suoi occhi restano puntati su qualcosa che io non posso vedere.
«No: Lily è stata torturata per giorni. Alice…» dalla tasca tiro fuori una barretta di cioccolata, ne stacco un pezzo e glielo porgo con un gesto.
Lei mi fissa: «qualche giorno mi spiegherai come fai, Rem.»
Nascondo un sorrisetto: un Malandrino non rivela mai i suoi segreti. Per un po’, lascio che l’unico rumore tra noi sia quello di Mary che mastica: è solo quando mi accorgo che gran parte della cioccolata è sparita che decido di parlare. «Sei arrabbiata con Alice?» chiedo.
Lei mi lancia uno sguardo quasi beffardo. «Perché dovrei? Non era niente che non sapessi già, Remus.»
«Ma non è perché Alice non…»
«Ti prego» ridacchia allegramente lei, rubandomi dalle mani tutta la barretta. «Non serve che tu mi faccia da mamma come fai con quegli idioti di Sirius e del Capitano –non hanno ancora fatto pace, a proposito?»
«No. James è abbasta inflessibile per quel che riguarda Lily.»
Nel momento che segue, Mary mi sembra irreale e allo stesso tempo umana come mai nessuno prima. «Sirius non ha ancora capito, che non tutte le persone sono fatte per l’amore. O forse è l’amore a non essere fatto per tutte le persone?» mi domanda ingenuamente. «Quale delle due?»
Deglutisco: all’improvviso, tutto mi fa male come se la trasformazione fosse già iniziata da un pezzo. «Ma tu potresti cambiare le cose: se tu lo volessi, potresti amare e lasciarti amare.»
«È proprio questo il punto». I suoi grandi occhi castani si puntano su di me, e vibrano velocemente. Mary allunga le gambe sul tavolino e lascia che le nostre spalle si tocchino, mentre mi risponde. «Non ho mai voluto che qualcuno mi amasse, sai? Ho preferito scegliere me stessa, ad essere la prima scelta di qualcuno. E Sirius… anche lui è come me.»
«No, Mary. Su questo ti sbagli » mi ritrovo a dire, osservando uno spicchio di cielo dalla finestra e vedendo tra le ombre del firmamento quattro animali che giocano insieme. «Sirius ha una prima scelta, ed è James. Se il mondo intero dovesse bruciare e Sirius avesse l’opportunità di salvare una sola persona, lui sceglierebbe James. È così,  e sarà sempre così.»
«Anche se la prima scelta di James non dovesse essere Sirius?» mi provoca lei.
Non cerco di spiegarle che le priorità di James non sono così scontate come crede, perché spiegare l’equilibrio magico che regge noi Malandrini e in particolare quei due sarebbe troppo complicato, e inconcludente.
«Credi davvero che faccia la differenza?» dico soltanto. «A Sirius non importa di tutte queste cose, lui neanche ci pensa. E neanche a te dovrebbe interessare.»
Gli occhi di Mary, di solito sempre sfrontati e sorridenti, questa volta si incupiscono un po’: lei è brava a non darlo a vedere, e scosta la testa fissando un punto lontano nel nulla. Ho detto la cosa più sbagliata di tutte: ma allo stesso tempo, è anche quella più giusta.
 
 
 
 
 
 Il sorriso di Voldemort è la cosa più brutta ed agghiacciante che abbia mai visto in tutta la mia vita. Ci sono molte cose che mi hanno fatto paura e spaventato, ma mai nessuna è stata tanto inquietante quanto la schiacciante consapevolezza che provo in questo momento per il modo in cui lui mi sta guardando.
«M-mio Signore, è sicuro che sia una buona idea lasciare andare Potter e Evans così? E quel Black…»
«Taci, Lucius! Quei due avranno finalmente la punizione che meritano» lo liquida Voldemort, che in questo momento sembra la versione inquietante di un bambino di fronte ai suoi regali di Natale. «Prendi la ragazza Purosangue, adesso. Lei ci servirà, dopo che ci saremo divertiti con i suoi amici.»
Gli occhi di Emmeline si spalancano. «Lasciatemi in pace!» pigola tra i singhiozzi.
Io sento il mio cuore battermi contro il petto come se stesse cercando di uscire: all’improvviso sento una rabbia così sorda e accecante che per un secondo provo l’impulso animalesco di poter essere un lupo solo per divorare tutti i Mangiamorte ed impedire che facciano del male a lei.
«Perché non prendi uno di noi?» urlo allora, dimenandomi. «Lei non ha fatto niente!»
«Oh, sciocco ragazzo, ti piacerebbe» sibila Voldemort. «Ma ho altri programmi per voi tutti: non temete, non verrete trascurati. Sarà Bellatrix ad occuparsi di voi.»
Nel momento stesso in cui i miei occhi si puntano su di lei, non capisco come ho fatto a non vederla prima: anche se in questo momento i suoi occhi, neri come il carbone, stanno scrutando con adulazione e adorazione il suo Signore, ogni lineamento del suo volto sembra altero e allo stesso tempo incredibilmente folle.
«Mio signore… grazie… mio signore» balbetta come in estasi.
Voldemort la accontenta con un gesto. «Tuttavia, non sarà Bella a decidere della vostra sorte: per tutto quello che sarà, dovrete ringraziare la vostra amichetta Purosangue, qui… Vance, giusto?»
Il terrore che provo in questo momento è vasto e tanto grande che non capisco se sia per noi o per Emmeline: i suoi grandi occhi azzurri si spalancano, ed è chiaro che non capisce niente di quello che sta succedendo né sa cosa fare. Per un solo istante –un tempo che a me sembra infinito- i nostri sguardi si incontrano: ed io vorrei potermi alzare in piedi e dirle che sarei disposto ad offrire la mia miserabile vita in qualsiasi momento, pur di salvare la sua, ma le parole sono diventate improvvisamente pesanti.
«Allora, mia cara sciocca ragazzina» dice Voldemort, incrociando sul petto le sue lunghe, spettrali dita, «ti andrebbe di condividere con noi qualche informazione sull’Ordine di cui sei entrata a far parte?»
Emmeline apre la bocca, poi la richiude. «Ti prego» pigola soltanto, senza alcun senso logico. «Non farci del male. Noi non sappiamo niente… non abbiamo fatto niente di male. Non farci del male…»
Se Voldemort prova fastidio, non lo da a vedere in nessun modo: anzi, sembra particolarmente entusiasta della piega che ha preso la vicenda.
«Sta dicendo la verità!» dico di impulso, tentando almeno di mettermi in piedi –e in tutta risposta ricevo un calcio da qualcuno. «Lei non sa niente, non è coinvolta in nessun modo. Devi…»
L’aria dei miei polmoni defluisce di colpo, la gola si tappa come se una mano invisibile stesse tentando di strozzarmi: annaspo, lottando impulsivamente contro delle dita che però non ci sono. È una sensazione così terrificante che il cervello si annebbia di botto: sento una risata squillante, poi i miei piedi si sollevano da terra e vedo il contorno indefinito di una massa scompigliata di folti capelli neri.
«Hai voglia di aiutare, piccolo Mezzosangue?»  chioccia Bellatrix. «Allora farai bene a pensare ai tuoi miserabili amici.»
La presa sulla mia gola scompare veloce come quando è apparsa ed io mi ritrovo a tossire per terra, in spasmi in cui i polmoni sembrano andare a fuoco. Alice mi si avvicina strisciando e mi sfiora una mano con delicatezza. «Remus, stai..?»
«IN PIEDI!» strilla Bellatrix, che ha sostituito il suo tono da bambina con uno da pazza psicopatica. «In piedi ho detto, o giuro che ti uccido!»
Deglutendo ancora una boccata d’aria, a fatica mi tiro su: con lei ci sono altri due Mangiamorte –un uomo e una donna, credo- che mi guardano minacciosi da dietro le maschere. Mi chiedo cosa succederà adesso: ma la mia capacità di immaginazione sembra essersi nascosta da qualche parte nella mia testa ed io mi ritrovo immobile e impreparato contro quello che sta per succedere.
Bellatrix però non guarda più me, ma Alice: si lecca le labbra in maniera quasi provocante, come se avesse appena assaggiato un bocconcino molto succulento. «Anche tu, mia cara… facciamo un giochino, vuoi?»
Alice si limita a guardarla senza risponderle: Frank, in maniera protettiva, si  stringe un po’ di più a lei e questo non fa altro che esaltare la furia folle di Bellatrix. «Vuoi morire?» chiede, con lo stesso tono con cui si potrebbe chiedere “ti andrebbe un gelato?”.
Frank si sposta ancora un po’, sporgendo con cautela un braccio e cercando di nascondere Alice dietro le sue spalle: nei suoi occhi scuri –calmi e limpidi anche in un momento come questo- vedo una determinazione tale che penso che non c’è niente che Frank Paciock non farebbe per salvare Alice Prewett.
E anche Bellatrix deve notarlo, perché adesso la sua espressione è quella estatica di una bambina che ha davanti i suoi migliori giocattoli… e non vede l’ora di distruggerli.
«Dimmi un po’, cara piccola streghetta» chioccia Bellatrix. «Chi dei tuoi amici vorresti torturare?»
Gli occhi di Alice, già naturalmente grandi, si spalancano di terrore: posso vederla deglutire. «C-cosa?» chiede senza fiato.
«Ho detto» ripete Bellatrix, e questa volta il suo tono è spaventosamente cattivo. «Chi dei tuoi amici ti piacerebbe torturare: la mezzosangue? O il tuo patetico fidanzato?»
Alice guarda Mary e poi Frank con un viso pallido come carta velina: anche da qui posso sentire ogni ingranaggio del suo cervello stridere, anche se non saprei distinguere se il rumore assordante che sento è il suo cuore che batte all’impazzata oppure il mio.
«La ragazzina non ha capito il messaggio» dice un Mangiamorte alla nostra destra, con voce gutturale.
«Sarà il nostro Mezzosangue qui a farglielo capire» soffia Bellatrix, ficcandomi la bacchetta in mano e stringendo con le unghie lunghe ed affilate sulla mia pelle. «Vi insegnano ancora le Maledizioni Senza Perdono, vero?»
Nei miei muscoli si diffonde un liquido caldo simile a fuoco, che brucia e scioglie tutte le mie articolazioni. Improvvisamente anche respirare è doloroso: eppure, nella mia immobilità, l’immagine di Alice che trema spaventata è la cosa che mi fa più male.
«No» sussurra piano Frank, come una cantilena. «No no no no no no.»
«Non posso» riesco a dire anche io, e le parole fuoriescono dalla mia bocca come un grugnito.
«Oh si che puoi: o ucciderò tutti quanti loro» ride Bellatrix, gettando la testa all’indietro. «A te la scelta, mezzosangue.»
«Non posso» ripeto di nuovo stupidamente.
I Mangiamorte intorno a noi si scambiano un gesto di assenso. «Come vuoi» dice uno di loro –che probabilmente non aspettava altro- puntando la bacchetta su Alice. «Avad-»
«NO!!!» urla Frank, nello stesso momento in cui io dico «va bene, va bene, lo farò!». La situazione si congela all’istante ed io mi pento delle mie parole un secondo dopo averle dette, nonostante tutto: la bacchetta nella mia mano pesa come un macigno, e brucia di un fuoco lento e doloroso.
«Che aspetti allora? Fallo!»
Anche se fa male, i miei occhi sono incollati sul viso di Alice e non sembrano volersi staccare: la sua espressione è quella di una bambina indifesa ed io dico non riesco a smettere di pensare che al suo posto dovrei esserci io, non lei.
Qualcuno mi spintona. «Non ci ripenserò due volte, mezzosangue.»
Il mio braccio si alza in maniera automatica. Ma adesso Alice non è più una bambina, ma una strega e una guerriera, e anche se i suoi occhi sono pieni di lacrime sposta Frank da lei con un gesto risoluto.
La maledizione Cruciatus fa male, ma non uccide: non uccide, non uccide, non uccide –ripeto a me stesso, più e più volte, per costringermi a fare ciò che non vorrei mai.
«Adesso o giuro che vi ammazzo tutti!»
Deglutisco: la nausea riempie il mio stomaco, il mio petto è dilaniato, la mia vista si annebbia. Vorrei tanto che il volto di Alice scomparisse nella mia testa, ma questo non succede: la vedo ancora benissimo mentre dico «Crucio!» e le sue urla agonizzanti invadono l’aria.
Il mio braccio trema ed io lotto per tenere ferma la bacchetta: passa un secondo che sembrano cento e il corpo di Alice si contorce su se stesso in preda agli spasmi. Due secondi, tre secondi.
«Basta, ti prego…» supplico senza fiato e senza forze. Mi sento come se la mia umanità stesse defluendo da me, convergendo nella bacchetta: ed è una sensazione terribile e dolorosamente nauseante.
«Alice, resisti… resisti….» sta sussurrando Frank, che cerca di tenerla ferma nonostante lei urli e si contorca su ste stessa.
«BASTA! Smettetela di torturarla, fate smettere Remus!» urla anche Mary, con la faccia di uno strano colore malsano. Con un gesto improvviso, tenta di alzarsi e spintonare Bellatrix, ma il Mangiamorte la intercetta e la getta di nuovo sull’asfalto con un doloroso colpo ben assestato nello stomaco. Mary sputa polvere e sangue, ma non emette neanche un suono.
Dieci secondi, ed io morirò prima che Alice soffra ancora.
«Allora» sussurra Bellatrix, chinandosi al fianco di Alice. «Farai tutto quello che ti ordinerò?»
«Dì di sì! Ti prego Alice, devi dire di si!» la supplico, e la mia voce è rotta di lacrime. Sono abituato a sentire le mie membra dilaniarsi e squarciarsi in due, ma questo –il dolore di causare un dolore così grande- è peggio di dieci lune piene tutto contemporaneamente, ed io sto per cedere. «Ti prego.»
Bellatrix prende Alice per i capelli biondi e le solleva la testa: Frank prova a fermarla ma lei con un calcio lo spinge via. «Allora?» le chiede, vicinissima al viso.
«Lo farò» singhiozza Alice, in preda alle convulsioni. «Lo farò… fa male, basta…»
Getto per terra la bacchetta ancora prima di smettere di pensare all’incantesimo: le dita in cui l’ho stretta mi fanno male come se fossero ustionate, ed io le guardo sentendomi un mostro più di quanto non sia mai stato prima.
Alice si rimette seduta, cercando di riprendere a respirare: Bellatrix, ancora accovacciata accanto a lei, le fa un sorriso che trasuda malvagità. «Ci sono un paio di incantesimi oscuri che ho sempre desiderato provare su persone vive. Allora, mezzosangue, da quale dei tuoi amici preferisci cominciare?»
Alice sta singhiozzando, ma lo fa in maniera silenziosa. Il suo petto è sconvolto dai singulti e le sue unghie, di solito colorate con il  magismalto, adesso sono spezzate e sporche di sangue. Si solleva quel tanto che basta per poter guardare davanti a se, Frank e Mary, come se li vedesse per la prima volta: e qualcosa mi dice che è davvero così. Alla fine, la sua mano tremante si alza nell’aria, lenta e inesorabile come una spada ben affilata che sta per mozzare la testa di qualcuno. «Io… i-io scelgo…»
 


 
 
 
 ***
Trentadue ore dopo.
Quando i miei piedi calpestano il portico, il sole dell’alba deve essere appena arrivato. Una striscia di luce illumina candidamente i muri colorati di pittura celeste, e si infiltra tra le tapparelle di una delle finestre al piano di sopra. Per qualche secondo –mani in tasca, giubbotto di pelle e vestiti stracciati a seguito della mia recente trasformazione in Animagus-  cerco di immaginare gli altri muoversi all’interno, nelle stanze e nei loro letti, e provo a sentire il loro respiro e i loro pensieri. Poi mi ricordo che sono stanco, sporco, che la gamba pulsa e fa maledettamente male e che ho un’ incredibile voglia di bere qualcosa di forte, perciò lascio stare.
Richiudo la porta alle mie spalle e mi faccio largo nel corridoio buio: non mi serve prendere la bacchetta per vedere Remus e Mary che si sono addormentati sul vecchio divano del soggiorno, vicini ma senza toccarsi. Li oltrepasso lentamente, trascinandomi fino in cucina, prendo una bottiglia di Burrobirra e salgo al piano di sopra, solo e muto come un fantasma zoppicante.
Purtroppo, quando entro nella nostra camera, non ho la stessa fortuna: non serve avere dei passi felpati, se quello che dovrebbe essere il tuo migliore amico ha un ottimo udito.
James non stava dormendo: si solleva sul letto e mi fissa con due occhi grandi come fari. «Dove sei stato?» chiede, sforzandosi di usare un tono indifferente. Ma James non è particolarmente bravo ad essere arrabbiato, o almeno non con me. «Marlene ha detto che non devi sforzare la gamba per almeno quarantotto ore.»
Ma forse sono io ad avercela con lui. «Ho solo bisogno di una maglietta nuova» preciso, sfilando velocemente quella vecchia e gettandola sul pavimento. «Non resterò qui un minuto di più.»
Dal letto di Peter, viene uno squittio. «S-s-irius, ti prego, i-i-o…»
«Per me le tue parole non hanno nessun valore» dico con disgusto.
«Sirius» taglia corto James, e questa volta il suo tono è affilato come una lama senza nessuno sforzo. «Frank ha passato tutta la notte al capezzale di Alice, Remus tutto il giorno e adesso probabilmente è con Lily o non lo so. Io ho finito dieci minuti fa di scrivere l’ennesimo rapporto per l’Ordine della Fenice, e Peter ha cercato di rendersi utile cucinando qualcosa per tutti stasera. Questo è un posto per chi ha fatto il proprio meglio, ed è un posto per l’amicizia….»
«Amicizia?» sputo, indicando Peter con un gesto disgustato. «Spiegami in che modo tu valuti l’amicizia allora, perché forse in tutti questi anni non sono riuscito a capirlo. Peter si è nascosto per tutto il maledettissimo tempo a guardare senza muovere un dito, mentre i suoi amici  venivano torturati senza pietà! Hai visto che cosa hanno fatto ad Alice? E a Mary, e a Frank e non hai fatto niente, niente! Sei rimasto nascosto come uno sporco vigliacco!»
Anche al buio riesco a vedere gli occhi di Peter rigati di lacrime, enormi gocce salate che gli colano sulle guance paffute e giù per il mento. «Io n-n-on sapevo cosa f-f-are… non sono un c-c-ombattente, non… mi dispiace tanto…» singhiozza, in maniera sconnessa, nascondendo il viso tra le braccia.
«È stato Peter ad avvisare l’Ordine della Fenice, ed è solo per questo che siamo tutti vivi» decreta James, avvicinandosi a Peter in maniera quasi protettiva e posandogli una mano sulla spalla, per consolarlo. «Non serve essere degli eroi, l’amicizia è anche questo: fare il meglio di ciò che si può.»
Dalla mia bocca esce una risata simile ad un latrato, così forte che potrebbe svegliare tutta la casa: stupido, ingenuo James che alla sua vita ha sempre messo davanti i suoi amici perché mai per lui è esistita cosa più importante dei Malandrini.  «Certo! Ed è per questo che ce l’hai così tanto con me, vero? Perché io non ho fatto il meglio che potevo! Ho cercato di proteggerti e ho cercato di salvare Lily! Che altro avrei dovuto fare secondo te?»
«Dovevi UCCIDERMI» urla James, con i pugni chiusi e fiammelle dorate di rabbia che luccicano dietro i suoi occhiali. «Dovevi uccidermi, maledizione! Era questo il meglio che potevi fare: salvare LEI!»
Eccetto Lily Evans: lei non è un posto avanti agli altri, è semplicemente il centro di tutto il suo universo.
«Non potevo James! Lo capisci?» mormoro piano, all’improvviso l’odio per tutto e tutti che scivola via. « Tu sei mio fratello. Come pensi che avrei mai potuto fare una cosa del genere?»
«Non l’hai fatto perché sei egoista, Sirius!» taglia corto James, stringendo i pugni così tanto che le sue nocche diventano bianche. «E non hai pensato che avrei preferito morire piuttosto che fare del male a lei. Non hai mai pensato a che cosa avrei provato, se mi fossi reso conto di averla uccisa con le mie mani…» adesso la sua voce non è più arrabbiata, ma carica di disperazione. James torna a sedersi sul letto, e gioca con il suo stupido boccino.
Nella stanza piomba il silenzio, ed è solo adesso che mi rendo conto che Peter non sta più piangendo. Rimango immobile ancora un po’, percependo di nuovo il silenzio irrealistico e quasi spettrale che regnava qui prima che io entrassi: ma adesso dalle finestre filtra una luce più vivida, segno che è quasi l’alba.
Lo prendo come un segnale implicito: nel mondo comincia il giorno, ma la notte è appena piombata in questa casa.
E con questo pensiero felice, volto le spalle ed esco.
 
 
  
I capelli di Lily ondeggiano come una fiammella nell’oscurità, tremula e incerta davanti a me, appannata dal fumo e dalla polvere che impregnano l’aria e che rendono difficile respirare. Vorrei che qualcuno le avesse insegnato a correre meglio, o più velocemente di quanto stia facendo James adesso.
Anche lui è davanti a me, a pochi centimetri di distanza: abbastanza perché mi superi, non troppi perché io riesca a prenderlo. I suoi capelli neri sono un punto fermo e deciso, che compie linee rette mentre si sposta o salta per schivare gli ostacoli.
Lily si ferma un po’, probabilmente per riprendere fiato: urla qualcosa e la strada davanti a noi esplode, creando un gigantesco cratere. Non ho sentito l’incantesimo, ma non mi serve per sapere che non era mirato per colpire James.
Anche lui estrae la bacchetta, in un modo rigido che non gli appartiene. La punta inizia a colorarsi di un verde brillante e con orrore urlo «LILY! Attenta!» e l’anatema che uccide si schianta a qualche centimetro da lei.
Il mio cuore si ferma nel petto e nell’attimo che segue ho l’impressione che l’universo abbia smesso di girare. Guardo Lily e stupidamente penso che non è vero quello che diceva James su di lei: non sono verde giada, i suoi occhi sono Avada Kedavra.
James alza di nuovo la bacchetta, e di nuovo sono costretto ad avvertirla un attimo prima che lui la colpisca: è sempre stata un’ottima strega, ma adesso sembra rallentata come se si muovesse in un mare di colla. E anche il mio cervello lo è, anche se i miei sensi sono comunque all’erta: nessuno dei due, in fondo, riesce ancora a credere che quello che sta succedendo sia reale, che James non sia più James.
«Stupeficium» grido, rivolto verso il corpo del mio migliore amico. «Expelliarmus, stupeficium!» ripeto ancora e ancora. In un primo momento l’effetto sorpresa dei miei incantesimi incalzanti mette James in difficoltà: ma poi lui si abitua al ritmo e risponde, veloce e implacabile. Con la coda dell’occhio, cerco di vedere Lily e spero che ne abbia approfittato per fuggire il più lontano possibile da qui.
«Andiamo Prongs» scherzo un po’, anche se nella mia testa sono costretto a ripetere come un mantra che è tutto uno scherzo, che stiamo solo giocando. «Sono sempre stato più bravo di te nei duelli, lo sappiamo entrambi.»
«Levati di mezzo» dice James, con una voce che è la sua eppure non è la sua. «Mi stai solo facendo perdere tempo. Levati di mezzo, o ti ucciderò.»
«Uhm» borbotto, schivando un incantesimo che rischia di darmi fuoco e girando intorno a lui con cautela: di sicuro fa sul serio. «Non posso, mi spiace. Hai rotto le scatole a tutti noi quando ti sei messo con Lily Evans, che razza di amico sarei se te la lasciassi uccidere proprio adesso?»
«Avada Kedavra!» urla rabbiosamente James, avventandosi allo stesso tempo su di me come un animale imbizzarrito –e so cosa significa. «Ho detto. Lasciami. Passare» dice tra i denti, con una voce gutturale come un ringhio. «Altrimenti. Ti uccido» continua, intervallando ad ogni parola un incantesimo.
È così veloce che non riesco a stargli dietro e mi ritrovo con il fiato corto. Maledizione a tutti quegli allenamenti di Quidditch.  Gli incantesimi intorno a noi esplodono come raggi colorati: io sono bravo ma sono umano, mentre James in questo momento non lo è.. e forse è per questo, non lo so, è solo un attimo. Un piede va in fallo, incespico contro qualcosa di metallico e perdo l’equilibrio.
Ma non è aver sbagliato a farmi mancare il respiro, non è il pensiero che forse, per questo sbaglio, morirò: è il sorriso cattivo sul volto di James, il ghigno malefico che mi fa capire che lui mi ucciderà e che la mia fine avverrà per mano della sola persona al mondo a cui voglio davvero bene.
«Andiamo James» borbotto, schiarendosi la voce. «Questo mi sembra un tantino eccessivo, ti ho solo rotto la scopa un paio di volte e…»
«Dov’è andata Lily Evans?» ringhia James, con la bacchetta ad un centimetro dalla mia gola. «Dimmelo, traditore del tuo sangue.»
«Parli come Bellatrix» sputo disgustato. «Che cosa penserebbe tua madre di te?»
Ma il nuovo James Potter, a quanto pare, non è melodrammatico quanto quello vecchio: le mie parole non sembrano impressionarlo e decide che è meglio schiantarmi contro il muro di un negozio in macerie. L’impatto è così forte che la mia colonna vertebrale produce un rumore quasi meccanico e all’improvviso ogni singolo osso del mio corpo diventa dolorosamente presente, bloccandomi a metà il fiato nei polmoni. Ricadere al suolo è quasi peggio, perché pietre e calcinacci mi cadono addosso: ed è un dolore lancinante quando, con un boato sordo simile ad un tuono, un pezzo di muro si stacca e precipita su di me schiacciando la parte destra del mio corpo.
«Addio Black» dice allegramente James, liquidando la faccenda della mia vita con un movimento rapido di bacchetta. «Avad- aaah!»
Non credo realmente a quello che sta succedendo fino a quando non vedo Lily avvinghiata alla schiena di James come un polipo scalciante. «POTER!» gli urla nell’orecchio, forse cercando di fargli perdere l’equilibrio o forse tentando di strappargli di mano la bacchetta. «Che diavolo stai facendo?! Quello è il tuo stupido migliore amico!»
Avresti dovuto scappare, rantolo, lui non è il vero James, lui non è niente –ma i miei polmoni sono compressi contro la cassa toracica e non riesco neanche a respirare.
James disarciona Lily con un movimento veloce e rapido, ma questa volta lei è reattiva e non si fa prendere alla sprovvista: rotola un po’ e si rimette immediatamente in piedi, con la bacchetta così stretta in mano che sembra un’estensione del suo corpo.
«James» dice Lily, arretrando di qualche passo e cercando di parare gli incantesimi che le vengono scagliati contro. «James, mi senti? Sono io, sono Lily.»
«So chi sei» brontola lui. «Stupeficium! Avada Kedavra! Sei la persona che devo uccidere. Devo uccidere Lily Evans.»
«Expelliarmus!» prova ancora Lily, con la voce rotta dal panico. «No, James! Fermati e ascoltami! Senti la mia voce… sono Lily. Lily Evans! Ti prego… ascoltami, James…»
Ma è chiaro che se continua così non ce la farà mai a sopravvivere: James attacca con incantesimi mortali e Lily non fa altro che difendersi e arretrare senza mai rispondere ai colpi. È un duello impari, lui la ucciderà.
Striscio ancora un po’ di più sulla terra e il cemento, sentendo un gigantesco buco nero aprirsi al centro del mio petto. «Lily» gracchio. «Devi attaccare! Mi hai sentito? Attacca!»
«Non posso!» urla lei di rimando, e nella frazione di secondo che perde per guardarmi riesco a vedere i suoi occhi bagnati di lacrime. «Non posso fargli del male! Non è James, non è in sé… non posso!»
Maledizione, dove diavolo è la mia bacchetta?
«Se non lo fai ti ucciderà!»
«Ha ragione, ti ucciderò» dice anche James, e di nuovo non posso fare altro che stupirmi dei suoi occhi di un colore freddo e in qualche modo metallico: come per voler chiarire il concetto, lancia un altro anatema che uccide e Lily lo evita per un soffio.
«James sono io!» continua a ripetere Lily, con voce spezzata mentre si difende ancora e ancora. «Sono io! So che da qualche parte dentro di te puoi sentirmi, lo so! James… ti prego, James… vieni fuori…»
«Uccidere. Lily Evans.» dice in modo meccanico il finto James Potter, lanciandosi nell’ennesimo attacco. Lily gira su un fianco e erige un incantesimo scudo, che si sgretola di colpo quando un maleficio ci si abbatte contro: nel secondo che segue, James incalza Lily con delle maledizioni ma lei riesce a difendersi girandogli in contro e tentando di non rimanere mai nello stesso posto.
Io riesco solo a pensare alla sensazione di nausea da cui mi sento invaso: non è naturale, è questo che sento. Più di ogni altra cosa, vedere James cercare di uccidere Lily –sapendo quello che ha fatto per lei in tutti questi anni, sapendo che lui ha sacrificato la sua vita per proteggerla, sapendo quanto forte e con quanta intensità lui la ami- è una cosa che le leggi del mondo e dell’universo dovrebbero proibire.
Lily si getta per terra e tenta di far cadere anche James, ma lui è troppo forte e non ci riesce: le tira un calcio vicino lo stomaco –si sente il suono di un palloncino svuotato- e la afferra per i capelli, tentando di imprigionarla con le braccia. Ma lei scaccia e si dibatte: con tutta la forza che ha in corpo, conficca le unghie nella pelle di James fino a quando lui non urla e lei schizza via. Annaspa un po’, rotola su se stessa e si rimette di nuovo in piedi, tenta di immobilizzarlo ma lui para l’incantesimo con un altro e la colpisce al braccio ferito. Anche da qui, riesco a vedere gli occhi verdi di Lily iniettarsi dal dolore, e i suoi sforzi immani per non perdere coscienza: «James!» urla tra le lacrime, ma è esausta e sfinita mentre James è accecato da una forza finta e innaturale e non conosce emozioni.
Succedono più cose contemporaneamente: nel momento in cui io riesco a liberarmi, Lily perde la battaglia. Ha vinto quella per il cuore di James –dice una vocina nella mia testa- ma ha perso quella tra la vita e la morte, questa.
È un solo secondo ma è lento come se tutto il mondo si fosse fermato per guardare come va a finire: James schiaccia la bacchetta di Lily sotto la scarpa, e le punta contro la sua.
Lei rimane immobile, i suoi occhi verdi puntati su quello che fino ad un’ora fa era l’amore della sua vita e che adesso sta per mettere fine alla sua intera esistenza. Anche da dove sono riesco a vedere il petto di Lily alzarsi e abbassarsi in maniera furiosa, ma quando parla la sua voce è ferma. «James» dice piano «guardami, James: sono Lily. Sono Lily Evans, e tu non puoi non riconoscermi, lo so che non puoi.»
«Devo uccidere Lily Evans» ripete James, facendosi un po’ più vicino a lei.
Io zoppico piano, con la gamba che pulsa di un dolore atroce e devastante che quasi non riesco a sentire. Credo che il mio intero cervello in questo momento sia sconnesso dal resto del corpo, e drammaticamente vuoto. Che cosa faccio adesso? Che cosa diamine faccio?  
Le mie dita afferrano da terra un lungo pezzo metallico e acuminato, senza che io ne sia davvero cosciente: una volta doveva essere una semplice lastra, adesso potrebbe essere un’arma mortale.
Non so se Lily mi abbia visto oppure no: non so neanche se io sono realmente io, oppure se sono diventato l’ennesimo corpo svuotato dalla mia anima.
«Ricordati di noi, James» sta dicendo di nuovo Lily, senza mai distogliere lo sguardo. «Ricordati di come ci amiamo, ti prego. E ricordati di te: tu sei un guerriero che combatte per la pace, e io… io ti amo. Ti amo, anche se non te lo dico mai: mi hai sentito, Potter? Ti amo!». James non fa nessun movimento, non da alcun segno di capire quello che gli si dice: i suoi occhi sono ancora innaturali e gelidi, ma almeno non l’ha ancora uccisa. Lily fa un movimento lento con la mano, come se volesse posarla sul viso di lui e baciarlo, nella speranza che con questo la maledizione si rompa e l’incubo finisca. «Noi siamo una famiglia,  la famiglia che tu hai creato in tutto questo tempo» sussurra, indicando con un dito il piccolo cervo d’argento che ha appeso al collo. «Non mi uccidere, James. Non farlo: ricordati chi sei.»
E per un attimo credo davvero che tutto questo abbia funzionato, che le sue parole abbiano fatto effetto, che l’amore possa vincere su ogni cosa. Ma poi James stringe la bacchetta e pronuncia un incantesimo, Lily urla e cade a terra ferita, ed io mi ricordo ciò che la mia vita non fa altro che insegnarmi giorno dopo giorno nella mia dannatissima esistenza: non è una favola, e nella realtà non c’è mai niente che va come dovrebbe andare.
Ed è seguendo questo impulso che afferro James alle spalle, lo blocco con forza contro il mio petto e gli punto la mia lama improvvisata alla gola, nel punto esatto in cui sento pulsare.
Ma lui non sembra neanche accorgersene: tutto ciò a cui presta attenzione è lei.
«Getta la bacchetta, James!» gli dico, cercando di costringerlo ma senza riuscirci. «Getta la bacchetta!»
«Uccidere Lily Evans» ripete, ed io riesco quasi a vedere l’anatema che uccide pendere dalle sue labbra e minacciare di venire fuori.
«SIRIUS!» grida Lily, con una voce spettrale. «Non puoi farlo, Sirius! Non puoi! Non farlo ti prego, ti prego!»
«Ma se non lo faccio lui ti ucciderà» scandisco, con le mani che tremano e il cuore che mi batte in testa.
Non posso farlo… lui è mio fratello, non posso ucciderlo: come farò a continuare a vivere, che ne sarà della mia vita e del mondo intero se lui non ci sarà più? Non poso ucciderlo…
Ma se non lo faccio…
Le mie dita si conficcano sul metallo freddo e gelido come la morte, ma si rifiutano di obbedire o di muoversi. James alza il braccio contro Lily, e la sua bacchetta sembra di nuovo colorarsi di una luce verde. Lei rimane immobile, senza più nessuna forza per fare un passo: i suoi capelli rossi sembrano fuoco solido, e guardandola mi ricordo di quanto James la ama e non riesco a non impazzire.
La fisso con occhi imploranti: non so se voglio chiederle il permesso di ciò che sto per fare o domandarle scusa per quello che alla fine non riuscirò a compiere. Lily stringe le labbra, e lentamente fa no con la testa. «Io lo amo» dice solo, e questo dovrebbe rispondere a tutte le mie domande.
Su di noi soffia il vento caldo di Aprile: il respiro del mondo, che è rimasto senza fiato.
Se lo uccido ne morirò, e ne morirà anche lei. Se non lo uccido James la ucciderà, e forse ucciderà anche me: ma allora l’incantesimo sarà finito, e allora lui vivrà.
Che faccio? Che diavolo faccio?
Non posso.
Devi.
Ma non posso.
«Avada…»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note di Sara: sono sicura che pensavate che non avrei mai scritto il 99, vero? E invece eccomi qua (si, ehm…  so che sarà difficile, ma trattenete la gioia xD) Sono un po’ in ritardo ma ci sono. Ovviamente il capitolo non mi piace... per questo spero almeno che piaccia a voi!
La seconda sfida è in corso, e non so se era come ve la immaginavate… probabilmente no, anche se sono sicura che qualcuna di voi, conoscendomi, aveva già capito che sarei stata melodrammatica e un po’ esagerata come sono sempre in questi momenti così… delicati! Che volete farci, ho visto troppi telefilm e non riesco a trattenermi ahah!
Ah, non so neanche io perché sto scrivendo il tutto in maniera così strana, con gli intermezzi tra una cosa e un’altra… davvero, non so! Nel caso in cui non si capisse, le parti in corsivo sono quelle che accadono dopo che tutta la parte con Voldemort è finita.
Ultimissima cosa: come al solito, e come sempre, grazie a tutte\i per le recensioni e per i messaggi di posta che mi mandate, a cui prima o poi risponderò. Come vedete, di nuovo, non sono morta. Grazie davvero di cuore per permettermi di essere qui.
Al prossimo capitolo –che non so quando sarà, ma sarà il 100 ed io non posso crederci!!!
Un bacio,
Sara W. 

 
   
 
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