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Autore: Jareth01    08/05/2016    4 recensioni
«Se solo… li avessi io, i tuoi dannati poteri! Vorrei controllare il tempo, vorrei mettere sottosopra il mondo intero! Così capir…» non fece in tempo a finire la frase, che la vista le si appannò; si sentì cadere, sprofondare sempre più in basso, finchè non perdette completamente i sensi.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Nuovo personaggio, Sarah, Toby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAP. 3
 

Fu proprio dalla finestra che apparve, in una nube di luce, la nuova regina della città di Goblin.
Jareth aveva immaginato più e più volte quella scena nelle lunghe notti in cui si abbandonava ai suoi pensieri, fantasie in cui lui era il vincitore e Sarah al suo fianco: ma ora che era davvero di fronte a lui, nella situazione opposta, non riusciva a provare rabbia o rimorsi alcuni, tanto gli mozzava il fiato la bellezza di quella fae.
Si sentì, come poche volte nella vita, stanco di tutti i libri, dei rapimenti, delle crudeltà e delle regole della magia, del suo ego da mantenere - di cui era pur consapevole - e della sfida che avrebbe dovuto, di lì a poco, sostenere: avrebbe voluto abbandonare tutto all’istante, smettere di essere il terrificante re di Goblin, se il costo era combattere una creatura del genere.
I suoi occhi, però, scesero presto a soffermarsi sui ricami del mantello, delicati ma inequivocabili: riconobbe velocemente i simboli che raffiguravano, riconducendoli senza difficoltà ai vari territori dell’Underground. Il medaglione che indossava, invece, rappresentava nientemeno che il Distretto delle Cinque Stelle: era molto diverso dal medaglione di Goblin, che avrebbe dovuto tenere al collo. A quanto pare Sarah, cosciente o meno, regnava non solo sul labirinto, ma su più di metà Underground: certamente Arthur, nell’esaudire il suo desiderio, aveva cercato di darle più potere possibile in attesa di sfruttarlo nella presa della Loggia Reale.
No, lui, seppur umano, era l’unico a poter stroncare questa storia sul nascere, non avrebbe mai potuto tirarsi indietro!
 
Sarah, alla vista del ragazzo, ebbe un attimo di sbandamento: era davvero Jareth? I capelli rossi, i vestiti…non avrebbe mai immaginato di vederlo in quel modo, ma il viso, con quegli occhi e quegli zigomi, non lasciava adito ai dubbi. Era evidentemente diventato umano, ma perché assumere quel particolare aspetto anziché un altro? Si rese conto di conoscere poco di lui. A parte ciò che aveva imparato durante la sua precedente avventura – di cui molte cose rimanevano, per lei, ancora un mistero – e qualche divertente aneddoto raccontatole da Gogol, non aveva altri indizi sulla sua identità. Certo, trattandosi di una creatura dell’Underground, ne sapeva pur sempre più di molti altri.
Si accorse, infine, dell’imbarazzante somiglianza col cantante preferito di Toby e non potè fare a meno di scoppiare a ridere, interrompendo il silenzio creatosi.
«Ziggy Stardust, sei tu?» 
Ma insomma, rispettate la dignità di un re decaduto! «Regina di Goblin, è qui per ridere del mio aspetto o ha bisogno di ripetizioni di latino?» rispose, seccato.
«Se solo ti vedesse Toby….» ti chiederebbe un autografo, ridacchiò tra sé e sé. «Ma non sono qui per questo. Scommetto che ti manca il Labirinto» fece, ironica.
«Sarah, ascoltami, non sei la regina del Labirinto, è…»
Lo interruppe. Non avrebbe ascoltato le sue fandonie un’altra volta. «Invece sì, come vedi, e potrò esserlo per sempre. Ma sono generosa… e voglio offrirti un’occasione per riavere il tuo regno» aggiunse, sorridente. Com’era bello trovarsi finalmente dall’altra parte!
«Ferma Sarah, Arthur è un bugiardo! Ti sta ingannando, non è …»
Jareth vide davanti a sé l’Underground.
«Hai tredici ore per superare il labirinto ed arrivare al Castello oltre la città di Goblin,  prima che il tuo regno diventi mio, per sempre. Sarebbe un tale peccato…»
«Rimarrai intrappolata qui, non tornerai mai a casa! Lasciami spiegare…»
Era ormai troppo tardi: Sarah sparì, lasciandolo solo.
Non aveva voluto ascoltarlo nemmeno per un momento, era sempre così testarda! Ed ora, all’improvviso, sembrava piacerle l’idea di diventare regina. Inaudito. Quello sbruffone di Arthur era forse riuscito a farle il lavaggio del cervello?
No, Sarah non avrebbe mai accettato di restare nell’Underground, lui lo sapeva. Nessuno le avrebbe fatto cambiare idea. Le aveva senz’ altro promesso che sarebbe tornata nel sopramondo quanto prima. Doveva sicuramente credere che tutto questo si trattasse solo di un gioco, di una vendetta nei suoi confronti, non c’era altra spiegazione.  
Beh, il labirinto è una mia creatura, hanno perso dal principio –pensò Jareth, mentre scendeva la collinetta desolata e sabbiosa. Arrivò alla cinta muraria, che lui stesso aveva ornato di obelischi e rose rampicanti. Si diresse verso la grande porta di pietra ma, con sua immensa sorpresa, era sparita: al suo posto, solo mattoni ricoperti di foglie e brulicanti di fastidiosissime fate.
Così Sarah sta cambiando il mio labirinto. La cosa lo turbava: si sentiva come un bambino a cui avessero tolto la propria stanza, con dentro tutti i suoi giochi preferiti, per farne chissà cosa. Inoltre era ben cosciente del fatto che la difficoltà nell’attraversarlo sarebbe esponenzialmente aumentata, ma cercava di ricacciare quest’ultimo pensiero, facendo difficoltà ad accettarlo.
Cominciò a cercare a tastoni un’entrata nascosta, che doveva pur essere da qualche parte. Infastidito dalle piccole fate, ne colpì un paio con la mano, senza pensarci più di tanto. Non fu una mossa saggia: si avventarono tutte su di lui per morderlo, come un vespaio impazzito. Quant’era difficile, senza poteri…
«Maledizione! Stupido Trogolo, dove sei quando servi?» urlò, su tutte le furie.
Gli si presentò, accanto, un rugoso nano che spruzzò uno strano liquido sulle creature, facendole cadere al suolo.
« Oplà! novantaquattro, novantacinque, novantasei, novantasette! Che caccia fruttuosa!» esclamò, entusiasta. Jareth fu ben felice di aver trovato il suo suddito preferito.
«Gondolo! Finalmente sei qui! Devi indicarmi la porta del labirinto, subito!»
«Sono Gogol!» rispose il nano, spazientito. «E che modi sono questi? Non mi sembra proprio di conoscerti, signorino!»
«Gogolo, razza di idiota, sono Jareth, il tuo sovrano!» disse, chinandosi per essere alla sua altezza. «Fai ciò che ti ho detto, se non vuoi essere immerso nella Gora!»
«Oh, Jareth, sei davvero tu?» Gogol, sorpreso, divenne serio. «Comunque sia, non ho intenzione di aiutarti! Senza te in questo posto si sta meglio, altrochè, e preferisco di gran lunga Sarah come regina» aggiungendo, con una nota d’orgoglio «lei è mia amica e non mi manderebbe mai in quel fetore!»
Jareth s’illuminò. Sapeva come convincere il nano. «Povero Gogol, devi tenere tanto alla tua amica» disse in tono carezzevole «peccato che sia in grave pericolo… ops, non avrei dovuto rivelarti questo funesto segreto!» aggiunse, sottovoce.
Gogol, preoccupato, si avvicinò. «Un… segreto? La regina Sarah è in pericolo? Devo saperlo!»
«Ebbene, caro Trondol, se Sarah non mi riconsegnerà il trono entro tredici ore cadrà nelle grinfie di un essere infido, tanto malvagio quanto potente – e noi non potremo fare nulla per salvarla! Sarà la fine per lei e per il labirinto!»
Il nano si portò una mano davanti la bocca, terrorizzato. «Ma è terribile! Come possiamo evitarlo?»
«Dovrò arrivare al Castello prima che faccia giorno» fece serio. «Tu, invece, avvertirai Sarah del pericolo. Ma non dirle che te l’ho detto io, o non ti crederà».
Gogol era confuso, ma non dubitava delle parole del suo re. Lo conosceva da molto tempo e non sopportava una quantità di cose del suo modo di fare; tuttavia, sapeva bene che Jareth non era mai stato un bugiardo.
«Come hai detto che si chiama quell’essere? Ed è mai possibile che sia più potente di te?»
Jareth sospirò. «E’ mille volte più potente di me. Non posso, però, pronunciare il suo nome. Ora indicami la porta e corri da lei!»
Gogol fece cenno di seguirlo: percorsero molti metri, prima di arrivare ad un angolo ombroso, delimitato da alberi spogli ed enormi massi. Qui il nano alzò da terra, nascosta dalla sabbia, una piccola porta logora che appoggiò al muro, così da aprire un varco per entrare nel labirinto.
«Ma certo, ha usato lo stesso meccanismo delle segrete» Jareth non potè non sorridere. «Complimenti Sarah, molto originale» urlò, come se potesse sentirlo- «non credevo che le mie segrete ti fossero piaciute tanto da addirittura copiarle!»
 «Jareth, dovresti conoscere la strada» sospirò Gogol, inquieto. «Ma non prendere nulla sottogamba, il labirinto sta cambiando!»
«Google, credi forse che abbia bisogno dei tuoi consigli?» lo fulminò con lo sguardo. «Cosa fai ancora qui? Se dovesse succedere qualcosa alla ragazza a causa del tuo gingillarti non la passerai liscia!»
«E’ Gogol!» sbraitò per l’ennesima volta il nano, correndo via. «Corri da Sarah, avverti Sarah, Sarah di qua, Sarah di là… certo che non smette un attimo di pensarla, quel bellimbusto! No no, non me la racconta giusta!» borbottò, tra sé e sé.
Il da poco umano Jareth cominciò a incamminarsi per le vie del labirinto: un vento impetuoso gli scompigliava i capelli e, nonostante i sentieri noti, decise di procedere cautamente, non più sicuro che la strada a monte fosse ancora la strada che è a valle.
 
La regina di Goblin, ora nella sala del trono, sembrava già essersi abituata, con sua grande sorpresa, a quell’ambiente: era cullata dall’impressione di essere a casa, di appartenere a quei luoghi.
 I goblin la temevano: infatti, vedendola entrare, una parte di essi era scappata via mentre l’altra si era ammutolita, mostrandole segni di riverenza. Solo qualcuno, evidentemente più coraggioso, era riuscito ad aprir bocca, riconoscendola: «Lady Sarah!» e ancora, tra loro: «è lei, la campionessa!» facendo “oh” in coro, stupiti.  Ricordava che, al primo incontro con quelle creature, fu trattata in modo completamente diverso: erano pestiferi, dispettosi, incontrollabili; ora, invece, sembravano essere terrorizzati dalla sua presenza.
Si sedette sul largo trono di Jareth, immaginandolo al suo posto, bello e tenebroso, ad impartire ordini ai sudditi. Una volta, pensò, anche Toby doveva esser stato in quella stanza, col re e quei piccoli mostriciattoli e, anche se non ricordava nulla, aveva sicuramente vissuto un’avventura fantastica. Ma dopo un po’, guardando i piccoli goblin ai suoi piedi, inorridì, lasciando fuggire quelle fantasticherie dalla mente: forse qualcuno di loro, una volta, era stato un bambino di chissà quale famiglia del sopramondo, scomparso per sempre da casa.
Complimenti Sarah, molto originale! sentì queste parole risuonare dentro la testa: si guardò intorno, ma nessuno le aveva pronunciate; eppure le era sembrato che Jareth… che fosse magia?
Non credevo che le mie segrete ti fossero piaciute tanto da addirittura copiarle! Di nuovo la sua voce. Provò il desiderio di sapere dove si trovasse il suo sfidante e, all’improvviso, una sfera di cristallo le si materializzò nelle mani. Dentro vide Jareth che attraversava la piccola porta del labirinto. «Così non apprezzi le cose già viste, rapitore di bambini? Bene, sarai accontentato! Dopo questa cosa ti passerà la voglia di entrare in camera mia…» Sarah, sorridendo, chiuse gli occhi, concentrandosi: basterà soffermarti col pensiero sull’oggetto che desideri, aveva detto Arthur, e lei era piena d’immaginazione…
 
Il vento, tra le mura del Labirinto, aumentava sempre di più: un fenomeno insolito per quel posto, che presagiva un’enorme quantità d’energia magica nei dintorni. Qualsiasi cosa stesse combinando Sarah non poteva che farla allontanare, senza saperlo, sempre più dalla sua vita nell’Aboveground.  Le correnti d’aria divennero insostenibili, costringendo Jareth a fermarsi, sedendosi per terra e appoggiando la schiena ad un muro.
«Allô!»
«Monsieur le ver de terre!» esclamò sopreso. «Può gentilmente indicarmi la strada per il Castello?»
«En personne!» Il piccolo verme blu era felice di parlare col viandante. «Mais non le conviene andare lì, in questo momento! Entri piuttosto, le offro una tazza di tè!»
«Perché non conviene?» chiese, preoccupato. Il vento cessò, improvvisamente, di soffiare. Al suo posto comparve un’invadente, silenziosa nebbia bianca.
«E’ da un po’ che io e la mia signora sentiamo brutti rumori provenire da quella via! Entri su, gliela faccio conoscere» continuò il verme.
«Brutti rumori, ha detto?»
«Oui oui, scuotono le fondamenta della nostra casetta» replicò angosciato, mentre la nebbia rendeva sempre meno visibile il labirinto. «Quanto zucchero vuole nel tè?»
«La ringrazio, signor verme, ma devo andare» fece Jareth, «ed è meglio se lei rincasi subito».
Sentì anche lui degli agghiaccianti versi provenire da nord, la stessa da cui, in precedenza, soffiava il vento. Se lì si trovava l’origine del rumore, era di certo la strada giusta da prendere. Continuò il suo incedere veloce, senza indugio, attraverso la nebbia.
 
 
Nda: ciao amanti del labirinto! Spero che questo capitolo non vi lasci insoddisfatti! Vorrei ringraziare chi ha lasciato una recensione, chi segue e chi sta leggendo questa storia, indipendentemente dal numero è sempre una soddisfazione :) Non esitate a darmi altri pareri, sono sempre ben accetti! Alla prossima (sperando che Jareth non finisca nei guai…)
 
Giusi
   
 
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