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Autore: Sara Weasley     31/10/2016    13 recensioni
Un fumo dall’odore dolciastro si diffonde nel vicolo e l’ennesimo boato esplode nell’aria: da qualche parte oltre il terrore, le maledizioni, i rumori assordanti, qualcuno urla e io sento il gelato di Florian risalirmi lentamente lungo la gola. Potrebbe essere chiunque dei miei amici: potrebbe essere Remus, oppure Peter, Frank o Alice… ma io, più di tutto e tutti, spero che non sia Lily. Non può essere Lily.
Imprecando tra i denti, schiaccio ancora un po’ la schiena contro il vecchio muro dietro cui sono nascosto e mi azzardo a fare capolino per cercare di capire cosa Merlino sta succedendo nel putiferio là fuori. La bacchetta nella mia mano freme e asciugo freneticamente un rivoletto di sangue che dalla fronte mi scivola sulle palpebre. Nessun Mangiamorte in vista, potrei…
Sirius lancia un sibilo di avvertimento e riprende a strisciare sotto i cumuli di macerie in cui è quasi intrappolato. "Lo avevo detto" dice tra i denti, con il suo classico tono sarcastico "che i compleanni portano sfiga. Ma tu no, dovevamo per forza fare una festa! E adesso guarda… "
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Da chi lo ha tre volte sfidato. '
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A Lily e James Potter, sempre nei nostri pensieri ma oggi più degli altri giorni.
E a questa storia, che oggi compie 100 capitoli.
Felice Halloween!

 



 

Capitolo 100.

 

 
«E così, voi due non avete ancora fatto pace…»
Lily soffia una ciocca di capelli che le era ricaduta davanti al viso, indispettita. «Cosa te lo fa pensare?».
Inarco un sopracciglio. La situazione è questa: ci sono delle vecchie scale sotto i nostri piedi. Delle vecchie scale alte e pericolanti, con i gradini che scricchiolano sinistramente e il corrimano talmente ricoperto da ragnatele da sembrare zucchero filato: ovviamente, noi le stiamo percorrendo al trotto –con Lily che calpesta ogni gradino come se ci fosse sopra la faccia di James- e al buio, giusto per essere un po’ lungimiranti. «Chiamalo sesto senso» borbotto allora.
«Non sono arrabbiata» dice lei –anche se è chiaro che in realtà lo è - «voglio solo sapere cosa c’è qui sopra.»
«Probabilmente è solo una soffitta» anche se effettivamente non sapevo neanche che ci fosse una soffitta qui. Neanche Lily lo sapeva, infatti non capisco come diavolo abbiamo fatto a finire qui e perché ci sono stato trascinato anche io. «Sarebbe più produttivo parlare con James di quello che è successo, non credi?»
«No» taglia corto Lily. «Ma non ti sembra strano? È troppo tempo che saliamo. Deve esserci una stanza creata con la magia.»
Una stanza –probabilmente segreta- creata da vecchie generazioni di Potter con la magia: questo sì che mi consola parecchio. «E non è stata colpa di nessuno questa volta » ci riprovo allora, tentando di farla ragionare. «Tutti quanti siamo rimasti scossi da quello che... lui ci ha fatto, ma litigare tra di noi non ci fa risolvere niente.»
Lily si gira nella mia direzione un solo secondo, per farmi un sorrisetto sardonico dall’alto. «Ed è per questo che tu non hai più il coraggio di guardare in faccia Alice, vero?» sottolinea.
«Touché.»
«E comunque non sono arrabbiata per quello che è successo, ma perché James se l’è presa con Sirius: e deve smetterla di trattarmi come se fossi la sua stupida mogliettina, e ricordarsi che anche io…»
Lily incespica su un gradino e si blocca, stupefatta. «Che cosa…?» inizio a chiedere: ma poi la raggiungo, ed è come se sbattessi contro un muro di aria condensata e allo stesso tempo ne fossi risucchiato. Un attimo prima c’erano rampe di scale senza fine: adesso c’è una stanza.
«Visto?» ridacchia Lily felice, addentrandosi per prima. «Avevo ragione, era davvero stregata!»
Dal modo in cui si guarda intorno, capisco che è stata troppo tempo con James per stupirsi di quello che è appena successo.
«Avevo ragione anche io» sbuffo, tossendo polvere. «È solo una vecchia soffitta.»
Ma Lily non mi ascolta già più: ci sono vecchi bauli disseminati per tutta la stanza, una poltrona di tappezzeria verde da cui fuoriescono delle lunghe molle arrugginite, come tentacoli protesi: la valutiamo entrambi per un attimo, poi tacitamente decidiamo di starne lontani. In un angolo, c’è un telescopio puntato anche se non c’è nessuna finestra: «si vedono le stelle» esulta Lily, tentando di riposizionarlo meglio. «E anche una signora che fa la doccia» sospira, scuotendo la testa. «I Potter sono maniaci da generazioni evidentemente.»
Ci sono scaffali pieni di pile di libri dall’aria molto pesante e molto fragile, e barattoli pieni di liquidi verdastri che a quanto pare brillano di luce propria. «Lo senti questo ticchettio?» chiedo.
Lily annuisce, tirando fuori un vasetto di vetro con dei denti che saltano. «Incisivi ballerini di  J.K. Potter» legge dall’etichetta. «Deve essere stato orribile mangiare con questi!»
Qualcosa mi cade in testa, ed io me lo scrollo velocemente senza neanche soffermarmi a chiedermi cosa sia. «Okay, è stato molto interessante» borbotto. «Possiamo andare via adesso?»
Lily mi guarda come se fossi pazzo. «Cosa? Perché?» esclama, guardando con attenzione un vecchio candelabro posato su un comodino polveroso. «Candele autocombustive» legge, e dopo averci pensato un po’ ci soffia sopra e queste magicamente si accendono. «Fantastico!»
Una volta illuminata, la soffitta è ancora più inquietante di prima. C’è uno strato di polvere spessissimo che ricopre tutte le assi del pavimento, e l’aria è satura di odore di stantio misto a quello di intrugli magici. Che cavolo ci fa un posto del genere in una villetta estiva?
«Remus, ma quello c’era anche prima?» domanda Lily, indicando un enorme calderone al centro esatto della stanza.
Beh, effettivamente non è proprio il tipo di dettaglio che potrebbe passare inosservato: è tanto grande da poterci cuocere una persona intera, con tanto di verdurine per contorno.  
Lily lo guarda ammaliata e spaventata allo stesso tempo: «guarda, qui ci sono dei disegni» mi dice, indicando un punto su un fianco, che cerca di ripulire con un orlo della maglietta. «E… queste sembrano delle parole!»
Ma io già non la ascolto più: c’è un rumore strano, come il fruscio del vento che passa attraverso i muri. Sembra così vicino, e corposo…
«Se solo ci fosse un po’ più di luce!» continua Lily, sfregando con maggiore forza. «”Il futuro… senza inganno”…   …»
Ascolto ancora un po’, e con maggiore attenzione: è che… mi sembra di distinguere dei suoni, come se fossero più voci. Con la coda dell’occhio, guardo il calderone: sono solo io, oppure sembra che qualcosa dentro si stia muovendo? Devo essere pazzo, non c’è altra spiegazione.
«Deve essere un indovinello, Remus! Chissà che cosa vuol dire…»
E poi lo capisco: non è un rumore, sono voci! E vengono da dentro il calderone: improvvisamente, qualcosa nel mio stomaco di contrae. «Lily» pigolo, e purtroppo sono costretto ad ammettere che la mia voce suona paurosamente come quella di Peter adesso. «Lily, credo che dovremmo…»
«Aspetta, ci sono quasi» mi interrompe lei, ed io davvero non so come sia possibile non accorgersi di niente.
«Lily, c’è qualcosa che non va» continuo a ripetere, sforzando di tenermi alla larga senza però riuscirci davvero. Una vocina nella mia testa mi urla di scappare, ma ci sono tutti questi mormorii che hanno un effetto calamita e… improvvisamente, mi convinco, e guardo dentro il calderone: non so davvero perché l’ho fatto, ma so che non potevo farne a meno.
È solo una frazione di secondo, eppure è fatale: è come se centinaia di piccole mani mi risucchiassero all’interno, ed io non potessi emettere resistenza. Apro la bocca per cercare di chiamare aiuto, ma un odore dolciastro e nauseabondo mi blocca le parole in gola.
«Remus!» strilla Lily.
Ma è troppo tardi, ormai sono dentro: qualcosa di duro mi colpisce la testa, facendomi perdere i sensi. E mentre il mondo dietro le mie palpebre si colora di un miliardo di minuscoli puntini colorati, la sola cosa a cui riesco a pensare è come si divertiranno Sirius e James nello scrivere il mio epitaffio.
 
 
 
 
 
Quando apro gli occhi mi sento stordito come se avessi fatto il giro del mondo per quindici volte. Per un attimo non riesco a ricordare neanche il mio nome: è solo dopo che capisco che  A) sono Remus Lupin e B) sto per uccidere la mia migliore amica.
«Lily» biascico con voce impastata, cercando di tirarmi su e allo stesso tempo di mettere bene a fuoco. Ma Lily non c’è, e neanche il calderone, e neanche la soffitta puzzolente. Un venticello gelido mi colpisce il viso, svegliandomi definitamente.
E allora mi rendo conto che sono all’aperto, solo e sdraiato per terra lungo una strada che non conosco. Ma che diamine è successo?  Che il calderone fosse una Passaporta?
A fatica, mi tiro su: la prima cosa ovvia è che sono in un villaggio magico. Ovunque per strada ci sono ragazzi in uniforme e bambini con cappelli da strega e bacchette in mano: eppure non mi sembra affatto Hogsmeade, né riconosco qualcosa di familiare.
Un gruppo di ragazzi di circa la mia età mi passa vicino. Non li ho mai visti a scuola, e non portano lo stemma di nessuna casa appuntato sul mantello, ma sono i soli a cui posso chiedere informazioni, così mi avvicino. «Scusate» domando, fermandoli con un gesto. «Come si arriva ad Hogwarts?»
Per un attimo loro si guardano perplessi, e allora mi sorge il dubbio che non parlino neanche in inglese e che io abbia davvero fatto il giro del mondo a bordo di un maledetto calderone per quindici volte –il che, se mai riuscirò a tornare a casa, sarebbe davvero un aneddoto simpatico da raccontare ai Malandrini.
Ma poi uno di loro ride, indicandomi con la bacchetta. «Hogwarts? È un nuovo reggae party a tema?»
«Un cosa?»
«No, non saprei» risponde frettolosamente un altro ragazzo, dandomi una pacca sulla spalla per congedarmi. «Comunque figo il tuo costume!»
Sono sempre più sconcertato. «Costume?»
«Sì, sei vestito da anni settanta, no? Fighissimo!»
Mentre li guardo allontanarsi lungo la strada, mi rendo conto di essere più confuso di prima. Come è possibile che dei maghi non conoscano Hogwarts? A meno che io non mi trovi in Inghilterra… eppure questo mi sembra proprio un posto inglese. E poi, i miei occhi incontrano un piccolo cimitero dimesso sulla sinistra della strada, ed improvvisamente è tutto chiaro- delle zucche intagliate sono state disposte lungo il vialetto e poi su i ciottoli, fino alla cappella. Quelli non erano maghi, erano ragazzi: oggi è Halloween, ed io non mi sono mosso di un sono chilometro; sono ancora a Godric Hollow, è solo la città ad essere profondamente diversa. “Sei vestito  da anni settanta” ha detto quel ragazzo: ma questi sono gli anni settanta, o forse no? 
Ma adesso è chiaro cosa devo fare: andrò da James e gli spiegherò tutto quanto, e insieme agli altri capiremo cosa è successo. Se avrò un po’ di fortuna ci sarà anche Lily, e lei preparerà una pozione o un filtro per far tornare le cose esattamente come stavano prima: e solo allora potrò ucciderla.
Anche se sto attraversando Godric Hollow il più velocemente possibile, non riesco proprio a smettere di stupirmi per quanto tutto sia cambiato: le strade sono più grandi e asfaltate, la bottega è stata sostituita da un gigantesco supermercato e dove prima c’era la casa di Bathilda Bath adesso c’è un palazzo di otto piani con le pareti a vetro –per non parlare del fatto che due volte rischio di essere investito dalle macchine che sfrecciano anche in pieno pomeriggio. La mia testa fa suonare un campanellino di allarme interno, ma io sono così felice di essere arrivato che neanche ci faccio caso.
Per un attimo avevo temuto che la casa fosse vuota, che i Potter fossero nella residenza principale: invece le finestre sono aperte e si sentono delle voci provenire dall’interno. C’è una ragazzina di circa tredici anni in cortile: ha i capelli lunghi e rossi come il fuoco, sta urlando il suo disappunto a qualcuno che non posso vedere.
Il fiato mi si blocca nei polmoni e per un attimo rischio di soffocare: lei si accorge della mia presenza e si zittisce all’istante, fissandomi con due enormi, penetranti occhi verdi.
«Lily…» mormoro.
Lei piega la testa da un lato, e le sue lentiggini vengono illuminate dalla luce fioca di Ottobre. «Cosa c’è?»
Dal nulla, un altro ragazzo ci viene in contro con passo aitante e lunghe falcate: i suoi capelli sono neri come l’inchiostro e più scompigliati che mai, le sue labbra sottili e la sua carnagione chiara. Anche se non ha gli occhiali, è chiaramente…  «James?»
Lui mi guarda con un sorrisetto di sfida. «Chi sei tu? Perché ci conosci?»
Io impiego un po’ per trovare le parole da dire, rendendomi perfettamente conto di star facendo la figura dell’idiota. È che… io avevo pensato di essere nel futuro, invece… questo è il passato.  Ma allora… come è possibile?
«Tutto bene?» chiede la piccola Lily.
Io mi schiarisco la voce, prendendo tempo. «Chi altro c’è sotto il Mantello?»
I due bambini si guardano sorpresi. «Come fai a sapere del Mantello?» esclama James, senza riuscire a trattenere lo stupore.
«Lo so e basta» taglio corto, perché nella mia testa tornano alla luce mille e mille volte in cui noi malandrini lo abbiamo usato che adesso non posso certo spiegare. «Allora? Chi altro c’è?»
Confesso che mi aspettavo di vedere uscire Sirius: invece, il ragazzino che ne viene fuori non somiglia affatto a lui. I suoi capelli sono scuri e un po’ scompigliati, ed indossa degli occhiali dalla montatura rettangolare: è un Potter in tutto e per tutto, non ci sono dubbi. Ma allora perché ha gli occhi verdi di Lily Evans?
Improvvisamente sento la bocca diventare secca e pastosa e sono costretto a reggermi alla ringhiera per evitare di cadere per lo shock. Adesso che tutti e tre sono davanti a me, capisco che mi sono sbagliato: questi Lily e James sono diversi da quelli con cui sono cresciuto, eppure allo stesso tempo sono così simili.
«Al, lo hai spaventato» dice il ragazzino che ha detto di chiamarsi James a quello appena arrivato.
Lui si stringe nelle spalle, quasi come se fosse davvero colpa sua. «Mi spiace… ma chi è?» 
«V-voi» gracchio, interrompendo il loro piccolo battibecco- e di nuovo tornano a guardarmi come se fossi uno psicopatico. «Si può sapere chi siete?»
Segue in minuto di imbarazzante silenzio, in cui nella mia testa si elaborano le teorie più disparate circa quello che sta succedendo: e se fosse un universo parallelo?- mi suggerisce una parte di me; eppure non riesco a togliermi dalla testa l’idea che… questi tre ragazzi… sembra impossibile, ma loro devono essere…
«Al, Lily, James!» si sente qualcuno chiamare dall’interno della casa. È una voce da uomo che mi fa sobbalzare, che mi tranquillizza e mi spaventa tutto allo stesso tempo: se è come penso, se davvero sono i loro figli, allora…
Dalla porta esce fuori un uomo sulla quarantina, che è decisamente un Potter ma decisamente non è James, e il mondo mi crolla di nuovo addosso. La prima cosa che vede, con un sorriso, sono i ragazzi: solo un secondo dopo i suoi occhi –verdi come quelli di Lily- incontrano i miei e la sua faccia sbianca di colpo.
Okay Remus, stai calmo, rifletti. Ci sono due possibili spiegazioni a tutto questo: o sei sotto l’influsso di una potente dose di droga magica, oppure quello stramaledettissimo calderone mi ha trasportato in una dimensione alternativa in cui, tanti anni fa, un Potter ha preso il controllo del pianeta popolandolo di centinaia di altri Potter.
L’uomo nel frattempo sembra aver trovato la capacità di articolare una frase di senso compiuto. «Tu…» biascica, «sei Remus… Remus Lupin?»
E questa volta rimango davvero basito… o meglio, più basito di quanto non lo sia stato nel corso di questa orribile giornata. «Tu mi conosci?»
«Certo che ti conosco. Ma tu…» -dalla sua eloquenza, non può proprio avere nulla a che fare con James- «tu… sei giovane.»
«Sono già maggiorenne» replico scandalizzato.
«Tu…» borbotta ancora l’uomo, passandosi una mano tra i capelli –okay, prima mi sono sbagliato!- e ciondolando con fare imbarazzato. «Tu dovresti avere sessant’anni adesso. E non… non dovresti essere qui. »
«Sessant’anni» ripeto come un’idiota, osservando i ragazzini e l’uomo tutti insieme e rendendomi conto che sono una famiglia. Le mie dita si stringono sulla ringhiera, non so se per impedirmi di cadere o per assicurarmi che almeno qualcosa sia reale. «Allora voi… tu devi essere il figlio…»
«Di James e Lily Potter» annuisce. «Mi chiamo Harry.»
«Se solo lo sapesse James…»
«Ehm» ridacchia Harry- Merlino, Harry Potter! «Credo che lo sappia già.»
«Giusto» dico, cercando di riprendere il controllo… anche se, sul serio, non posso credere che quei due abbiano messo davvero su famiglia! «Quindi loro sono…»
«I miei figli» conferma lui.
Io li guardo di nuovo: i tre ragazzini mi fissano di rimando, studiandomi come per cercare di capire se il mio arrivo può essere considerato una cosa buona oppure no. Deglutisco, facendo la domanda che più pesa nella mia bocca: «e dove sono Lily e James?»
Harry Potter mi guarda: ha la faccia di una persona che ha visto tante cose nella sua vita, eppure la sorpresa nel vedermi davanti a se è palese in ogni centimetro del suo viso. «Forse è meglio se entri in casa… ci sono molte cose di cui dobbiamo parlare…»
Senza niente da obiettare, annuisco. Harry trascina i bambini –stranamente silenziosi- con se lungo il portico, e poi su nello stretto corridoio. In casa c’è un’aria di festa, e il minuscolo salotto è stato allargato con la magia per farci entrare dentro un gigantesco tavolo. «Papà l’ha rubato alla Sala Grande» mi spiega James jr.
Suo padre sbuffa. «L’ho solo chiesto in prestito» precisa, e poi mi indica il divano con un gesto della mano. «Sediamoci qui, adesso...»
Io faccio come mi è stato detto, e per un attimo mi sembra che niente sia cambiato. Fino a qualche giorno fa c’eravamo io e Mary qui, seduti a guardare la luna da questa finestra: avevamo trascorso dei giorni bellissimi qui a Godric’s Hollow, prima di aver rischiato di essere quasi uccisi da Voldemort.
E adesso… adesso sono seduto su questo stesso divano con il figlio di Lily e James, senza di loro, in un anno imprecisato e in un mondo che non sembra il mio.
«Harry, quando arrivano Ron e Dorcas? Io ho…» una donna dai capelli rossi esce dalla cucina con un piatto in mano ma nel vedermi si pietrifica di scatto. Ha molte lentiggini che le cospargono il naso, ed io capisco immediatamente che questa deve essere la moglie di Harry Potter –cosa aveva detto James una volta? Amanti delle rosse da generazioni. «E lui chi è? Un amico dei ragazzi?»
Suo marito le fa un sorriso bonario. «Guardalo bene, Ginny.»
Lei lo fa: anche Harry lo fa di nuovo, e insieme a lui anche i suoi figli. Io credo di non essermi mai sentito tanto in imbarazzo quanto adesso, e mi schiarisco la voce. «Ehm, potreste smetterla per favore?»
La donna sbianca, rischiando di far cadere l’arrosto per terra. «Remus! Ma cosa è successo? È un filtro o… ma lui non dovrebbe essere qui, non…»
«Ginny» taglia corto Harry, calmando sua moglie con dei gesti delle mani. «Perché  non porti i ragazzi in cucina con te? Così io e… Remus, possiamo parlare in maniera indisturbata.»
C’è un momento di silenzio generale in cui tutti annuiscono di comune accordo: e anche se non sono ancora così sconvolto da non vedere i messaggi che si mandano i due con lo sguardo, lascio che tutto proceda. E improvvisamente, non so come, io e Harry Potter ci ritroviamo da soli, avvolti nel silenzio.
«Non so per quanto tempo durerà» inizia lui, che nonostante sia un uomo sembra abbastanza imbarazzato. «Tra un po’, la casa si riempirà di gente. Ma per il momento…»
«È il compleanno di qualcuno? O è semplicemente che vi piace Halloween?» 
Dietro gli occhiali, Harry strabuzza gli occhi. «No, è più… un party commemorativo» mi dice in maniera emblematica. «Remus… come puoi essere qui? Cosa è successo?»
«Perché non mi chiedi se non sono un mago oscuro? Potrei essere qualcuno che si è trasfigurato… dovresti stare più attento, e non essere come quello scellerato di Jam- di tuo padre.»
Harry ride. «Questo me l’hai già detto molte volte, moltissime volte. Ma non c’è bisogno, so che non puoi essere un mago oscuro.»
«Come puoi saperlo?»
«È una lunga storia» replica lui, recuperando la bacchetta dal divano e muovendola leggermente. Sul tavolino appare una barretta di cioccolata, ed io lo guardo senza parole. Ma Harry si limita semplicemente a porgermene un pezzettino. «Lo facevi sempre, tu con me» spiega semplicemente. «Adesso dimmi, Remus: da dove vieni?»
«Dal passato: dal 1978» e poi, come un fiume in piena, gli racconto tutto quello che è successo nella maledetta soffitta di questa stessa casa. Perdo anche un po’ di tempo nell’insultare sua madre, ma quando lo faccio lui sorride contento e non si arrabbia. «E quindi adesso non so cosa fare per tornare indietro, né come sia possibile tutto ciò…»
Guardo Harry, sperando che lui abbia delle risposte: dalla sua faccia imbambolata, capisco che non ne ha e scuoto la testa. «Lo so, è tutto molto assurdo.»
«Sì, lo è» ribatte Harry. «Io non credo neanche che ci sia una soffitta, qui dentro. Ma il punto è… tu non puoi restare nel nostro tempo per molto, credo che la tua presenza potrebbe sconvolgere un po’ le cose. Dobbiamo trovare un modo di rimandarti a casa, ma…»
«Forse si potrebbe usare una Giratempo» sta riflettendo lui, giocando con alcune ciocche dei capelli neri. «Ma non so se si potrebbe riuscire a trovare qualcosa di così potente…>
«Harry, dove sono i tuoi genitori? Dove sono James e Lily?» chiedo a bruciapelo.
Lui punta i suoi enormi occhi verdi su di me, rischiando di accecarmi. «Ecco, loro… »
Sulle mie braccia, compare un sottile strato di pelle d’oca ed io deglutisco: solo adesso mi rendo conto di non aver mai davvero considerato l’idea di non trovare più qualcuno di noi nel futuro. Che cosa farei, se mi dicessi che James o Sirius o Lily o Peter non ci sono più? E se la guerra non fosse finita bene… come potrei io esistere in un mondo in cui loro sono morti? Anche per una manciata di ore… come potrei?»
 
E poi, la porta di ingresso sbatte di colpo e il piccolo corridoio si riempie di voci.
«No ma prego, precedimi pure: fa come se fossi a casa tua.»
«Merda» sussurra Harry Potter, tra i denti. «Non volevo che ti vedessero… questo non porterà a nulla di buono…»
«Questa è casa mia!»
«Sì, ma è più casa mia, lo sai…»
«Oh cielo, più il tempo passa e più voi due sembrate una vecchia coppia di pensionati.»
«Ma, mogliettina cara…»
Non so bene come sia successo, davvero non lo so. Ci sono solo due cose di cui riesco a rendermi conto, in maniera molto fugace: la prima è che Harry si è alzato velocemente dal posto in cui stavo seduto io, mettendosi davanti a me come per cercare di nascondermi alla vista; la seconda è che ad un certo punto ci sono tre persone in piedi nel salotto.
 Ed io le conosco.
 Tutti e tre avranno sessant’anni, eppure guardandoli io vedo dei diciottenni con le uniformi nere e i distintivi di Hogwarts appuntati sopra. La prima tra loro è Lily: i miei occhi vengono risucchiati da lei come attratti da una calamita, e devo sforzarmi per impedire alle mie gambe di tremare. I suoi capelli adesso si sono tinti di una leggera sfumatura di bianco, ma i suoi occhi sono sempre, meravigliosamente verdi anche se circondati da un reticolo di rughe che colora le sue lentiggini in maniera velata. «Scusaci, Harry: ho avuto una riunione importante in laboratorio e tuo padre ha fatto tardi per sistemarsi i capelli…»
La cosa stupefacente è che James ha esattamente la stessa chioma che aveva a diciassette anni: neri come l’inchiostro e scompigliati come se fosse appena sceso da una scopa; in lui sembra davvero che nulla sia cambiato, come se il tempo si fosse mosso senza toccarlo: ha la pelle abbronzata di chi passa molto tempo all’aria aperta, e indossa anche adesso un paio di vecchi jeans e una felpa rossa, proprio come se fosse ancora un ragazzino.
«Se non fosse stato per me, questi due starebbero ancora litigando a casa» sbuffa l’ultimo dei tre, che non poteva essere altri che Sirius: e lui racchiude nella sua persona il paradigma di ciò che si intende per “invecchiare con stile”. Porta i capelli lunghi, mossi e brizzolati,  una leggera barbetta scura e dimostra dieci anni in meno di quelli che ha: è vestito tutto di nero, con un lungo cappotto elegante da gentiluomo inglese e scarpe lucide. In una mano tiene quello che può essere definito un bastone da passeggio, ma immagino che più che per necessità sia una questione di stile. «Allora, dove sono i miei ragazzi?»
«Ehi» sbuffa James, guardandolo male. «Sono i miei ragazzi!»
Harry ridacchia in maniera vagamente isterica di fronte ai suoi genitori, e si passa una mano tra i capelli, proprio come fa il padre. «A proposito di ragazzi, ecco… c’è una cosa che dovreste sapere…»
«Che ha combinato Sirius?» chiede Sirius, per nulla dispiaciuto.
«Si chiama James» replica James. «James Sirius. James è il primo nome, fattene una ragione.»
«Finitela se non volete che vi Schianti» li sgrida Lily, esasperata. «Allora, che cosa è successo?»
«Ecco…» borbotta di nuovo Harry, che chiaramente fatica a trovare le parole esatte per spiegarsi. «Poco fa, quando sono uscito in giardino, insieme ai ragazzi ho trovato…»
«Adesso non vorrà farci mica credere alla storia del cavolo e dei bambini, vero?» lo interrompe Sirius, guardando maliziosamente James.
«Oh, figliolo, non dirmi che aspetti un altro bambino! È fantastico!»
Insopportabili. Continuano ad essere insopportabili esattamente come sono al mio tempo: ma come cavolo è possibile che non siano cresciuti neanche un po’ in tutti questi anni???
«E come pensi di chiamarlo questa volta?» continua ad infierire Sirius. «Peter Frank Potter?»
«Potrebbe essere anche una nipotina, sai… bella come sua nonna, vero Lily cara?»
«Sarà un maschio, James. Bello come me,  in realtà.»
«Nessuno aspetta nessun figlio!» sbotto istericamente, e pentendomene un attimo dopo quando Harry si sposta e tutti mi guardano: ma ormai è fatta. «Possibile che dobbiate sempre fare gli idioti voi due? Proprio non capisco come sia possibile che abbiate tirato su dei figli, e…»
«Oh Merlino, Remus…» balbetta Lily, portandosi una mano alla bocca. «Ma… ho parlato con te solo un attimo fa, e tu eri…tu. Perché adesso sei giovane?»
James ovviamente si passa una mano tra i capelli. «Io ti capisco, amico, anche a me mancano quei tempi. Ma un incantesimo mi sembra un po’… sai…»
Sirius abbaia allegramente. «L’hai fatto per rimorchiare le studentesse, eh? Certo, con il lavoro che fai lo avrei fatto anche io…»
«No» sbuffo, improvvisamente davvero molto stanco. «Io ho.. diciotto anni. Non è nessun incantesimo, sono solo.. io. Il me del 1978.»
«Sì, sì, certo… ci hai provato!»
«No, è vero!» ripeto in maniera quasi disperata, desiderando con tutte le mie forze che loro ci credano perché… beh, in realtà non ci credo neanche io. «Da dove vengo io, siamo ancora tutti ad Hogwarts! James e Lily si sono messi insieme da poco, e James sono settimane che lo ripete a tutti. Stiamo studiando per i Mago, facciamo parte dell’Ordine della Fenice…»
Tre paia di occhi –verdi, grigi e castani- passano con lentezza sconcertante da me a Harry Potter. «Okay, figliolo» dice James, improvvisamente serio. «Forse è il caso di spiegarci quello che sta succedendo.»
Come se non ci avesse già provato dieci minuti fa.
 
 
Mezz’ora dopo, e qualche pezzo di cioccolata in più, ho di nuovo raccontato tutta la storia della soffitta e del calderone in cui sono caduto – questa volta, omettendo gli insulti a Lily, ovviamente. E, alla fine del mio racconto, mi ritrovo di nuovo con tutti gli occhi puntati addosso.
«Merlino, allora sei davvero il Remus del 1978» esclama Sirius, stiracchiandosi con entusiasmo sul divano. «Quelli sì che erano bei tempi. Tutte quelle ragazze…»
«Ma se a te interessava solo James» lo zittisce Lily. «E non facevate altro che fare scherzi a chiunque.»
Sirius non le da torto, ma non per questo smette di sorridere. «I migliori anni della nostra vita, no?»
«Eh già» annuisce anche James. «Le serate di luna piena, come mi mancano. E condividere il dormitorio con voi, e con il povero Frank…»
«Scusate se interrompo i vostri vaneggiamenti melodrammatici, ma qui abbiamo un problema importante» fa notare Lily, ma anche se si sforza di rimanere seria si vede benissimo che sta trattenendo un piccolo sorriso. «Vi ricordate cosa è successo nei giorni che abbiamo trascorso qui nel 1978, vero?»
«C’è stato il compleanno maledetto di Sirius» risponde prontamente James. «E siamo stati attaccati da Voldemort per la seconda volta… come dimenticarlo?»
«Poi io e James abbiamo litigato, tu e James avete litigato, io me la sono presa con Peter e Remus ha tentato di farci fare pace» aggiunge anche Sirius, tanto per tormentarci con inutili dettagli. «Tutto all’ordine del giorno, no?»
«Esatto» lo ignora Lily, adesso concentrata a seguire il flusso dei suoi pensieri. «Ma io non ricordo di essere stata in nessuna soffitta, Remus. Quello che tu ricordi, nel mio passato non è mai accaduto.»
«Ma questo non è possibile» gemo, sentendo scemare la mia unica speranza di ritornare a casa. «Non lo capisco neanche io» annuisce Lily. «Forse… la tua presenza nel futuro in qualche modo ha avuto ripercussioni sul passato, e l’ha già cambiato. Questa è la sola cosa che mi viene in mente per adesso…»
«Anche io pensavo la stessa cosa» dice anche Harry, silenzioso fino ad ora. «Per questo, volevo evitare che voi lo vedeste. La McGranitt diceva sempre che non si può mai sapere cosa succede ai maghi che giocano con il tempo…»
«Ma allora come faccio a tornare indietro? Io non posso rimanere qui… voi… » blatero, senza nessuna vera logica. «Voi avete bisogno di me, chi vi terrà a freno altrimenti? E devo diplomarmi! Non posso mica frequentare Hogwarts adesso!»
«Ehm no» ridacchia Sirius. «Questo sarebbe un serio problema, visto che tu sei…»
«Io sono?» chiedo allarmato.
«Lo scoprirai tra poco» dice James, mantenendo un’aria da mistero. «Ma non preoccuparti, ti trovi con i maghi migliori delle ultime tre generazioni: sicuramente troveremo un modo per risolvere il tuo… piccolo problema peloso» ghigna.
«Spero che tu non includa anche te stesso, in questa  categoria» lo riprende sua moglie.
Eppure, in qualche modo, James è riuscito di nuovo a realizzare la magia che fa sempre, solo con le sue parole: anche se sono lontano dal posto a cui appartengo anni luce –o forse ancora di più, bloccato da una distanza non quantificabile- con James, Sirius e Lily vicino a me mi sento a casa mia, e non ho paura. E poi… loro sono così sereni e tranquilli, che un po’ quasi li invidio. «Siete cresciuti bene» dico, quasi a bassa voce.
Lily mi rivolge un sorriso quasi materno. «Abbiamo avuto una vita felice» mi confessa, ed io vedo James prenderle la mano rugosa da sopra il divano. «Tu non sai cosa è successo, vero? Harry non te lo ha detto?»
«No, non mi ha detto niente» rispondo, con il cuore che inizia a martellarmi nel petto adesso. «Io vengo dalla guerra, ma qui…»
«La guerra è finita» taglia corto James, e nei suoi occhi brilla una felicità quasi irreale, come se non fossero passati anni da quel momento, come se potesse viverlo ancora adesso. «È questo che stiamo festeggiando oggi: la morte di Lord Voldemort, il 31 Ottobre del 1981.»
«La guerra è finita» ripeto, e non mi sembra vero. La guerra è finita: bastano quattro parole per far crollare anni di paure, preoccupazioni, dubbi, incertezze e dolori che si erano cementificate dentro di me, corrodendomi. La guerra è finita nel 1981, ed io giuro di non essermi mai sentito così felice in tutta la mia vita. «Non ci posso credere… ma chi? Come è potuto…»
Harry apre la bocca per rispondermi ma, di nuovo, la porta di ingresso si apre e il rumore dei passi riempie il corridoio, seguito da un mare di voci allegre. «Lily cara? Tu e James siete già qui?» chioccia qualcuno, e capisco che si tratta di Alice ancor prima di vederla spuntare fuori dal minuscolo corridoio dell’ingresso.
A mia difesa, potrei dire che è molto cambiata senza cambiare affatto: a cominciare dai capelli, che adesso ha tinto di uno strano biondo quasi color platino; io credo che la vecchiaia l’abbia abbassata di qualche centimetro, ma ha ancora le unghie tinte di magismalto colorato e porta sotto il braccio un nonnetto dalla faccia pacifica e tranquilla, che ovviamente è Frank- in una versione di se che gli si addice molto, anche se ha perso quasi tutti i capelli e ha con papillon arancione appuntato al collo.
Insieme a loro c’è una signora alta e magra con addosso un lungo vestito di pelle e con un cappello da strega finto –probabilmente in tema Halloween- messo di sbieco su dei capelli grigi cortissimi: nell’atra mano, regge una bottiglia di sidro di mele. «Alice ha fatto i pasticcini, io ho pensato che questo poteva essere meglio» e ghigna maliziosamente.
«Mary non si è ancora rassegnata a non poter bere più alcolici» squittisce l’ultima faccia conosciuta della compagnia: Peter, con vicino una strega minuta dai capelli mossi e castani che… credo sia sua moglie, e effettivamente questo mi sconvolge forse più di tutto il resto.
«L’ho portato per i ragazzi, ovviamente…» chioccia lei, mettendo su una faccia dall’aria angelica che non le appartiene neanche adesso che potrebbe essere considerata una nonnetta.
«Tu e Sirius non farete ubbriacare i miei figli di nuovo» urla la moglie di Harry dalla cucina.  
Ovviamente, la scenetta finisce quando tutti mi vedono ed hanno un attimo di sconvolgimento generale. Sconvolgimento che aumenta quando altre due persone si fanno largo tra la gente immobile per salutare.
«Che succede qui?» chiede… beh, io. L’uomo di sessant’anni appena entrato in salotto, sono io. Sono io. Merlino, credo che questa volta potrei svenire: sono io, e sto… bene; i miei capelli sono un po’ radi adesso, ho una folta barba chiara che scende lungo il mento, e qualche cicatrice in più che si vede in controluce da sotto il reticolo di rughe: ma i miei vestiti sono nuovi, sulla mia faccia brilla un sorriso e… accanto a me c’è Emmeline. Non posso credere che sia realmente lei, eppure è inequivocabile: anche se i suoi capelli biondi adesso sono bianchi, anche se non è più giovane come la ricordo io, è ugualmente bellissima. Ed è con lui… con me… sta con me.
«Ma questo… sono io… » l’altro Remus, come in trance, allunga una mano per toccarmi; ma poi sembra ripensarci, e guarda James con aria corrucciata. «È uno scherzo per Halloween, vero? Questa volta vi siete davvero superati…»
James –che sembra comunque uno che è stato colto sul fatto anche se in realtà non ha fatto niente- alza le mani. «Non c’entro niente io!»
«È una lunga storia» spiega Lily, indicandomi con un gesto. «Ma adesso vi spieghiamo tutto, okay?»
 
 
 
Dopo aver raccontato la storia per la terza volta, tutti quanti mi hanno di nuovo fissato senza sapere cosa dire e un gigantesco silenzio incredulo si è diffuso per tutta la stanza. Nessuno, compreso il me stesso di adesso, ha saputo trovare una soluzione efficace al mio problema, così James ha proposto di porre rimedio a questa situazione semplicemente… mangiando.
E così adesso ho appena finito di  raccontare la storia per una quarta volta –comincio ad odiare tutto ciò- perché nel frattempo si sono uniti a  noi altri componenti sconosciuti di questa gigantesca famiglia…. Ed io mi ritrovo a mangiare tacchino arrosto seduto al tavolo tra Lily e… beh, e me stesso, solo con circa quaranta anni di più. Tutto normale, insomma.
«Prima di cominciare a mangiare» dice James, che è primadonna anche da vecchio. «Vorrei fare un brindisi ad oggi: e ricordate, Halloween non è solo il giorno in cui abbiamo sconfitto il Signore Oscuro, ma è anche il giorno in cui io e Lily siamo diventati amici!»
Nessuno si scompone, segno che è una cosa che dice ogni singolo anno: ma James è così felice di se anche l’essere ignorato non gli cancella il sorriso dalla faccia.
«Lei è Dorcas» mi dice invece Lily, indicando una donna con dei capelli rossi a caschetto e luminosi occhi nocciola: nel sentire questo nome, rischio quasi di farmi scivolare la forchetta dalle mani.
«È la nostra bambina» pigola amorevolmente James.
«Ho trentotto anni, papà» sbuffa lei, alzando gli occhi al cielo con aria indispettita.
«E lui è Ron Weasley, suo marito…» continua a spiegare Lily. «Che però è anche il migliore amico di Harry, e il fratello di Ginny.»
«Già, Ron» borbotta James, guardandolo con occhi minacciosi dall’altra parte del tavolo: il povero malcapitato ha un brivido, e dalla sua espressione posso vedere che sta chiaramente pensando di afferrare il tacchino e poi nascondersi sotto il tavolo.
«Papà, lascia in pace mio marito!»
«Dorcas cara, ma tu sei così giovane per sposarti…»
«Ho trentotto anni, papà!»
Lily li ignora altamente. «I due bambini, lì, sono i nostri nipotini: Jane e Arthur Wesley.»
«Mi spiace che Neville ed Hermione non siano qui» sta dicendo Alice nel frattempo. «Ma da quando Neville è diventato capo Auror ed Hermione è stata nominata Ministro della Magia, quei due non hanno più un momento libero: adesso dovevano partecipare ad una conferenza in Egitto, ma almeno hanno portato con loro le ragazze.»
«E Albus è molto addolorato di questo, vero Albus?» scherza James junior, prendendo in giro suo fratello – la cui faccia improvvisamente si tinge di un rosso moooolto scarlatto. «Come farai a star lontano da Lizzie per un giorno intero?»
«Non dovresti scherzare, Jem» lo sgrida sapientemente Alice. «Albus è un ragazzo molto fortunato ad avere un tesoro come Lizzie. Se tu non fossi tale e quale a tuo nonno, magari…»
«Lascia stare il mio nipote preferito» interviene immediatamente Sirius, anche se in effetti lui non è parente di nessuno qui.
«E smettila di vantarti della tua famiglia» continua anche Mary, ed io non posso non notare che lei e Sirius si scambiano uno sguardo di complicità e lui le fa anche un occhiolino malizioso.
«Come è possibile che quei due non si siano messi insieme?» borbotto tra me e me, in un sussurro.
Lily scuote la testa, disperata. «Oh ma si sono messi insieme…»
«Ci siamo sposati» precisa Sirius, senza il minimo imbarazzo nel parlare di questo. «A Las Vegas: è stato un matrimonio molto movimentato, vero?»
«Puoi dirlo forte» conferma Mary, facendo un sorriso a mille denti. «Sicuramente è stato un matrimonio migliore di quello in riva al mare di Alice.»
E qui Frank è costretto a trattenere sua moglie prima che maledica una delle sue più vecchie amiche.
«Quindi…» mi sforzo di capire, vista l’assurdità della situazione «quindi voi due siete sposati?»
«No, abbiamo divorziato.»
«Avete divorziato?»
«Sì.»
«Ma perché?»
«Non ricordo bene» borbotta Mary, che nel frattempo sorseggia con noncuranza un bicchierino di sidro di mele, facendo finta che sia acqua. «È stato perché tu non volevi il cane o perché ti eri infatuato di quella cameriera bionda giù sotto casa?»
«No, quella è stata la volta del tuo batterista» ricorda Sirius, con un sorriso. « Ma credo che due anni dopo il divorzio siamo andati a convivere per un po’, prima di lasciarci di nuovo, giusto?»
«Sì, prima di provare con il matrimonio hippie.»
Io guardo Alice, sempre più confuso. «In poche parole» taglia corto lei, «non è cambiato niente dai tempi di Hogwarts.»
«Ah» mi limito semplicemente a commentare, perché dopotutto avrei dovuto aspettarmelo da due persone tanto strane quanto loro, vero? Insomma… non potevo mica pretendere che quei due mettessero su famiglia con due bambini, un cane e un pesce rosso come tutte le persone normali: Mary e Sirius non riescono a lasciarsi andare per questo, dopotutto; perché mai nel mondo potrebbero trovare una persona più simile a loro di loro stessi.
«Io ho sempre detto che hai preso il Black sbagliato» sta dicendo Lily a Mary, giusto per prendere in giro Sirius. «Dovevi scegliere Regulus: più giovane, più carino…»
«Regulus? Ma lui è Mangiamorte!»
Tutti quanti mi fissano come se fossi un’idiota. «No, lui è un eroe della guerra: ha tradito Voldemort e ci ha rivelato il modo per distruggerlo» mi spiega Sirius, e anche fa di tutto per non darlo a vedere, io leggo nei suoi occhi grigi un luccichio di orgoglio. «Avrebbe dovuto essere qui anche lui, ma sono molti anni ormai che vive in Scozia con sua moglie, e torna solo per accompagnare Severus ed Alpard ad Hogwarts.»
 «Ragazzi molto intelligenti» precisa il me più vecchio. «Non come suo zio.»
«Avranno preso tutto da Luna» dice sapientemente Emmeline.
Nel frattempo, James junior –che mostra segni di irrequietezza simili a quelli del vecchio James- è andato a sedersi sulle gambe di suo nonno e adesso lo guarda con occhi adoranti mentre entrambi parlano di Hogwarts. «Allora, stai usando bene il Mantello che ti ho regalato? E la mappa?»
Sirius, intenerito da questa scena carina, decide di distruggerla. «Sirius caro, vieni dal tuo zio più bello!» lo richiama.
«Si chiama James» ripete nuovamente James, guardando male il suo migliore amico. «Smettila di confonderlo!»
«Che c’è, zio Sirius?»
«E non dovresti chiamarlo zio» continua a dire James, a suo nipote. «Dovresti chiamare nonno anche lui.»
«Io non sono mica vecchio come te!»
«Ma se abbiamo la stessa età!»
«Allora…» riprende a dire Sirius, con l’aria da complotto «un piccolo gufo è venuto a dirmi che stai corteggiando una ragazza… è così?»
James junior spalanca gli occhi. «E tu come fai a saperlo?»
«Io so tutto di Hogwarts, ma non è questo il punto» dice Sirius, adesso con l’aria fintamente seria. «Sappi che io e tuo nonno non siamo per niente d’accordo, vero Prongs?»
«Assolutamente. Insomma, una ragazza non si corteggia certo incendiando i suoi libri e rischiando quasi di impiccarle il gatto» continua James, con fare da dongiovanni.
«Tu sei l’ultima persona di questo mondo che può dare consigli su come si corteggia una ragazza» gli fa notare Lily, ed io non posso darle torto.
Ma James fa un sorriso bellissimo, ritornando ad essere il ragazzo innamorato di diciotto anni, quello che ha corteggiato la persona della sua vita a costo di qualsiasi altra cosa e che alla fine ha vinto. «Però io sono riuscito a conquistarti: e ti ho sposata, no?»
«Sono io che ho sposato te, Potter» lo rimbecca Lily, ma da come lo guarda capisco che il tempo nulla ha cambiato. «Quindi vedi di non vantarti troppo!»
«Sì sì, sono stati scritti libri sul vostro amore da favola e bla bla bla» taglia corto Sirius, indicando il ragazzo con una certa urgenza. «Ma qui la situazione è grave: insomma, la figlia di Megan Vane e di Dearborn Caradoc! Non ti abbiamo insegnato niente allora!»
James junior sbianca, e si gira a guardare il vecchio me con fare indignato. «Zio Remus! Sei stato tu, hai fatto la spia!»
«Preside Remus, James» ridacchio io-di-questo-tempo. «E comunque no, non sono stato io:  anche se ammetto che Sirius e tuo nonno hanno cercato di minacciarmi più di una volta.»
«Deve essere stato quello scemo di Severus allora» borbotta James, incrociando le braccia al petto con fare indispettito: nonostante questo, si vede che sta parlando di una persona a cui vuole davvero molto bene. «Alla prossima partita di Quidditch lo spingerò giù dalla scopa.»
«Non puoi farlo!» esclama indignata Lily-piccola, che all’improvviso sembra una tredicenne molto spaventosa con tutta l’aria di voler picchiare il fratello alla babbana. «Lui sicuramente non ha fatto niente. Sarà stato Alpard…»
«Ohoh, Lily ha una cotta per Severus!»
«Per un Black?» James per poco non cade giù dalla sedia, ma prontamente si rialza e punta un dito contro sua nipote, in piena crisi melodrammatica. «No, Lily cara, il nonno te lo ha già detto un milione di volte: devi stare lontana dai Black, e anche dai Serpeverde, e anche da tutte le persone che si chiamano Severus.»
« Ehi, lascia stare l’unica in famiglia che ha un po’ di sale in zucca» replica puntualmente Sirius, che si è sentito punto sull’orgoglio. «I Black sono migliori dei Potter, lo sanno tutti: chiedi a tua nonna, piccola Lily, lei ha baciato me prima di baciare tuo nonno ed è stato così bello che per poco non ha cambiato idea!»
«Ancora con questa storia?» pigolo esasperato.
«Non hanno mai spesso» mi risponde bonariamente Emmeline.
E io non riesco a non guardarla, è più forte di me: lei se ne accorge, e mi fissa di rimando con i suoi chiarissimi occhi azzurri. «Immagino che sarai molto curioso, Remus» dice gentilmente. «E anche molto confuso.»
Io mi sento arrossire proprio come è successo ad Albus poco tempo fa, eppure annuisco leggermente: «è solo che… non riesco a capire come tutte queste cose sono successe…» balbetto. «Da dove vengo io, siamo in piena guerra: siamo appena stati attaccati da Voldemort e… sembra impossibile vincere. Invece voi tutti sembrate così felici…»
Il silenzio piomba nella stanza: fa parte di una strana atmosfera cupa, e per un attimo mi sento in colpa perché con la mia presenza sto rovinando a tutti un giorno molto importante, un giorno di gioia.
Dorcas si schiarisce la voce. «Papà, mamma… perché voi non andate su con Remus, a parlare in privato? Io ed Harry restiamo con i bambini e prepariamo il dolce, vi va? »
 
 
 
 
E così adesso ci ritroviamo in quella che –un giorno fa, nel mio tempo- era la camera matrimoniale in cui dormivano le ragazze, ma che in questa epoca è stata adibita ad una sorta di studio: le pareti sono piene di scaffali, su cui luccicano enormi coppe dorate e un mare di trofei. «Che cosa sono quelle?»
È James a rispondermi, facendo un sorrisetto tronfio. «Sono mie. Per il Quidditch, sai?»
Quando mi avvicino meglio e leggo le incisioni, rimango davvero stupito perché effettivamente è proprio così. Al muro, qualcuno ha appeso un articolo della Gazzetta del Profeta che deve essere di molti anni fa: nonostante la pagina sia ingiallita, si vede un giovane ragazzo volteggiare sulla sua scopa e afferrare un boccino in un enorme stadio. Il titolo a caratteri cubitali dice: “JAMES POTTER FA VINCERE ALL’INGHILTERRA I MONDIALI DI QUIDDITCH!”.
Io mi volto verso di lui, e per un attimo rimango stupito di trovare una persona anziana e non un ragazzo agile e scattante. «Sei diventato un Cercatore professionista?»
«Sono diventato il migliore di tutti» risponde lui, e questa volta non lo dice per vantarsi, ma parla con sincerità.
«Ma io credevo… che tu e Sirius sareste diventati Auror» borbotto stupidamente.
Sirius si stringe nelle spalle. «Quando abbiamo vinto la guerra, non c’era più bisogno di essere dei soldati.»
«Così abbiamo fatto ciò che davvero volevamo» continua James, guardandomi con un sorriso rassicurante.
Annuisco una volta, e poi una seconda: forse sembro molto stupido in questo momento, ma il mio cervello impiega un po’ ad assorbire tutte queste informazioni. Mi volto a guardare il vecchio me e noto che anche lui mi sta guardando.  «Prima hai detto a James… di chiamarti preside» mi sforzo di dire, anche se le parole suonano strane perfino alle mie orecchie.
«Sì» annuisce il me del futuro, in maniera molto calma. «Sono il preside di Hogwarts…»
«Il preside di Hogwarts???» strillo quasi, e devo trattenere tutto me stesso per scusarmi gentilmente anziché svenire dallo shock. «Ma come… e Silente?»
«Silente è morto nella Guerra Magica» risponde piano Lily, usando un tono molto circospetto. «Senza di lui non ce l’avremmo mai fatta a sconfiggere Voldemort.»
«Dopo di lui, ovviamente, è stata Minerva ad avere la Cattedra. Io ho insegnato Difesa delle Arti Oscure fino a una decina di anni fa, poi sono diventato Preside.»
«Ma io…» borbotto, cercando di trovare un senso ai pensieri che mi girano in testa. «Io non credevo di voler fare l’insegnante.»
«Ci sono molte cose che non credevamo, no?» mi sorride gentilmente il Remus anziano. «Ma per fortuna dopo la Guerra tutto è cambiato.»
Di nuovo, guardo Emmeline e sento le guance andarmi a fuoco senza ritegno: ma questa è una domanda che voglio fare nonostante tutto, una domanda a cui ho bisogno di dare una risposta. «E voi due vi siete sposati…»
«Noi ci siamo sposati» mi corregge Remus grande.
«E avete- abbiamo dei figli?»
«Sì. Abbiamo una figlia, Sophie, sposata con un uomo brillante… Cedric Diggory. Ti ricordi di Amos? È suo figlio. Abbiamo anche due nipotini, John e Julian, ma non hanno voluto prendersi un giorno di vacanza perché quest’anno hanno i GUFO.»
 «Ma questo come è possibile? Io… io ho giurato a me stesso di non sposarmi mai, perché non volevo che la mia maledizione fosse un peso per la mia famiglia» balbetto, senza riuscire a metabolizzare del tutto quello che provo: le emozioni scorrono lungo il mio sistema nervoso come fiumi in piena, ed io oscillo in preda ad un misto di terrore e disperazione per ciò che ho appena scoperto. «Pochissimi mesi fa, ho promesso a me stesso che mai e poi mai mi sarei permesso di provare qualcosa per Emmeline… per te» mi correggo, guardando quella che un giorno sarà mia moglie e sentendomi in colpa perché, anche se le ho rovinato la vita, ne sono comunque felice. «Perché allora… come ho potuto?»
Sirius  ridacchia guardando il vecchio me. «Avevo dimenticato questo tuo lato da adolescente depresso.»
Ma lui –io- scuote la testa senza infierire. «Avevi- abbiamo giurato di non sposarci mai  fino a quando la nostra maledizione sarebbe stata un peso. E non lo abbiamo fatto, Remus…»
«Che vuoi dire?»
Remus del futuro mi guarda con gli occhi traboccanti di gioia, posandomi una mano sulla spalla e stringendomi così tanto da farmi quasi male. «Che la maledizione non c’è più. È finita, tanti tanti anni fa.»
«La maledizione…»
«Non c’è più» mi ripete di nuovo. «Non mi trasformo più nelle notti di luna piena da circa quarant’anni.»
Da una porticina della mia anima un briciolo di felicità tenta di farsi strada, ma io lo contengo con circospezione perché… sono così incredulo che mi sembra una cosa troppo bella per essere vera. «Ma come… come è possibile?»
Remus e Lily si guardano, scambiandosi un’occhiata di una complicità quasi antica. «Lily ha trovato la cura» mi spiega, dosando le parole con calma per darmi il tempo di assorbirle. «Un anno e mezzo dopo aver sconfitto Voldemort, circa. E questo l’ha resa… beh, la pozionista più famosa che il mondo della magia ricordi, credo.»
Lei alza gli occhi al cielo, per nulla imbarazzata: probabilmente sono decenni che le dicono la stessa identica cosa. Al contrario, James è completamente in visibilio per lei e la guarda con occhi adoranti da dietro le lenti spessissime degli occhiali. «Non ho la moglie più fantastica del mondo?»
In realtà, probabilmente adesso sto guardando Lily nel suo stesso identico modo. «È vero?» chiedo in un sussurro, ed in qualche modo so che ci crederò solo se sarà lei a dirmelo. «Hai davvero inventato una cura alla Licantropia?»
Lily annuisce con calma. «Ci stavo già lavorando ai tempi di Hogwarts… ai tuoi tempi. Alla fine della scuola Belby mi aveva offerto un posto nel suo laboratorio, ma io avevo dovuto rifiutare perché non potevo abbandonare l’Ordine della Fenice e tutti voi. Ma quando Voldemort è stato sconfitto… mi sono dedicata a questa ricerca con tutte le mie forze, e… beh, sì, l’ho trovata. È una semplice pozione, in realtà, che riesce a prendere un singolo aspetto della magia come se fosse un gene, e a riconvertirlo nel suo esatto opposto.»
Le ultime parole non le ho neanche ascoltate, probabilmente: ha trovato la cura. Io non sono più un mostro… non mi trasformo più, non sono più maledetto. Ho avuto una famiglia con la donna più meravigliosa del mondo, e dei figli. Ho un lavoro, io… sono una persona normale adesso. Il petto mi fa così male da rendermi difficile respirare: non avevo mai provato questa emozione prima di adesso. Perché non è felicità, o gioia, o tranquillità: è la sensazione che prova un carcerato che viene liberato dopo aver trascorso tutta la propria vita in catene. Finalmente sono libero- sono libero!
Emmeline allunga una mano verso di me e mi sfiora la guancia: è solo così che mi rendo conto di star piangendo come un bambino, eppure proprio non riesco a smettere. «Io… mi dispiace» biascico, anche se mi serve un po’ di tempo per ritrovare la voce. «È solo che…»
«Lo so» annuisce Lily. «Hai fatto così anche la prima volta che te l’ho detto.»
In maniera infantile, e imponendomi di ritrovare un controllo, tiro su col naso. «E cosa abbiamo fatto dopo?» domando a James, Peter e Sirius. «Abbiamo continuato ad essere i Malandrini?»
«Certo che sì» sorride James. «Non abbiamo mai smesso di esserlo, né smetteremo mai.»
«Solo che anche tu hai dovuto imparare a Trasmutarti» ride Sirius, in un latrato. «E indovina un po’?»
«Sono un lupo» sorrido, pensando che tutto questo suona talmente giusto da essere quasi spaventoso. «È così?»
«Sì» conferma anche Peter. «Ogni tanto torniamo anche ad Hogwarts, sai?»
A questo, non trovo altro da aggiungere: forse perché lo sapevo già, che finché James sarebbe rimasto in vita mai e poi mai avrebbe permesso alla nostra famiglia di rompersi, né a qualcuno di abbandonarci. È perché così deve essere, e adesso che mi trovo qui e guardo quelli che saremo tra tanti –tantissimi anni- da un punto di vista esterno, lo capisco: forse può esistere un mondo senza Malandrini, ma non può esistere per noi una vita che comprenda l’essere vissuta senza uno degli altri tre. Noi siamo destinati a stare insieme.  
«E ditemi della guerra… come abbiamo fatto a sconfiggere Voldemort?»
«Ti ricordi di tutte le nostre ricerche in biblioteca?» inizia a raccontare James. «Bene, sono servite a qualcosa: abbiamo scoperto che Voldemort aveva creato degli Horcrux…»
«Horcrux?»
«Aveva diviso la sua anima in alcune parti, nascoste in alcuni oggetti magici» spiega brevemente Frank. «A distanza di tutti questi anni, non ho ancora ben capito come abbia fatto Lily a scoprirlo in realtà…»
«Sì, ma tutto sarebbe stato inutile se non ci fosse stato Regulus» continua Mary, con la faccia riflessiva come se effettivamente stesse considerando l’idea di mollare Sirius per provarci con un Black più piccolo. «È stato lui a rivelarci quali erano gli Horcrux, e a dirci come distruggerli.»
«La nostra ricerca è durata più di un anno» aggiunge Peter, rabbrividendo all’idea anche se si tratta di un ricordo lontanissimo. «Ma alla fine ce l’abbiamo fatta.»
«E così siamo giunti alla battaglia conclusiva» e questa volta è Sirius a prendere la parola: il suo tono di voce è profondo e serio, nonostante sulle sue labbra aleggi il suo classico sorriso malandrino. «Silente aveva quasi sconfitto Voldemort da solo, era ad un passo… senza di lui James e Lily non ce l’avrebbero mai fatta ad eliminarlo definitivamente.»
Io strabuzzo gli occhi, guardando quella che potrebbe essere una comune coppia di nonnetti anziani seduti su un vecchio divano. «Siete stati voi?»
«Beh, per tre volte ci aveva sfidato» dice James, nel suo miglior tono determinato: le sue parole sono impregnate di un’energia che potrebbe scuotere le montagne. «Io e Lily ce lo eravamo promessi: dovevamo essere noi due a farlo.»
«Lo avrei fatto anche io, se sono non fossi stato impegnato ad uccidere quella pazza di mia cugina» precisa Sirius, giusto per darsi un tono.
«Ma che dici!» lo rimbecca Mary. «Se Peter non avesse distrutto l’ultimo Horcrux proprio al momento giusto, allora col cavolo che sarebbe finita così.»
«Peter?» e… beh, no, questa effettivamente proprio non me la aspettavo.
Ma lui si stringe nelle spalle in maniera mesta. «Già» pigola soltanto.
«E…» mi schiarisco la voce, sperando di non toccare un tasto troppo delicato. «Lily, che fine ha fatto Piton?»
«È morto» taglia corto lei, senza guardarmi. «È stata Dorcas Meadowes a farlo, insieme a Gideon e Fabian Prewett.»
«Ma… io pensavo…»
«Ci ha traditi, e ha cercato di far uccidere Harry quando era solo un bambino» mi spiega Alice, che evidentemente stenta a trattenere la rabbia ancora adesso. «Ha rivelato il giorno della Battaglia, e per poco Lily e James non sono morti.»
«Non per dire che avevo ragione» inizia James, trasformando un ricordo triste in un momento allegro. «Ma io ho sempre detto che era un tizio poco raccomandabile.»
«Dopo quella notte, tutto è stato molto strano, sai?» riprende a raccontare Lily, puntando i suoi grandi occhi penetranti dritti nei miei. «Non c’era mago o strega che non conoscesse il nostro nome, e ovunque andassimo tutti ci facevano i complimenti o volevano parlarci o farci delle domande. Improvvisamente siamo diventati gli eroi del mondo magico, ma… eravamo solo dei ragazzi.»
«Anche se le statue che hanno fatto in mio onore non mi sono affatto dispiaciute» sorride James, passandosi una mano tra i capelli scompigliati.
«Le mie erano più belle» infierisce ovviamente Sirius.
«Per anni, avevamo vissuto solo per la guerra» aggiunge il vecchio me. «E all’improvviso… ci siamo ritrovati ad avere un mondo di infinite possibilità, tutto per noi.»
«Così abbiamo fatto quello che ci riusciva meglio» sorride Alice, stringendosi al braccio di suo marito in maniera affettuosa e tenera. «Io e Frank abbiamo messo su famiglia, James è diventato un campione di fama mondiale, Lily viene studiata nei libri di magia, Mary ha girato il mondo… Remus è preside, Emmeline è a capo dell’ufficio dell’Applicazione delle Leggi sulle Arti magiche, e Sirius… beh, effettivamente nessuno sa cosa fa Sirius di preciso…»
Lui ci guarda con un sorriso malandrino, e strizza l’occhio. «Non lo saprete mai.»
 «Tutti noi abbiamo avuto una vita molto felice» conclude James, fasciando le spalle di Lily con un braccio e guardandola con la stessa intensità e nello stesso modo in cui l’ha guardata quel primo giorno di Hogwarts, una vita fa. «E siamo ancora una famiglia, anche se ci siamo allargati un po’…»
«Un po’? Ma se ogni Natale dobbiamo rubare i tavoli alla Sala Grande» borbotta Sirius.
«E Alice ha veramente esagerato» continua Mary. «Insomma, sei figli e quasi diciotto nipoti: mi sembra un tantino eccessivo.»  
Io rimango in silenzio, senza sapere bene cosa dire: ma forse, tutto sommato, è perché non esistono parole adatte. È che semplicemente li guardo… ci guardo, e finalmente ci vedo per ciò che siamo davvero: dietro le rughe, sotto i capelli bianchi, nonostante gli acciacchi e molti anni in più, la nostra vita è stata piena, e intensa, e memorabile; siamo stati compagni, amici, eroi… e poi mariti e mogli, genitori, nonni. E mai –mai- abbiamo dimenticato ciò che ci univa né abbiamo smesso di andare avanti.
E poi arriva la consapevolezza che questa vita è anche la mia.. sarà anche la mia. Che le persone che ho lasciato sono destinate a diventare quelle che ho trovato adesso, e giuro che il mio cuore potrebbe scoppiare di gioia. Non sono mai stato ottimista nella mia vita: mi sono rassegnato alla mia maledizione così come mi sono rassegnato alla guerra; ma adesso so che ci sono cose che possono essere sconfitte –che James aveva ragione quando diceva che avremmo solo dovuto crederci e restare uniti- e all’improvviso non vedo l’ora di tornare indietro nel tempo solo perché così sia domani.
Voglio conoscere i miei figli e i miei nipoti, voglio entrare ad Hogwarts e sentirmi al mio posto; voglio vedere le foto del matrimonio di Frank e Alice, voglio conoscere meglio Harry e Dorcas Potter e poi il piccolo Lily e Albus e James; voglio che la moglie di Peter sia mia amica proprio come tutti gli altri, voglio scoprire che lavoro fa Sirius e voglio…vivere. Semplicemente, voglio vivere.
«Quindi ci sbagliavamo» dico. «Tutte le nostre teorie su di una spia ad Hogwarts erano sbagliate…»
«Sì» sorride con calma James. «Ci siamo fatti prendere un po’ troppo la mano.»
Adesso che tutte le mie curiosità sono state soddisfatte, sento una sensazione di calma improvvisa invadere ogni singolo centimetro del mio corpo: è un misto di soddisfazione, pienezza, benessere e completezza. È una cosa viscerale, totalizzante…
«E gli altri membri dell’Ordine della Fenice?» domando, ma mi accorgo di parlare a fatica.
«Stanno bene» annuisce Peter.
«E che cosa è successo subito dopo…» comincio a chiedere, ma poi mi rendo conto che effettivamente non mi interessa davvero: so già tutto quello che volevo sapere, e non ho bisogno di altro per essere felice.
«Remus, è tutto okay?»
«Remus…? Remus, ci sei?»
«Remus! Ehi, Remus, apri gli occhi!»
«Remus….»
 
 
***
 
 
 
 
 
«REMUS!» strillo, colpendo il mio migliore amico con un mestolo dall’aria pesante.
E lui, finalmente, scatta in piedi.
«Ti sembra normale cadere in un calderone e metterti a dormire un attimo dopo?» sbotto, scuotendo la testa e chiedendomi perché tutte le persone della mia vita devono essere così strane: un fidanzato bizzarro, un migliore amico narcolettico e una migliore amica impazzita… insomma, che problemi hanno tutti?
«Dormire…?» borbotta Remus, che sembra quasi in trance. Le sue palpebre sbattono come ali di un boccino d’oro, impiegando un po’ per mettere a fuoco me e il posto in cui ci troviamo. Quando finalmente ci riesce, si alza in piedi come una molla e velocemente mi abbraccia in maniera decisamente folle. «Lily!» strilla – e da quando Remus abbraccia le persone?-  «tu… sono stato via delle ore, vero? Ma non hai idea di ciò che ho visto, io…»
«Delle ore? Remus, sei caduto in quella pentola un secondo e mezzo fa» rispondo stranita, allontanandolo da me per guardarlo meglio: credo che mai, mai e poi mai l’ho visto così contento in tutti gli anni che abbiamo passato insieme ad Hogwarts. «Ma si può sapere che è successo?»
«Ho visto il futuro… cioè ci sono stato… sono stato nel futuro, Lily ed era… era grandioso, io…»
«Nel futuro?» ripeto stranita, pensando meglio alle immagini e alla filastrocca incise in bassorilievo sul bordo del calderone. «Remus, non credo che…»
Lui mi guarda con gli occhi traboccanti di quelle che credo siano lacrime di commozione, prendendomi le mani e stringendole tra le sue. «Era il futuro, Lily: neanche io so come è possibile, ma devi credermi.»
«E ti è piaciuto?» mi azzardo a chiedere.
«Era la cosa più bella del mondo» risponde Remus, con aria sognante –tutto questo non è da lui. «Non vedo l’ora di dirlo a James, Sirius e a tutti voi… anzi» rettifica un attimo dopo «non voglio rovinarvi la sorpresa, lo vedrete da soli! Ma Lily… era così…perfetto.»
«Va bene» sorrido sbrigativamente. «Ma adesso usciamo da qui, okay?»
Remus, estasiato, si limita ad annuire sorridendo. «Dov’è Emmeline? Voglio parlarci… voglio passare del tempo con lei…»
«Era in giardino fino ad un attimo fa» dico, piacevolmente sorpresa: allo stesso tempo, però, guardando Remus così felice, mi sento terribilmente in colpa.
Quel calderone era sicuramente frutto di un maleficio, e probabilmente è per questo che qualche Potter lo aveva nascosto qui, molto tempo fa: non ho ben capito secondo quale tipo di magia nera funzioni, ma… Remus è sereno come mai prima, ed io non ho proprio il coraggio di dirgli la verità. C’era una filastrocca, incisa su un lato del calderone, e diceva:
Non è il futuro, ti voglio ingannare,
io illudo soltanto, non dimenticare.
È proprio il contrario che ti voglio mostrare,
questo è un fardello che dovrai portare.
   
 
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