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Autore: Amanda FroudeBlack    12/05/2016    1 recensioni
Vi voglio raccontare una storia, e lo farò al meglio delle mie capacità. Sarà lunga, spossante, e non so dirvi se alla fine ne sarà valsa la pena.
Vi racconterò di famiglie che non pretendono di essere le migliori al mondo, ma saranno quelle che non puoi fare a meno di ammirare perché ti spiegano il mondo attraverso l'amore. Ci saranno famiglie che, al contrario, useranno l'odio per dividere, accecate dal potere e rese folli dall'odore del sangue.
Poi, vi racconterò di chi sa da che parte stare, ma non giudica chi ha dovuto attraversare il male per comprendere la via del bene.
Vi parlerò di seconde possibilità, del dolore della morte e della sconfitta. Spiegherò il sacrificio, il sudore, la frustrazione.
E forse, vi racconterò una vittoria.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black, Famiglia Potter, I Malandrini, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Rodolphus/Bellatrix
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo XXXI: “Con te” pt. 2
 
“He was always there to help her,
She always belonged to someone else”
 
[Lui era sempre stato lì ad aiutarla,
Lei era sempre appartenuta a qualcun altro]
 
She Will Be Loved – Maroon 5

EVAN
 
La pioggia che ticchettava insistente contro il vetro lo svegliò piano piano. Il sottofondo era talmente rilassante che lo aiutò a destarsi del tutto senza particolari traumi.
Si passò una mano sul volto, stropicciandosi gli occhi, senza la minima idea di quanto avesse dormito. Si scoprì sudato fradicio, la febbre doveva essergli scesa. Un terribile cerchio alla testa gli impedì di aprire entrambi gli occhi contemporaneamente; tuttavia, decise di alzarsi lo stesso. Occhieggiò la sveglia sul comodino, l’orologio digitale segnava le cinque di pomeriggio. Con il gomito urtò qualcosa, e solo allora si accorse del bicchiere. Qualche goccia ambrata di whisky si era seccata sul fondo; accanto, la bottiglia vuota era sdraiata sul piano d’appoggio.
Evan si alzò e ci mise qualche secondo a ritrovare l’equilibrio. Bere un po’ di whisky lo aiutava ad abbassare la febbre, ma inevitabilmente, in quelle condizioni, reggeva meno l’alcol. La soluzione migliore, in quei casi, era farsi una doccia ristoratrice ed una colazione abbondante.
Arrancò verso il bagno e aprì il getto della doccia, vi si mise sotto senza nemmeno attendere che fosse di una temperatura accettabile, con i pensieri rivolti all’ultima settimana che aveva vissuto, al ritorno di Amanda, a come tutto ciò lo aveva riportato indietro di anni, a quanto si sentiva destabilizzato. E il ricordo di Patrick si rifaceva vivo così prepotente da togliergli il fiato, ripensando alle estati felici.
Patrick Doherty era lo zio che non aveva mai avuto; viveva su quell’isola da che ne aveva ricordo, persino da prima che lui vi si trasferisse con i suoi genitori, quando aveva solo quattro anni. Era stata la prima persona del luogo che i suoi genitori avevano conosciuto e con cui erano entrati in confidenza. Cordiale, divertente e sempre con il sorriso sulle labbra, Patrick lo aveva praticamente cresciuto, insegnandogli tutto ciò che suo padre, semplice dottore alla ricerca di tranquillità – e appassionato di whisky illegale – non aveva la minima idea di come fare. Andava con Patrick in barca, a pescare; imparò da lui i momenti migliori per prendere il largo, a guardare il cielo per capire che tempo avrebbe fatto, a trovare sempre il nord. Gli insegnò a riconoscere le piante, i pesci, a fotografare qualunque cosa, per conservarne il ricordo. Poi, un giorno, sua sorella Mary Anne– una donna bella, piccola e bionda che sorrideva tanto quanto lui e sembrava più alta di quanto realmente fosse solo perché saltellava spesso – giunse a Mainistir con una bambina. Evan non aveva nemmeno cinque anni, la bambina uno appena, e fu allora che conobbe Amanda. A malapena si reggeva in piedi, era testarda come un mulo, ma Patrick sembrava comunque avere occhi solo per lei. Evan la detestò per qualche tempo, provava una gelosia irrefrenabile per le attenzioni che Patrick riservava ad Amanda – la sua vera nipote. Per qualche tempo, decise di non farsi vedere, sicuro di essere di troppo, di non c’entrare nulla in quella famiglia. Ma Joe Froude bussò alla sua porta, un giorno. Aveva un’Amanda di tre anni tra le braccia, praticamente inconsolabile, che appena incrociò i suoi occhi smise di piangere. Sgambettò, agitata, per farsi mettere giù, e una volta toccata terra, corse ad abbracciare Evan. ‘Piange da quando siamo arrivati, non capivamo perché,’ gli aveva detto Joe. Da quel momento in poi, Evan fece in modo di farsi trovare sempre da Patrick al loro arrivo.
Avevano imparato a conoscersi, a giocare insieme. Amanda era sveglia, ma troppo impavida, per cui Evan era diventato per lei una specie di angelo custode.
 
 
FLASHBACK
 
1968
 
Uscì di casa molto presto, quella mattina. Sebbene non vi fosse vento, l’aria ancora fresca gli fece venire la pelle d’oca. Ma a Evan non importava, continuò a correre a perdifiato verso casa di Patrick, distante ancora poche centinaia di metri. Nella mattinata, sarebbero arrivate Amanda e Layla, e avrebbero passato lì a Mainistir tutte le vacanze estive. Due mesi! Due mesi in loro compagnia! Si sarebbero divertiti tantissimo a girare per l’isola, fare tuffi, andare in barca… e poi avrebbero cercato le caverne più nascoste, visitato Inishmaan e Inisheer! Era tutto troppo entusiasmante per restarsene a casa ad attendere il loro arrivo; così, era sgattaiolato fuori dal letto, si era vestito in fretta e furia ed era uscito senza fare il minimo rumore.
Iniziò a urlare ancora prima di arrivare davanti alla casa panna col tetto blu.
“PATRICK!”
Senza nemmeno bussare, aprì la porta d’ingresso e salì rumorosamente le scale verso la camera da letto.
“Patrick!” chiamò ancora. Questa volta, arrivato davanti alla porta di camera, cominciò a bussare insistentemente.
“Dannazione, Evan, sono le sette!” sentì sbottare la voce dell’uomo. Pochi secondi dopo, la porta si aprì, e Patrick, con la faccia ancora assonnata, gli diede lo stesso il buongiorno con un sorriso.
“Quando arriva Amanda?” chiese immediatamente, entusiasta.
“I tuoi sanno che sei qui? Hai fatto colazione?” domandò invece lui, dirigendosi verso le scale.
Evan lo seguì e scosse il capo.
“Che bisogno c’è? Ho quasi dodici anni, ora, non devono sapere ogni passo che muovo,” borbottò. “E non ho fame! Allora? Ti hanno detto a che ora arriveranno?”
“Alle nove in punto,” rispose Patrick. “Ora siediti, ti preparo la colazione.”
“Ma manca ancora tanto tempo!” si lamentò Evan. Tentò di sedersi ma fu distratto dalle foto sul frigorifero: ritraevano Amanda e Layla in momenti di gioco fuori dalla loro casa a Portaleen, sedute su un grande masso. Evan le scrutò, Amanda era sorridente e goffa, più cresciuta rispetto all’ultima volta che l’aveva vita. La trovò bellissima.
“Queste sono nuove!” esclamò, prendendole tra le mani. “Non vedo l’ora che sia qui,” mormorò poi. Era convinto di averlo solo pensato, e invece l’aveva detto, maledizione!
Fu stranito da un flash; Patrick gli aveva appena fatto una foto, ed era divertito probabilmente dalla sua faccia. Evan notò che, quando sorrideva, somigliava molto a Mary Anne.
“Hai un’espressione da pesce lesso quando pensi a mia nipote, non farti strane idee…” fece con un tono fintamente minaccioso, mentre appoggiava sul tavolo la macchina fotografica.
Evan imporporò. Stava per rispondergli, ma un forte rumore proveniente dal salotto fece sobbalzare entrambi. Seguì Patrick di corsa e, attraversato il corridoio, entrò nella sala. Tossì a causa del nuvolone di polvere all’interno della stanza, respirò e si rese conto che era cenere. Guardò verso il camino e notò una figura piccola impegnata a tossire, con una gran quantità di capelli scuri, che si ripuliva i vestiti.
La cenere si diradò in pochi secondi e Evan fu travolto dall’abbraccio di Amanda ancora prima di rendersene conto.
Non sapeva che i maghi avessero anche quel modo di spostarsi, e quel giorno lo scoprì.
 
 
1970
 
“Hai mai visto Hogwarts?” chiese Evan a Patrick, passandogli una rete da pesca aggrovigliata. Patrick sgrovigliò i fili, seduto sullo scoglio, e rispose con gli occhi blu fissi all’orizzonte.
“No,” disse, sorridendo. Ma era un sorriso triste. “Non che mi abbiano vietato di visitarla, in realtà il Preside di allora mi invitò, ma ho sempre pensato di tenere lontano quella parte di vita che in realtà non mi appartiene.”
“Perché?” chiese, confuso.
Patrick si passò una mano tra i capelli biondi. Di profilo, Evan notò piccole rughe intorno agli occhi stanchi.
“Perché un Magonò desidera la magia più di ogni altra cosa, e stare a contatto con essa lo avvelena e lo incattivisce. Io non voglio avvelenarmi, non voglio incattivirmi… mi è stata donata questa vita soltanto e voglio viverla nel miglior modo possibile. Per un mago senza poteri, vivere una vita senza magia è la cosa più coraggiosa che si possa fare.”
Evan tacque, rapito da quelle parole. Per quanto Patrick apparisse giovane e bello, quando parlava trapelava una saggezza che cozzava con la sua figura spensierata. Lo ammirava davvero per come aveva preso in mano la sua vita e avesse deciso di farne qualcosa che andava al di fuori del mondo magico che lo aveva rifiutato. L’unico appiglio rimaneva sua sorella, il legame fraterno più solido che Evan avesse mai visto. Quanto poteva essere stato difficile per lui accettare di condividere la persona che amava di più al mondo con la magia?
“Hai mai chiesto a Mary Anne di rinunciare ai suoi poteri?” chiese, curioso, ma se ne pentì quasi subito. Patrick si bloccò e si voltò verso di lui. Lo scrutò quasi con sospetto, ed Evan arrossì, imbarazzato. Aveva gli stessi occhi di Amanda.
“Non puoi chiedere una cosa del genere ad un mago, Evan,” rispose Patrick. “Non augurerei al mio peggior nemico di rinunciare alla magia, figuriamoci a mia sorella! Mary Anne ci provò, a dire il vero, ma non glielo permisi. La magia è la parte vitale di un mago, è un’enorme sofferenza chiedere loro di rinunciarvi. È come nascondere una parte di te, quella che ti anima, la più importante.”
Evan tacque, pensoso. Aveva scoperto che Amanda era una strega anni prima, dopo che lei, a soli cinque anni, l’aveva salvato da una caduta da uno scoglio che si sarebbe potuta rivelare fatale. Successivamente, aveva appreso come dovesse tenere sotto controllo la sua magia, di come tutto quel potere potesse rivelarsi più dannoso che utile, se mal gestito. La magia era più pericolosa di quanto pensasse.
“A che pensi?” gli chiese Patrick, destandolo.
“I… i maghi stanno solo con altri maghi?” domandò. “Dovrò smettere di essere amico di Amanda, quando lei comincerà a frequentare Hogwarts?”
Patrick rise.
“Era questa la tua preoccupazione?”
 
Marzo 1972
 
Si avvicinò all’imbarcazione correndo. Chiamò Patrick, impegnato a sciogliere gli ormeggi, pronto a salpare. Era vestito con pantaloni bianchi al ginocchio e una felpa blu.  Da lontano, una nuvola nera si avvicinava. Si era alzato anche un po’ di vento, carico di elettricità, poteva notarlo da come i capelli di Patrick faticassero a stare fermi, ma Evan non se ne preoccupò.
“Patrick!” chiamò. Lui si voltò; tra la leggera barba bionda incolta scorse un sorriso. Evan lo raggiunse, ma rimase a terra.
“Amanda mi ha scritto!” esclamò, sventolandogli una lettera. “Guarda, è di pergamena! Ed è arrivata con un gufo – un gufo vero!”
Patrick rise nel notare il suo entusiasmo.
“Come se la passa?”
“Bene, è finita in…” rilesse un nome che non riusciva a ricordare, “Serpeverde, può essere? Scrive che c’è un tizio insopportabile che ha voglia di prendere a pugni!”
“Credo che sia un suo modo contorto di esprimere affetto, una volta lo disse anche a te, ricordi?” gli fece notare Patrick, divertito.
“Non saprei,” borbottò, un po’ indispettito. “Questo… ehm, credo si chiami Sirius Black-”
“Sirius?” lo interruppe Patrick, sorpreso. Scoppiò improvvisamente a ridere, tenendosi lo stomaco.
“Che… che c’è di divertente? Lo conosci?” domandò, perplesso.
Patrick annuì.
“Penso proprio di sì! Tienilo d’occhio… nella peggiore delle ipotesi per te, potrebbe essere il suo futuro marito,” rispose, slegando del tutto la fune.
“Cosa?” fece, sconvolto.
“È una lunga storia e io devo salpare,” rispose Patrick. Si avvicinò al timone e accese il motore. “Vieni con me? Così te la racconto.”
Evan lottò contro la sua curiosità.
“Oggi no. Torno a casa a rispondere alla lettera!” decise. Ciò che Patrick gli aveva detto, seppure in tono scherzoso, lo aveva ferito. Lo congedò con un sorriso, dopodiché si voltò e corse verso casa, la lettera stretta nel pugno.
C’era una cosa a cui non prestò attenzione e che lo perseguitò per sempre: tre gocce di pioggia sul braccio. Era troppo emozionato di aver ricevuto una lettera da Amanda per notare come il cielo si fosse coperto. In quell’istante, non si rese conto che aveva salutato Patrick per sempre. A suo modo, Amanda – o la magia? – gli salvò la vita per la seconda volta.
 
*
 
Patrick non gli raccontò la storia, non tornò mai da quel viaggio in barca.
Quando i Froude accorsero a Mainistir, Evan abbracciò Amanda per un tempo indefinito. Sentiva un buco enorme nel petto e stringere lei era l’unico modo per sentire meno dolore. Stettero qualche settimana al villaggio, sperando in un ritorno che non avvenne. Evan conobbe la disperazione di Mary Anne, una donna che aveva perso il suo appiglio, e non pensava che potesse essere così devastante: lei era una strega, aveva magia, pozioni, animali fantastici e poteri oltre ogni immaginazione. E allora perché soffriva? Poi, Evan si rispose. Non c’è pozione per il dolore che l’amore provoca; questo era ciò che maghi e babbani avevano in comune.
Amanda si chiuse in camera, imbottita di pozione, perché tutto ciò che aveva intorno aveva cominciato a prendere fuoco. Evan stette un pomeriggio intero davanti alla porta, indeciso se bussare o meno. Quando trovò il coraggio, Amanda gli proibì di entrare, ma non l’ascoltò. La trovò sdraiata, al buio, sotto il letto. Evan si sdraiò accanto a lei, fortunatamente non era ancora così grande da rimanerci incastrato.
“Perché sei qui sotto?”
Amanda lo guardò.
“Perché è sicuro.”
Evan aggrottò le sopracciglia.
“Come?”
“Me lo dicesti tu,” spiegò. “Sotto il letto è un posto sicuro per i mostri.”
Fu sorpreso che se lo ricordasse ancora. Gliel’aveva spiegato un sacco di volte, quando era più piccola e spaventata. I mostri peggiori sono troppo grandi per entrare sotto il letto; per cui, se ci avesse mai trovato qualcosa, sarebbero stati mostri piccoli e indifesi, che avevano bisogno di nascondersi esattamente come lei.
“Non so se sarò un mostro piccolo o grande, ma al momento c’entro ancora, quindi ne approfitto,” borbottò.
“Ma tu non sei un mostro, Amanda.”
Lei tornò a guardare la rete del letto.
“A che serve la magia se non può salvare le persone che ami?” chiese Amanda all’improvviso. “Anzi, è così pericolosa, tra le mie mani. Vedi di cosa sono capace? Non lo voglio, tutto questo potere.”
“Non puoi rinunciare alla magia, è una parte di te,” le disse Evan.
“E tu che ne sai?”
“Me l’ha detto Patrick,” mormorò. Gli occhi di Amanda si inumidirono nel sentire nominare lo zio. “Un mago non può rinunciare ad una parte così grande di sé, non saresti più tu. E a me piace tutto di quello che sei, non vorrei mai che rinunciassi ad essere te stessa, anche se questo dovesse allontanarci.”
Sentì lo sguardo di Amanda addosso.
“Perché lo pensi?”
“È inevitabile che prenderemo strade diverse-”
“Ma continueremo ad essere vicini,” lo interruppe lei, arrossendo. “Non voglio perderti.”
Tacquero entrambi qualche secondo. Evan le strinse la mano.
“Una volta ho sentito la mamma dire allo zio che lui era l’amore bianco,” mormorò Amanda.
“Che voleva dire?”
“N-Non lo so, era un modo che aveva lei per descrivere il rapporto che avevano… puro, pieno di amore e leale. A me hanno sempre fatto pensare al bianco, in effetti.”
Evan piegò le labbra in un sorriso nostalgico.
“E noi? Anche noi siamo bianchi, insieme?”
“Quando penso a noi penso all’arcobaleno, Evan,” sorrise Amanda.
Evan sospirò. Chissà se sapeva, mentre glielo diceva, che il bianco era proprio la somma di tutti i colori dell’arcobaleno.
 
FINE FLASHBACK
 
 
Da quel momento, la corrispondenza tra loro si fece più fitta, soprattutto perché i Froude tornarono sempre più raramente a Mainistir. Ci fu un crescendo di complicità, fino a quando lui le aprì il cuore e riversò ciò che conteneva in una lettera. Lei non rispose mai, ed Evan non riuscì a prendersela. Sentiva di averla in qualche modo forzata, e preferì lasciarle lo spazio e il tempo di cui aveva bisogno. Sapeva che avrebbe dovuto dirglielo, tra di loro le cose erano rimaste troppo in sospeso, e, in quella settimana appena trascorsa, nelle occasioni in cui Layla aveva insistito affinché si vedessero tutti insieme, Amanda era sempre stata sulla difensiva. Non era riuscito ad arrabbiarsi nemmeno quando aveva scoperto che Patrick aveva ragione, che quel Sirius avrebbe proprio dovuto tenerlo d’occhio. Gli era persino costato una storia non raccontata.
Si vestì velocemente, si tirò indietro i capelli, senza alcuna intenzione di asciugarli e si accese una sigaretta.
Assorto completamente nei suoi pensieri, si perse a guardare fuori dalla finestra la pioggia cadere, ancora più forte.
Il rombo di una moto che si avvicinava lo fece tornare alla realtà; la seguì con lo sguardo e la vide fermarsi proprio nel vialetto della sua casa. Aprì la porta e uscì fuori, ma restando sotto il porticato. Osservò Sirius tirare fuori la bacchetta, ma non sentì quello che disse; la moto parve coprirsi di un telo invisibile e divenne completamente impermeabile. Si voltò poi verso di lui, incrociando finalmente i suoi occhi. Che cosa era venuto a fare? Lo vide correre verso il porticato.
“Entra,” gli disse Evan, mentre spegneva la sigaretta e la gettava sotto la pioggia. Rientrò anche lui e si chiuse la porta alle spalle. Sirius si guardò attorno, era chiaramente a disagio.
“Amanda ti ha preparato questa pozione per la febbre...” disse, appoggiando una busta di carta sul tavolo.
“Posso fidarmi o ci hai sputato dentro?”
“Cosa? Non si sputa nelle pozioni, si altera l'effetto. Credimi, ci ho pensato.”
“Non ne dubito. Beh, grazie,” fece, sincero.
“Già. Tolgo il disturbo.”
Si avvicinò nuovamente alla porta, ma Evan non aveva intenzione di lasciarlo andare senza aver chiarito la sua posizione. Probabilmente, ciò che lo teneva ancora così lontano dall’avere un confronto con Amanda, era anche la tensione che c’era tra lui e Sirius.
“Hey, aspetta,” lo richiamò. Attese che Sirius si voltasse e lo guardasse.
“So che non sembra, ma non ce l'ho con te... vuoi?” continuò, offrendogli una sigaretta. “Vai di fretta?”
Sirius strinse gli occhi e lo guardò con sospetto qualche secondo, prima di rispondere. Si avvicinò e accettò la sigaretta.
“La cosa più urgente che ho da fare è cercare Amanda. Da quando è iniziato il temporale si è nascosta per paura dei tuoni.”
Evan sorrise.
“Con tutta probabilità, è sotto il letto,” gli suggerì. “Hai mai fumato sigarette babbane?” s’informò Evan.
Sirius scosse il capo. “Solo un sigaro rubato a mio padre.”
Evan lo osservò accendersi la sigaretta e aspirare la prima boccata. Trattenne un sorriso divertito quando lo vide sforzarsi per non tossire.
“Non voglio che pensi a me come una minaccia,” esordì, accendendosi un’altra sigaretta anche lui. “Per essere una minaccia, Amanda dovrebbe essere indecisa, ma in questo caso lei sa bene ciò che vuole.”
Sirius lo scrutò; non era molto sorpreso del fatto che fosse andato subito al nocciolo della questione.
“Quindi il tuo ruolo in tutta questa storia quale dovrebbe essere? La spalla su cui piangere, l’amico innamorato che aspetta pazientemente che ci lasciamo per consolarla?” domandò, sarcastico. Sarebbe stato più difficile del previsto dimostrargli la sua buona fede.
“Senti, sto facendo davvero fatica a capire cosa lei abbia visto in te… ma mi sto sforzando, perché è ovvio che sei migliore di come ti stai presentando,” rispose.
“Da che pulpito,” commentò.
Evan sbuffò.
“Ti sto dicendo che non ho intenzione di mettermi tra voi, rivorrei solo il rapporto che avevamo.”
“È proprio questo che non capisco!” sbottò. “Che rapporto avevate? E soprattutto, se questo rapporto prevede che tu le dichiari il tuo amore come nell'ultima lettera che le hai inviato, non mi sta bene.”
“Non è andata esattamente così,” precisò, infastidito. Si avvicinò allo scrittoio, accanto alla finestra, e aprì il cassetto che conteneva tutta la corrispondenza tra lei e Amanda degli ultimi anni. Ammucchiò tutte le lettere e le diede a Sirius, che iniziò a sfogliarle con avida curiosità.
“Puoi leggerle,” affermò, facendo spallucce. “Le ho chiesto chiarezza, le ho detto che provavo qualcosa per lei, è vero, ma che avevo bisogno di capire... di che colore fossimo.”
Sirius smise di consultare le lettere e lo fissò, perplesso, la sigaretta a metà strada dalla bocca.
“Che significa?”
Evan sospirò, non era sicuro che avrebbe capito se glielo avesse spiegato.
“È... è una nostra cosa.”
“Beh, anche questo non mi piace. Le vostre cose,” disse, scontroso. “Non conosco il vostro passato, Amanda non me ne ha parlato e non ha intenzione di farlo, a quanto pare.”
“Se glielo hai chiesto con questo tono, non mi sorprende che non te l’abbia detto,” gli fece notare. “Avevamo un rapporto molto stretto… un po’ come… come Patrick e Mary Anne,” spiegò, e si rese conto solo in quel momento che era la prima volta che lo diceva a voce alta. Gli suonò così giusto.
“Patrick e Mary Anne?” gli fece eco, confuso. “Ma loro erano fratello e sorella...”
“Sì, esatto,” annuì Evan.
Sirius stette in silenzio qualche secondo; continuarono a fissarsi, lui aveva un’espressione assorta e diffidente. Aspirò un’ultima boccata di fumo dalla sigaretta e poi la spense nel posacenere sul tavolo, prima di rispondere.
“Quindi,” esordì, “tu non sei innamorato di lei?”
Evan si grattò il capo, in difficoltà per quella domanda a bruciapelo. Aveva riflettuto tanto sui sentimenti che provava per Amanda, ci aveva messo anni a rendersene conto, ma poi aveva capito: l’amava più di qualsiasi altra persona al mondo. Amanda era il suo appiglio, non c’era altra persona su cui avrebbe voluto contare, nessun’altra che amava così incondizionatamente. Tuttavia, l’amore che provava lo sentiva nella forma più pura possibile. Evan non aveva mai avuto una sorella, era stato difficile riconoscere Amanda come tale, non sapeva cosa volesse dire provare quel tipo di amore, così forte e autentico… così bianco. Ma come avrebbe potuto farlo capire a Sirius? Da quel che ricordava, sapeva dai racconti di Amanda che lui aveva un fratello con cui non era in rapporti felici, per cui il paragone non avrebbe di certo retto. La risposta, tuttavia, gli apparve chiara all’improvviso.
“No, non nel modo che tu temi,” rispose. “Considero Amanda come tu consideri James… per me è una sorella.”
Sirius stentò una risata, divertito.
“Forse, una volta. Ora come puoi dirlo? Non vi siete sentiti per due anni! Cosa sai di quello che le è accaduto in questi ultimi tempi? Non c’eri, non hai idea di quello che ha passato!”
“Non ci siamo sentiti perché lei non ha voluto, non ha mai risposto a quella dannatissima lettera!” sbottò Evan, arrabbiato, spegnendo con un colpo secco la sigaretta nel posacenere. Un tuono fortissimo risuonò, il suo pensiero andò immediatamente all’amica. Ne era sempre stata terrorizzata.
“Pensi che sia stato piacevole essere stato tagliato fuori dalla sua vita? Ero confuso esattamente quanto lei! Eppure, non riesco a prendermela, non riesco ad odiarla,” continuò, incrociando gli occhi dubbiosi di Sirius. “Non è quello che anche tu proveresti per un fratello?”
Doveva aver colpito proprio nel segno; lui distolse immediatamente lo sguardo, aveva toccato un tasto molto dolente. Non sapeva in che rapporti fosse con suo fratello, ma era certo che quello che aveva detto lo stesse facendo riflettere.
“Amanda non sembra molto intenzionata a recuperare il vostro rapporto,” commentò Sirius, freddo.
“Perché pensa che io sia innamorato di lei e non sa come comportarsi con entrambi,” precisò. “Non potrò sapere che intenzioni ha Amanda finchè non ne discuteremo, e non potremo discuterne finchè tu consideri me una minaccia. È una situazione pessima per tutti e tre, per Amanda soprattutto. In questi giorni è più strana del solito,” concluse Evan, avvicinandosi a lui e porgendogli la mano.
“Puoi dirlo forte,” borbottò Sirius.
“Essere d’accordo su questo è un buon punto di partenza,” fece notare Evan, accennando un sorriso. Gettò un’occhiata eloquente alla sua mano, ancora sospesa, in attesa di essere stretta.
“Non ti stringerò la mano,” dichiarò.
Evan alzò gli occhi al soffitto, sbuffando, e guardò Sirius ammucchiare nuovamente tutte le lettere sparse sul tavolo. “Posso tenerle?”
“No,” rispose lui, prendendogliele dalle mani.
“Avevi detto che potevo leggerle!” protestò, infastidito.
“Questo prima di sapere che avevo a che fare con un idiota che non accetta offerte di pace!” sbottò. “Si può sapere qual è il tuo problema?”
“Il mio problema? Stai scherzando, vero?” chiese, sarcastico. “Sto con Amanda da mesi e ho scoperto la tua esistenza solo poche settimane fa! Ovviamente, non mi viene detto che hai sempre fatto parte della sua vita e avevate un rapporto così stretto. Per l’appunto, lei mi parla di te e inizia a comportarsi in modo strano. Se permetti, sto facendo un po’ fatica a fidarmi!” proruppe, arrabbiato. “È l’unica ragazza per cui io abbia mai provato qualcosa, non ho alcuna intenzione di perderla.”
Evan alzò le mani, sconvolto.
“In quale altra lingua devo dirti che non ho intenzione di mettermi tra voi?”
L’espressione di Sirius si indurì.
“Sei tu che non riesci a capire il punto, Evan,” insistette. “Tu mi assicuri che non sei innamorato di lei, ma chi mi assicura che lei non provi qualcosa per te?”
Evan schiuse le labbra, sorpreso.
“Di che parli? Amanda è innamorata di te, si vede da lontano,” rispose. Insomma, era così evidente, non capiva come Sirius potesse avere dubbi al riguardo.
“Beh… c’è qualcosa di cui non mi parla e che non ha idea di come gestire,” disse, e lo guardò come se lui potesse avere la risposta.
“Che cosa?” fece Evan, curioso. Sirius sbuffò.
“Mi piacerebbe saperlo. Credevo ti riguardasse, perché ha iniziato ad essere un po’ scostante da quanto mi ha parlato di te, ma a questo punto non so più cosa pensare.”
“Hai mai pensato di chiederglielo?” domandò, sardonico.
“Potrebbe trattarsi di qualcosa che non vorrei davvero sapere,” ammise.
Evan tacque, limitandosi ad osservarlo. Sirius non gli stava propriamente simpatico, sentiva che ci sarebbe voluto del tempo per imparare ad apprezzarlo; tuttavia, provò un po’ di dispiacere per la sua situazione. Sapeva che non era semplice avere a che fare con Amanda, perché, per la maggior parte del tempo, lei stessa non aveva la minima idea di ciò che voleva. Ma su una cosa gli era parsa certa sin dal primo momento, e questa era proprio Sirius. Le parole di Patrick erano state così profetiche che poteva ancora sentirle.
Sirius si schiarì la voce, la conversazione sembrava essersi conclusa, l’unico rumore che ora faceva da sottofondo era la pioggia scrosciante. Si scambiarono un ultimo sguardo, ed Evan gli porse le lettere.
“Hai di nuovo cambiato idea?” domandò Sirius, seccato. “Ora capisco da chi ha preso Amanda!”
“Non sfidarmi,” rispose Evan, asciutto. “Vedi di restituirmele. E non dire ad Amanda che te le ho date, potrebbe pensare che ci stiamo coalizzando.”
Sul volto di Sirius vide l’ombra di un sorriso. Afferrò le lettere e le mise nella tasca della felpa nera che indossava.
“Vado a recuperare Amanda,” concluse, avvicinandosi alla porta. “Vuoi venire?”
Evan sorrise.
 
 
 
 
SIRIUS
 
 
Stentava a riconoscersi, nelle vesti di persona pronta a dare fiducia a chiunque. Decisamente, quella caratteristica gli calzava proprio male. Tuttavia, il fatto che avesse proposto a Evan di cercare Amanda insieme, doveva essere un campanello d’allarme piuttosto forte.
L’estate con lei non era stata per niente male; certo, l’aveva sentita un po’ scostante a volte, ma aveva dato la colpa al fatto che si trovassero sulla sua isola, oppure che avesse intenzione di passare più tempo con sua sorella, o che semplicemente avesse bisogno dei suoi spazi. Pensava addirittura di essere stato lui ad essersi fatto una paranoia che in realtà non esisteva; ma, con grande sorpresa, parlando con James, si rese conto che anche lui aveva avuto la stessa impressione. Subito, James gli aveva proposto di indagare, ma stranamente non avevano avuto nessuna idea a parte andare da Amanda e chiederle: “Che ti succede?”
Sirius non si era impegnato neanche più di tanto; aveva una brutta sensazione in proposito. Se Amanda si comportava in modo più strano del solito, probabilmente gli stava nascondendo qualcosa. Se ciò era vero, doveva trattarsi di un segreto importante, che valeva la pena di tenere per sé. Ma se nascondergli quel segreto la faceva agire in quel modo e apparire scostante, doveva esserci sotto un senso di colpa proprio nei suoi confronti. Ergo, la questione lo riguardava. Sirius aveva quindi concluso che stesse nascondendogli qualcosa che a lui non avrebbe fatto sicuramente piacere scoprire. Valeva quindi la pena saperlo?
Se lo chiedeva da qualche giorno, ormai; il timore che la causa di tutto ciò fosse la presenza di Evan lo aveva reso anche un po’ irrazionale. Fortunatamente, la chiacchierata che avevano avuto gli aveva chiarito le idee, sebbene non gli avesse fatto seppellire del tutto l’ascia di guerra.
Scesero dalla moto, e vide Evan correre in casa al riparo. Si era dimenticato di aver addosso l’incantesimo di Impermeabilità che Sirius aveva fatto ad entrambi. Infatti, lui se la prese più comoda; entrò in casa e sistemò le lettere in un cassetto dello scrittoio nel salotto, intenzionato a leggerle con più calma in serata. Si guardò intorno, notando che c’era troppo silenzio.
“Dove sono tutti?” chiese Evan, anticipandolo.
Sirius alzò le spalle.
“Forse al piano di sopra,” tentò lui.
Salirono le scale velocemente, arrivarono al piano di sopra e si diressero proprio verso la camera di Amanda, da cui proveniva un leggero vociare. Sirius aprì la porta e la scena che gli si presentò davanti fu piuttosto singolare: da sotto il letto, posto nella parete destra della camera, spuntavano ben otto gambe, che riconobbe come quelle rispettivamente di Layla, Jaded, Amanda e James.
Si scambiò un’occhiata stranita con Evan; lui si limitò a scrollare le spalle ed entrò nella camera.
“Buonasera!” esclamò.
Layla si affacciò da sotto il letto e li accolse con un sorriso.
“Ciao, Evan!” esclamò, sorpresa. Sirius sentì il suo sguardo addosso. “Caspita, siete venuti insieme! Amanda, avevi ragione, sono diventati amici…”
Anche Amanda si affacciò.
“Wow, ragazzi, è fantastico!” esclamò.
“Non è esattamente così,” precisò Sirius, seccato.
“Concordo,” annuì Evan.
“Così non mi aiuti,” gli fece notare Sirius.
“Perché dovrei? Non siamo amici!” esclamò lui, sorridendo.
“Vi va di unirvi a noi?” chiese James. “Vieni, Sir, ti faccio spazio accanto ad Amanda,” disse, spostandosi un po’.
Sirius si abbassò e li raggiunse sotto il letto; si posizionò accanto ad Amanda, con la quale scambiò un leggero bacio a fior di labbra. Notò che anche Evan si era sdraiato, mettendosi accanto a Layla.
Ci fu qualche secondo di silenzio. Sirius si schiarì la voce.
“Ehm ... cosa stiamo facendo?” domandò, perplesso.
“Aspettiamo che il temporale finisca,” gli bisbigliò James.
“Siamo venuti a cercare Amanda perché avevamo fame e l’abbiamo trovata qui sotto. Si è nascosta per paura dei tuoni,” spiegò Jaded. “Ma non è voluta venir fuori, quindi ci siamo messi a farle compagnia.”
“Come va la febbre, Evan? Hai preso la pozione che ti ho preparato?” s’informò Amanda, voltandosi nella sua direzione.
“Bene, non l’ho più. Sei stata carina a farmela avere, ma altrettanto valoroso è stato il tuo ragazzo che me l’ha portata e ha giurato di non averci sputato dentro!” esclamò.
“Complimenti, Sirius, una scelta molto matura,” commentò Jaded. “Non me l’aspettavo proprio.”
Nel buio al di sotto del letto, uno suono gorgogliante zittì tutti.  
“Che cos'è stato? Un tuono?” chiese Amanda, appiattendosi contro Sirius.
“Era il mio stomaco,” borbottò Jaded. “Sto morendo di fame.”
“Mi spiace, Jade, non uscirò di qui finché non smetterà di piovere, e secondo le tue tette ci vorrà ancora un po’,” ammise Amanda.
“E tu che ne sai delle mie tette?”
“Prima ho visto che le consultavi!” esclamò lei. “Fammi sentire, a proposito,” disse, allungando una mano nella sua direzione.
“Amanda!” sbottò Sirius, trattenendola.
“Giù le mani! Ti sembra il caso di farlo qui davanti a tutti?” fece Jaded, scandalizzata.
“Stai dicendo che di solito avviene quando siete sole?” domandò Sirius, sconvolto.
“Che? Amanda, non toccare le tette di mia sorella!” ordinò James.
“Non ricomincerete a parlare di tette!” sbuffò Layla.
“No, vi prego,” si lamentò Sirius.
“Ma non ne parlo da un sacco di tempo,” disse Amanda, mettendo il broncio. “E comunque, James, tu tocchi le mie e io mi riservo il diritto di toccare quelle di tua sorella!”
“Cosa hai fatto?!” chiese Evan, alzando il capo nella loro direzione.
“Preferirei non rivangare quell'episodio, grazie,” bofonchiò Sirius, contrariato.
“Secondo me, soffri dell'invidia da seno piccolo, altrimenti non si spiega tutta questa passione che provi per le tette… insomma, sono solo… tette!” disse Layla.
“Non bestemmiare,” l’ammonì Evan.
“Hai ragione, mi piacerebbe che fossero più grandi…” commentò Amanda.
“A me piacciono così come sono,” disse Sirius. “E ne ho viste un sacco.”
“Non era necessario specificarlo,” borbottò Amanda, infastidita.
“Sono d'accordo con Sirius, le tue sono perfette così,” s’intromise James.
“Nessuno te l'ha chiesto,” disse Sirius, seccato.
Evan improvvisamente emise un lamento; si voltò e vide che aveva tentato di puntellarsi sui gomiti, ma aveva dato una testata alla rete di metallo del letto. Si massaggiò la fronte, ma ciò non gli impedì di dire la sua opinione sull’argomento.
“Se vi piace così tanto parlarne, dovreste fondare un club. All'università l'ho fatto, e conta più membri del club degli scacchi. Modestamente, ne sono il Presidente,” affermò, con una punta di orgoglio.
Amanda tirò su il capo e Sirius, previdente, le mise una mano sulla testa per evitare che facesse la stessa fine dell’amico.
“Sono così fiera di te, Evan!” esclamò Amanda, entusiasta.
“Dici sul serio?” sbottò Sirius, sconvolto.
“È un'idea fantastica!” commentò James, interessato. “Pensate che la McGranitt ci darà il permesso?” domandò.
“Non se lo chiamate Club delle tette! Dovreste camuffare il nome,” suggerì Layla. “Comunque non ci credo che sto davvero partecipando a questa conversazione.”
“A chi lo dici,” le fece eco Sirius.
“Evan, ci hai illuminato il cammino, non so come ringraziarti,” continuò James.
“Di niente, amico.”
“James non è amico tuo,” precisò Sirius, scontroso.
“Davvero?” chiese James, deluso.
“Stai scherzando, spero!” sbottò di rimando, risentito.
“Sirius, non fare pipì su James,” lo rimproverò Amanda, dandogli una gomitata.
Stava per rispondere qualcosa di molto cattivo a Evan, che se la rideva un metro più a destra, quando fu interrotto dall’urlo di gioia di Jaded.
“Ha smesso di piovere!” esclamò, strisciando fuori dal letto. “Sono davvero felice che le mie tette si siano sbagliate… dai, Amanda, ora esci da lì sotto e nutrici!”
Sirius gettò un’occhiata ad Amanda, che non sembrava sollevata dalla fine del temporale.
“Cosa? Davvero?” domandò, dubbiosa. “Beh… voi scendete, io… vi raggiungo subito,” disse, senza togliere gli occhi dalla rete del materasso.
Sirius vide anche James e Layla trascinarsi fuori dal letto. Si voltò verso Amanda, indeciso sul da farsi.
“Non fateci aspettare troppo,” si raccomandò James. Guardò Evan, curioso.
“Tu resti qui?” gli domandò.
Sirius incontrò lo sguardo di Evan; in quel momento lo stava odiando, ma gli aveva assicurato che avrebbe avuto un confronto con Amanda e non sarebbe stato saggio rimangiarselo adesso.
“Sì, ho bisogno di parlare con lei,” rispose Evan, indicandola.
A quella risposta, James si voltò immediatamente a guardare Sirius. Poteva leggergli sul volto l’infinita curiosità di sapere cosa stava accadendo; tuttavia, con enorme soddisfazione, lui si limitò ad indicargli la porta. Avrebbe dovuto attendere, prima di sapere tutto, magari gli sarebbe passata la voglia di distribuire amicizia a chiunque!
James capì la sua intenzione di rivalsa; strinse gli occhi, indispettito, e si rimise in piedi, lasciando la stanza.
“Devi… parlarmi?” domandò lei.
“Beh, sì, anche Sirius è d’accordo che dovremmo farci una chiacchierata.”
“Veramente no,” precisò lui, subito. “Ma a quanto pare sei più fuori di testa del solito, nell’ultimo periodo… e se parlare con lui può aiutarti, allora è giusto che lui ti aiuti stare meglio.”
Amanda si voltò verso di lui, confusa.
“Cosa? Io non sono fuori di testa!” esclamò. Di tutto ciò che aveva detto, lei aveva registrato solo quell’informazione.
“Ti sei nascosta sotto un letto per paura dei tuoni,” scandì, cercando di mantenere la calma. “Okay, hai fatto migliaia di cose strane da quando ti conosco e le adoro tutte, lo sai, ma non eri ancora arrivata a questo punto,” disse, convinto. “Perché non vuoi uscire da qui?” le domandò, allora.
Amanda tacque, ma Sirius notò molto bene i suoi occhi lucidi.
“Perché pensa di essere un mostro,” rispose Evan, guardandola. “È per colpa mia?”
“Cosa?” domandò Sirius, confuso. Tutto quel mistero lo irritava tantissimo, Evan sembrava godere di conoscere tutte quelle cose di Amanda che a lui sfuggivano ancora.
“Colpa tua? Ma no,” rispose. “Non sono per niente brava ad affrontare queste cose, Sirius lo sa bene, ha passato mesi a rincorrermi!”
“Già,” commentò, sarcastico. “Non mi sono arreso dopo una lettera!”
“Vuoi darci un taglio?” sbottò Evan. “Amanda, ho bisogno di chiarire che non sono arrabbiato con te, non lo sono mai stato. Mi è mancato tantissimo sentirti, mi dispiace di averti confuso con quella lettera, ci ho messo tanto a capire quello che eravamo… ma ora lo so.”
“Dovresti essere un po’ più chiaro,” specificò Sirius. “Amanda, vuole dirti che non è innamorato di te e che la mia presenza in veste di tuo ragazzo non lo sta uccidendo… in poche parole, non sei un mostro.”
“Sulla tua presenza avrei qualche riserva,” disse Evan, rivolto a lui. “Ma praticamente… sì, è così,” concluse, stringendo le labbra.
Non riuscì a vedere l’espressione di Amanda, in quel momento voltata verso l’amico, ma immaginò che avesse gli occhi spalancati dalla sorpresa e, forse, dal sollievo.
“Davvero? Oh, grazie al cielo!” esclamò. Si spostò su un fianco e lo abbracciò. Sirius distolse lo sguardo, infastidito. “Volevo risponderti, davvero, ma avevo così tanta paura di ferirti, perché... perché ci ho provato, credimi, a pensare a noi come un colore che non fosse bianco, ma… lo siamo, Evan, e vorrei fosse così per sempre.”
Vide Evan sorriderle.
“Sei più tranquilla, ora?” le chiese.
Amanda annuì.
“Sono contenta che siate diventati amici,” rispose lei con soddisfazione, accennando a loro due.
“No, non lo siamo,” ripeté Sirius, convinto.
“Esatto, in verità mi fa impazzire,” ammise Evan.
“Oh, è successo anche a me, all’inizio. Dagli qualche anno e lo adorerai,” lo rassicurò Amanda, ridendo.
“Hai davvero intenzione di starci assieme degli anni?” domandò, incredulo.
“Ma certo!” esclamò lei, come se fosse ovvio. Sirius incontrò il suo sguardo e, nonostante la penombra, notò che era arrossita. “Cioè, se anche a te va bene…”
Sirius non riuscì a trattenere un sorriso divertito; adorava quando faceva quelle affermazioni così spontanee senza nemmeno rendersene conto. Si avvicinò alle sue labbra.
“Evan, è ora che ci lasci soli,” mormorò Sirius, senza smettere di guardare Amanda, imbarazzata.
“Sono d’accordo,” rispose lui, strisciando fuori. “Vi consiglio di spostarvi sopra il letto, è molto più comodo!” esclamò Evan. Aggiunse qualcos’altro, ma Sirius non lo sentì, troppo impegnato a baciare Amanda.
“Odio dirlo, ma ha ragione,” mugugnò lui, tra un bacio e l’altro. “È ora di spostarsi da qui sotto!”
Fece per uscire, ma Amanda lo trattenne.
“Aspetta,” lo pregò. Si tormentava le dita come quando aveva paura di dire qualcosa. “Ecco… lo so che non ti sembrerà il momento, ma ho bisogno di parlarti,” continuò, seria.
Sirius corrugò la fronte. Non gli piaceva per niente il tono che aveva usato.
“Di cosa si tratta?”
Prima ancora che rispondesse, capì che riguardava il motivo per cui stava ancora sotto il letto.
“Ti senti ancora un mostro per qualcosa in particolare?” le chiese, sospettoso.
Amanda annuì.
“Mi prometti che non ti arrabbi?” domandò piano, mordendosi il labbro inferiore.
“La premessa non è delle migliori,” sospirò Sirius, “ma farò del mio meglio.”
Lei stava per rispondere, ma la porta si aprì nuovamente. Sirius non riuscì a capire chi fosse entrato, finchè James non fece capolino sotto il letto.
“È arrivato mio padre!” esclamò, entusiasta.
Sirius lo guardò, sorpreso. Charlus non sarebbe dovuto venire sull’isola prima della fine di agosto. Per quale motivo si trovava lì?
“Perché è qui? È successo qualcosa?” domandò subito Amanda, preoccupata.
Uscirono entrambi da sotto il letto. In realtà, dalla faccia di James, tutto poteva essere tranne che una cattiva notizia.
“No, non lo so ancora, perlomeno,” rispose. “Però ti cerca, dice che si tratta di una sorpresa!”
Sirius guardò Amanda un’ultima volta, prima di rincorrerla giù per le scale. Non seppe spiegarsi perché, ma ebbe la sensazione che per lei non sembrava una buona notizia.
 
 
 
AMANDA
 
Restò a fissare l’edificio per parecchi secondi, forse minuti, completamente ammutolita. La sua casa a Portaleen era in piedi, più bella e fiera di prima, proprio accanto al luogo su cui sorgeva prima di essere rasa al suolo. Le pareti rosa sembravano appena affrescate, c’era la stessa altalena, lo stesso porticato, lo stesso cespuglio di rose, che anziché essere bianche, ora si ergevano maestosamente rosse, segno di rivalsa per tutto il sangue versato.
Amanda ripercorse in ordine tutti gli eventi che l’avevano portata lì, a Portaleen, in quel preciso istante: Charlus si era presentato a Inishmòr, dicendo di avere una sorpresa da mostrare. Aveva creato una Passaporta, usando una presina della cucina, aveva detto loro di reggersi forte, in tutti i sensi. Amanda aveva preso la mano di Sirius e, toccando la presina nello stesso momento di Charlus e James, si era ritrovata catapultata davanti alla nuova casa. Improvvisamente, comprese per quale motivo Layla si era tirata indietro; probabilmente, Charlus doveva averle accennato che si stavano per dirigere a Portaleen, senza sapere ciò che vi avrebbero trovato.
“Che cosa…” mormorò, tuttavia senza concludere la frase. Aveva in mente così tante domande, che sembravano essersi congestionate sullo stesso filo di pensiero, incapaci di uscire tutte insieme.
“La tua casa era il Quartier Generale dell’Ordine. Silente sapeva che il miglior modo di onorare il sacrificio dei tuoi genitori era fare in modo che rimanesse tale. È stato difficile, visto lo stato della terra dopo l’Ardemonio, ma ce l’abbiamo fatta. E tu sei la prima che ha il diritto di vederla.”
Amanda guardò Charlus con gratitudine e lo abbracciò. Le lacrime le appannarono gli occhi, ma non avrebbe permesso loro di rovinarle quel momento meraviglioso.
“Posso entrare?” gli chiese, dopo aver sciolto l’abbraccio.
“Certo, Amanda, è casa tua,” sorrise Charlus.
Guardò Sirius e James.
“Venite con me?”
Loro annuirono, sorridenti. Il primo posto che avrebbe visto sarebbe stato la cucina, che aveva ospitato tutti i bei momenti vissuti con la sua famiglia; sapeva che sarebbe stato triste, non ci sarebbero stati i suoi genitori, loro non era possibile riportarli indietro. Tuttavia, Amanda pensò che in quella casa ci sarebbe sempre stata una parte di loro, finchè lei e Layla avessero continuato a viverci.
James e Sirius, seguiti da Charlus, la accompagnarono attraverso ogni stanza. Quando arrivò allo studio si commosse nel vedere che era esattamente come lo ricordava; sembrava che Silente si fosse ricordato per filo e per segno ogni singolo libro che suo padre possedeva. C’era la libreria di legno scuro lungo tutto la parete, il tappeto con lo stemma dei Froude, lo scrittoio a ridosso della grande finestra che dava sul mare. Amanda vide persino delle pergamene in un angolo dello scrittoio, come suo padre aveva l’abitudine di tenere, con sopra un grande calamaio.
Amanda si avvicinò alla finestra e raggiunse Sirius, che si era perso ad osservare qualche dettaglio sulla scrivania.
“Che c’è?” gli domandò. “Ti piace lo studio? Credo di non avertelo mai mostrato.”
Sirius aveva una strana espressione dipinta sul volto, come se qualcosa non gli tornasse. Prese tra le mani il calamaio e lo rigirò, scrutandolo. Solamente ora che gli prestava la dovuta attenzione tra le mani di Sirius, Amanda lo riconobbe. Quello era il calamaio. Deglutì, comprendendo immediatamente ogni cosa. Si guardò intorno e incrociò lo sguardo di Charlus, che pareva completamente estraneo al disagio che lei stava vivendo. Non poteva essere vero, si stava sicuramente sbagliando, quello che Sirius continuava a guardare con sospetto non era il calamaio che aveva visto nell’ufficio di Silente. Insomma, era un calamaio da collezione, ma potevano essercene centinaia in giro, no? Perché se così non era, e Sirius lo aveva riconosciuto, voleva dire che apparteneva ad Orion. E se apparteneva a lui, ciò in cui era implicato l’ultima volta che Amanda gli aveva parlato era proprio il progetto di riportare in vita la sua casa.
“No, infatti, non l’avevo mai visto,” rispose Sirius, distratto. “Hai sempre avuto questo calamaio?” domandò.
“I-io non ricordo,” balbettò, evasiva. Sentiva di stare arrossendo e non sapeva come impedirlo. Anche Sirius se ne accorse.
“Ma sicuramente c’era,” tentò, sperando di risultare credibile. “Mio padre ne aveva talmente tanti che non li ricordo tutti… li collezionava!”
“È curioso che tu lo dica, sai?” fece, piatto. “Al contrario, in casa mia ce n’è stato sempre e solo uno, identico a questo,” raccontò. Amanda abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello di Sirius.
“E come questo, anche il mio ha inciso lo stesso anno sotto al vetro, 1952,” continuò, rigirandolo per mostrarglielo, “con le stesse iniziali, O. B.”
Amanda sentì il cuore martellarle nel petto. Non aveva senso continuare quella farsa, e tutto stava facendo tranne che sembrare innocente e piena di buone intenzioni.
Tuttavia, Sirius non la stava guardando; si era voltato verso Charlus, che stava sfogliando qualche libro accanto alla libreria assieme a James.
“Signor Potter,” chiamò. Il sorriso di Charlus era verso di loro.
“Dimmi, Sirius!”
“Perché il calamaio di mio padre si trova qui?” domandò lui, più calmo che mai.
L’espressione serena del signor Potter si spense in un decimo di secondo; gettò uno sguardo proprio ad Amanda, che ebbe l’impressione di sentirsi nuda. Quello non sfuggì a Sirius, che si voltò immediatamente verso di lei.
“Ecco, Sirius… io potrei sapere qualcosa al riguardo,” mormorò, cercando di sostenere il suo sguardo freddo. Amanda ricordò di non averlo mai visto così.
“Che… cosa sta succedendo?” domandò James, confuso. “Sirius, come fai ad essere sicuro?”
“Ho vissuto quindici anni in quell’inferno, sento la puzza di casa mia a miglia di distanza!” sbottò lui, improvvisamente. “Pensavi davvero che l’avrei riconosciuto? In che modo è riuscito a coinvolgerti?” domandò, incredulo, voltandosi ancora verso di lei.
“Io non sapevo-” tentò, ma fu interrotta da Sirius.
“È successo quando l’hai incontrato nell’ufficio di Silente, vero?” domandò. “Sapevo che era una pessima idea!”
“Cosa?” sbottò Amanda. “IO pensavo che fosse una pessima idea, tu credevi fosse geniale forzare tuo padre a dirmi che cosa avesse in mente!”
“E ci sei riuscita, vero?” l’accusò, infuriato. “Ma rendermi partecipe non era tra i tuoi piani! Quali erano i tuoi piani, a proposito?”
“Sirius, calmati,” disse Charlus, avvicinandosi per prendergli un braccio. Lui si scostò malamente, facendo cadere il calamaio sul pavimento, che si ruppe. Il suo inchiostro si riversò a terra, impregnando il tappeto.
“Ma di quali piani parli? Non mi stai lasciando spiegare!” esclamò Amanda, sulla difensiva.
“Ha ragione, Sirius, lei non c’entra!” intervenne Charlus. “È stata una mia idea fin dall’inizio,” confessò.
Sirius si bloccò. Anche Amanda guardò Charlus, sorpresa.
“Silente desiderava ricostruire, ma da come sapevi anche tu,” raccontò, “nulla cresceva più su questa terra. Avevamo bisogno di qualcuno che ci sapesse fare con gli incantesimi, qualcuno talmente scosso dalla morte dei Froude che passava i suoi giorni su un masso a guardare le macerie.
Ho detto a tuo padre quello che volevamo fare e non ha esitato un attimo a darci il suo aiuto, ha lavorato duramente, più di tutti, per rendere possibile tutto questo. Ha messo a rischio la sua posizione, entrando nell’Ordine ad una condizione: non voleva che tu lo scoprissi per non mettere in pericolo te e Regulus.”
James si sistemò gli occhiali sul naso, mentre il suo sguardo vagava da suo padre a Sirius, completamente sbalordito.
Amanda, coi nervi a fior di pelle, avvertì un fruscio sul pavimento; abbassò velocemente lo sguardo e vide il calamaio tornare perfettamente integro. Persino l’inchiostro ritornò nella boccetta. Si voltò a destra ed emise uno strillo sorpreso, nel vedere una bacchetta a mezzaria.
La stoffa cadde improvvisamente e il Mantello svelò Orion Black.
“È questo che fai con il Mantello dell’Invisibilità quando te lo rendo ogni estate? Ci nascondi sotto i genitori dei miei amici?” domandò James, esterrefatto. Il signor Potter gli diede una gomitata.
“Orion, non era necessario,” disse poi Charlus. “Sei sicuro?”
Il padre di Sirius raccolse il calamaio da terra e annuì. Poi parlò a Sirius.
“Comprai questo calamaio al Ghirigoro nel periodo in cui Mary Anne lavorava lì. Ho pensato che fosse legittimo che rimanesse in questa casa, non credevo tu l’avessi mai notato in casa nostra.”
“Tu non credevi un sacco di cose,” disse, glaciale. “Volevi tenermi al sicuro, dici, ma poi, tempo tre secondi e hai confessato tutto alla mia ragazza!” sbottò, e Amanda si sentì investita da un’occhiata risentita. “Ma potevi stare tranquillo, perché lei non mi avrebbe detto nulla.”
“Non sapevo che fosse nell’Ordine per questo, Sirius,” si difese lei. “E non mi ha detto nulla, sono io che ho capito che era coinvolto…”
“Amanda, non me ne hai parlato! Me l’hai volutamente tenuto nascosto!” sbottò, arrabbiato.
Provò ad avvicinarsi, ma lui indietreggiò. Si odiava per quello che aveva fatto, soprattutto per il modo in cui Sirius ora la stava guardando, deluso e ferito. Tuttavia, doveva sentire le sue ragioni, tutt’altro che vergognose.
“Beh… sì. Mio padre teneva all’Ordine. Se rivelarti una notizia di questo tipo di cui nessun altro era a conoscenza avesse minacciato l’integrità dell’Ordine stesso, non me lo sarei mai perdonato. Ho dovuto fare una scelta,” ammise, guardando anche James. “Mi dispiace.”
“Amanda non ha fatto nulla di così grave, Sirius,” aggiunse Orion. “Anzi, la lealtà che ha dimostrato mantenendo il segreto è ammirevole.”
“La mia ragazza è stata leale nei tuoi confronti, non nei miei!” esclamò Sirius, arrabbiato. “E questo per me è un problema.”
“Aiuterebbe a sentirti meglio se fossi nuda?” tentò lei. Sentì James soffocare una risata e lo vide scuotere il capo.
“No, dannazione, Amanda!” sbottò Sirius, sconvolto. “Ti sembra una cosa da dire in questo momento?”
“Perché? Di solito ti distrae…”
“Sarebbe un po’ inopportuno,” esclamò Orion, “ma se funziona davvero, vi lasciamo da soli.”
“Non darle corda, non è divertente!” fece, rivolto a suo padre. Poi tornò a lei. “E tu non provare a ridicolizzare questo momento!”
“Non lo sto facendo,” si difese Amanda, “sono solo confusa!”
“Stai per rimetterti la gonna come un mantello?” domandò James.
“Smettila di rinfacciarmelo, James! Che figura ci faccio col padre di Sirius?”
“Fai sul serio?” tuonò Sirius.
“È successo anche a Mary Anne, una volta!” esclamò Orion, divertito. Anche Charlus non riuscì a trattenere una risata.
“Mia madre odiava le gonne per quel motivo, sono troppo simili a mantelle… quanto invidio voi uomini quando è ora di vestirsi!”
“Non cambiare discorso, Amanda” l’ammonì Sirius. “Perché hai pensato che fare comunella con mio padre fosse una buona idea?!”
“Comunella?” chiese, esasperata. “Non è come pensi! Era importante, non riguardava solo te ma l’integrità dell’intero Ordine!” continuò. “Ci sono stata malissimo, e stavo per dirtelo proprio stasera, ma James ci ha interrotto!”
“Perché dovrei crederti?”
“Perché non dovresti?”
“Mi avresti raccontato tutto, certo,” commentò Sirius, sarcastico. “Come hai fatto in questa occasione.”
“Sì!” esclamò, convinta. “Cioè, avrei cambiato soggetti e nomi, ma la questione era la stessa. Avevo preparato una storia bellissima, ora te la racconto.”
“Non la voglio sentire,” disse lui, asciutto, ma Amanda continuò.
“C’era questa mia amica di nome Amelia, che sta con un ragazzo che ama tantissimo e che si chiama Steven-”
“Amanda, smettila!”
“Lasciami finire! Steven odia suo padre perché ha sempre creduto che non gli importasse nulla di lui-”
“Ha smesso di essere divertente ancora prima di cominciare!” proruppe Sirius, sbuffando.
“No, aspetta, a me piace, falla continuare!” esclamò James.
Amanda si schiarì la voce.
“Amelia viene a sapere che il padre di Steven sta facendo qualcosa per conto di un’associazione segreta in cui il padre di Amelia, che purtroppo non c’è più, credeva molto. Il padre di Steven, che si chiama Oswald – mi perdoni, signor Black, non ho trovato un nessun nome che le calzasse meglio di così…”
Orion strinse le labbra, cercando di trattenere un sorriso.
“Non preoccuparti,” la rassicurò. “Va’ avanti.”
“Beh, lui dice che è implicato in questa situazione che non svela, e Amelia intuisce comunque che si tratta di una questione del… del Disordine dei Fringuelli-”
James scoppiò a ridere e Amanda si interruppe. Anche Charlus e Orion sorridevano divertiti; l’unico che era ancora una maschera di serietà era Sirius.
“Hai finito?” chiese, glaciale.
Amanda si grattò la nuca.
“I-io… sì,” mormorò. “Insomma, Sirius, non l’ho fatto con le cattive intenzioni che tu pensi. Ho pensato al bene superiore, mi dispiace che tu ti senta tradito… voglio dire, mettiti nei miei panni, non avresti fatto lo stesso?”
Lui tacque qualche secondo, ma continuò a fissarla.
“Per fare lo stesso,” rispose, “avrei dovuto incontrare tuo padre, scoprire quello che faceva, accordarmi con lui e non dirti niente perché ti ritenevo troppo stupida da mantenere un segreto che lo riguardava, e poi comportarmi in modo scostante per tutta l’estate. No, Amanda, non avrei fatto lo stesso.”
Lei abbassò lo sguardo; gli occhi le bruciavano e sapeva che era questione di istanti prima che le lacrime facessero capolino.
“Benvenuto dal lato giusto, allora, padre,” disse poi, rivolto a Orion. “Meglio tardi che mai.”
Amanda guardò fuori dalla finestra e chiuse gli occhi quando la porta dello studio sbatté.
Sirius uscì e sentì anche i passi di James allontanarsi per raggiungerlo. Charlus le accarezzò i capelli in un gesto paterno di cui Amanda sentiva immensamente la mancanza, ma lei non voltò il capo, troppo impegnata a trattenere le lacrime. L’abbraccio di Orion fu il comodo rifugio che l’accolse; tuttavia, non riuscì a farlo durare più di qualche secondo. Istintivamente, sentì il bisogno di doversi nascondere in un posto dove nessuno potesse disturbarla; sotto il letto, dove i mostri potevano stare senza nuocere nessuno.
 
 
 
 
Note:
Salve a tutti!
Sono molto contenta di essere riuscita ad aggiornare entro un mese dall’ultimo capitolo! Sebbene pubblicherò il capitolo la mattina del 13, sappiate che in realtà sto scrivendo le note ora che l’ho terminato, ed è l’una di notte passata! Sono molto ligia ai miei doveri di fanwriter *^*
Allora, non dirò molto perché il capitolo è lungo e io sono stanchissima, però spero di aver descritto a modo diverse situazioni:
  • Evan: lo odiate ancora? Che ve ne pare? Io adoro la parte del flashback, Patrick è l’ammmore!
  • Sirius: in questo capitolo forse non vi piacerà perché vi sembrerà che certi suoi comportamenti siano stati esasperati, però un po’ lo capisco. Alla fine è un diciassettenne innamorato per la prima volta ed insicuro, perché diciamo che Amanda non sia bravissima a dare certezze XD. Quando poi scopre che la ragazza di cui è innamorato gli nasconde pure le cose, è plausibile che si senta tradito;
  • Amanda: ecco, lei in questo capitolo presenta più sfaccettature. È un periodo pessimo, prima Evan e poi la questione Orion che piomba così dal nulla! Spiego: lei stava sotto il letto perché si sentiva completamente impotente e nel torto più assoluto sia nei confronti di Evan che in quelli di Sirius (per i motivi che non sto a ripetere). Se James non li avesse interrotti, avrebbe confessato tutto a Sirius, venendo meno alla lealtà nei confronti dell’Ordine. Quale delle due cose Amanda avrebbe sopportato meno? Io per prima non lo so, in realtà la questione Ordine nascondeva un’incognita non proprio piccola: Sirius sarebbe riuscito a gestire il segreto oppure si sarebbe lasciato trasportare? Chissà, lascio i giudizi a voi!
Spero che le note abbiano un senso compiuto, sono quasi le due e vado a ninna!
Alla prossima e grazie a tutti voi che seguite :D!
 
Amanda
 
 
   
 
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