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Autore: Gamora96    14/05/2016    3 recensioni
Talula è una semplice guaritrice, che ha dedicato la sua vita ai malati e agli infermi. Preoccuparsi per gli altri le riesce naturale, ma questo la porta spesso a trascurare se stessa. Quando la sua città verrà distrutta davanti ai suoi occhi, la giovane guaritrice si ritroverà a dover affrontare situazioni del tutto inaspettate
Dal testo: "Riuscì a sentire i forti muscoli sotto le sue squame, il vento che accarezzava le ali sottili ma robuste, il cuore stranamente pacifico della creatura che guardava il cielo con meraviglia, come se lo vedesse per la prima volta. Quella meraviglia crescente, l'amore che l'animale provava per l'aria e la libertà la commosse"
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Glatis tamburellava sul tavolo con le dita, al ritmo di una strana canzone. Continuava a fissare i due bambini all'interno della stanza, lo sguardo basso e i vestiti sporchi di fango.
Aveva sempre odiato il suo lavoro. Non sopportava quegli stupidi marmocchi ai quali ogni giorno doveva badare, e non vedeva l'ora di rispedirli nelle loro camere per tornarsene a casa e godersi del meritato riposo.
Avvertendo il suo silenzio, Luca iniziò ad innervosirsi, non riuscendo a capire cosa passasse per la testa della vecchia signora, che non aveva fatto altro che fissarli con sguardo di rimprovero senza proferir parola.
"È stata colpa sua!!" esclamò mettendosi immediatamente sulla difensiva "Mi ha colpito alle spalle, e senza che le avessi fatto assolutamente nulla!"
Mia sbuffò, incrociando le braccia al petto e guardandolo con disapprovazione.
"Stavi maltrattando Alec, che è molto più piccolo di te. Volevi farlo piangere"
Era incredibile come quella bambina, a soli otto anni, riuscisse sempre ad apparire così simile a una donna. Il suo sguardo non era mai infantile, così come il linguaggio col quale si esprimeva. I riccioli scuri le arrivavano poco più in basso delle spalle, accarezzando la schiena sottile. Gli occhi grandi e luminosi, di uno stupendo color nocciola, sembravano esprimere una miriade di emozioni.
Luca si voltò verso di lei, con aria di sfida, il naso ancora sanguinante per il pugno che la bambina gli aveva dato poco prima.
"Da quando sei la sua guardia del corpo?" chiese rivolgendole uno sguardo di puro disprezzo "È forse il tuo cane? O magari ti piace?" sorrise divertito "No questo è impossibile. Richiederebbe un minimo di femminilità da parte tua"
"Fatela finita!" esclamò Glatis massaggiando le tempie doloranti "Non mi interessa di chi sia la colpa. Siete entrambi in punizione! Stasera niente cena" Luca fece per ribattere ma la donna lo zittì "Non peggiorare oltre la tua situazione ragazzo" Mia abbassò lo sguardo, alquanto contrariata. Era sicura di aver fatto la cosa giusta difendendo Alec dalle continue persecuzioni di Luca, eppure era comunque stata punita. Glatis non ne sapeva proprio nulla di giustizia.
La donna li liquidò con un gesto secco della mano, intimandogli gentilmente di smammare.
I due ragazzi uscirono dall'ufficio, lanciandosi una nuova occhiata di fiamma, subito prima di dividersi per evitare di guardare il viso dell'altro troppo a lungo.
Mia camminò a grandi passi verso la sua stanza, cercando di calmarsi, trattenendo una risata quando le rivennero alla mente gli avvenimenti di poco prima.
Luca era il più grande dei suoi compagni, e si comportava come se fosse stato una specie di divinità. Era sempre pronto a prendersi gioco degli altri, a considerarsi superiore, eppure le era bastato un semplice pugno per farlo cadere a terra.
Quando poi lui aveva cercato di difendersi, di contrattaccare, era stato davvero patetico.
La bambina saltellò allegramente fino ad arrivare a destinazione, felice di aver potuto dare una bella lezione a quel gradasso, e rimase piuttosto sorpresa quando si ritrovò davanti il viso spaventato di Alec, che vedendo l'amica le corse subito incontro, abbracciandola stretta come se temesse di poterla perdere.
"Mi dispiace tanto Mia" disse affondando il viso nei suoi capelli, sulla spalla destra "È colpa mia se sei nei guai"
La bambina ricambiò l'abbraccio ridendo, pensando che quella reazione era proprio da lui.
"Ma che dici? Non essere sciocco!" si divincolò dall'abbraccio per poterlo guardare negli occhi, quegli occhi così chiari che sin dal primo momento l'avevano conquistata "Ho sempre voluto rompere il naso a quel verme. Mi hai solo dato una valida scusa per farlo"
Un sorriso timido comparve sul volto di Alec, che abbassò lo sguardo, sospirando sollevato. Da quando era stato portato in quell'orfanotrofio, Mia era stata la sua unica amica, la sua ancora di salvezza. Gli altri bambini lo odiavano, lo schernivano, si prendevano gioco di lui.
Era sempre stato così, in qualunque luogo egli andasse, e sentirsi così indesiderato, rifiutato da tutti, lo aveva fatto stare molto male.
Incontrare Mia era stata la cosa più bella che gli potesse capitare.
Lei era diversa da chiunque altro. Era buona, coraggiosa, sempre pronta ad aiutare chi ne aveva bisogno!
Non a caso il suo più grande desiderio era quello di diventare cavaliere, nonostante alle donne non fosse permesso.
Alec sapeva bene che ce l'avrebbe fatta. Era troppo forte, troppo onesta per lasciarsela scappare. E poi era incredibilmente bella ...
"Tutto bene Alec?"
Il bambino sussultò sentendo il proprio nome. Guardandola negli occhi si era ritrovato ad arrossire come un peperone, e Mia naturalmente lo aveva notato. Lei notava sempre tutto. Per lei era come un libro aperto.
"S-si sto bene!!" si affrettò a dire Alec cercando di far sparire il rossore dalle sue guance "Pensavo solo che ... non saprei cosa fare senza di te"
Mia rimase a bocca aperta per qualche secondo, le guance colorate a sua volta. Non era da Alec essere così diretto. Si era sempre dimostrato un bambino incredibilmente timido, silenzioso, che a malapena si azzardava a parlare in tua presenza.
Nonostante questo però, Mia adorava stare in sua compagnia. Era una persona molto gentile, e quando voleva sapeva essere davvero simpatico.
Sorrise esaltata, dando una pacca sulla schiena del ragazzo, che perse per un momento l'equilibrio. "Beh non devi preoccuparti di questo Alec! Noi staremo sempre insieme!"
"Sul serio?" chiese il bambino meravigliato. Il sorriso di lei si addolcì mentre annuiva
"È una promessa"

Ricordava ancora così bene quell'abbraccio. Avere Mia accanto a sè lo rendeva felice, lo faceva sentire meno solo, gli scaldava il cuore. Ogni volta che era stato triste, che aveva avuto paura, che era impazzito non sapendo cosa fare, lei era stata lì, pronta a sostenerlo, pronta a stringerlo tra le sue braccia per dargli conforto.
Proprio come faceva ora.
Alec era stato piuttosto sorpreso di avvertire il corpo di lei premuto contro il suo, di sentire le sue braccia strette attorno al collo, il profumo della sua pelle così forte e intenso mentre le labbra della donna, premute appena contro il suo collo, lo facevano rabbrividire.
Rimase a lungo immobile, confuso, rendendosi conto a malapena di ciò che stava succedendo. Il fragore della battaglia lo riportò lentamente alla realtà, costringendolo a riflette, cercando di capire cosa fosse capitato.
Ricordava di essere sceso sul campo di battaglia senza timore, fendendo l'aria con la propria lama, facendo a pezzi i propri nemici con facilità.
Ne aveva uccisi tanti di demoni quel giorno. I suoi vestiti erano ancora sporchi del loro sangue. Riusciva a sentirlo, riusciva a ricordarlo.
Poi qualcos'altro era accaduto. Si era ritrovato immobile, pietrificato. Aveva provato una grande paura, una paura che non era riuscito a spiegarsi.
Degli occhi lo avevano guardato freddamente, alimentando il suo timore, impedendogli quasi di respirare.
Si era sentito perduto, si era sentito solo.
Un solo pensiero aveva sfiorato la sua mente in quel momento. Mia. Voleva rivedere Mia, stringersi tra le sue braccia, sentire il suono della sua voce che, con tono rassicurante, gli diceva che tutto andava bene, che non doveva sentirsi solo perchè lei era con lui e non lo avrebbe mai lasciato.
E lo aveva fatto. Lo aveva fatto davvero.
Ricordava il suono della sua voce, appena un flebile sussurro, quando la donna gli si era lanciata tra le braccia nel campo di battaglia. Aveva chiamato il suo nome, con disperazione, tremando contro il suo petto.
Non voleva sentirla tremare, non voleva vederla soffrire. Voleva che sorridesse, che illuminasse col suo volto quell'orribile campo di battaglia, sporco ormai del sangue di milioni di morti, demoni e umani, che continuavano tuttora a farsi a pezzi, senza sosta, senza tirarsi indietro.
Abbassò lo sguardo, lentamente, timoroso di ciò che avrebbe visto, e le sue mani tremarono, lasciando andare la lama sporca di sangue ancora conficcata nel corpo della donna, che non aveva battuto ciglio sentendosi trafiggere, preoccupandosi solo di confortarlo, di farlo tornare in sè.
Per un momento Alec non seppe cosa pensare.
La sua mente era annebbiata, i pensieri confusi.
Ricordò alcune immagini.
Si vide chino sul corpo di alcuni uomini, mentre li faceva a pezzi, mentre li osservava morire, freddamente, affogati nel loro stesso sangue.
Vide lo sguardo sconvolto di Mia guardarlo con orrore mentre si lanciava su di lei, la spada stretta tra le mani con decisione.
Aveva affondato la lama nel suo corpo, tremando nel momento in cui le sue mani gli avevano sfiorato il viso, cingendogli le spalle in un caldo abbraccio che lo aveva lasciato senza fiato.
Sorresse la donna nel momento in cui la sentì cadere, tenendola stretta tra le braccia, ormai in ginocchio, osservando con orrore la profonda ferita grondante sangue che lui stesso le aveva procurato.
Tutto questo non aveva alcun senso! Avrebbe dovuto spostarsi, evitare il colpo! Era perfettamente in grado di farlo. Lo era sempre stata. Avrebbe dovuto afferrare la sua spada e ucciderlo prima che lui uccidesse lei.
Mia sorrise appena, cercando di parlare
"Ancora una volta ... non sono riuscita ad ucciderti" la sua voce era così flebile che a malapena riuscì ad avvertirla.
"No ..." fu tutto ciò che riuscì a dire quando i suoi occhi si riempirono di lacrime, offuscando la figura della donna, ancora stretta tra le sue braccia "O-OK tu ... tu devi resistere ora" fece cercando di calmare il tremore della sua voce "Cercherò aiuto e ... si sistemerà tutto"
Il cuore batteva all'impazzata all'interno del suo petto, mentre il respiro diveniva sempre più affrettato. Afferrò con indecisione l'elsa della propria spada, indeciso se estrarla o meno del corpo della donna, che avvertendo quel leggero movimento della lama si lasciò sfuggire un flebile lamento, piegando la testa verso il basso e chiudendo gli occhi disperata.
L'uomo rinunciò immediatamente a ciò che aveva avuto intenzione di fare. Guardò la propria mano, completamente ricoperta di sangue, e non riuscì più a trattenere le lacrime, sfiorando il petto della donna con la propria fronte, e lasciandosi andare a dei lamenti strozzati.
Non sapeva cosa dire. Non sapeva cosa fare.
Maledisse se stesso, trovandosi terribilmente inutile.
Lo aveva fatto di nuovo. Le aveva fatto del male, più di quanto gliene avesse mai fatto in passato, e stavolta non sapeva come sarebbe andata a finire.
La donna gli sfiorò una guancia con la mano, spingendolo a sollevare il viso per guardarla negli occhi. La sua mano era così fredda. Non lo era mai stata.
Stava piangendo, ma allo stesso tempo sorrideva, dando ancora una volta prova del proprio coraggio.
"Te la ricordi quella promessa?" disse sforzandosi di respirare. Alec si sentì morire tornando nel passato, ripensando alla prima volta in cui l'aveva vista, la prima volta in cui aveva sentito il suono della sua voce.
Si era sentito subito attratto da lei, e questa grande attrazione non era mai svanita, rafforzandosi giorno dopo giorno, trasformandosi in amore.
Quando le aveva rivelato i propri sentimenti, sentendo per la prima volta il sapore di quelle morbide labbra sulle sue, aveva temuto che lei potesse rifiutarlo, perchè come avrebbe mai potuto amare un uomo come lui, così debole, così vulnerabile, così diverso da lei che per lui era come il sole.
Quasi non ci aveva creduto quando Mia gli aveva detto di provare la stessa cosa, quando aveva passato le dita sottili nei suoi capelli, in un bacio così appassionato che il ragazzo aveva dovuto distaccarsene qualche secondo per riprendere a respirare.
Passò in rassegna ogni momento passato insieme a lei, osservando l'immagine impressa nella sua mente con affetto infinito, faticando a lasciarla andare.
Mia cercò di sollevarsi, senza risultato, sforzandosi comunque di non perdere il proprio sorriso.
"Mi dispiace tanto Alec. Mi dispiace di non averla potuta mantenere"
Le lacrime di Alec non sembravano intenzionate a cessare, e la donna si lasciò sfuggire una piccola risata
"Finirai per rovinare la tua reputazione"
L'uomo si lanciò su di lei, unendo le labbra alle sue in un bacio disperato che fece tremare entrambi, prima di stringere forte il corpo di Mia in un ultimo abbraccio, proprio come quelli che si scambiavano da bambini, quando non sembrava esserci nessun altro al mondo a parte loro.
Mia cercò di ricambiare, le braccia deboli e tremanti
"Andrà tutto bene"
Era tutta colpa sua. Era stato lui ad abbandonarla, a seguire i suoi fini egoistici facendola soffrire.
Ed ora che finalmente si era pentito, ora che finalmente l'aveva ritrovata, che era riuscito a cambiare, diventando un uomo nuovo, ecco che di nuovo finiva in tragedia.
Un ultimo fremito lo attraversò quando il corpo della donna si rilassò tra le sue braccia, lasciando andare un ultimo, profondo, respiro.
"Mia ... Mia!" si ritrovò a scuotere il suo corpo, con disperazione, osservando con orrore l'immobilità della donna, le braccia abbandonate sul terreno, la testa piegata all'indietro, col viso rigato di lacrime e le labbra socchiuse in un'espressione serena.
"Non puoi lasciarmi così. Non puoi ..." la strinse di nuovo tra le braccia, accarezzandole i capelli, l'elmo abbandonato sul terreno "Che cosa farò senza di te ..."
Fu come se il suo cuore si fosse spezzato in due. Un forte dolore invase il suo petto, scuotendolo in tutto il corpo, facendogli del male.
Non la lasciò andare neppure per un secondo, ignorando completamente ciò che accadeva intorno a sè.
Non gli interessava quella stupida guerra. Non aveva alcuna importanza chi di loro avrebbe vinto.
Senza di lei, nulla aveva più importanza.
   
 
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