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Autore: lenemckinnon    13/05/2016    1 recensioni
"Sirius Black non era mai stato una di quelle persone che si possono definire brillanti, eppure aveva fin da subito capito che Marlene McKinnon non avrebbe mai potuto essere sua amica. Quello che non sapeva, però, era che quello che c’era tra di loro non era odio, bensì qualcosa di molto, molto più complesso."
Esistono molti modi per amarsi: cercarsi, incontrarsi, odiarsi, rimpiangersi...Sirius Black e Marlene McKinnon ne hanno sperimentati molti, attraverso le molteplici liti e il loro desiderio inconfessato di proteggersi. Ho progettato questa raccolta che ripercorre - non necessariamente in ordine cronologico - molti di questi momenti di sarcasmo, di follia, di amore e di vita.
Blackinnon/accenni Jily
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Marlene McKinnon, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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8 Luglio 1978, Quartier Generale dell’Ordine della Fenice 
 
"Non ci credo."
 
La risata isterica di Marlene McKinnon riecheggiò per tutto il Quartier Generale, accompagnata dal rumore sordo dei passi che si susseguivano frenetici lungo il corridoio. Sulla parete accanto alla porta d’ingresso era stato affisso, in bella mostra, il tabellone dei turni di guardia; ad ogni membro dell’Ordine toccavano, nell’arco di due settimane, quattro ronde notturne. Caradoc Dearborn era solito lamentarsi con voce strascicata che il suo sonno di bellezza veniva in questo modo irrimediabilmente turbato, ma le imitazioni dei gemelli Prewett alle sue spalle non facevano altro che rendere la situazione solennemente comica.
 
Il sole era calato dietro le grosse querce che costeggiavano il Quartier Generale e il buio, immenso e pesante, sembrava premere prepotentemente sul tetto piatto dell’edificio, sottraendo ossigeno alla ragazza – imbambolata a fissare il proprio nome ricopiato in bella calligrafia accanto a quello di...
Marlene McKinnon e Sirius Black; ore 23:30 – 4:30
 
"Nemmeno io. Sei reale, McKinnon?"
 
L’ex-Grifondoro le piombò alle spalle silenziosamente, ergendosi contro la sua schiena ossuta; le cinse la vita con un braccio, adagiando il palmo di una mano al suo fianco bollente, e le rise sguaiatamente all’orecchio, gli occhi fissi sul tabellone.
Marlene ruotò gli occhi, districandosi abilmente nel semi-abbraccio in cui Sirius – il viso leggermente arrossato dal freddo e le nocche costellate di taglietti, ultimi rimasugli di quei rivoli di sangue congelato ramificati che schematicamente percorrevano il dorso delle sue mani – l’aveva stretta; superò la soglia rapidamente, scansando la porta accostata e richiudendosela arrogantemente alle spalle.
 
L’asfalto era umido di pioggia e il vento soffiava violento, incessante, appiccicandole i vestiti alla pelle e scompigliandole i capelli; Marlene accelerò il passo, le mani chiuse a pugno e le labbra inarcate in un’innaturale smorfia di disappunto: un raffreddore era l’ultima cosa di cui aveva bisogno e, sfortunatamente, aveva dimenticato il giubbotto di pelle al Quartier Generale, appallottolato sopra il tavolo. Avrebbe dovuto prenderlo prima di uscire, ma Sirius Black l’aveva distratta.
Sirius Black riusciva sempre a distrarla, in un modo o nell’altro.
Marlene lo detestava.
 
"Dove la porto, signorina?" chiese Sirius con quella che probabilmente giudicava una voce irresistibilmente suadente.
 
Per l’appunto: Sirius l’aveva raggiunta. Le era piombato alle spalle silenziosamente e l’aveva persino superata.
 
"Lontano da te. E mi ci porto da sola."
 
La risata del ragazzo le solleticò le orecchie, quasi totalmente nascoste dai ciuffi di capelli biondi che le svolazzavano sul collo, e un brivido - di freddo? - le attraversò lentamente la schiena, facendole accelerare nervosamente il passo. Avevano litigato e lui si ostinava a far finta che niente fosse accaduto. Era inutile, pensò scoraggiata Marlene, ci sarebbe sempre stato qualcosa che li avrebbe portati a fare scintille, un meccanismo non funzionante tra di loro, come se non si potessero avvicinare troppo l'uno all'altra. La loro apparente tranquillità veniva costantemente sconvolta da qualche avvenimento che li lasciava in ginocchio a raccoglierne i cocci. Era così tipico di Sirius, ignorare il problema e rispondere con una risata alle sue provocazioni.
 
"Ma dove...?"
La voce del ragazzo, più acuta del solito, catturò nuovamente l'attenzione della bionda, facendola voltare di scatto: Sirius le si era allontanato, saltellando da un marciapiede all'altro, e si guardava nervosamente attorno, con l'aria di chi ha perso qualcosa di particolarmente importante.
 
“Black!”
 
Quando fece per avvicinarglisi, Sirius era già sparito nell'oscurità dall'angolo di un vecchio negozio di ceramiche con una smorfia di disappunto dipinta sul volto e le mani nascoste dietro la schiena.
La luna, quella notte, non illuminava poi granché e Marlene si strinse nelle spalle, il volto livido di rabbia e le mani sui fianchi: se l’era svignata. Avrebbe dovuto immaginarselo. Dopotutto, Sirius Black vantava una lunga serie di Eccezionale nel corso di "Fuga dalle proprie responsabilità".
 
Si sedette su un cumulo di pietre, una sorta di muretto sporco e scheggiato posizionato proprio al di sotto di uno degli esili lampioni che illuminavano la stretta via che, al riparo di occhi indiscreti, celava il Quartier Generale dell'Ordine; un nugolo di lucciole e moscerini risaliva, ronzante, l’asta in ferro battuto, per poi fermarsi bruscamente a distanza di sicurezza dalla lampadina bollente.
Era un po’ così, fra loro due: un continuo prendere e lasciarsi; un andirivieni sospinto da chissà quale malsana attrazione che, frenata dall’istinto di sopravvivenza particolarmente sviluppato in entrambi, li riallontanava un attimo prima di raggiungersi sul serio. Ed era tutta colpa di quello scellerato.
 
Era sul punto di tornare indietro (al diavolo la ronda notturna!), quando la luce abbagliante di un paio di fari l’accecò; strinse le dita attorno al manico della bacchetta, coprendosi gli occhi con una mano e cercando di non cadere oltre il muretto che ora rappresentava per lei un ulteriore ostacolo.
 
C’era una moto, un’imponente moto metallizzata sospesa a mezz’aria sopra alla sua testa. E c’era Sirius, le mani salde attorno al manubrio e il sorriso scintillante.
 
“Vuoi fare un giro, McKinnon?”
 
Marlene inarcò le sopracciglia, la bocca semiaperta; era sul punto di replicare, sempre ad occhi spalancati, quando la moto toccò silenziosamente terra e Sirius le porse una mano, l’espressione gioiosa come quella di un bambino che mangia cioccolata.
 
“Allora, che te ne pare?”
 
“Sei fuori di testa. Completamente pazzo!” sbraitò Marlene, mollandogli una sberla sulla mano che le aveva cordialmente allungato.
“Mi hai fatta morire di paura! E questa, poi, da dove l’hai presa? L’hai rubata? E se qualcuno ti vedesse? Sparisci, Black!” Avrebbe dovuto rimettere ordine tra i suoi pensieri e impedir loro di uscire senza averli prima adeguatamente filtrati, ma Marlene era una ragazza troppo impulsiva per pensare alle buone maniere.
 
Sirius scoppiò a ridere, passandosi una mano fra i capelli; si massaggiò distrattamente il punto in cui le dita sottili di lei lo avevano colpito e la tirò a sé, afferrando con prepotenza un lembo della sua t-shirt. Marlene gli piombò praticamente addosso.
 
“Non fare la stronza; salta su! Chi vuol che ci veda, eh? Non c’è nessuno. Siamo soli, io e te” esclamò, facendole l’occhiolino; la bionda, il viso contratto in una smorfia irritata, gli mollò l’ennesimo scappellotto, ma sembrò pensarci su.
 
“Ad una sola condizione, Black.” Gli sussurrò lei, malandrina.
 
“So già che me ne pentirò.” Fu la risposta esasperata di lui.
 
 “Fai guidare me.”
 
Sirius scoppiò a ridere.
 
“Non se ne parla.”
 
Fine prima parte
 
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