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Autore: Cleo Ribbon    10/05/2016    0 recensioni
Certo, l'amore fa battere il cuore, venire il mal di pancia, fa stare in pensiero e a dirla tutta è forse l'arma più potente che l'uomo possiede...
Ma per amore si fanno anche pazzie e a volte queste pazzie possono cambiarti totalmente...
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Camminando nella nebbia del Limbo, Ombro seguiva Seneca con aria seria e determinata, mentre dentro di lui si combattevano mille emozioni: stava per diventare un mago bianco, cioè che utilizzava la magia a fin di bene, così avrebbe avuto una qualche chance con Lucia. Stava insomma per rinnegare la sua natura solo per quella ragazza, ma per lui, la principessa valeva più di qualsiasi cosa. Era anche piuttosto impaziente di iniziare l'allenamento; anche se diventare buoni doveva essere un'impresa difficile, era sicuro che lui ce l'avrebbe fatta senza problemi, dopotutto lui è lui. Seneca stava più avanti assieme a Roddy e conversavano sottovoce, per non farsi sentire del maghetto
< Che tipo è il tuo padrone? > chiese la tartaruga al ratto che le correva affianco, quest'ultimo accennò un sorriso a due denti
< Beh Ombro è un ragazzo molto vivace, è spericolato, arrogante, avventato, sbruffone, non da mai retta a nessuno, odia gli ordini, è maleducato, prepotente e insopportabile a volte, ma se lo si conosce bene non è poi così male. > il topo voltò la testa per guardare il ragazzo che sembrava perso in chissà quali pensieri
< Vede quella gamba? > la tartaruga fece lo stesso movimento con la testa per guardarsi alle spalle e annuì, osservando bene la gamba sinistra e notando che muoveva il piede molto più rigidamente del destro
< Dal ginocchio in giù e fatta di metallo, l'ha sacrificata per riportare in vita me, dicendo che tanto di gambe ne aveva due e avrebbe sempre avuto l'altra. > guardò la vecchia testuggine con il suo unico occhio, occhio che in quel mometo era pieno di gratitudine, ricordando quello che Ombro aveva fatto per lui.
< Capisco. > disse solamente Seneca, senza far trasparire alcuna emozione che Roddy potesse percepire.
< Beh ragazzi, siamo arrivati. > annunciò dopo qualche altro minuto di cammino, Ombro scattò in avanti, stringendo i pugni per scaricare la tensione. Erano giunti davanti ad una porta, identica a quella marrone come forma, ma sta volta completamente bianca e senza alcuna maniglia.
La tartaruga appoggiò la punta del bastone sul legno, bastò un tocco per sbloccarla e aprirla. Ombro e il ratto seguirono Seneca all'interno e Roddy si assicurò di chiudere bene la porta.
Dall'altra parte i due si ritrovarono in un luogo a cui erano piuttosto abituati: si trovavano dentro un enorme castello, scuro e polveroso, pieno di ragnatele e senza alcuna luce artificiale, solo qualche vecchia finestra rotta e alcune candele ormai sciolte.
Si fecero strada per un po' tra quelle che sembravano le rovine di un antico palazzo sontuoso e sfarzoso, qualche bell'arazzo stava ancora appeso al muro, rovinato e sgualcito, ogni tanto incappavano in un'armatura impolverata in piedi accanto al muro o in un vaso di porcellana rotto e pieno di ragni. Arrivarono in una stanza molto simile ad una sala del troo, ed effettivamente un trono c'era, anche se era così malconcio che nessuno avrebbe potuto dire di che materiale fosse fatto. La vecchia testuggine si sedette su di esso, con un po' di fatica per la sua età avazata
< Ah, finalmente a casa. > sospirò abbandonandosi sul cuscino, un tempo forse rosso, del trono.
Roddy guardava ingiro esterrefatto
< Lei vive qui?... > domandò con la bocca aperta, cercando di stare il più possibile vicino ad Ombro che però curiosava ovunque
< Già, un tempo apparteneva al re di queste terre, ma essendo cattivo, gli abitanti mi chiesero di sconfiggerlo e per ringraziarmi, mi regalarono il suo castello. Tuttavia ora sono troppo vecchio per prendermene cura. > ammise restando appollaiato dov'era.
< Non è male, mi ricorda un po' casa.> constatò il maghetto oscuro passando un dito su una delle armature della sala, dito che rimase completamente coperto di polvere, sorrise con aria sbruffona
< Allora, quando cominciamo? > chiese poi portandosi davanti alla tartaruga con una grande determinazione ed impazienza negli occhi, Seneca rise
< Sei uno che non perde tempo eh? > domanda retorico mentre scende dal trono molto lentamente, col bastone in mano
< Bene, per cominciare devi sapere che diventare buoni non è affatto semplice, dovrai apprendere cinque lezioni fondamentali, solo allora potrai usare la magia. > spiegò mentre Ombro stava sull'attenti ad ascoltarlo. Cinque lezioni eh? Nulla di difficile, le avrebbe imparate in un batter d'occhio.
< Dentro di te c'è un sacco di magia grezza figliolo, ma prima dobbiamo convertirla in magia buona. > in quel momento a Seneca pensò a cosa sarebbe potuto accadere se il ragazzo non avesse deciso di cambiare strada. Sentiva una quantità enorme di energia detro di lui, un potere estremamente forte, anche se assopito. Se lo avesse risvegliato adesso, sarebbe stato imbattibile, ma con la magia oscura avrebbe fatto solo del male. Grazie al cielo era andato da lui, così avrebbe potuto farla diventare bianca prima che fosse troppo tardi. E mentre la tartaruga pensava a questo, Ombro si rese conto di quello che aveva appena detto.
< Per caso intendete dire che io sono molto più forte di così? > chiese in un attimo di agitazione e perplessità, Seneca fece una smorfia
< Scherzi? Non sei neanche a un decimo di quello che puoi fare. > rispose il vecchio con un sorriso di incoraggiamento Neanche un decimo? Quindi lui aveva dentro di sè un potere enorme, sapeva bene che ora come ora la sua magia non era affatto forte, non l'aveva mai allenata, non aveva mai neanche pensato che forse avrebbe potuto arrivare fino al suo massimo potenziale e magari diventare più forte anche di suo padre.
Pensò che era stato sciocco ad accontentarsi di qualche incantesimo di base per spaventare i mocciosi. Se avesse saputo prima di questo suo potere, avrebbe fatto molto di più! Soldi, potere, essere temuto e rispettato da tutti... No. Un attimo, che stava facendo? Scosse la testa: per un attimo la sua parte oscura aveva preso il sopravvento. Pensò al dolce viso della sua Lucia e fece un sospiro.
Era andato lì per imparare a diventare buono, non l'avrebbe delusa.
< Sono pronto per la prima lezione. > annunciò serio
< Benissimo, venite con me. > si incamminò verso un'altra ala del castello, sembrava tutto uguale, finchè non arrivarono davanti ad un grosso portone di legno. Anche con questo Seneca fece come la porta, lo toccò col bastone, ma sta volta il portone si abbassò lentamente verso l'esterno, come un grosso ponte. Il vecchio castello era arroccato sulla cima di una collinetta, da cui scendeva una stradicciola che conduceva ad un piccolo paese con delle casupole color marrone chiaro. C'era un sole fortissimo e, a parte la stradina ghiaiosa, il resto era tutto prati e fiori.
Ombro notò che c'era qualche bambino che giocherellava appena fuori dal villaggio, ma come le case, anche i bambini avevano un non so che di particolare. La tartaruga prese a percorrere la strada fino al villaggio, seguito dall'apprendista e dal ratto
< La tua prima lezione si chiama Gentilezza. > spiegò Seneca, il ragazzo lo fissò un po' titubante, sapeva benissimo cosa significasse "gentilezza", anche se non era una parola molto ricorrente nel suo vocabolario, ma magari era solo un nome in codice, così non domandò nulla.
Arrivati in prossimità dei bambini, si accorse che effettivamente avevano qualcosa che non andava: erano fatti di roccia, di un color marroncino caffelatte. Le parti mobili erano divise tra di loro, come fossero tenute insieme da dei magneti, e ogni volta che si toccavano emettevano uno stran suono come di due sassi che si incontrano.
Gli occhi e il naso sembravano dipinti, infatti non sbattevano le palpebre neanche una volta, invece la bocca si apriva e sapevano parlare perfettamente, infatti appena ci videro, corsero incontro alla vecchia tartaruga
< Buongiorno signor Seneca! > esclamò uno dei due bambini saltellando emozionato sul posto, al maghetto sembrò strano che lo guardassero in quel modo, nessuno lo aveva mai fatto con lui
< Ciao Cliff. Ciao Arthur. Vorrei presentarvi i miei due nuovi amici: Ombro e Roddy. > li presentò indicando prima il ragazzo e poi il ratto.
< Questo giovanotto è il mio nuovo apprendista, mentre il topo è il suo fedele compagno. > purtroppo col suo aspetto malmesso e l'occhio pesto, Roddy non fece una buona impressione ai bambini, i quali sembravano leggermente restii ad avvicinarsi.
< È un piacere, ragazzini. > asserì egli facendo qualche passo avanti sulle zampe posteriori, forse di fuori non era un gran bel vedere, ma dentro era di certo meglio del ragazzo, il quale invece notò subito la palla che teneva sotto braccio uno dei bambini e fu preso dal desiderio di prendergliela dalle mani solo per vederlo piangere. Ecco la parte crudele che puntualmente si presentava.
< Che bella palla... > disse con un sorrisino perfido, che però i bimbi non notarono subito
< Sì, è nuova, ce l'ha comprata la mamma. > disse il ragazzino di destra, stringendola a sè in un gesto d'affetto, doveva tenerci proprio a quella palla, questo rese ancora più forte la voglia di vederlo frignare a dirotto. Ombro si chinò in avanti, prendendola dalle mani del bimbo che non aspettandoselo la lasciò andare, la rimirò un po' rigirandola tra le mani
< Mi piace, penso che la terrò io. > esclamò sorridendo apertamente, era come se non si rendesse conto che non era una cosa da fare. Puntualmente al ragazzino vennero gli occhi lucidi
< Ma... la nostra palla... > disse prima di scoppiare a piangere e un fiotto di sassolini e ghiaietta gli uscì dagli occhi, l'altro bambino subito si mise a consolare il fratello
< Vieni Cliff, non è niente. > cercò di farlo smettere di piangere sassi, poi si rivolse al mago oscuro
< Come hai potuto! Era il suo gioco preferito! Sei una persona cattiva!> urlò con la voce strozzata, cercando di non mettersi a frignare come il fratellino e accompagnandolo lontano da lì. Il ragazzo dai capelli blu si godette tutta la scena, ridacchiando ogni tanto per quello che era riuscito a provocare, veder piangere lo divertiva un sacco. Si rigirava la palla nelle mani, soddisfatto del bottino, quando incrociò per sbaglio lo sguardo corrucciato di Seneca, che lo fissava con le braccia conserte
< Ma cosa combini!? > urlò il vecchio agitando il bastone
< Rubare la palla a un bambino, ti sembra un comportamento maturo?! Se glielo avessi chiesto te la avrebbe data senza bisogno di prendergliela così! > lo sgridò, in quel momento il ragazzo si sentiva a metà tra il confuso e lo stupito. Aveva sempre fatto così con tutto e tutti, e adesso lui gli veniva a dire che era sbagliato? Nessuno glielo aveva mai detto, anzi nessuno lo aveva mai rimproverato in vita sua.
< Non dovevo? > domandò grattandosi la testa con la mano libera
< Certo che no! L'hai fatto piangere! > esclamò la testuggine adirata, il suo colorito verdognolo stava diventando rossiccio per la rabbia
< Appunto! > rispose il ragazzo con tutta la naturalezza possibile < È stato divertente. > aggiunse guardando nela direzione in cui se n'erano andati i due bimbi.
Seneca si portò una mano al viso e scosse la testa.
Fu Roddy ad intervenire ora
< Signor Seneca, a Ombro è stato detto così fin dalla tenera età, suo padre gli ha sempre lasciato fare quello che voleva e gli ha insegnato solo a pensare a sè stesso. > il topo voleva mettere in chiaro questo punto fondamentale, per informare la tartaruga che se faceva così era solo perchè così era stato educato. La testuggine meditò per qualche minuto, fissando a terra
< Ascoltami, prima regola per diventare buono: mai far piangere gli altri. > a queste parole, Ombro sembrò cadere dal pero
< Ma... è uno dei miei passatempi preferiti! Come faccio ad avere quello che voglio altrimenti? > chiese indicando la palla che teneva in mano
< Non puoi. > rispose il mago bianco mentre sembrava si stesse calmando. Quest'affermazione rese perplesso il ragazzo
< Giovanotto, non puoi avere sempre tutto quello che vuoi, non puoi portarlo via agli altri. Alcune cose puoi fartele prestare, ma altre devi guadagnartele. > spiegò solennemente, si avviò verso il villaggio dove erano spariti i due ragazzini, le cui case erano fatte di pietra come tutto il resto.
< Prestare? > domandò il ragazzo
< Significa chiedere a qualcuno una cosa che puoi usare anche tu, ma restituirgliela quando non ti serve più o quando te la richiede. > rispose inoltrandosi tra le casupole < Per quanto riguarda il pianto, magari piacerà a te, ma agli altri non fa per nulla piacere. Questa è una lezione che imparerai più avanti. > mentre percorrevano le strette viuzze, ogni tanto passava qualche persona fatta di roccia, donne, uomini e bambini color marroncino che salutavano Seneca in modo estremamente rispettoso; dire che Ombro era a disagio è un eufemismo. Tutti che passando salutavano il vecchio con riverenza e non scappavano vedendo il maghetto era una sensazione nuova per quest'ultimo, non piacevole ma neanche fastidiosa.
< La palla era una delle cose che potevi farti prestare, anche se è nelle tue mani non è tua, quindi devi restituirgliela. > Ombro riflettè su questa considerazione: anche se la aveva in mano, non era sua. Gli era sempre stato detto il contrario, ma probabilmente si era sbagliato per tutto quel tempo. Indubbiamente gli sarebbe mancato far piangere le persone e chissà se sarebbe riuscito a rinunciarci.
Allora ripensò al motivo per cui era lì: Lucia.
Non era mai successo, ma cosa sarebbe accaduto se l'avesse fatta piangere? Se era davvero un male come diceva la tartaruga, non lo voleva assolutamente fare a lei, doveva "disintossicarsi" da questo vizio ad ogni costo.
Giunsero davanti alla porta di una delle case, non aveva porta ma solo una tenda di lino lilla che copriva l'interno
< Esistono anche alcune frasi che dovrai tenere a mente, che sono molto importanti in questa lezione: la prima è "per favore".> scandì bene le due parole, che Ombro ripetè a bassa voce per ricordarle
< Questa si dice dopo che hai fatto una richiesta, per esempio: "Mi daresti la palla, per favore?" > cercò di essere il più chiaro possibile, il ragazzo capì che quella era la frase che avrebbe dovuto dire al bambino invece di strappargli la palla dalle mani.
< La seconda frase invece è estremamente importante perchè indica il pentimento, ed è "Mi dispiace" > anche questa fu scandita bene dal maghetto, che nel pronunciarla percepiva un non so che di amaro in bocca. Quella frase in sostanza serviva a scusarsi, a far capire che non avrebbe voluto farlo piangere, quando invece era così, fece una smorfia di contraddizione, vedendola la tartaruga iniziò a preoccuparsi
< Queste parole indicano anche che cercherai di non ripetere l'errore e che riconosci di aver sbagliato. Spesso non diamo per nulla peso alle parole che diciamo e una frase può avere mille sfumature che non cogliamo. > disse con fare filosofico, facendo andare totalmente in confusione il ragazzo
< Capirai più avanti. Rispondi solo a questo: tu vuoi ripetere l'errore di far piangere qualcuno? > chiese scostando la tendina lilla dell'entrata
< No. > esclamò pensando alla sua Lucia, a come doveva essere farla piangere e stranamente non gli piaceva per niente quel che vedeva. A quel punto entrarono nella casa.
L'interno era del colore dell'esterno, ma arredata come una modesta casa monolocale, con una cucina piccola e un bagno divisi dalla stanza principale, un tappeto, un tavolo e tre letti: due per i bambini e uno più grande su cui stendeva una donna fatta di roccia come gli altri. Era seduta e teneva metà corpo fuori dalle coperte, i due bambini erano lì con lei e il piccolo aveva finalmente smesso di piangere.
Appena videro il ragazzo dai capelli blu, sobbalzarono e si strinsero alla donna
< Ecco mamma! È lui il mago cattivo che mi ha preso la palla! > esclamò il bambino indicandolo colpevole, Ombro teneva ancora stretta la palla in mano. La tartaruga fece seguito al ragazzo nella stanza
< Buongiorno Petra! > salutò il mago bianco, la donna sorrise
< Salve Seneca. > rispose stringendo a sè i due bambini
< Ci dispiace per questa visita improvvisa, ma il mio allievo ha qualcosa da dire ai suoi figli.> fece un cenno ad Ombro con la testa, il quale fece un passo avanti. Iniziava a sudare, ce l'avrebbe fatta? Infondo era semplice, doveva soltanto seguire gli insegnamenti di Seneca. Deglutì e si avvicinò al bambino più piccolo, che di riflesso arretrò con aria spaventata. Lo fissò per un po', gli sembrava così piccolo e indifeso, avrebbe potuto ucciderlo con un colpo solo della sua magia, ma sapeva che questo avrebbe solo peggiorato le cose.
Allungò la palla in avanti
< Tieni. > disse con la voce che vacillava, guardò la testuggine, alla ricerca di un qualche segno di approvazione per quello che stava facendo, che arrivò con un cenno del capo. Il bambino la riprese, ancora spaventato
< Mi... > scusarsi era più difficile di quanto pensasse, significava ammettere di aver sbagliato, ecco cosa intendeva il mago
< Mi dispiace di avertela presa senza chiedertelo. > riuscì a dire tutto d'un fiato e senza rendersene conto, ora si sentiva più leggero, più libero. Lo raggiunse uno sguardo di approvazione da parte della tartaruga e il mago oscuro non potè fare a meno di sorridere.
Ce l'aveva fatta.
< Vi andrebbe di venire a giocare con me... per favore? > chiese ai due bambini, che avendo preso coraggio, annuirono e insieme uscirono a giocare appena fuori dal villaggio. Il maghetto si divertì come non faceva da un bel po' e Roddy venne persino coccolato, sotto lo sguardo soddisfatto di Seneca. A fine giornata tornarono verso il castello, salutando i due bambini
< Congratulazioni, Ombro. > disse il mago bianco mentre rientravano
< La lezione della Gentilezza è appresa. >
   
 
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