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Autore: lenemckinnon    06/05/2016    1 recensioni
"Sirius Black non era mai stato una di quelle persone che si possono definire brillanti, eppure aveva fin da subito capito che Marlene McKinnon non avrebbe mai potuto essere sua amica. Quello che non sapeva, però, era che quello che c’era tra di loro non era odio, bensì qualcosa di molto, molto più complesso."
Esistono molti modi per amarsi: cercarsi, incontrarsi, odiarsi, rimpiangersi...Sirius Black e Marlene McKinnon ne hanno sperimentati molti, attraverso le molteplici liti e il loro desiderio inconfessato di proteggersi. Ho progettato questa raccolta che ripercorre - non necessariamente in ordine cronologico - molti di questi momenti di sarcasmo, di follia, di amore e di vita.
Blackinnon/accenni Jily
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Marlene McKinnon, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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8 maggio 1977, Hogwarts, Ufficio del Preside

L'aria della notte era particolarmente densa, quella primavera; in alto nel cielo si potevano distintamente notare spessi nuvoloni neri che minacciavano pioggia scrosciante e su tutto il castello regnava una cupa atmosfera.
Chino sulla sua scrivania di legno di noce, Albus Silente osservava con cautela alcuni minerali magici, mormorando fra sé e sé potenti incantesimi.
Concentrato com'era, non si accorse di quell'unico puntolino luminoso che ad un tratto fece capolino tra le nuvole rischiarando con la sua scia argentea parte della Foresta.
 
Il Patronus entrò sfrecciando nell'Ufficio di Silente così velocemente che l'anziano Preside si trovò a sobbalzare sulla propria sedia. Non ebbe tempo di stupirsi a lungo, poiché la capra argentea parlò con il tono burbero di Aberforth: "È successo quello che temevamo. Non abbiamo potuto fare niente per impedirlo…i McKinnon sono stati assassinati."
 
Lo scintillio del Patronus si dissolse piano, lasciando al suo posto una nebbiolina sottile.
Silente si portò una mano in alto, a sfiorare le sopracciglia corrucciate, mentre qualcosa di simile a una lacrima scivolava lungo la sua barba argentea.
Lo sconforto, lentamente, si impossessò di lui.
Era certamente inevitabile che in una guerra da entrambe le parti si subissero delle perdite. Era la roulette della morte, il gioco della vita.
Anni prima aveva fondato l'Ordine della Fenice convinto che l'eroe fosse colui che sceglie di rimanere, di combattere per il bene superiore; il colpevole, chi scegliesse di abbandonare il campo.
Ma come avrebbe fatto a spiegare un concetto così crudele e atrocemente idealista a una ragazzina che era diventata maggiorenne da appena una settimana?
 
Marlene McKinnon stava volando sul suo manico di scopa nuovo fiammante; stringeva forte la mazza da battitrice che aveva faticosamente conquistato a forza di dure selezioni e una discreta noncuranza nei confronti di tutti quei pettegolezzi che la ritenevano in squadra solo perché migliore amica e cugina del Capitano James Potter.
Un bolide stava schizzando verso la sua destra, ma lei lo aveva intravisto e facilmente avrebbe potuto deviarlo dalla traettor…
CLANG
L'altro bolide l'aveva colpita in pieno volto rischiando di disarcionarla dalla scopa! Il dolore si mescolò rapidamente alla frustrazione per non aver compiuto il suo dovere di battitrice, ma nel frattempo…tutto diventò più sfumato, mentre il rumore della folla esultante risuonava indistinto, i sensi stavano per abbandonarla…
 
Marlene si svegliò di soprassalto, nelle orecchie ancora il clamore della partita di Quidditch.
Accanto a lei, le sue amiche Mary Macdonald, Lily Evans ed Emmeline Vance erano sprofondate in un sonno apparentemente privo di turbolenze nei loro letti a baldacchino scarlatti. Alice probabilmente non era ancora tornata dalla sua scorribanda notturna con Paciock.
Notò subito che nell'aria c'era qualcosa che non andava e un senso di oppressione e paura si impossessò di lei. Probabilmente non era altro che il ricordo di quel sogno, così vivido e realistico nei minimi dettagli, ad acuire la tensione dei suoi nervi.
Stava giusto per imporsi di calmarsi quando una sottile striscia di luce apparve sul pavimento di legno del dormitorio: Marlene lo seguì con lo sguardo fino alla porta, da dove sembrava provenire. Sgattaiolò il più furtivamente possibile fuori dal baldacchino, ben attenta a non calpestare le riviste di Quidditch di Mary (i giocatori si mettevano a urlare se per sbaglio gli rompevi il naso) o il permaloso gatto di Lily.
Lentamente si avvicinò alla porta, maledicendosi di non avere la bacchetta a portata di mano, e a sangue freddo la spalancò.
 
Tutte le sue paure sfumarono nel momento in cui si trovò di fronte alla Professoressa McGranitt, la bacchetta ancora in aria, cuffia da notte e vestaglia scozzese. Se sul suo viso non ci fosse stata un'espressione così grave probabilmente Marlene le sarebbe scoppiata a ridere in faccia senza nessuna remora.
 
"Signorina McKinnon, perdona l'orario, ma c'è una questione di vitale importanza della quale vorrei discutere con te in Sala Comune, ora." Il tono autoritario e allo stesso tempo preoccupato non ammetteva repliche, ma la ragazza trovava ancora troppo comica la situazione per impedirsi di rispondere a tono.
"Professoressa, pensavo che ormai avesse deciso di assegnarmi una E ai M.A.G.O. di Trasfigurazione, non credevo di doverle dimostrare le mie abilità in piena notte."
"McKinnon, per cortesia, siediti. Ho…ho qualcosa da comunicarti."
 
Forse fu il modo in cui disse "comunicarti" a metterle i brividi, forse fu lo sguardo severo e al contempo velato di una tristezza inconsolabile, o forse quello che venne dopo fu semplicemente insostenibile da ascoltare: Marlene urlò, tappandosi le orecchie e serrando gli occhi in un buio dai contorni indefiniti, rifiutandosi di credere anche solo ad una delle parole senza senso che uscivano dalla bocca della McGranitt, desiderando solamente precipitare in un'altra dimensione e dimenticarsi di tutto quel dolore che ora iniziava ad attanagliarle le viscere.
 
Corse via, noncurante della voce della McGranitt. Corse oltre il buco del ritratto, corse lontano dalla Sala Comune, senza una direzione precisa, semplicemente via da quel mondo triste dove era precipitata. Il mondo di Marlene era colorato e folle, ricco di affetto e contornato da un sarcasmo pungente. Nulla di tutto questo avrebbe potuto esistere ancora, quando loro…quando loro non esistevano più.
 
Andò a sbattere improvvisamente contro qualcosa di duro e allo stesso tempo accogliente. Era ancora troppo sconvolta per rendersi conto che in quello strano buco nero nel quale era precipitata le cose avevano uno spessore e una dimensione, ma poi una voce parlò riportandola bruscamente alla realtà.
 
"Lène …cosa diavolo è successo?"
Non fece in tempo ad alzare lo sguardo con aria interrogativa che aveva già indovinato il proprietario della voce. Di quella voce. C'era solo una persona in tutta Hogwarts a chiamarla "Lène", ed era certamente l'ultima persona che la ragazza avrebbe voluto incontrare in quelle condizioni.
 
Marlene chiuse gli occhi scuotendo il capo con aria distrutta, mentre le lacrime iniziavano a rigarle il volto e a scorrere copiose sulle sue guance; Sirius spalancò le braccia e le avvolse in modo impacciato attorno alla schiena di lei, ora scossa da molteplici singhiozzi.
 
Non c'era niente di bello, niente di romantico e certamente niente di confortevole nel restarsene lì avvolti in un abbraccio scomposto e forse un po' forzato con Sirius, ma Marlene sapeva nel profondo del cuore che lui era l'unico in grado di capire davvero i sentimenti sconnessi che ora si agitavano dentro di lei. Ci sarebbe stato tempo, poi, per parlarne o per ignorare del tutto quel gesto dettato dalla disperazione, ma ora aveva solo bisogno di abbandonarsi alle lacrime.
 
Era la sua famiglia, quella che era stata spazzata via dalla furia omicida di quei bastardi; la sua famiglia, che era fatta per rimanere a vivere insieme nella loro grande casa per il resto della vita. Erano semplicemente nati per proteggersi a vicenda contro le avversità del mondo, ed erano entrati nell'Ordine perché anche quelli che non potevano proteggersi ricevessero la dignità di essere trattati come persone umane. Era persino troppo presto per pensare alla vendetta. Troppo presto per pensare a qualsiasi cosa che non fosse…
 
"Se ne sono andati. Se ne sono andati tutti, Sirius. Per lungo tempo ho sperato che qualcuno potesse vedermi, davvero vedermi. Non solo come una ragazza che balla oltre la mezzanotte, ama il Whiskey Incendiario e che è uscita con molti più ragazzi di quanti una qualsiasi persona rispettabile avrebbe dovuto fare, ma come qualcuno che parla con le piante e sottolinea i libri che le piacciono, perché è questo che faccio io nel tempo libero, è questo quello che sono. Solo la mia famiglia ha saputo cogliere davvero questi tratti del mio carattere, supportarmi nei miei momenti lunatici, sai…si sono sempre tutti stretti al mio fianco. Nessun altro ha mai saputo che quando sono nervosa mordicchio…"
"Le piume, già. Oppure inizi a percorrere la stanza a grandi passi bisbigliando a bassa voce, e senza accorgertene definisci traiettorie perfettamente circolari. Il cerchio è l'elemento che circonda la tua vita, Marls, da quando gesticoli a quando scrivi la pi con quella calligrafia un po'…tonda, ecco. Vedrai che riuscirai a trovare la tua quadratura del cerchio anche in questa storia"
 
Sirius fece una pausa. Il silenzio della notte li avvolgeva e sembrava precipitarli in un'altra dimensione. "La tua famiglia è la tua forza, Lène, ma non permettere che la tua vitalità se ne vada con loro. Io…io ho visto quello che sei veramente. L'ho visto e…lo vedo tuttora."
 
Marlene alzò lo sguardo verso il ragazzo con aria stupita, un velo di lacrime ad appannarle ancora i luminosi occhi blu. Era incapace di rispondere, non si sarebbe mai aspettata che Sirius Black la osservasse da vicino e conoscesse i piccoli dettagli delle sue abitudini nascoste. Sirius Black parlava per enigmi, compiacendosi del fatto che dicendo una cosa in realtà ne stesse omettendo altre cento.
Marlene considerò che mai come in quel momento si era trovata in difficoltà nel cercare di dare un nome a quel tipo di sentimenti che si agitavano nel suo stomaco, dopo che il ragazzo aveva ammesso a cuore aperto di vederla per ciò che era veramente.
 
Soltanto amici.
Ecco cosa dicevano Marlene e Sirius, a chiunque chiedesse loro cosa fossero. Chissà perché, ma ai due veniva fin troppo difficile mentire persino al proprio cuore. Era più semplice, no? Fingere che l’attrazione reciproca non fosse altro che semplice amicizia. Era più semplice far finta che quegli sguardi carichi d’amore non contenessero nient’altro che mero affetto. Era più semplice ignorare il batticuore, ignorare i brividi, ignorare il fatto che non riuscissero a staccarsi le mani e gli sguardi di dosso.
Lui prendeva tutto alla leggera, o perlomeno fingeva di farlo.
Lei lo sbeffeggiava, facendo un passo avanti e tre indietro per evitare di dargli il potere di scalfirle il cuore.
Erano sempre così vicini, così vicini dal baciarsi. Eppure troppo spaventati dal dolore per concedersi all’amore, erano così stupidi.
E soltanto amici.
 
Era questo che aveva sempre pensato Marlene riguardo al rapporto con Sirius, certamente non il fatto che un giorno si sarebbe trovata a guardarlo negli occhi tentando di capire se fosse davvero arrivato il momento di fare qualche passo in più in avanti. Lui lo aveva fatto a suo modo, confessandole di averla guardata, guardata veramente, perché dunque non avrebbe potuto anche lei avventurarsi su quel baratro di incertezze? Ma questo le poneva di fronte tutta una serie di questioni.
E' davvero possibile riconoscere i punti di svolta quando ci si incappa dentro? Tutto quello che bisogna fare è proseguire in una o in un'altra direzione?
E, bloccata a mezz'aria sul baratro, pressoché irraggiungibile, la domanda più temibile tra tutte: può una scelta includerne un'altra?
 
Ma Marlene non rispose alle domande che vorticavano incessantemente nella sua testa. Era ancora troppo presto e la ragazza era ancora troppo scossa dai recenti avvenimenti per dare una risposta a questi interrogativi.
Lentamente, si lasciò avvolgere dal semplice abbraccio di Sirius, inclinando la testa per aderire completamente al suo petto.
Sì, ci sarebbe stato un tempo adatto per parlare, ma ora tutto quello che contava nella testa di Marlene era dimenticare il mondo intorno a sé inalando l'odore fresco del dopobarba di Sirius.
 
Sembrava l'inizio di una qualche felicità.
Perché è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità.
 
SPAZIO AUTRICE PERSONA CHE HA SCRITTO QUESTA STORIA COSA
Forse è un capitolo un po’ transitorio e perlopiù riflessivo, ma me la lascereste una recensioncina? Piccola piccola? *.*
La citazione finale è, naturalmente, di Baricco.
Mi dispiace aver fatto fuori i McKinnon prima ancora di averveli presentati come si deve. Abbiate fede, compariranno anche loro nella storia.

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