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Autore: destiel87    12/05/2016    1 recensioni
Sette sono le Dee che cambieranno il destino dell' eroe Sigfried, giunto dalle terre nordiche fino alle sponde della grecia.
Afrodite, dea dell' amore, Ixchel, dea della passione, Hel, lunare e gelida come i monti dove dimora.
Ecate, dea degli incantesimi, Atena, dea della saggezza e della guerra, Artemide, la vergine cacciatrice.
Ed infine, Perfesone, malinconica regina dell' oltretomba...
Ad accompagnarlo nelle sue avventure, il fidato destriero alato Pegaso, e la veggente guerriera Cassandra.
A sfidare la sua ira e la sua spada, il valoroso e crudele Ares, ed Ade, dio dei morti e delle ombre.
(Nota: I personaggi della storia sono ispirati alla mitologia greca, romana e normanna)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 6: LA MUSA DAL CUORE INFRANTO






Durante i lunghi anni in cui Ecate aveva vissuto nel monte Yggdrasill, nessuno l' aveva mai amata, nessuno l' aveva mai baciata, nessuno l' aveva mai stretta a se togliendole il respiro come il giovane Sigfried stava facendo.
In tanti erano venuti da lei, disperati per la loro amata, lei aveva aiutato alcuni e respinto altri, in base a ciò che celava il loro cuore, ma mai, aveva provato qualcosa che potesse essere definito amore.
Non capiva quindi i loro tormenti e le loro pene, le loro gioie e le loro parole romantiche.
Ora, per la prima volta, ebbe un assaggio di quel sentimento così puro e devastante di cui tanto aveva sentito parlare, e finalmente capì perchè gli esseri umani si dannassero per averlo.
Oh com' erano calde le mani di Sigfried! E come erano delicate le due dita sulla sua pelle... Com' erano morbidi e profumati i suoi capelli, che ad ogni movimento le sfioravano il viso...
E il suo corpo, così fragile rispetto a quello degli Dei immortali, come sembrava forte...
Come si sentiva protetta tra le sue braccia...
Era questo l' amore? Si domandava Ecate ricambiando il suo bacio.
Questo caos primordiale, è questo che tutti agognano?
Per un attimo, desiderò che il giovane eroe potesse rimanere con lei, allietando le notti solitarie in quella caverna, donandole colore in un' esistenza altrimenti oscura.
Per la prima volta in vita sua si lasciò andare, godendosi ogni istante di quella passione.
Poi però, ricordo a se stessa che tutto ciò che stava provando altro non era che una mera illusione, un sogno meraviglioso, da cui però si sarebbe dovuta presto svegliare.
Non era questo il suo destino, non era lei che lui amava.
Si stacco da Sigfried e lo guardò a lungo, respirando la sua stessa aria e aggrappandosi ancora un momento a quelle dolci labbra.
Poi si allontanò, respingendo quel giovane che con le gote arrossate e quel tenero sorriso, le avrebbe fatto compagnia per l' eternità.
"Ti ringrazio straniero, il tuo è il dono più bello che mi sia mai stato offerto..."
Sigfried sorrise, accarezzò ancora una volta i suoi capelli e si perse nei suoi occhi.
"E' stato un piacere farti questo dono, mia Dea."
Ecate fece un profondo respiro, ricordando di nuovo quale fosse il suo compito nel regno degli uomini: Lenire le ferite dei cuori più puri.
Non le era però concesso provare ciò che loro provavano, amare quelli che loro amavano, vivere le loro tormentate vite.
Ciò che le era concesso era di osservarle, e quando lo riteneva necessario, indirizzarle verso il loro destino.
"Ebbene - Disse infine - Ora ti darò ciò per cui sei venuto, in modo che tu possa tornare dalla tua amata e fare tuo il suo cuore."
Ecate unì le mani, tra le quali si formò un' intensa luce azzurra, poi soffiò dentro di esse e la luce divenne rossa e accecante.
Trattenne in una mano la luce, e con l' altra estrasse dalla manica del vestito una piccola ampolla di vetro, con un serpente argentato che si attorcigliava ad essa. Verso al suo interno la luce rossa, che divenne liquida e scura come il sangue.
Sigfried osservava tutto stupefatto ed incantato, domandandosi di che cosa si trattasse.
"Fate bere questo alla vostra amata, ed essa vi amerà incondizionatamente, finchè avrà un alito di vita dentro di sè. " Gli disse porgendogli l' ampolla.
Sigfried la strinse al suo petto, grato per quella benedizione.
Prese la mano di Ecate e la baciò delicatamente.
"Vi ringrazio mia Dea..."
Ecate annuì e sorrise, guardando per l' ultima volta il bel cavaliere.
"Seguite la luce dorata, vi condurrà fuori dal labirinto..." Così dicendo soffiò in una mano, e da essa una piccola luce si levò in aria, brillando e allontanandosi.
"Addio cavaliere..." Sussurrò infine Ecate con malinconia.
Sigfried seguì con lo sguardo la luce, e quando si voltò per ringraziare ancora una volta La Dea, essa era già scomparsa.
"Addio, mia Dea." Disse montando in cima a Pegaso, seguendo la luce nell' oscurità.
Quando finalmente si ritrovò fuori dalla caverna, il Valravn era scomparso, così l'eroe e il suo destriero potettero volare liberamente giù dal monte, diretti verso il regno del ghiaccio.
Quando furuno vicini, la tempesta costrinse Pegaso a scendere a terra, e il cavaliere dovette riparsi dal vento gelido con quel che restava del suo mantello.
Camminarono a lungo nella tormenta, persi in una bianca distesa, finchè al cavaliere sembrò di vedere una figura riversa nella neve.
Scese da cavallo e corse verso la donna che giaceva immobile sul terreno.
Una volta vicino a lei potè notare che la giovane fanciulla tremava e piangeva, stringendo al petto un pugnale.
"Perchè piangi dolce fanciulla? Che ti è accaduto? Non temere io posso aiutarti!" Disse ricoprendola con il suo mantello.
Lei alzò il viso ricoperto di neve, così Sigfried potè osservarla meglio.
Aveva gli occhi verdi acqua, divenuti rossi dal pianto, una pelle rosea ricoperta di lentiggini, capelli castani dorati e labbra chiare e rotonde.
Uno spesso mantello con un cappuccio le copriva la veste verde ricamata.
"Vi prego parlatemi, dev' esserci qualcosa che posso fare per voi!"
"Uccidetemi!" Disse la ragazza porgendogli il suo pugnale.
Sigfried fu scioccato da quella affermazione, non capendo cosa potesse spingere una così bella fanciulla al suicidio.
"Mia dolce signora, mia anima in pena, voi non mi conoscete, ma io ho vagato per tutti i regni salvando molte vite, non desidero uccidere nessuno, sopratutto una creatura fragile e triste come voi... Vi prego ditemi, cosa turba il vostro animo al punto da desiderare la fredda morte?"
Sigfried accarezzò le sue mani e cercò di riscaldarle un poco, preoccupato per la fanciulla.
"L' uomo che amo tra poco sposerà un altra... Il loro matrimonio è stato organizzato dal padre, che vuole per il figlio una moglie ricca che possa portagli importanti alleanze... Mentre io... Io non ho che il dono della mia voce... Oh che sciocca sono stata ad innamorarmi di lui... Che sciocca!"
Sigfried commosso da tanta disperazione la abbracciò forte, capendo bene il suo stato d' animo.
"Qual'è il vostro nome dolce fanciulla?"
"Che importa il mio nome se tra poco danzerò con i morti?"
"A me importa, ditemelo... Fatemi questo ultimo piacere, voglio ricordarmi di voi."
La fanciulla trattenne per un attimo il pianto, poi tra i singhiozzi gli disse il suo nome.
"Melpòmene, mio signore. E ora vi prego, uccidetemi! Alleviate le mie sofferenze!"
"Oh mia cara fanciulla, non dite queste cose! Sono sicuro che la vostra famiglia è in pena per voi e vi aspetta a casa, e che altri uomini potranno amarvi, se solo aspetterete..."
"Vi sbagliate cavaliere! Sono sola al mondo, la mia famiglia è morta anni fà...
Omero è stato è stato l'unico amico che abbia mai avuto, l' unico che mi abbia confortato nei momenti bui, che mi abbia fatto sorridere e sognare... Io cantavo per lui ogni notte, e lui scriveva storie di avventure e di amori perduti ascoltandomi... Diceva che ero la sua musa... Ma ora tutto perduto, se lui non c'è, cosa mi resta?"
Melpòmene si battè il petto, strappandosi la veste dal dolore.
"Vi resta la speranza mia signora... Vi resta la vita!" Sigfried strinse la fanciulla a sè, cercando il modo di confortala.
"Non c'è vita senza amore, e non c'è amore senza di lui... Ho donato a lui il mio cuore, e ora lui lo porterà lontano, in un altra terra... Oh Dei, perchè mi odiate tanto? Perchè mi togliete tutto ciò che amo?"
Melpòmene afferrò il pugnale e lo puntò al suo petto, decisa a porre fine alle sue sofferenze.
Sigfried la bloccò con forza, togliendole l' arma, poi disperato per le sue sofferenze, prese l' unica decisione che riteneva giusta.
Poteva pure soffrire, passare l' esistenza lontano dalla donna che amava, ma non poteva sopportare che una giovane vita finisse davanti ai suoi occhi.
Non poteva vedere ancora le lacrime bagnarle le guancie, sentire il suo pianto disperato, udire le urla del suo cuore distrutto.
Estrasse dall' armatura l' ampolla che Ecate gli aveva dato, poi gliela mise tra le mani.
"Prendete questa mia signora, fatela bere al vostro amato, e il suo cuore sarà vostro per sempre..."
Lei guardò confusa l' ampolla e il cavaliere, senza capire cosa stesse succedendo.
"Che cos' è questa? E perchè volete aiutarmi?"
"E' una pozione magica, mi è stata donata dalla Dea degli incantesimi, Ecate.
Volevo conquistare il cuore della mia amata, ma preferisco che l' abbiate voi...
So cosa vuole dire soffrire per amore, e non voglio che una così dolce e sfortunata fanciulla debba farlo davanti ai miei occhi..."
Melpòmene guardò meglio l' ampolla, conosceva la leggenda della Dea Ecate e credeva nel suo potere, solo non credeva nel cavaliere.
La sua esistenza le aveva insegnato che tutto ha un prezzo, che niente ti viene regalato... Per questo non capiva la generosità del giovane.
"Ma voi chi siete?" Domandò studiando il suo viso.
"Il mio nome è Sigfried mia signora, e sono al vostro servizio."
Al sentire quel nome Melpòmene spalancò gli occhi, ricordava bene le storie che si raccontavano sul leggendario eroe, sulla sua bontà e sul coraggio.
Lacrime di gioia scesero sulle sue fredde guancie, poi abbracciò con forza Sigfried, grata di tanto altruismo.
"Grazie mio signore, vi devo la vita..." Esclamò, poi baciò la sua fronte e sorrise.
Sigfried rise di gioia, perchè era quella la ricompensa per la quale combatteva, non il denaro o i titoli, ma il sorriso delle persone che aveva aiutato.
"Forza ora, salite sul mio cavallo, dobbiamo andare ad un matrimonio!"
Melpòmene si fece aiutare dal cavaliere per montare Pegaso, reggendosi forte alla sua criniera, poi salì Sigfried, che tenendola stretta impungò le redini e si preparò alla corsa contro il tempo.
"Forza amico mio, - Sussurrò, appogiando il viso contro quello di Pegaso - Ancora una volta ho bisogno delle tue ali, perciò vola, vola più veloce che puoi, la vita di questa fanciulla dipende da te!"

Nota: Melpòmene nella mitologia greca era una delle nove muse. Colei che canta, era la musa della tragedia, portava una maschera tragica, la clava di Ercole e una spada.
Le Muse, erano divinità minori che appartenevano al dio Apollo. Erano nove sorelle, giovani e bellissime, figlie di Zeus e di Mnemosine.
Nota: Omero è il nome con cui è storicamente identificato il poeta greco autore dell'Iliade e dell'Odissea.
  
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