«L'alito della morte profuma di rosa.
Ho passato le giornate a curare il giardino, a spuntare i rami troppo alti, a levare le erbacce.
Seppellivo i miei problemi sotto qualche centimetro di terriccio, e pochi giorni dopo vedevo già i primi fili verdi.
Le orchidee, le dalie.
I cespugli di margherite.
L'albero di ciliege.
Un perfetto ciclo, una vita bellissima: mi coloravo le giornate e l'animo, stando in giardino.
Per tutta la vita ho piantato fiori, poi un giorno mi sono svegliata e i fiori non mi piacevano più.
Sono rimasta a letto tutto il giorno, dalla vetrata vedevo le farfalle sulle viole e vedevo i gatti giocare all'ombra del fico, ho visto il ciclo solare che aprì chiuse tutti i boccioli, tutte le camelie, tutti i boccioli.
Ho visto i rami allungarsi, il cancello sparire dietro i cespugli di more.
Le ombre degli alberi che raggiungevano il tappeto, e io sono rimasta a letto. Non so per quanto tempo, non so se sia stata una vita passata in un attimo o un attimo durato una vita, ma il bianco delle pareti mi cullava come mai tutto il Sole aveva fatto. Fuori sembrava così caotico, rumoroso, ingestibile.
Guardavo con terrore i rimasugli di terra sotto le unghie, le foglie portate dal vento qui e lì.
Avrei voluto un gran lenzuolo nero che coprisse tutto, tutto fuori, tutti i fiori.
Poi, invece, un giorno sono uscita, e li ho strappati tutti, i fiori. Ho levato i petali, e li ho riposti in un grandissimo vaso riempito di terra. Ho spellato le rose, le viole, ho tolto i petali ai tulipani e ai gelsomini, ho spogliato anche le mimose, gli asfodeli. Ho strappato le foglie e mi sono punta con le spine.
Il giardino era spoglio, ma avevo un grande, bellissimo vaso in legno pieno di colori.
Poi ho preso la pala e ho iniziato a scavare al centro del giardino, mi sono messa dentro il vaso e l'ho fatto rotolare nella buca e, da lì, ho aspettato la Notte.
La morte profuma di rosa, figlio mio, e se da me sono nate altre rose, non regalarle mai a nessuno: queste spine sono velenose.»