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Autore: Red_Coat    08/05/2016    3 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Era mezzanotte passata quando il pianto del piccolo Keichii, poco meno di un anno di vita, svegliò l'anziana Manimi dal suo sonno.
Riaprì gli occhi ancora impastati dal sonno e allungò una mano verso il cuscino di Yukio, solo per trovare il suo posto vuoto.
Stupita, osservò per qualche istante le lenzuola divelte, quindi accese la luce e si alzò con cautela dal letto, inforcando le ciabatte.
Uscì dalla stanza stringendosi nella leggera vestaglia di seta che il clima primaverile gli aveva concesso di poter indossare, e raggiunse per prima la camera di Hikari da cui continuavano a provenire i lamenti del piccolo.
La trovò seduta sul letto, i lunghi capelli raccolti in una morbida treccia un po' arruffata e le braccia strette attorno al corpicino del bambino, che indossava un completo di maglia e pantalone a righe di seta blu, bianco e beige, e aveva ancora gli occhi chiusi.
Lo stava cullando con un movimento ondulatorio del suo corpo, accarezzandolo piano e rassicurandolo con l'unico suono che poteva emettere, quel sussurro emesso dalla lingua tra i denti.
Non appena la sentì arrivare alzò la testa verso di lei, e sorrise, come per dirle che era tutto apposto.
Nello stesso momento, il piccolo riaprì piano gli occhi e guardandola tra i singhiozzi mormorò la parola "mamma", una di quelle facili che aveva imparato da quando aveva iniziato a parlottare e che ripeteva più spesso, assieme al corrispettivo "papà".
Manimi osservò con tenerezza mentre Keichii avvolgeva le piccole braccia attorno al collo di Hikari e continuava a singhiozzare, immergendo la testolina nell'incavo del suo collo. Hikari sorrise, lo abbracciò forte e se lo trascinò dietro, mentre si rimetteva distesa a cercare di riprendere sonno.
Prima di chiudere gli occhi, la salutò con un sorriso e un cenno della mano, e Manini le rispose alla stessa maniera.
Quindi richiuse la porta alle sue spalle e se ne andò verso lo studio che era diventato anche di suo marito, dove lo trovò, vestito di tutto punto intento ad infilare alcune carte nella borsa di cuoio.

<< Yukio ... >> lo chiamò, preoccupata, affacciandosi alla porta

Lui alzò la testa verso di lei e la guardò sorpreso. Per qualche istante tremò, poi però si riprese

<< Devo andare, credo che succederà un'altra emergenza stanotte. >> disse, chiudendo la borsa

Manimi si avvicinò, diede un'occhiata ai fogli rimasti sul tavolo. Erano stralci di un trattato di psicologia. Aveva passato tutto il pomeriggio e tutta la notte a studiare.

<< Credi? >> bofonchiò, sempre più preoccupata

L'uomo le prese le mani, tremante. La guardò dritto negli occhi

<< Il bambino ... >> disse << ... piange ogni volta che succede qualcosa a suo padre. >>

La donna rabbrividì.

<< E ho appena ricevuto una chiamata dalla madre di Victor. È sparito di nuovo, ma prima ha avuto un'altra crisi. >>

Rabbrividirono entrambi.
Poi l'anziana Manimi deglutì, e annuendo lo abbracciò forte, prima di concludere

<< Va bene, vai. Vai, sbrigati. >> aiutandolo ad indossare il lungo cappotto beige << E prenditi tutto il tempo che serve. >>

Yukio la guardò.
C'era tanto amore, tanto altruismo in quello che gli aveva appena detto. Un cuore grande che sarebbe anche stato disposto a perderlo, pur di far sì che quel ragazzo e sua nipote potessero riunirsi.
Sapeva che fino a quando non sarebbe stato in grado di ragionare, Victor non avrebbe potuto rientrare nella loro vita.
E sperava che i tempi fossero stati il più possibile brevi.
Per questo, era disposta a perdere preziose ore della sua vita con lui.
Il cuore colmo di commozione, Yukio le sorrise e la baciò sulle labbra, posandole delicatamente una mano dietro la nuca e tirandola e sé in un abbraccio.

<< Ti amo ... >> le disse infine

Lei sorrise, quindi scosse la testa e lo spinse via dolcemente, lasciando che se ne andasse e raccomandandogli di fare attenzione.
Il primo treno del mattino era tra mezz'ora, e a quell'ora di notte le strade di campagna erano più pericolose che di giorno.
Ma quando si trattava di un paziente il gioco valeva sempre la candela.

***

 

ELABORAZIONE DATI DI BACKGROUND IN CORSO ...
...
CONNESSIONE...

<< Qualcosa non va, soldato? >>

Il giovane sobbalzò, alzando di scatto la testa verso la voce e vedendo il suo Generale in piedi a pochi centimetri da lui, che scrutava il cielo nella stessa direzione in cui lo stava facendo lui poco fa
Lo guardò, a bocca aperta sia per lo stupore che per l'ammirazione.
Quando era arrivato? I suoi passi erano stati talmente felpati che anche attraverso i suoi sensi, un poco più sviluppati di quelli degli altri suoi compagni, non si era accorto di nulla
Ora, nonostante ricercasse di ottenere nuovamente un po' del suo autocontrollo, non gli restava che rispondere il più sinceramente possibile.

<< Stavo solo ... >> iniziò, scuotendo la testa e sforzandosi di sorridere << ... riprendendo fiato per un attimo. >> concluse invece in un rantolo, quando il dolore alla testa tornò a farsi sentire

Sephiroth annuì semplicemente, senza espressione, continuando a guardare il cielo pieno di stelle sopra di loro.
Appena ventenne da qualche giorno, il giovane Osaka pensò che aveva ancora una volta fatto la figura dell'idiota, e si ritrovò a desiderare nuovamente di poter essere esattamente come lui.
" Se solo riuscissi a non aver neanche bisogno di respirare come te " si disse, vergognandosi della propria natura " ... Se solo riuscissi a farlo, forse cominceresti a guardarmi in maniera un po' più diversa. Appena un po' di più ..."
Invece, ancora una volta Victor Osaka era stato l'inetto e Sephiroth il soccorritore, procurandogli un tale senso di vergogna e tristezza da fargli scivolare, sotto il casco che gli proteggeva la testa, un flotto di calde lacrime che era riuscito a nascondere a tutti meno che a lui.
Perché, nonostante le apparenze, Sephiroth era l'unico ad accorgersi di lui quando qualcosa non andava, l'unico a riuscire a capirlo prima ancora che Victor stesso lo sapesse.
E questo per lui ... non sempre riusciva ad essere propriamente un bene.
Soprattutto perché vanificava completamente ogni suo sforzo di apparirgli almeno un poco più forte di quanto non fosse, un poco più simile a lui.
Un altro breve attimo di silenzio. Il giovane ingoio le lacrime e sforzandosi di schiarire la voce disse, dopo un sospiro

<< Signore ... grazie. >> visto che ormai era inutile continuare sotto copertura

Sephiroth non si mosse. Spostò appena gli occhi di lato su di lui, lanciandogli uno sguardo di sottecchi, uno di quegli sguardi che non sapevano di nulla e volevano dire tutto, e un altro sonoro sospiro si levò dai polmoni di Osaka, che togliendosi il casco si passò una mano tra i capelli corti sulle orecchie e molto sfrangiati, e poi sugli occhi umidi, come per nasconderli.
Non solo il suo Generale era appena intervenuto per lui dopo che era stato messo a tappeto da un paio di wutaiani - tra l'altro con un semplice colpo in testa che lo aveva fatto crollare al suolo come un banale sacco di patate -, adesso si doveva anche mostrare a lui come il ritratto della nullità, un bambino frignante come tutti gli altri di fronte all'imperturbabile eroe di SOLDIER.
Misero.
Meschino e sfibrato, fin dentro alla parte più nascosta del suo essere, ecco come si sentiva adesso.
E quando la voce baritona e profonda dell'albino tornò a farlo tremare, per un lunghissimo istante quasi credette di morire

<< È mio dovere salvaguardare le vite che mi sono state affidate. >> disse, semplicemente

Victor annuì, chiuse gli occhi e abbassò il volto sconfitto, mentre lo sentì muovere i primi passi per tornare indietro.
Tuttavia a metà strada, proprio di fronte a lui, lo sguardo di Sephiroth si puntò sulla sua immagine, e un'ultima sentenza sfuggì da quelle sottili labbra, riscaldando quel suo cuore stanco

<< Sei forte, soldato. >> disse << Abbastanza forte da pensare di riuscire a farcela. >>

Osaka riaprì di scatto gli occhi, puntandoli nei suoi. Un'espressione stupita gli si dipinse in volto, e un brivido percorse la sua schiena.
La bocca si spalancò per parlare, ma non ne uscì alcun suono.
"C-cosa...?"

<< Ma la sola forza non ti basterà per vincere. >> proseguì il Generale, assicuratosi la sua attenzione << Nulla, del tuo passato, presente o futuro, dovrà mai più farti vacillare quando sei in battaglia. Anche solo un singolo istante può giocare a tuo favore, o esserti fatale. >> quindi, come se quella conversazione non fosse mai avvenuta, l'eroe di SOLDIER riprese la sua strada, tornando a guardare dritto di fronte a sé e lasciando il giovane Victor lì, seduto su quella roccia a chiedersi ancora se quella conversazione fosse stata frutto di fantasia o emozionante realtà, mentre un ultimo, inquietante avvertimento gettava ombre sinistre sulla sua prospettiva di vita assieme all'amato Generale

<< La prossima volta potrei non esserci. >>

" Spetterà solo a te decidere il tuo destino. "
Una vita senza ... Sephiroth?
Scosse il capo, sorrise. No, probabilmente non era quella la prospettiva a cui si stava riferendo.
Nessuno sarebbe mai riuscito a sconfiggere il grande eroe, nessuno avrebbe mai osato tanto.
Tuttavia ... non sarebbe stato sempre così, al suo fianco, indivisibile da lui.
E se voleva diventare un suo allievo, era venuto il momento di fargli vedere che non aveva bisogno di un babysitter per cavarsela. Sapeva farlo già molto bene da solo adesso.

INTERRUZIONE DATI...

***

Voci.
Si rincorrono nel buio anche se sto fermo dove sono.
Prima fra tutte, quella di quel ragazzo.
È più tangibile, più vicina delle altre. Le sovrasta.

<< Idiota. >>

mi dice

Z. << Non voglio che nessun'altro si faccia male per colpa mia. >>
G. << Lascialo andare ... >>
S. << La sola forza non ti basterà. >>

Dr. << Si sta già svegliando, devo anestetizzarlo di nuovo! >>

Z. << Tu mi capisci, vero? >>

<< È un attacco di panico, non stai morendo. >>

L. << Victor! Basta! >>

<< Anche se ci sei andato vicino, stavolta. >>

S. << Anche solo un singolo istante può giocare a tuo favore, o esserti fatale. >>

<< Soldatino testa dura... >>

S. << Nulla, del tuo passato, presente o futuro, dovrà mai più farti vacillare quando sei in battaglia. >>
A. << Proteggi il tuo onore di SOLDIER. >>

<< Riesci a spiegarmi ... >>

Z. << Sei un SOLDIER eccezionale, Victor. E so che farai in modo di essere la realizzazione del loro sogno! >>

<< ... cosa cazzo ne stai facendo della tua vita? >>

G: << Noi siamo ... mostri. >>

No ...

Z: << È questa la tua idea di onore?? >>

Basta ...

A: << Io sono il male del mondo... >>

No, no ...!

Erriet: << Tesoro ... resisti, ti prego... >>

S. << Tu meriti più di questo, Victor! >>

... S-sep ...

S. << La prossima volta potrei non esserci. >>

Sephiroth...!

<< Vuoi esserci, quando tornerà? >>

Ugh!

Dr. << Passami il filo, in fretta! Dobbiamo fermare l'emorragia. Presto, su! >>

S- sephiroth...

<< La scelta spetta solo a te ... >>

... tornerà?

S. << Il dubbio, la paura e l'esitazione... >>

<< Hai ancora dubbi su di lui? >>

I-io ...

S. << ... sono i peggiori nemici di un SOLDIER. >>

<< Tsh, ora capisco perché se n'è andato.
Sei un idiota. >>

Io ... sigh!
... Si.


Si, lo so ...
Solo un idiota.

***

Il dottor Fujita abbandonò i guanti in lattice sporchi di sangue nella tasca anteriore della borsa di cuoio e si stravaccò sulla sedia della scrivania accanto al letto, lasciandosi andare ad un sospiro esausto.
Erano passate ben due ore da quando aveva iniziato l'intervento con la massima urgenza, un interminabile lasso di tempo che aveva messo a dura prova i suoi nervi e la sua abilità da chirurgo ma che, per fortuna, era finito bene.
Certo, ora le lenzuola erano imbrattate di sangue come il camice che indossava e forse anche i suoi vestiti, e lui era tremante e sudato fradicio, ma almeno avrebbe potuto dire a Yoshi ed Erriet che il loro unico figlio ora era fuori pericolo e si sarebbe ripreso.
Anche se la spaventosa ferita che aveva riportato lo avrebbe costretto a letto per molto tempo, e questo forse avrebbe giovato un po' a tutti.
Lo guardò dormire sotto l'effetto del forte anestetico che aveva dovuto somministrargli per evitargli ulteriore dolore, abbandonato sul letto come se non sapesse più di che farsene di quel corpo, i pugni ancora stretti e la faccia piena di lividi.
Dalle narici spuntava il bianco dei pezzi di cotone che aveva dovuto applicargli per fermare anche quella emorragia, ora quasi totalmente coperto dal rosso del sangue.
Sospirò di nuovo, misurandogli con delicatezza il battito polso, e pensò che forse per questa volta avrebbe dovuto lasciar fare a Yoshi, che lo conosceva meglio.
Non aveva idea di come si fosse procurato quella ferita così profonda, ma di sicuro non era stato lui a farsela.
Era strano.
Sembrava stesse cercando in ogni modo di morire, ma i fatti dimostravano invece tutto il contrario.
Forse non voleva farlo davvero. O magari non aveva il coraggio

" Sentimenti di colpa, di inutilità, mancanza di speranze
e senso di vuoto;
pensieri ricorrenti di morte o di suicidio. "

Erano alcuni dei sintomi psicologici tipici della forma più grave di depressione, descritti nel trattato di psichiatria che aveva studiato a lungo nel corso di quei giorni, da quando gli era saltato in mente quel dubbio.
Ad essi di solito si aggiungevano altri sintomi fisici persistenti che non corrispondevano alle cure mediche, ovvero sia mal di testa, problemi di digestione, dolori persistenti e generalizzati
Ma forse, questa non erano l'unica spiegazione ...

" Appiattimento affettivo (con perdita di interesse verso cose, persone e situazioni), uno stato di allerta costante
(caratterizzato tensione, ansia, iper-reattività agli stimoli, difficoltà di concentrazione e insonnia)
ed evitamento degli stimoli che possono ricordare il trauma
(associato a una sensazione di disagio invalidante) "

Questi erano invece alcuni sintomi tipici della sindrome post traumatica da stress di cui di solito soffrivano i soldati di ritorno dal fronte.
Ne aveva visti parecchi prima di lui ridursi così, e anche se era passato molto tempo da allora (l'ultimo paziente che aveva curato era stato proprio Mikio Inoue, nonno del ragazzo), non gli ci era voluto molto, per ricordarsi com'era.
Anzi, dopo che aveva visto un suo paziente - un giovane di appena 22 anni - suicidarsi davanti ai suoi occhi proprio per colpa di questa sindrome, per un periodo si era ritrovato a soffrirne anche lui, fino a che non aveva imparato ad accettare che un medico non più impedire che le persone muoiano, solo fare il possibile perché non accada.
Forse ... ma questa era solo un'ipotesi ... Victor stava attraversando lo stesso tormento, e per uscirne avrebbe dovuto imparare la stessa lezione.
Continuo a guardarlo, osservò i ritratti di Sephiroth che tappezzavano la stanza, e ripensò a ciò che Erriet era stata in grado di dirgli riguardo all'assente forse non tanto ingiustificato della questione: Zack.
Quel suo commilitone di cui non parlava mai e per cui era partito, lasciando la sua famiglia e quel posto da 1st class in SOLDIER per cui aveva tanto, compiendo un giro attorno al pianeta e affrontando chissà quali pericoli nella speranza di scongiurare quel "pericolo" che sentiva quasi realizzato.
Era tornato agonizzante, solo, e rabbioso.
Non ci voleva molto a capire che qualcosa era andato sciaguratamente storto.

" Il sintomo cardine per la diagnosi di disturbo post-traumatico da stress è la 'riesperienza del trauma', che consiste in un insieme di
ricordi e sensazioni così intensi e realistici da dare al paziente la netta sensazione di rivivere il momento 'catastrofico'.
La sua manifestazione più estrema e coinvolgente è il
flashback.
Non si tratta di un'allucinazione, poiché la persona interessata è cosciente di non essere nel luogo e nel momento già vissuto, ma
gli elementi che stimolano il ricordo e le sensazioni che ne derivano sono esattamente sovrapponibili a quelle originali.
La
riesperienza del trauma può verificarsi in qualunque momento: di solito compare con maggior probabilità
quando la persona si trova in situazioni che ricordano il trauma, ma spesso si manifesta anche in circostanze insospettabili.
L'elemento scatenante può essere anche soltanto un colore, un odore o un suono.
"

Questo era ciò che diceva il trattato, in parole semplici.
In questo caso però, ad essere strano era il comportamento del ragazzo nei confronti di ciò che avrebbe potuto rievocare il trauma.
Di solito, per il soggetto affetto da PTSD la paura era talmente tanto intensa da indurlo a cercare di non avere nessun genere di contatto con esso, spingendolo ad isolarsi e a cambiare spesso anche radicalmente le abitudini di vita.
Victor Osaka invece, pareva replicare esattamente tutto ciò che lo aveva portato quasi alla morte e che (quasi sicuramente) era costato la vita al suo compagno.
Come se volesse riviverlo sulla sua pelle.
Come se ... stesse cercando di punire sé stesso, o di farsene una ragione.
E alla fine, nei momenti di lucidità o quando qualcuno tirava nuovamente fuori l'argomento, ecco che il disturbo e la depressione si ripresentavano, uniti con molta probabilità al senso di colpa.
Come già detto, erano solo semplici supposizioni, le sue, alla luce dei pochi elementi che aveva a disposizione.
Anche sua moglie Manimi gli era stata molto utile, descrivendogli questo SOLDIER di nome Zack come un ragazzo giovane, pieno di vita, amichevole e pieno di ideali.
Gli era servito a capire meglio la profondità di sentimenti che Victor, essendo in pratica completamente l'opposto, aveva provato e continuava a provare nei suoi confronti.
Ricordava ancora la profondità dei tagli e delle pallottole che aveva dovuto estrargli dal corpo la sera del suo ritorno a Midgar.
E rabbrividiva, ogni volta che cercava di immaginare quale sorte fosse toccato al povero Zack.
Forse, Victor ne era stato spettatore e aveva cercato di fermarlo?O quelle pallottole lo avevano raggiunto solo dopo la morte dell'amico, impedendogli quindi di vedere e intervenire?
Qualsiasi di queste fosse stata la ragione, bisognava fermare ad ogni costo questo circolo vizioso di dolore, perché avrebbe finito per darsi la morte, ammesso che non ci avesse già provato.
Ma come? Come farlo? Come superare quel muro di silenzio ostinato senza rischiare di esserne travolti o di peggiorare la situazione, salvaguardando soprattutto la salute del paziente e di chi gli stava intorno.
Mentre ci pensava, Yukio posò distrattamente gli occhi sul comodino e si accorse che da dentro il cassetto socchiuso luccicava la sagoma piccola e aggraziata di un ciondolo in argento a forma di cuore.
Lo fissò pensieroso per qualche attimo, quindi senza fare rumore aprì ancora un poco il cassetto e lo prese in mano, pensieroso.
Non era la prima volta che lo vedeva.
Victor lo indossava probabilmente durante il suo viaggio, lo aveva quando era tornato a casa morente e per tutti quei mesi non se lo era mai tolto.
Più di una volta aveva notato che nel sonno lo stringeva, e a dir la verità anche adesso ...
Si era mosso, e la sua mano destra cercava qualcosa vicino al suo cuore.
Rimase per un attimo ad osservarlo, quasi col timore che avesse potuto svegliarlo, poi però trasse un sospiro, e accortosi che nel ciondolo vi era un meccanismo lo fece scattare, aprendolo.
Manimi gli aveva già parlato di quel ciondolo, perciò non fu sorpreso nel vedere l'immagine della sua nipotina, sorridente in una giornata di sole nello splendore dei suoi 20 anni.
Sorrise e, proprio in quel momento, una voce lo riscosse

<< Non è bastato ficcare il naso nella mia vita e nella mia famiglia ... >>

Alzò lo sguardo, a bocca aperta.
Victor era sveglio, gli occhi gonfi e neri, il naso coperto dalla bendatura bianca. Non aveva la forza di muoversi, ma lo guardava come se fosse un ladro preso con le mani nel sacco

<< ... ora lo fa anche con la mia roba? Vuole prendersi anche quello? >> gli chiese, riferendosi al ciondolo, quindi concluse sarcastico << Sotto al materasso c'è della droga. Gliela regalo, già che ci siamo. >>

Fujita ci mise un po' a capire quella presa in giro, ma quando lo fece si sciolse in un sorriso e chiuso il ciondolo continuò a fare come se nulla fosse, rimettendolo dove lo aveva trovato e chiudendo il cassetto.
Victor lo osservò in silenzio.

<< Come ti senti? >> chiese, inclinando di lato la testa
<< Vivo ... >> fu la risposta, non tanto soddisfatta

Il medico annuì

<< E... >> replicò << ... questo è un bene, no? >>

Osaka si concesse un ghigno e trattenne una smorfia di dolore quando, soffiando col naso, una fitta lo fece vibbrare.
Attese che passasse, quindi rispose

<< Dipende dai punti di vista ... >> rilassando i muscoli, tirando un sospiro << Per quanto mi riguarda, no. >> concluse amaro, voltando il capo e fissando un punto imprecisato della scrivania sgombra.

Fujita annuì, in silenzio.
Mancanza di speranze e senso di vuoto.
Strofinò piano le mani sudate sulla stoffa del pantalone, quindi riprese

<< È molto bella ... >>

Così, giusto per provare.
Lo vide rabbrividire, riaprire di scatto gli occhi che aveva chiuso. Attese reazioni, ma per qualche istante fu solo silenzio, e immagini che solo il giovane era in grado di vedere.
Flashback.
Poi, la voce tornò. Più tremula, ma quasi atona.
In un semplice

<< Già... >>

Yukio annuì ancora.
Quanto tempo era, che indossava quel ciondolo?

<< È ... la tua donna? >> chiese ancora

Victor ghignò di nuovo. Più amaro, triste.
Non rispose, si limitò a scuotere la testa, quasi come a fargli capire di no, e che era inutile parlarne.

<< Mh... >> fece Yukio << E... come mai? >>

Attirandosi uno sguardo di traverso dall'altro.
Ecco, ecco il limite invalicabile che non poteva essere sorpassato per pericolo di morte.
Quel sospetto negli occhi gli indicava che era meglio non procedere oltre. Eppure, proprio quando stava per seguire l'istinto di alzarsi e uscire dalla stanza, l'inaspettata risposta lo bloccò, colpendo nel segno

<< Non la merita ... >> aggiunse l'ex SOLDIER, chiudendo nuovamente gli occhi e stringendo i pugni << Non la merita, questa vita di merda. >>

(Continua ...)

 

   
 
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