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Autore: John Spangler    17/05/2016    1 recensioni
Dopo aver lasciato la piccola città di Cocoyashi, Nami Watanabe e sua madre si trasferiscono nella metropoli di Loguetown, una delle perle della California meridionale, per iniziare una nuova vita. Tra amori, drammi e problemi vari, le loro vicende si intrecceranno con quelle degli altri abitanti di Loguetown, mentre intanto il boss mafioso Crocodile conduce nell'ombra i suoi loschi affari, con la collaborazione del Joker. Come andrà a finire? Lo scoprirete solo leggendo questa storia.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Thousand Pieces'
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Capitolo 8: Il giorno dopo

 

1 Dicembre 2015

Loguetown, California, USA

L'appartamento di Bellemere e Nami

 

La mattina dopo, Nami e Bibi si alzarono di buon'ora, fecero la doccia insieme, e consumarono una robusta colazione (O meglio, la rossa fece una colazione come si deve, mentre Bibi si limitò a mangiucchiare un paio di toast e un'arancia). Nami, non sapendo che sua madre aveva dormito fuori casa, si meravigliò di non trovarla già alzata, ma essendo tutta concentrata su Bibi non se ne curò più di tanto. Finito di mangiare, la rossa accompagnò l'amica alla porta.

 

- Grazie, Nami. E' stato davvero fantastico.- disse l'egiziana, le gote arrossate e l'espressione soddisfatta.

 

- Di niente. Se vorrai rifarlo, non hai che da chiedere.- rispose l'altra sorridendo. Quella mattina si sentiva davvero felice. Aveva aiutato un'amica, e nel farlo aveva anche soddisfatto la propria lussuria. Sperava solo che la cosa non avrebbe rovinato il loro rapporto.

 

Bibi annuì.- Bene, ora sarà meglio che vada. Igaram arriverà a momenti.-

 

- Vuoi che ti accompagni giù?-

 

- Non preoccuparti, ce la faccio da sola. E poi è meglio che tu rimanga qui, nel caso tua madre dovesse svegliarsi.-

 

Avete presente quando si nomina una persona e, subito dopo, questa appare? Ebbene, fu proprio quello che accadde appena Bibi nominò la madre di Nami. La serratura scattò, la porta si aprì, e Bellemere entrò in casa fischiettando, sul volto un'espressione di assoluta serenità. Si accorse della presenza delle due ragazze, e per un attimo fu come se il tempo si fosse fermato. Gli sguardi delle tre donne si incrociarono, nessuno aprì bocca e tutte e tre rimasero immobili.

 

La prima a parlare fu Bibi.- Ehm...buongiorno, signora.-

 

Bellemere riconobbe l'amica di sua figlia, che aveva già incontrato il giorno del Ringraziamento, e la salutò.- Ehm...ciao, Bibi. Qual buon vento?-

 

- L'avevo invitata qui per un pigiama party.- mentì subito Nami. Poi, accorgendosi che sua madre aveva ancora i vestiti del giorno prima, ne approfittò per sviare la conversazione dall'argomento della presenza dell'egiziana.- Tu, piuttosto, perchè indossi ancora la roba di ieri? E...- Le sue narici captarono uno strano odore nell'aria.- E' odore di fumo, questo?- Strano. Che lei sapesse, sua madre non fumava.

 

Bellemere ebbe un attimo di panico. Le era rimasto addosso l'odore del sigaro di Smoker! Merda, eppure pensavo di essermi lavata per bene, pensò la donna. Questa proprio non ci voleva. Aveva sperato di rientrare a casa prima che Nami si svegliasse, in modo da evitare troppe spiegazioni. Beh, ormai la frittata era fatta.

 

- Ti sei messa a fumare? Dove sei stata?- chiese la giovane Watanabe, le mani sui fianchi.

 

La quarantenne si morse un labbro. Era una situazione a dir poco surreale. Le sembrava quasi di essere tornata adolescente, quando rincasava tardi e i suoi genitori la rimproveravano. Si grattò la nuca.- Non ho fumato. E sono stata...sono stata da un'amica. Ma ti avevo mandato un messaggio, non l'hai letto?-

 

- Messaggio? Quale messaggio?- Nami si ricordò solo in quel momento di non aver prestato molta attenzione al telefono.- Ah...ora che ci penso, non l'ho proprio controllato, il telefono.-

 

- Vabbè. Comunque, ti avevo mandato un messaggio in cui ti avvisavo che avrei passato la notte da un'amica.-

 

- E chi sarebbe, questa amica?- La rossa aveva l'impressione che sua madre non gliela stesse raccontando giusta. E infatti aveva ragione.

 

Bellemere non rispose subito. Bibi approfittò di quell'attimo per dileguarsi.- Uhm...io allora vado, Igaram sarà già qui sotto ad aspettarmi. Ci vediamo più tardi, Nami. Buona giornata, signora.- Uscì di corsa dall'appartamento, senza guardarsi indietro.

 

Uscita di scena l'egiziana, Nami riprese l'interrogatorio di sua madre.- Mamma, dimmi la verità. Eri con un uomo?-

 

Beccata, pensò Bellemere. Beh, ormai è inutile continuare a mentire.- Sì.- disse con un filo di voce, lo sguardo fisso a terra. In passato aveva discusso più volte con sua figlia di certi argomenti, e non c'erano mai stati problemi. Eppure, adesso, senza neanche sapere perchè, si sentiva imbarazzata come non mai.

 

Fortunatamente, l'atmosfera cambiò subito. Nami sorrise, le rivolse un sguardo affettuoso e incrociò le braccia.- Era ora! Cominciavo a pensare che volessi farti monaca. Beh, direi proprio che ne avevi bisogno. Non ti vedevo così serena da anni. Dimmi, lui com'è?-

 

Bellemere decise di darci un taglio.- Oh, basta, Nami. Non fare troppe domande.- Poi le venne in mente il modo perfetto per ribaltare la situazione. Le labbra le si allargarono in un ghigno malefico.- Piuttosto...che avete combinato in realtà tu e Bibi? Eravate davvero solo voi due? Oppure c'era anche qualcun altro, magari quel ragazzo che lavora da Shanks, quel Rufy. Oppure l'altro, Usop. O magari tutti e due, eh?- Afferrò sua figlia prima che potesse rispondere e le sollevò un braccio, iniziando a stuzzicarle l'ascella. Nami soffriva il solletico, e lei di tanto in tanto ne approfittava per sottoporla a delle vere e proprie sessioni di tortura.- Allora? Che hai combinato, birbantella?-

 

Com'era prevedibile, Nami scoppiò subito a ridere.- Mamma, smettila...haha...eravamo solo io e Bibi. Usop e Rufy sono solo amici...hahaha...- E quasi senza rendersene conto, aggiunse: -...a me manco piacciono, gli uomini.-

 

Quelle parole sorpresero Bellemere, la quale interruppe subito la tortura e guardò sua figlia.- Oh.- Dire che non si aspettava una simile rivelazione sarebbe stato un eufemismo. Era vero che Nami non le aveva mai portato un fidanzato a casa, ma aveva sempre pensato che fosse perchè era single e voleva guardarsi un pò in giro, come facevano tante altre ragazze della sua età. Comunque, in fin dei conti questo non era che un dettaglio. Il fatto che sua figlia fosse omosessuale, per lei non faceva alcuna differenza.- Beh, questo è...- Poi, all'improvviso, il suo cervello cominciò a mettere insieme i pezzi del puzzle.- Aspetta un attimo. Ma quindi tu e Bibi...-

 

Stavolta fu il turno di Nami di arrossire.- Mamma...non fare troppe domande.-

 

Bellemere ridacchiò. A quanto pare non era l'unica ad aver appena trascorso una notte di sesso. Per un attimo pensò di fare qualche altra domanda imbarazzante a Nami, giusto per farsi due risate, ma alla fine decise di no. La abbracciò e le accarezzò la testa.- Ricordati soltanto di stare attenta, tesoro. Una donna può spezzarti il cuore tanto quanto un uomo.-

 

***

 

L'Emporio di Ivankov

 

Poco dopo, Nami prese l'Impala e si recò al negozio del signor Ivankov per iniziare la sua giornata lavorativa.

 

La quale si rivelò più faticosa del previsto. Il signor Ivankov non era ancora arrivato, e lei Robin dovettero sistemare da sole in magazzino dei mobili antichi arrivati proprio quella mattina. Si trattava di tre enormi comò che un tempo dovevano aver contenuto della biancheria, uno scrittoio in legno di noce, delle sedie e un'elegante specchio che aveva bisogno di un restauro. Cercarono di farsi aiutare dagli uomini che li avevano consegnati, ma purtroppo questi andavano di fretta. Perciò, dopo aver spostato anche l'ultimo oggetto, le due povere ragazze si ritrovarono stanche morte, soprattutto Nami. Robin, essendo più abituata di lei allo sforzo fisico, era in condizioni migliori.

 

- Oh...mio...- ansimò Nami, lasciandosi cadere su una delle due poltrone nell'ingresso. Robin si accomodò sull'altra.

 

- Stanca?-

 

- Direi proprio di sì. Perchè, tu no?-

 

- Un pò, ma ormai sono abituata alla fatica.-

 

Nami annuì, dando un'occhiata al corpo tonico della mora.- Hai detto che sei qui da due anni, giusto? Ti è già capitato di spostare della roba così grossa?-

 

- Sì, e non solo. Una volta io e il signor Ivankov ci siamo ritrovati alle prese con un armadio talmente grande che non entrava neanche dalla porta. Abbiamo dovuto smontarlo e portarlo dentro un pezzo alla volta.-

 

- Ugh. Sai, non avrei mai immaginato che lavorare nell'antiquariato potesse essere così faticoso, a volte.-

 

- Nemmeno io, ma in fondo ogni lavoro ha i suoi pro e i contro.- Si aggiustò gli occhiali sul naso con un dito.- E poi, il resto non è così male. Ti dà la possibilità di recuperare cose che altrimenti andrebbero perdute, a volte ti mette in contatto con gente di tutto il mondo. Ed è anche molto remunerativo.-

 

- Ti piace proprio questo lavoro, eh?-

 

- Sì.- Un accenno di un sorriso si fece largo sul volto di Robin.- E' meraviglioso. Quando ho iniziato ero un pò scettica, ma alla fine me ne sono letteralmente innamorata. Il signor Ivankov ha anche detto che mi lascerà il negozio, quando si stuferà di lavorare.-

 

- Beata te.- La rossa sospirò e appoggiò i gomiti sui braccioli della poltrona.- Voglio dire, hai trovato il tuo lavoro e sei felice. Non puoi neanche immaginare quanto ti invidio.-

 

- Sono certa che prima o poi anche tu troverai il tuo.-

 

- E se non dovesse succedere? In fondo ho venti anni, e finora non ho ancora capito cosa voglio fare nella vita.-

 

- Succederà, stai tranquilla. E' solo questione di tempo.-

 

- Speriamo.- Ci fu un attimo di silenzio, poi Nami riprese a parlare.- Sai, Robin, prima stavo pensando una cosa...-

 

- Che cosa?-

 

- In queste due settimane tu e io non abbiamo parlato molto. Non ci incontriamo mai al di fuori del lavoro, e quando siamo qui al negozio sei sempre indaffarata. A volte ho l'impressione di starti antipatica.-

 

- Posso assicurarti che non è così. Anzi, mi scuso se ti ho dato quest'impressione. E' solo che...ecco, come certamente avrai notato, io sono un pò fredda. Non sono mai stata molto brava a socializzare. Ma non lo faccio per cattiveria, è solo il mio carattere.-

 

- Hmm...ho capito.- Nami si accarezzò il mento, pensierosa.- Senti, ti andrebbe di provare a conoscerci meglio? Potremmo...non so, uscire insieme qualche volta. Magari anche oggi stesso, se ti va. Potresti venire con me e una mia amica.-

 

- Va bene. Ma oggi preferirei di no, se non ti spiace. Potremmo...-

 

In quel momento, la porta dell'emporio si aprì, e Sergei Pavlovich Ivankov fece il suo ingresso nel locale, lasciando la porta aperta.- Buongiorno, care. Scusate il ritardo, ma oggi non ho sentito la sveglia. Allora, ci sono novità? Che stavate facendo?-

 

- Abbiamo appena finito di mettere nel magazzino dei mobili che sono arrivati stamattina, signor Ivankov.- disse Nami.

 

- Oh, bene. Avete avuto problemi a trasportarli?-

 

- Erano molto pesanti, ma ci siamo riuscite lo stesso.- rispose Nami.

 

- Ben fatto, mie care. Ben fatto.- Allungò le braccia e si stirò per bene.- Ah, come mi sento bene, oggi. Sì, sì, proprio bene.-

 

- E' molto allegro oggi, capo.- disse Nami.

 

- Piccina, io sono sempre allegro. Sempre! Un buon negoziante deve trasmettere gioia ai propri clienti, per creare una buona atmosfera e predisporli all'acquisto.- Si avvicinò a Robin e le accarezzò la testa.- Una cosa che la nostra cara Robin sembra non avere ancora imparato.-

 

- Per favore, capo, non ricominci...- disse la mora con aria di sconforto.

 

- Cosa intende, signor Ivankov?- chiese Nami.

 

- Non te ne sei mai accorta? Robin è sempre così seria, non sorride quasi mai. Si limita a trattare i clienti con una cortesia così fredda che a volte ho l'impressione che abbia una stecca di ghiaccio su per il...-

 

- Signor Ivankov!- strillò Robin imbarazzata. Nami ridacchiò.

 

- Scusa, cara, ma è vero.- continuò il negoziante, appoggiando il didietro sulla scrivania accanto alle poltrone.- Ti costerebbe così tanto cercare di sorridere un pò di più? O, perlomeno, non avere sempre quell'espressione tetra.-

 

- E' il mio carattere, capo. Non posso farci niente.-

 

- Eddai, Iva, lasciala stare. Tanto, per l'allegria tu basti e avanzi.- All'improvviso, dall'ingresso giunse una voce dal forte accento britannico. Ivankov e le due ragazze si girarono e videro, appoggiato allo stipite della porta, un uomo alto e robusto vestito come un tipico uomo d'affari inglese: bombetta, giacca e cravatta, e ombrello nero, nonostante la giornata di sole.

 

Vedendolo, Ivankov scattò in piedi e strabuzzò gli occhi.- Bentham!- Corse verso di lui, per poi stringerlo in una morsa d'acciaio e stampargli un bacione sulle labbra.- Bozhe moj, quando sei arrivato? E perchè non mi hai avvisato?-

 

- Volevo farti una sorpresa. Ma ora vorrei...che mi lasciassi andare...-

 

- Oh, scusa.- Il negoziante si dimenticava sempre di avere una forza mostruosa. Lasciò andare il nuovo arrivato e si rivolse alle sue impiegate, che guardavano sia lui che Bentham con curiosità.- Ragazze, questo qui è...-

 

- Lascia, faccio io. Lieto di conoscervi, gentili signore. Io sono Sir Bentham Clay, di Londra.- Si tolse la bombetta e fece un breve inchino.- Proprietario terriero e finanziere, oltre che amico del qui presente Iva.-

 

Pensando a quale tipo di amici si baciassero sulla bocca, Nami e Robin si alzarono e si avvicinarono per stringere la mano al nuovo arrivato.- Piacere, Sir Bentham. Io sono Robin, e lei è Nami. Lavoriamo nel negozio del signor Ivankov.- disse la mora tendendo una mano verso il londinese. Quest'ultimo la prese, la baciò delicatamente, e fece altrettanto con la mano della rossa.

 

- Hmm...Iva, se non ti conoscessi, potrei avere dei sospetti sulla presenza di queste due belle fanciulle.- Al che rise, subito imitato da Ivankov. Nami e Robin si limitarono a guardarli.

 

- Sei sempre il solito scemo, Bentham. Piuttosto, cambiamo argomento. Come mai qui in America? Pensavo fossi pieno di lavoro.-

 

- Ho deciso di prendermi un periodo di vacanza. Sai, mi sentivo un pò stressato ultimamente, e la vecchia Liz mi ha consigliato di staccare la spina per un pò.-

 

- A proposito, come sta la vegliarda?-

 

- Meglio di te e di me. Ha quasi 90 anni, ma è ancora energica come quando era giovane.-

 

- Chiedo scusa, Sir Bentham, ma sta forse parlando della regina Elisabetta?- intervenne Robin.

 

- Esatto, cara. Io e Liz siamo amici di vecchia data. Ci incontriamo sempre due o tre volte alla settimana, per bere il tè e scambiarci pettegolezzi. Cielo, se le piace chiacchierare!-

 

- Va bene, adesso basta parlare. Ragazze, ho avuto un'idea: visto che io e Bentham non ci vediamo da un pezzo, per oggi mi prendo la giornata libera e lo accompagnerò a fare un giro in città, e voi due rimarrete qui in negozio. Vi va bene?-

 

Le ragazze annuirono, anche se un pò incerte.

 

- Splendido, allora noi andiamo. Ci vediamo domani, care!- Ivankov e Bentham si accomiatarono con un gesto della mano e uscirono dal negozio camminando a braccetto. Nami e Robin li guardarono allontanarsi, e poi si scambiarono un'occhiata.

 

- Tu ne sapevi qualcosa? Di quei due, intendo.- chiese Nami.

 

- Sapevo che il signor Ivankov è omosessuale, ma non avevo mai incontrato Sir Bentham prima d'ora, nè lui me ne aveva parlato. Può non sembrare, ma è molto riservato per quanto riguarda la sua vita privata.- rispose la mora.

 

La rossa scrollò le spalle e chiuse la porta, decidendo di cambiare argomento.- Senti, cos'è che stavi dicendo prima che tornasse il capo?-

 

- Cosa...ah, sì, ora ricordo. Stavo dicendo che potremmo uscire Sabato, se per te fa lo stesso.-

 

- Perfetto. Mia cugina ha programmato un giro al centro commerciale Baltigo proprio Sabato mattina. Saremo io, lei e una mia amica.-

 

- Va benissimo. Ci incontreremo là davanti, allora. Ti dò il mio numero, così ci terremo in contatto.-

 

Robin fece quanto aveva detto, e subito dopo le due ragazze tornarono al lavoro.

 

***

 

New York City, New York, USA

Aeroporto Kennedy

 

Sabo e Koala si avvicinarono al nastro trasportatore, cercando con lo sguardo i loro bagagli. Individuatili, Sabo li indicò con un dito.

 

- Eccoli là. Che ti avevo detto? Non li hanno persi.- esclamò Sabo.

 

- Buon per loro, altrimenti era la volta buona che gli facevo una causa coi fiocchi.- rispose Koala, sporgendosi in avanti e prendendo una delle loro tre valigie, la più leggera. Suo marito prese le altre due.

 

In passato, era successo che la compagnia con cui avevano viaggiato adesso avesse smarrito i loro bagagli. Fortunatamente in seguito erano riusciti a ritrovarli, ma nel frattempo Koala aveva avuto modo di esibirsi in una serie di sfuriate che erano già entrate nella leggenda, contribuendo così a rafforzare la sua immagine di donna terribile.

 

Grazie a Dio stavolta è andato tutto bene, pensò Sabo camminando. Non credo che sarei riuscito a trattenerla.

 

- A proposito di cause, come sei rimasto con quell'animalista, quel Kaido?- gli chiese all'improvviso Koala.

 

- Kaido? Gli ho detto che l'avrei richiamato domani mattina. Stasera riesaminerò le carte, e...- rispose lui, senza però finire la frase, perchè in quel preciso istante con la coda dell'occhio si accorse di una folla di gente assiepata davanti a una delle entrate del terminal.- Ma che succede?- Si girò, notando che tra la folla erano presenti diversi reporter, molti dei quali con dei microfoni in mano.

 

- Sarà qualche celebrità.- ipotizzò Koala.

 

Ebbe la conferma della sua ipotesi qualche secondo dopo, quando la folla si aprì un pochino e ne vennero fuori due omaccioni vestiti di nero. In mezzo a loro, una giovane donna dai lunghi capelli rosa, che sorrideva ai giornalisti e mandava baci a chi la salutava.

 

Nel vederla, Sabo ebbe una reazione che sarebbe stata più adatta a suo fratello Sanji: si fermò di colpo, strabuzzò gli occhi, e gli comparve un sorriso idiota sul volto.

 

Koala gli si avvicinò, preoccupata.- Sabo, che ti succede?-

 

Il maggiore dei rampolli Vinsmoke non le rispose, troppo occupato a contemplare la ragazza dai capelli rosa.- Non ci posso credere...è lei!- Lasciò cadere a terra le valigie, una delle quali finì su un piede di Koala, e si fiondò verso la ragazza.

 

- SABO!- gridò Koala, ma suo marito non la sentì neanche. La donna si chiese che diavolo gli stesse succedendo. Sembrava aver perso completamente la ragione.

 

Il biondo arrivò davanti alla ragazza, ansimando per la corsa. I due omaccioni lo scrutarono torvi.- Signorina Bonney, è un piacere conoscerla. M-mi chiamo Sabo, e sono un suo grande fan. Mi farebbe un autografo?- Le porse un foglietto che aveva preso nel mentre da una tasca.

 

- Ma certo, caro.- La ragazza si fece dare una penna da uno dei due gorilla, scribacchiò qualcosa sul foglietto di Sabo e vi posò brevemente le labbra, lasciando così l'impronta del rossetto.- Tieni.-

 

Sabo riprese il pezzo di carta con mani che tremavano per l'emozione.- Oh, grazie, grazie!-

 

La ragazza, i due gorilla e la folla di prima si allontanarono verso un'altra parte del terminal. Sabo rimase imbambolato a fissare il foglietto. Koala gli si avvicinò trascinando le valigie con una mano e ringhiando minacciosamente.

 

- Sabo, si può sapere chi cazzo era quella?-

 

Il biondo tornò in sè e si rimise in tasca il pezzo di carta.- Oh, scusa. Per un attimo mi sono...-

 

- Chi! Cazzo! Era! Quella!- L'espressione che aveva Koala in quel momento avrebbe potuto terrorizzare anche i criminali più incalliti.

 

Sabo deglutì.- Era...era Jewelry "Pozzo Senza Fondo" Bonney. Quando l'ho vista qui, dal vivo, quasi non ci credevo. Finora l'avevo vista solo su uno schermo...-

 

- Ah, quindi è un'attrice?-

 

- Sì. E' una famosissima pornostar. Ho visto tutti i suoi film.-

 

- Una...- Koala si immobilizzò, la bocca aperta e lo sguardo fisso su Sabo. Poi, dalle labbra le uscì un ringhio che aumentò progressivamente d'intensità, e infine la mano libera iniziò a muoversi lentamente verso Sabo. Quest'ultimo si rese conto di cosa stava per accadere, ma non provò neanche a muoversi. Era troppo paralizzato dal terrore. Mentalmente, si diede dell'idiota.

 

All'improvviso, in tutto il terminal risuonarono un ruggito bestiale e l'eco di uno schiaffo epico. Decine di teste si girarono verso la fonte del rumore, vedendo così una donna dai capelli verdi fissare con rabbia un uomo biondo che aveva l'impronta di una mano stampata su una guancia.

 

Koala ringhiò un'ultima volta, prese le valigie e le buttò addosso a Sabo, facendolo cadere a terra con un gran fracasso.- A casa ci torni a piedi. E stanotte dormi sul divano!- Si girò, sdegnata, e se ne andò.

 

Sabo rimase qualche secondo a terra a fissare la schiena di Koala che si allontanava, tra le risatine delle altre persone lì presenti che avevano assistito alla scena. Poi si rialzò, raccolse le valigie e quel poco che restava della sua dignità, e corse dietro a sua moglie.- Koala...amore, aspettami!-

 

 

NOTA DELL’AUTORE: Stavolta niente da dire, solo che ho di nuovo riveduto gli appunti e ho cambiato qualcosina, e ora ci saranno 26 capitoli. Ah, e la scena con Sabo e Koala è ispirata a un vecchio sketch della Premiata Ditta.

  
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