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Autore: Amalia89    10/04/2009    7 recensioni
Ciao! Mi chiamo Amalia!!! Questa è la mia ff! spero che vi piaccia... Non mi reputo certo una scrittrice, ma anke io nel mio piccolo ci provo! fatemi sapere la vostra opinione... Ciaooooooo
Un’altra notte era passata, nella nostra piccola ma graziosa casetta, regalataci da Esme l’amorevole madre di Edward non che mia “suocera”, come mi faceva strano pensare così a Esme… il nome “suocera” lo associavo più a qualcosa di sgradito di fastidioso e questa non era certo la descrizione della madre di Edward.
Ero abbraccia a Edward, la mia testa poggiata sul suo possente petto, morbido e perfetto…
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO 3

Mi spiace che perderò alcune recensioni, ma preferisco postare i capitoli per intero. L. Baci baci.

 

 

CAPITOLO 3

 

 

I primi raggi di sole entrarono dalla finestra della nostra camera, illuminando il mio corpo e quello di Edward, riflettendo sul muro bianco le tonalità dell’arcobaleno che la nostra pelle irradiava.

Presi un respiro profondo.

“E’ già ora?”. Chiesi poco convinta. Una piccola parte di me sperava che quell’ora non sarebbe mai

arrivata.

Avevo paura che non ce l’avrei fatta, che la tentazione del sangue umano mi avrebbe colto di sorpresa e che non sarei stata in grado di resisterle.

Ero sazia, non avevo sete, la sera prima Edward ed io eravamo andati a caccia, ma nonostante questa sicurezza, sapevo che quell’odore mi avrebbe fatto comunque fluire il veleno in bocca, bruciandomi la gola, sarebbe stata una pericolosa tentazione.

“Abbiamo ancora qualche minuto amore”. Mi rispose, accarezzandomi una guancia.

Ci pensai un attimo.

“Bene, voglio farmi una doccia prima di andare…magari mi rilassa un po’”. Dissi quasi sussurrando.

Edward mi scostò appena da lui, per guardarmi negli occhi, uno sguardo intenso, profondo, serio, carico di fiducia.

“Andrà tutto bene Bella, non devi aver paura, Alice ti terrà d’occhio tutto il tempo… Non ti permetterò di fare niente di cui tu possa pentirti”.

Pronunciò queste parole con una sicurezza tale da convincere anche me.

Era vero, potevo farcela e se qualcosa fosse andato storto Alice sarebbe intervenuta tempestivamente.

Sorrisi.

Lo fissai per un istante prima di poggiare le mia labbra sulle sue, così morbide, calde e setose, che non potevo credere di averle sentite, un tempo, fredde e dure come il marmo.

Mi abbandonai tra le sue braccia facendomi trasportare, come sempre, dall’intensità di quel momento.

Sentivo di avere la piena percezione dei nostri corpi, scossi da fremiti di desiderio e passione, con un abile movimento mi misi a cavalcioni su di lui e premetti ancora di più le mie labbra sulle sue.

Interruppe il bacio per pochi secondi.

“Non volevi farti una doccia prima di andare?”. Chiese senza staccare le labbra dalle mie.

“Mmmm”. Fu l’unica mia risposta, non mi preoccupai nemmeno di aprire gli occhi e ripresi a baciarlo.

Dopo poco, troppo poco, arrestò di nuovo il bacio sollevandomi appena dal suo petto.

Fui costretta ad aprire gli occhi, aveva un sopracciglio alzato e mi guardava divertito.

“Non vorrai fare tardi al tuo primo giorno di College, vero?”.

Sbuffai.

“No, certo che no.”.

E di malavoglia mi staccai da lui.

Prima di andare di sopra, controllai Renesmee, era ancora profondamente addormentata, richiusi piano la porta e uscii dalla stanza.

Mentre passavo dal salotto, vidi Alice e Jasper seduti sulla moquette bianca, davanti al tavolino in vetro che giocavano a scacchi.

“Buongiorno”. Salutai.

Jasper mi fece un cenno con la testa senza togliere la concentrazione dalla partita, mentre Alice mi sorrise saettando sulle scale bloccandomi il passaggio.

“Allora, pronta per il primo giorno?”. Chiese con la sua vocina squillante e allegra.

“Alice, vorrei farmi una doccia prima di andare, possiamo parlarne dopo?”. Chiesi supplichevole.

Di tutta risposta, mi fece una smorfia.

“Ti preoccupi troppo Bella, andrà tutto bene, devi pensare di meno e concentrarti di più”. Si picchietto un dito sulla tempia prima di aggiungere: “Ricordi? Io so sempre tutto”. E mi sorrise.

Ricambiai il sorriso, poi la superai sulla destra e in un baleno percorsi la scalinata entrando in bagno.

Con la stessa fretta mi liberai dei vestiti ed entrai nella doccia, non vedevo l’ora di sentire il getto d’acqua caldo che da umana tanto amavo per l’effetto di calma che riusciva a infondermi.

Inclinai la testa all’indietro, permettendo all’acqua di penetrare nei miei capelli morbidi e setosi, tirai il capo in avanti per lasciare che fluisse anche sul mio viso. Funzionava, mi stavo rilassando.

Sentii aprire la porta del bagno nello stesso istante in cui si richiuse, Alice era entrata come un fulmine, aveva depositato dei vestiti sul ripiano del lavandino ed era riuscita.

Sorrisi per quel gesto, mi ero dimenticata di prenderli prima di salire a far la doccia e lei ci aveva pensato per me, era proprio una sorella splendida, che tutti avrebbero voluto.

Chiusi l’acqua e uscii dalla doccia, ma appena vidi i vestiti, tutti i pensieri gentili che avevo avuto verso Alice sparirono.

Sul ripiano del lavandino c’era una camicetta di seta blu, tanto trasparente da risultare quasi inesistente, ed una gonna beige che arrivava appena al ginocchio, con uno spacco laterale che partiva da metà coscia.

Era impazzita?!? Non credeva davvero che mi sarei vestita così per il mio primo giorno di College vero?!

Mi rifiutai, nella maniera più assoluta, di entrare in quegli abiti che lasciai nel bagno, mi avvolsi un asciugamano attorno al corpo e scesi le scale dirigendomi verso la cabina armadio.

Entrai in camera e vidi Edward che teneva in braccio Renesmee, si era svegliata, corsi subito verso di lei sorridendo e mi si tuffo tra le braccia.

“Buongiorno piccola”. Dissi, continuando a sorridere.

“Ciao mamma”. Inaspettatamente mi rispose parlando e non “mostrando”.

La guardai sorpresa, sapevo che era già in grado di tenere un discorso, ma di solito, preferiva usare il suo potere per comunicare. Tuttavia, non dovevo stupirmi, stava crescendo, sapevo che sarebbe cambiato anche il suo modo di interagire.

La rimisi tra le braccia di Edward ed entrai nella cabina armadio.

“Alice non ti ha portato i vestiti in bagno?”. Mi chiese, vedendomi coperta solo dall’asciugamano.

“Non so se hai visto che vestiti mi ha portato Edward”. Risposi un po’ infastidita dal ricordo degli indumenti.

“Per vestirmi così, tanto vale che esca nuda”. Continuai, questa volta sorridendo.

“Non credo che sarei d’accordo”. Rispose mio marito, con una nota di panico nella voce.

“Tranquillo, non è nei miei piani, cerco qualcosa da mettermi e arrivo”.

Mi piaceva quando faceva il geloso.

Così dicendo mi tuffai alla ricerca di jeans e maglietta.

Una volta vestita e pettinata, uscii dalla stanza e vidi Jacob e Renesmee in salotto che scommettevano su chi dei due avrebbe rintracciato e abbattuto per primo la preda, sorrisi di quel discorso.

“Ehi Bells! Buona fortuna per oggi”.

“Ciao Jake, grazie”. Ne avrò bisogno, pensai.

“Mi raccomando, non allontanarti da Jacob e comportati bene Renesmee”. Le dissi sorridendo.

Le diedi un bacio sulla fronte e uscii da casa.

“Ciao mamma”. Mi sentii rispondere.

Alice e Jasper erano già seduti sui sedili posteriori della Volvo, Edward era in piedi davanti alla portiera del passeggero, che teneva aperta in attesa che io entrassi in macchina.

Mi sedetti e in un baleno partimmo, sentii Alice digrignare i denti, probabilmente per l’abbigliamento da me modificato, ma non ci badai.

Pensavo a Renesmee, era già stata sola con Jacob, ma mai per così tanto tempo.

Ero sicura che Jake sarebbe stato attento a lei, sapevo che non le sarebbe successo nulla, ma il pensiero che nessuno di noi fosse con lei un po’ mi agitava.

Naturalmente non era l’unica causa della mia agitazione, il momento che temevo si stava avvicinando e non potevo permettere che mi cogliesse impreparata.

Cominciai da subito a concentrarmi, dovevo controllarmi, a tutti i costi.

All’improvviso sentii un’ondata di calma e serenità, tutto a un tratto ero sicurissima di me, Jazz doveva essersi reso conto del mio stato d’animo, ed era intervenuto. Più tardi avrei dovuto ringraziarlo.

Avevo pensato molto, all’indirizzo di studio che avrei potuto scegliere. E, dopo un’accurata valutazione, ero arrivata alla conclusione che, giurisprudenza, era il corso che m’interessava di più.

 

 “Un’altra Swan che si occupa di far rispettare la legge”. Aveva risposto Charlie, gonfiando il petto per l’orgoglio.

 

Al ricordo di quell’immagine sorrisi, Edward mi guardò incuriosito con la coda dell’occhio, ma non mi chiese nulla.

Lui aveva scelto psicologia, certo una passeggiata per lui, ma era stanco di fare medicina.

 

 “Magari riuscirò a capirti un po’ di più”. Mi aveva detto sorridendo.

 

Jasper aveva scelto scienze sociali e Alice stilismo, erano perfette quelle facoltà per loro, con l’ossessione di Alice per i vestiti e il vissuto di Jasper, calzavano a pennello.

Arrivammo a scuola, e mi sorprese vedere quanto fosse grande, certo sapevo che Dartmounth ospitava migliaia di corsi, ma mai avevo immaginato una struttura simile.

Probabilmente la scuola che frequentavo a Forks era grande si e no quanto le loro due palestre.

Parcheggiammo la Volvo, ed io, mi preparai all’impatto con quel profumo buonissimo e irresistibile che solo il sangue umano poteva avere. Ma, con mia sorpresa, non fu terribile come mi aspettavo, gli altri studenti camminavano nel parcheggio, tutti eccitati per l’inizio dell’anno, alcuni mi passarono vicino, ma non scatenarono più di tanto la mia sete.

La gola bruciava un po’ più del solito, e il veleno fluiva in quantità maggiore, ma nulla che non si potesse controllare con un po’ di concentrazione.

Arrivammo all’entrata e ci separammo, Jasper fece un cenno con la mano, guardandomi di sottecchi, era preoccupato che uccidessi qualcuno smascherando la nostra identità? Non ci pensai per più di un millesimo di secondo, NON dovevo distrarmi.

“Buona lezione Bella”. Mi salutò Alice, facendomi l’occhiolino e tamburellando di nuovo con il dito sulla tempia.

Voleva tranquillizzarmi, ricordarmi che mi avrebbe tenuta d’occhio e che sarebbe intervenuta se ne avessi avuto bisogno.

Edward sospirò, mi guardò per un attimo, prima di poggiare le sue labbra sulle mie, sfiorandole appena.

Nonostante facessi di tutto per non darlo a vedere, dai miei occhi trapelava tutta la mia ansia.

“Andrà tutto bene amore”. Mi disse stringendomi forte a lui.

“Sì, a dopo”. Sussurrai.

“Ti amo”.

“Anch’io”.

Feci un respiro profondo inalando il suo profumo prima di sciogliermi dal suo abbraccio ed entrare nell’istituto.

Era immenso, le pareti erano bianche e ricoperte di armadietti.

Il corridoio era pieno di ragazzi e ragazze che ridevano e parlavano.

Mi sentivo gli occhi di tutti addosso, avevo come il sospetto che tutti quelli cui passavo accanto si voltassero a guardarmi.

Ma non mi arrischiai a controllare, temevo che in qualche modo, creando un contatto anche solo visivo, potessi perdere il controllo.

Attraversai il corridoio agilmente, facendo attenzione a non sfiorare nessuno, muovendomi più lentamente che potevo.

L’istinto mi diceva di scappare, non avevo ancora respirato da quando ero entrata, non che ne avessi avuto bisogno, ma era fastidioso.

Finalmente arrivai nell’aula, dove c’erano solo pochi studenti seduti in fondo, tutti ammassati, per farsi coraggio.

Io mi sistemai in prima fila, laterale, sapevo che nessuno avrebbe azzardato tanto il primo giorno.

Una volta sistemata, provai, con molta attenzione, a respirare, lasciando che l’odore dei pochi umani presenti, accendesse il fuoco nella mia gola.

L’esperimento riuscì bene, soddisfatta di quella prova presi a respirare regolarmente.

Poco alla volta l’aula si riempì, e come immaginavo nessuno, si sedette in prima fila, né vicino a me.

Chiunque entrava nell’aula, prima di dirigersi al proprio posto, dava uno sguardo verso il mio banco, non so se per lo strano fascino da vampira che avevo acquisito, o perché mi reputassero molto coraggiosa o pazza, a seconda delle idee, per essermi seduta in prima fila.

Poco dopo entrò un signore di mezz’età, basso e tarchiato, aveva riccioli castani e occhi verdi, al centro del viso sporgeva un naso enorme, sproporzionato rispetto al resto del volto.

“Buongiorno ragazzi, sono il Professor Warner”. Esordì con un tono di voce molto profondo, ma sufficientemente alto perché tutti lo potessero sentire.

Subito dopo iniziò a leggere l’elenco dei nomi che aveva scritto sulla cartellina, non fu difficile memorizzarli tutti, eravamo trentadue studenti, venti maschi e dodici femmine.

Riuscii perfino ad associare ogni nome al giusto volto, riuscivo a capire i posti in cui si trovavano grazie al “presente”, che ognuno di loro dava come risposta quando veniva chiamato il proprio nome.

Quando arrivò al mio si soffermò a guardarmi più del dovuto, gli feci un sorriso di incoraggiamento, e scuotendosi dai suoi pensieri riprese a scorrere l’elenco.

La lezione trascorse in un baleno, come tutte le altre che seguirono.

Arrivai all’ora di pranzo senza accorgermene.

Trovai Edward ad aspettarmi all’entrata della mensa, mi sorrideva, accelerai il passo facendo attenzione a non esagerare, mi fermai davanti a lui con un sorriso smagliante sul volto, mi era mancato tanto, troppo in quelle poche ore, i miei occhi avevano bisogno di riempirsi della sua immagine, dandomi un bacio veloce ma delicato sulle labbra mi prese per mano ed entrammo in mensa.

Non gli toglievo gli occhi di dosso mentre lui prendeva due vassoi e li riempiva di roba da mangiare. Dovevamo recitare bene la nostra parte.

Ci dirigemmo al tavolo, Alice e Jasper erano già lì, e ci accolsero con un gran sorriso.

“Allora, come sono andate le prime lezioni?”. Chiese Alice piena di curiosità.

“Non prendermi in giro Alice, sicuramente sai già tutto”. Risposi un po’ seccata.

Lei mi sorrise e fece l’occhiolino.

“Non volevo toglierti il gusto di raccontarmelo sorellina”.

Sorrisi anch’io.

Incredibile quanto fosse famigliare per me quella scena, i Cullen riuniti a un tavolo, tutti assieme separati dal resto degli studenti, esattamente come a Forks, con la differenza che, questa volta, tra di loro c’ero pure io.

Trascorremmo così la pausa pranzo, parlando un po’ di tutto, attenti a mantenere le apparenze. Avevamo ancora due lezioni prima della fine della giornata, così ci dirigemmo nelle nostre aule, salutai Edward, che mi aveva accompagnato nella mia, ed andai a posizionarmi nel solito posto.

Questa volta, inaspettatamente, una ragazza si sedette accanto a me, portandosi dietro una zaffata calda e dolce, mi prese alla sprovvista, improvvisamente m’irrigidì, trattenendo il respiro, raccolsi la mia roba è uscii di fretta dall’aula, corsi fuori dall’istituto e solo li ripresi a respirare.

In un lampo Edward, Alice e Jasper mi furono vicino.

Mi ero fatta prendere dal panico, un attimo prima di perdere il controllo mi ero fiondata fuori dall’aula, c’ero andata vicina, troppo vicina, mi ero fatta cogliere di sorpresa, non ero stata attenta.

Edward mi abbracciò.

“Sei stata bravissima amore, sei riuscita a controllarti, sono fiero di te”. Provò a rassicurarmi, ma dalla sua voce avvertivo l’ansia che provava.

“Sì Bella, non ho avuto nemmeno il tempo di vedere, che tu eri già fuori sei stata incredibile!”. Incalzò Alice sorridendo, lei era davvero tranquilla.

Jasper mi guardò, un’espressione carica di panico e risentimento, lui non ci sarebbe riuscito, ecco a cosa stava pensando.

“Dai andiamo a casa”. Disse Edward.

“No, sono stata colta di sorpresa, non ero concentrata, sto fuori quest’ora, ma alla prossima lezione vado”. Dissi decisa.

Era successo una volta, solo perché non ero attenta, sapevo di potercela fare.

Mi guardarono tutti in modo poco convinto, avevamo rischiato abbastanza per quel giorno, lo sapevo, ma io non volevo mollare così.

“Ok”. Dissero infine Alice ed Edward, la prima un po’ più convinta.

“Non so Bella, forse sarebbe meglio lasciar stare per oggi, sei molto brava, ma non sfidiamo la sorte”. Jasper, non la pensava come gli altri, ma già lo sapevo.

“No, sto bene, rientriamo”.

Così facemmo, mi recai all’aula, dove si sarebbe svolta la lezione successiva, era ancora vuota, perché la precedente non era ancora finita.

Quando sentii suonare la campana m’irrigidì nuovamente, ero concentrata, pronta ad accogliere la nuova ondata di profumo. Sentii dei passi svelti dirigersi verso l’aula, presi un ultimo respiro.

La prima ad entrare fu la stessa ragazza che, poco prima, mi aveva costretto a fuggire dalla lezione, mi guardò per un istante. Io, le lanciai un’occhiata implorante.

Ti prego non sederti qui, ti prego. Pensai.

Ma, come immaginavo, si sedette accanto a me.

“Tutto bene?”. Si rivolse a me sorridendomi.

Mi limitai a fare cenno di sì con la testa, non avevo intenzione di sprecare la mia riserva d’ossigeno.

“Mi chiamo Carol Smith”. Continuò porgendomi la mano, non l’accettai.

“Bella Cullen”. Risposi senza togliere gli occhi dalla lavagna vuota.

Per fortuna, in quel momento entrò il professore, che, dopo essersi presentato, cominciò a introdurre la lezione.

Mi sembrò l’ora più lunga della mia vita, sentivo gli occhi di Carol addosso, sicuramente, si stava interrogando sul mio strano comportamento. Quando la campana suonò, fui la prima ad uscire dall’aula, e la prima ad arrivare davanti alla Volvo, dopo nemmeno un minuto Edward, Alice e Jasper apparvero al mio fianco.

Jazz aveva sempre la stessa espressione preoccupata, Alice sorrideva ed Edward sembrava in ansia.

“Tutto bene amore?”. Mi chiese, e capii il motivo di tanto timore.

“Sì, andiamo a casa, ho bisogno di rivedere nostra figlia”. Sorrisi per tranquillizzarlo.

Così risalimmo in macchina e ci avviammo verso casa, nel tragitto non volli pensare a nulla, se non a riabbracciare la mia piccola Renesmee.

 

 

 

  
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