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Autore: PriorIncantatio    17/05/2016    3 recensioni
"Un mese dopo la battaglia di hogwarts, il nuovo primo ministro deve ricostruire una comunità. Gli orrori della guerra pesano tutti sulle spalle dei colpevoli o dei presunti tali che sono sottoposti a processo. Fra questi, vi sono i Malfoy, vittime dei pregiudizi della comunità magica e prigionieri degli errori passati. Cosa può fare Hermione Granger per Draco Malfoy? E cosa sarebbe disposta a perdere per Malfoy, una volta messe da parte i propri pregiudizi? Si può risorgere dalle ceneri o, per farlo, bisogna rendere tali tutti i sacrifici del proprio passato?"
-PriorIncantatio
"Bisognava risorgere, dalle ceneri come le fenici, era doveroso e necessario per non dare nuova linfa al male e lasciare loro la possibilità di riprendersi quello per il quale in tanti hanno dato la propria vita: la libertà."
Genere: Fluff, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Malfoy, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Un po' tutti | Coppie: Albus Silente/Minerva McGranitt, Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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NEMICI ALLEATI
 


"Giudica un uomo in base ai suoi nemici oltre che dai suoi amici."  - Joseph Conrad


Ci sono giorni, attimi precisi che aspettiamo con ansia, con il brivido che percorre tutta la curva della nostra schiena, che ci fanno fremere, che ci tolgono il sonno.
Ci prepariamo da una vita per quel delicato momento, affiliamo le nostre spade, liberiamo la mente da ogni turbamento, cerchiamo di affrontare la sfida con il cuore leggero, ma di pietra.
Eppure, quando giungono, quando dobbiamo affrontare il nostro inesorabile destino restiamo inermi. Fermi ed impotenti, lasciando che il fato si abbatta su di noi senza tentare, seppur inutilmente, di affrontarlo temerariamente.
Questo Narcissa lo sapeva. Aveva capito che da quel giorno tutto sarebbe cambiato. La sua vita, così come l’aveva vissuta fino a quell’istante, sarebbe stata stravolta. I suoi legami, soppiantati. I suoi affetti, probabilmente, rinnegati. Draco e Andromeda erano le uniche persone che ancora, forse, nutrivano per lei un esiguo spirito affettivo, ma sarebbe stato sempre così?
E lo sapeva anche Draco, che ormai aveva compreso di essere entrato in quell’uragano e che a quel punto era consapevole di ciò che lo attendeva. Era inutile fare progetti. Avrebbe vissuto alla giornata, proprio come aveva fatto insieme alla sua “famiglia” quando si erano rifugiati in Albania. Doveva convivere con la paura, l’intimo terrore di essere, un giorno o l’altro, arrestato. La Granger non avrebbe potuto far nulla. Lei era dopotutto, l’ultima ruota del carro di quel sistema e se le si comandava di tacere, lei sicuramente avrebbe eseguito l’ordine come un bravo soldato.
 

Il suono della sveglia quella mattina sembrava più nauseante e rumoroso del solito. Draco si alzò velocemente dal letto e si buttò subito sotto il getto gelido della doccia.
Intanto Narcissa sempre più mattiniera, stava facendo colazione nell’ampio ed elegante soggiorno dando, allo stesso tempo, fugaci occhiate alla Gazzetta del Profeta fresca di stampa.
“OGGI IL GRANDE ANNUNCIO”, “IL SEGRETO DEL MINISTERO PRESTO SVELATO”.
Gli emblematici titoli a caratteri cubitali erano un forte colpo all’occhio e la donna non riusciva ad evitarli, così decise di leggere l’articolo principale. Ovviamente frutto della penna di Rita Skeeter.

“Pochissime parole concederò a questo spazio, il fiume che esonderà dalla mia penna è posticipato in seguito alla conferenza stampa voluta dal Primo Ministro Kingsley Shacklekbolt che l’ha definita “passo fondamentale verso la giustizia”.
Ebbene siamo pronti ad assistere, ad ascoltare probabilmente altre vane parole, promesse già infrante prima di averle fatte. Il Ministro ha inoltre affermato che ci saranno accanto a lui due persone di cui non ha voluto rivelare le identità. In molti hanno avanzato le più disparate ipotesi: Potter (a proposito, che fine ha fatto?), la McGranitt, il Primo Ministro babbano, un Mangiamorte (secondo molti Bellatrix Lestrange in catene). Non resta che aspettare impazienti ed io sarà in prima fila per cogliere ogni indelebile attimo di quella che sarà un’importante ed ambigua pagina della storia del Ministero.
Al prossimo appuntamento,
con affetto,
Rita Skeeter.”


Chiuso il giornale e lottando contro le viscere che si stavano rivoltando dentro di lei, decise di salire al piano superiore per controllare a che punto fosse suo figlio con i preparativi.
Schiuse leggermente la porta della camera di Draco e vide che era ormai quasi pronto.
Entrò e si avvicinò elegantemente verso di lui con un sorriso sereno stampato sul volto, dopodiché realizzando che non riusciva ad indossare la cravatta grigio antracite, lo aiutò.
«Teso?» esordì sua madre.
«Come mi aspettavo, nulla di più, nulla di meno» rispose Draco cercando di rimarcare una certa sicurezza.
«Non verrò subito con te, ti seguirò più tardi» disse e dopo aver notato il suo cenno col capo proseguì: «A che ora hai l’appuntamento con la signorina Granger?»
«Dovrebbe arrivare qui a momenti, quindi fa presto, di certo non voglio darle l’impressione che mammina mi sta vestendo per il Ballo del Ceppo.»
Narcissa sorrise, anche se, immediatamente dopo, capì di essere fuori luogo. Poi parlò di nuovo il ragazzo: «Ieri sei tornata particolarmente tardi, dove sei stata?»
«Al Ministero» gli rispose Narcissa secca, usando un tono conclusivo.
«Fino a quell’ora? Che cosa è successo?» chiese Draco, invece, incuriosito.
«Sì, ma nulla di cui preoccuparsi. E tu, con la signorina Granger hai fatto dei passi in avanti?» Cercò di sviare il discorso, ben conscia che il figlio non si sarebbe arreso.
«Non iniziare ad avere segreti mamma, non cambiare discorso» la fermò Draco.
«Vale la stessa cosa per te. Ho parlato con Kingsley, il discorso è chiuso» replicò freddamente Narcissa fissandolo negli occhi con espressione contrita.

Draco si voltò e guardò sua madre profondamente nelle iridi scure nel vano tentativo di trarre qualche segno di debolezza, che però non percepì. Dopotutto era sua madre.
Poi la superò al lato, lasciando che gli occhi di lei lo potessero seguire, prese la giacca appoggiata sullo schienale di una poltrona e la indossò velocemente. «Non so cosa stia accadendo tra te e Kingsley, ma a questo punto cerchiamo di non complicare la situazione e soprattutto tu non comprometterti in qualche modo.»
«Cosa c’è, adesso i ruoli si sono invertiti?» rispose Narcissa stizzita e stuzzicata.
«No, ma a volte devo ricordarti che gli errori puoi farli anche tu e non solo io» replicò Draco che fino a quel momento, al contrario di Narcissa, non aveva mai detto nulla a cuor leggero.
«La Granger ieri mi ha dato la bozza di cosa dovrò leggere domani, nulla di più. Ha detto che non ci sarai.»
«Lo dicono un po’ tutti a dir la verità. Neanche Kingsley ieri sera era entusiasta» rispose lei atona.
«Sei riuscita a fargli cambiare idea?» chiese a quel punto Draco, piuttosto curioso.
Narcissa stava pensando seriamente di tergiversare sperando che Hermione potesse arrivare il prima possibile. Dirgli di no lo avrebbe fatto infuriare, dirgli di sì era troppo rischioso. Una cosa era certa, lei sarebbe andata lì con o senza il consenso del Primo Ministro.
«Ti ho detto che verrò, ma ti seguirò più tardi. Ed ora è meglio che ti avvii giù, sono sicura che sarà qui a breve » rispose lei sicura.
Draco annuì, con la certezza che gli avesse nascosto qualcosa, e scomparve dietro la raffinata porta color mogano, lasciando Narcissa da sola nella sua camera. La donna si sedette sul grande letto, ancora sfatto, e poggiò le sue delicate mani sulle ginocchia.
 
 

Hermione non aveva dormito quella notte e non accadeva da quelle fredde passate in compagnia di Ron ed Harry durante la ricerca degli horcruxes. Questa volta avrebbe dovuto distruggere nessun oggetto infernale, al massimo la sua paura e le insicurezze di Draco. Non era sicura che essere accanto a Kingsley l’avrebbe fatta sentire meno a disagio, ma lui l’aveva rassicurata su quel fronte.
La mattina si era svegliata sudata nonostante fosse metà novembre. Dopo una velocissima doccia energizzante ed una colazione al volo si era precipitata al Ministero dove l’aspettava l’autista.

Seduta nell’elegante auto ministeriale cercò nella sua borsa uno specchio per darsi un’ultima controllata: i capelli sempre troppo crespi, quel filo di trucco che sembrava invecchiarla, e gli occhi che davano l’impressione che le notti passate insonne dovevano essersi raddoppiate nell’ultimo periodo. Hermione non aveva mai prestato particolare interesse per quegli aspetti che lei stessa definiva “frivoli” e di poco conto, ma non avrebbe potuto immaginare lo sguardo di Draco e di Kingsley quando l’avrebbero vista. Tuttavia era soddisfatta della scelta del suo vestito. Un elegante completo giacca e pantalone nero allungavano la sua figura, considerando i tacchi che sentiva di odiare più di una lezione di Divinazione. Sotto la giacca sfoggiava una camicia bordeaux. Controllò i documenti nella sua borsa con maniacale devozione e ripeté nella sua mente il discorso che aveva scritto il giorno precedente sperando che Draco stesse facendo la stessa cosa.
«Possiamo andare. Villa Malfoy e la prego di tenere bene il piede sull’acceleratore dato che sono per l’ennesima volta in ritardo» comandò all’autista.

Erano circa le sette e trenta minuti e la City stava già iniziando la sua caotica vita, i negozianti alzavano le serrande, gli edicolanti esponevano le prime stampe di giornata, alcuni taxi già sfrecciavano e numerosi babbani armati di valigette e zaini da lavoro percorrevano i marciapiede con indomita sicurezza.
Era la solita routine dopotutto, ma per lei era un po’ diverso, almeno considerando quel giorno.
Dopo qualche minuto si accorse che aveva abbandonato il centro di Londra e si stava avvicinando sempre più alla residenza dei Malfoy.
«Senta, è possibile entrare con la vettura oltre i cancelli del maniero?»
«Certo signorina Granger, mi hanno dato precise disposizioni.»
«Molto meglio, con questi tacchi meno cammino meglio è» rispose Hermione nervosa notando il sorriso dell’autista.
Arrivata davanti all’ampia cancellata grigia aspettò si aprisse, per poi giungere davanti alla casa. Villa Malfoy di giorno presentava un fascino totalmente diverso rispetto ad un panorama notturno. Le siepi e le alte fronde non inquietavano più, anzi erano aggraziate. Nello spazio circolare antecedente alla casa vi erano alcuni pavoni che passeggiavano tranquillamente. Hermione ricordò che anche quando giunse spiacevolmente la prima volta lì un anno addietro, quegli animali erano presenti per puro volere di Lucius Malfoy, un uomo che amava mostrare la propria opulenza e adorava mostrare il proprio sfarzoso piumaggio.
«Quanto devo attendere signorina Granger? Devo aggiornare il Ministero sui tempi» chiese l’uomo alla guida.
«Pochi minuti, giusto il tempo dei convenevoli» rispose tranquillamente Hermione.

La ragazza uscì dall’abitacolo con grazia, stringendo sotto la spalla la sua borsa mentre con la mano sinistra teneva chiusa la giacca.
Quando giunse alla porta utilizzò il batacchio soltanto una volta. Poi attese.

«Eltas vai immediatamente ad aprire alla porta!» urlò Narcissa Malfoy dalla sala bar dove stava cercando di darsi una scrollata gustando un bicchiere di Acqua Viola.
«Buongiorno, signorina Granger. Benvenuta a Villa Malfoy» esordì dicendo il piccolo elfo domestico.
«Anche a te, Eltas.»
Hermione notò immediatamente che Draco era nell’ampio salone e stava guardando nella sua direzione. Si mosse allora sicura verso di lui cercando di non mostrare traccia di insicurezza nei suoi passi e nel suo sguardo.
«Pronto?» domandò lei.
«Dovrei risponderti: più o meno di te?» rispose lui ironico.
«Lo considero un sì di circostanza. Meglio muoversi, sono leggermente in ritardo.»
«È la tua prima mossa per farmi perdere in partenza?»
«Se avessimo voluto farti “perdere” non ti avrebbero affidato a me. E sì, in questo momento non mi sento modesta.»
Prima che i due potessero fare un solo passo verso l’uscio, Narcissa Malfoy fece la sua entrata.
«Buongiorno a lei, signorina Granger. È elegantissima» disse la donna osservandola dai ricci ribelli sino al tacco dieci.
«La ringrazio signora Malfoy. Mi scuso se sono un po’ brusca ma andiamo un po’ di fretta. Il Ministero è inflessibile sugli orari, purtroppo.»
«Certo, sia tranquilla» rispose la donna con un serafico sorriso e poi proseguì camminando verso Draco: «Ci vediamo lì, Draco. Sono sicura che andrà tutto per il verso giusto e non potrebbe essere altrimenti con la signorina Granger, vero?» domandò infine retoricamente.
«Verrà anche lei alla conferenza?» domandò preoccupata Hermione.
«L’ho promesso a mio figlio» replicò la donna con enfasi.
«Credo che troverà una forte opposizione del Ministro, signora Malfoy» controbatté lei.
«Ne sono consapevole e proprio per questo motivo non mi interessa. Non ha detto che andava di fretta?»

Hermione annuì nervosamente con la testa, Draco silenzioso la superò ed uscì fuori aspettandola davanti l’automobile.
«Non scherzi col fuoco, signora Malfoy» le si rivolse dura Hermione.
«Lei non scherzi con mio figlio» replicò gelidamente Narcissa aggrottando la fronte.
«Non è nella posizione di dirmi ciò che devo o non devo fare e, soprattutto, cerchi di rispettare i ruoli o ne pagherà le conseguenze. Ricordi che il Ministro è un uomo di parola e quando gli viene fatto un torto oppure lo si offende facendo ciò che lui ha espressamente vietato di fare… beh, sa come agisce. Spero di non rivederla di nuovo in questa giornata. Arrivederci» concluse Hermione con sguardo perentorio, raggiungendo il taxi.

«È inutile mettere i puntini sulle “i”, Granger» disse Draco Malfoy, stringendo i denti. Attaccare palesemente Narcissa davanti ai suioi occhi era un affronto, ma considerare di riattaccare come nei giorni di gloria la Granger, poco prima della conferenza, non era saggio. Il giovane si morse il labbro. Era forse un lucido pensiero quello? Stava rinnegando di difendere sua madre pur di salvare la sua pelle?
«Nessuno mette in discussione ciò che abbiamo deciso. Ora partiamo.»
Detto questo, Hermione entrò nella vettura seguita da Draco che si sedette accanto a lei.
Sapeva che lo scambio di battute con sua madre lo aveva scosso e sicuramente aveva capito di essere stata oltre ogni misura indelicata. Tuttavia bisognava costantemente, secondo Hermione, dimostrare a entrambi con chi avevano a che fare. Probabilmente Narcissa lo aveva compreso.
Durante il tragitto nessuna parola echeggiò all’interno dell’auto:  Draco si limitava ad osservare nervosamente lo specchietto retrovisore dell’autista ed oltre il suo finestrino laterale come se cercasse una via di fuga. Hermione sembrava più a suo agio e dopo circa dieci minuti di viaggio prese i suoi appunti e li modificò a penna. Poi prese un foglio che gli aveva fatto recapitare Kingsley poco dopo la mezzanotte.

Inutile scriverti qualche augurio di buona fortuna per domani, so che non ne avrai bisogno.
Ricorda di rispondere ad ogni domanda con la massima sicurezza. Non evitare scontri verbali, dobbiamo, devi, dimostrare di essere forte in tutti i campi. Non togliere mai la parola a Draco se è in difficoltà, fallo se dovesse essere assolutamente necessario. Mostrati tranquilla, gentile con i giornalisti ma soprattutto con lui. Chiamalo sempre per cognome (anche me, anche se mi lusinga il mio nome). E ti prego, non mandare a quel paese Rita Skeeter (sebbene ne sarei felice).
Le uniche domande a cui non dovrai dare risposta sono quelle su Narcissa e Lucius. Ma a quel punto ti darò io la mia spalla.


A domani, Kingsley.

«Ci saranno anche lo Sfregiato e quel morto di fame?» chiese sprezzante Draco.
Hermione lo osservò con sguardo torvo. Con quella domanda aveva resettato ogni miglioramento, seppur minuscolo, di quegli ultimi giorni.
«Vedo che sotto pressione vai in escandescenza, Malfoy. Non agitarti» rispose algida la ragazza.
«Sapere che da un momento all’altro sarò messo sul patibolo suscita diverse reazioni chimiche, Granger. Come l’odio, solo per farti un esempio.» Draco sapeva che non era il modo giusto di porsi, ma ormai la strada era stata solcata. Tornare sui suoi passi lo avrebbe definito agli occhi di Hermione soltanto confuso e perso. Doveva dimostrare che era ancora forte, testardo anche se questo poteva diventare seriamente un’arma a doppio taglio. Draco, tuttavia, era abituato al dolore. Tutti i suoi tagli si erano cicatrizzati nel momento in cui aveva capito che probabilmente, quel suo passato, non sarebbe mai stato cancellato.
Hermione sorrise amaramente: «Saranno entrambi assenti.»
Si chiese curiosa il perché di quella domanda. Avevano toccato quell’argomento solo una volta e pensò fosse bastato ad entrambi. Forse la situazione era così critica per Draco, che appellarsi ai suoi due compagni, gli avrebbero infuso un po’ più di coraggio. Quella giusta dose per andare avanti, per vivere alla giornata. Cosa mancava a Draco? Perché tutti i suoi sforzi sembravano vani? Perché ogni progresso era perennemente cancellato nel giro di pochi scambi verbali? Quella totale mancanza di speranza, di fiducia, poteva essere in qualche modo sopperita?   
«Peccato, si sarebbero molto divertiti. Immagino già Potter che si sfrega le mani e Weasley che inventa stupidi sortilegi che si scaglierebbero invece contro di lui.»
«Draco, devi impietosire i giornalisti non me con questa scenata melodrammatica. Solo per dirti, giusto per coscienza… vorrei puntualizzare che non si comporterebbero mai così, anzi, farebbero il tifo per te. Ma non comprenderesti una cosa del genere.»
Stavano discutendo senza neanche scambiarsi un gelido sguardo. Fissavano entrambi nel vuoto, mentre il Ministero si avvicinava sempre di più. Hermione aveva un brutto presentimento. Sentiva di non essere più tanto pronta. La condizione di Draco la sfiduciava ancora di più. Una Skeeter di turno probabilmente li avrebbe distrutti entrambi.

Forse poteva solo limitare i danni.
 
Il giorno seguente.

Finalmente era arrivato il giorno. Si era svegliato persino prima della sveglia, tanta era l’eccitazione.
Era da tempo che non trovava motivo migliore per alzarsi la mattina. Respirare, vivere, sembravano in quell’ultimo periodo dei meccanismi difficili da assimilare, seppure innati.
Non assaporava l’aria, l’odore londinese, da troppo tempo ormai. Gli mancavano gli aspetti più banali, forse anche quelli che probabilmente in passato aveva odiato. Ma ritornare lì avrebbe significato rivedere la persona che, più di tutte, riusciva a stringergli il cuore.
Avrebbe preso il treno, sarebbe sicuramente arrivato con anticipo, ma tutto era stato calcolato. Gli mancava percorrere Baker Street, o l’illuminata Piccadilly, fino ad arrivare a Covent Garden. Le luci, i suoni, i profumi, il traffico incessante.
Ma anche casa sua. La sua tana. La sua famiglia. Erano loro a mancargli più di ogni altra cosa. I loro visi così simili al suo. Quanto gli mancava quella vita? Quanto desiderava ritornare quello di una volta? Erano pensieri che si susseguivano violentemente, uno sull’altro e non gli davano un solo istante per provare a darsi una risposta valida.
E intanto viaggiava, ponendo dietro di sé distese, cieli, la natura incontaminata e le città colme di passioni, straordinarie energie umane.
Presto sarebbe arrivato, presto l’avrebbe abbracciata. Stretta. Baciata.
 

«Tiberius! Tiberius!» esclamò a voce alta il Primo Ministro nell’atrio principale del Ministero.
Una massa informe si muoveva in ogni direzione consentita: i lucenti fuochi color smeraldo si accendevano e si estinguevano ad un ritmo vertiginoso. Maghi e streghe camminavano quasi senza meta e a testa bassa stringendo tra le mani ora un ambiguo calderone, ora una antico manufatto. Poi vi erano uomini e donne eleganti che stringevano nei loro pugni valigette da lavoro che si muovevano in direzione degli accessi più istituzionali e più restrittivi per i civili. Tra questi vi erano Tiberius Ogden e, protetto da una numerosa scorta, il Primo Ministro Kingsley Shacklebolt.
«King, tutto secondo i piani. Ha lasciato la casa soltanto con la Granger. Non c’è bisog-» ma Ogden fu bruscamente interrotto.
«Neanche per sogno. Non voglio rischiare. Sai cosa deve essere fatto. Ci vediamo alla conferenza e, Tiberius…» si fermò Kingsley trattenendo per il gomito l’uomo «non una sola parola.»
Tiberius si limitò a un doppio cenno di assenso con il capo, poi scomparve tra la folla.
Il Primo Ministro si appoggiò ad un’imponente colonna che aveva le sembianze di un austero mago che in una mano, rivolta verso il basso, impugnava una bacchetta, e l’altra rivolta verso l’alto, sosteneva il piano superiore. Lasciò che tutte quelle persone gli passassero davanti e non pochi di loro lo guardarono con sguardo apprensivo, indagatorio.
Presto tutti avrebbero saputo.
 

Suo figlio ed Hermione Granger erano andati via da poco e Narcissa Black era comodamente seduta sul divano nel salone principale.
Dalle ampie vetrate si irradiava la prepotente luce del mattino che riscaldava la casa. Stava aspettando qualcuno. Decise pertanto di controllare l’ora e iniziò a camminare nervosamente in quell’ambiente. Avvicinarsi alla finestra e constatare che al di là delle alte siepi vi era solo il vento che le scuoteva teneramente. Nessuna ombra.
Eppure le aveva promesso che non avrebbe tardato. Tuttavia l’istinto le diceva che da un momento all’altro avrebbe sentito il bussare sordo del batacchio di casa sua.
L’aveva chiamata d’urgenza quella mattina e quasi si maledì quando aveva capito che l’aveva appena svegliata. Ciò nonostante quando la donna dall’altra parte della cornetta aveva notato il suo tono preoccupato, non si era attardato a comunicarle che presto sarebbe giunta da lei.

La voce di Eltas la distolse da quel pensiero: «Padrona, l’ospite che aspettava è arrivata. La faccio entrare?»
«Certo, Eltas. E sbrigati, ho pochissimo tempo.»
Poi, dopo più di vent’anni rimise piede in quella casa.
«Andromeda.»

Sua sorella avanzò a lenti passi all’interno della lussuosa dimora. Guardava stupefatta intorno a sé, sembrava sottolineare con gli occhi ogni particolare: i quadri, gli arazzi, il pavimento marmoreo e i mobili antichi.
«Non è cambiata affatto» sembrò constatare Andromeda con una certa sorpresa.
«È cambiato tutto» replicò Narcissa.
Le fece cenno di accomodarsi e Andromeda con accondiscendenza la seguì. «Non ci vediamo da una vita e prima ci vediamo nell’Abbazia di Canterbury e poi qui. L’ultimo ricordo che ho di questa casa e riposto lì» disse indicando la cima della scala che portava al piano superiore. Poi riprese fissando profondamente sua sorella: «Eri elegantissima. I tuoi boccoli biondi illuminavano tutta la dimora. Indossavi un abito lungo grigio perla con elegantissimi smeraldi ricamati. Scendesti quella scala con una grazia tale che nessuna Black avrebbe mai avuto. Quel matrimonio è l’ultimo ricordo. Poi non sono più tornata in questa casa.»
Il volto di Andromeda si scavò e lo abbassò, facendo trasparire agli occhi di Narcissa malinconia mista a rabbia.
«Ho sperato di fuggire da questa casa ogni notte» iniziò Narcissa, che proseguì quando vide Andromeda rialzare il volto e vederla turbata, ma al tempo stesso incuriosita.
«Era un altro dei tanti matrimoni combinati dai nostri genitori. E se devo dirti la prima cosa che mi viene in mente di quando nostro padre ci informò…»
«La rabbia di Bellatrix» concluse al suo posto Andromeda.
Dopo un cenno col capo proseguì: «Non sopportava l’idea di dividerci. Se ha voluto bene a qualcuno nella sua vita, probabilmente siamo state le uniche fortunate.»
«Mi ha sempre odiata. Ha sempre desiderato la mia morte, quella di Ted e quella di Ninfadora» ripose algida, Andromeda
«Non è sempre stata così. Tu sai cosa l’ha cambiata. Ci ha cambiati tutti, ha trasformato anche Draco» ribatté Narcissa con espressione dura.
«Ed è per questo che siamo qui?» domandò improvvisamente sua sorella.
Lei asserì preoccupata: «Mi hai fatto una promessa quel giorno a Canterbury. Ho bisogno di sapere se hai intenzione di mantenerla.»
Lo sguardo di Narcissa era sicuro, indagatorio, ma ciò nonostante Andromeda rimase serena e le diede la sua risposta positiva. «Non so perché lo faccio. Non so se lo faccio per te, ma Draco è l’ultima cosa che mi resta della nostra famiglia. Il nostro sangue scorre nelle sue vene e questo non lo dimentico. Bellatrix sapeva che in Ninfadora vi era anche il suo sangue…», poi si fermò stringendo nervosamente i pugni e fece un respiro profondo: «Lo farò, non voglio che l’ultimo ricordo che io avrò di questa casa sia un falso matrimonio. Voglio vedere Draco in questo salone giocare con Teddy. Voglio vederci di nuovo insieme come una famiglia. Non è troppo tardi per cambiare le cose tra di noi…»

Dopo che Andromeda concluse il suo profondo monologo, scese il silenzio tra le due, che fu bruscamente interrotto dal perentorio arrivo dell’elfo domestico.
«Signora, ci sono degli uomini che attendono fuori. Non hanno l’aria di chi vuole attendere…»
«Chi sono?» chiese perplessa Narcissa.
«Sono degli Auror, questo è sicuro» rispose prontamente Eltas.
«Li aspettavi?» intervenne Andromeda.

Lo sguardo di Narcissa mutò in pochi istanti. Afferrò la sorella e le disse: «Devi andare subito via da qui. Non chiedermi il perché e non preoccuparti per me. Al piano superiore, la porta che trovi immediatamente di fronte una volta salite le scale, dà accesso alla camera di Draco. C’è un camino, sopra di esso c’è un piccolo vaso di pietra con la metropolvere. Hai una sola destinazione: il Ministero. Ho bisogno che tu vada lì e che assista alla conferenza. Non farti riconoscere, soprattutto se c’è Harry oppure la famiglia Weasley. Ho soltanto il disperato bisogno che la sua famiglia sia lì e che lo protegga.»

Narcissa aveva parlato velocemente e con tono angosciato. Alcune lacrime iniziarono a rigarle il viso.
«Cissy, cosa sta succedendo? Non capisco!» le chiese allarmata sua sorella.
«Non c’è tempo! Va’!»
Andromeda e Narcissa si scambiarono un ultimo e significativo sguardo, poi si abbracciarono e le loro strade si divisero.
Dopo qualche istante Narcissa ascoltò il rumore sordo della smaterializzazione e così facendo diede ad Eltas l’onere di far entrare gli Auror.

Entrarono velocemente nell’ampio solone cinque Auror armati di bacchette. Davanti a loro li precedeva presumibilmente il loro capo. Quest’ultimo indossava un lungo capotto marrone stretto in vita da una cintura. Lo sguardo era arcigno e una profonda cicatrice solcava il volto dalle sopracciglia a destra fino alle labbra. I suoi occhi azzurri erano vispi e indagatori, Narcissa sapeva chi era.
«Ho la fortuna di avere qui in casa mia uno dei migliori Auror che il Ministero abbia mai avuto. Direttamente dalla gavetta di Alastor Moody, che piacere Dawlish.»
Il tono della donna era affabile e cercò di mascherare la concitata discussione avuta pochi istanti prima con sua sorella. Non voleva far presuppore la presenza di qualcun altro.
«Era da sola, signora Malfoy?» chiese brusco l’uomo che non aveva alcuna intenzione di perdersi in convenevoli.
«No, mi dispiace. Anzi, se mi è concesso, devo chiedervi di andare via perché ho un impegno improrogabile» aggiunse la donna, che agguantò il cappotto sul divano con un movimento felino mentre segretamente impugnò la bacchetta.
John Dawlish le sbarrò la strada con il proprio imponente corpo, il viso di Narcissa arrivava a malapena al suo petto.
«Credo ci sia qualche incomprensione tra di noi, John»  continuò la donna, però dando più spazio ad un tono sprezzante.
«Le non va da nessuna parte, signora Malfoy. O decide di restare qui sotto la nostra custodia, oppure, se ci costringerà, saremo costretti a portarla via in un luogo più consono. Siamo intesi?»

Narcissa non se lo fece ripetere un’ulteriore volta: lasciò cadere velocemente il cappotto a terra e puntò la bacchetta contro Dawlish, che mostrò a sua volta la sua maestria poiché aveva anch’egli la sua puntata contro di lei.
«È stato Kingsley, vero?» chiese Narcissa iraconda, nonostante sapesse la risposta.
«Non le deve interessare chi o cosa ci ha comandato di intervenire qui, signora Malfoy» rispose John.
«Se ripeti ancora una volta “signora Malfoy” giuro sul mio nome che questa bacchetta sarà l’ultima cosa che vedrai! Come avete osato entrare in casa mia senza un permesso? Come avete osato presentarvi con le bacchette già strette tra le vostre mani? Uscite immediatamente fuori di qui!»

Nessuno degli uomini batté ciglio né ripose la bacchetta, non che Narcissa se lo aspettasse.
«Devo immaginare, signora, che non abbia intenzione di collaborare?»
Narcissa d’altro canto non li degnò una risposta anzi, gli elargì uno sguardo freddo e assassino.
«Mi dispiace. Scortatela fuori» comandò perentoriamente il capo degli Auror.
«Non ho alcuna intenzione di seguirvi!» continuò lei e, detto ciò, tentò di schiantare Dawlish con un incantesimo all’improvviso. Tuttavia, l’uomo seppe difendersi e deviò l’incanto verso una parete che si distrusse all’istante.
«Questo non doveva assolutamente farlo. Le costerà caro» la voce dell’uomo aveva perso la tranquillità e il tono diplomatico iniziale dando ampio spazio ad un’ira repressa.
Fu un istante, un attimo incalcolabile: “Expelliarmus”. La voce salda dell’Auror bruciò l’aria e la bacchetta di Narcissa volò, ticchettando lungo il lucido parquet nero alle spalle della donna. Dawlish, con un velocissimo giro di bacchetta, l’aveva disarmata abilmente, lasciandola stupefatta e conscia del destino che l’attendeva.
 


«Buongiorno a tutti i presenti, stampa, colleghi e cittadini che tengono a cuore le vicende che riguardano il nostro futuro. Come ben saprete, non ho voluto motivare il perché di questa conferenza stampa e la causa del mio rifiuto è stato più volte identificata da allusioni misteriose, come se fossi a capo di un gruppo di spionaggio. Non sarebbe stato giusto parlarne in un primo momento perché non sono io a doverlo fare. Avrei mancato di rispetto a chi ha rispettato me e avrei infranto delle promesse che avevo fatto persino a me stesso. Non voglio essere prolisso, ormai non avete più grande considerazione della mia presenza dal momento in cui vi ho detto che non sono io il centro di discussione» poi il Primo Ministro si interruppe per qualche secondo. Un collaboratore si avvicinò velocemente e gli bisbigliò all’orecchio un’informazione dell’ultimo minuto: «Bene, mi informano che le persone che devono intervenire sono arrivate… vi chiedo, soprattutto alla stampa, di comportarvi con il massimo rispetto nei miei confronti e per chi siederà accanto a me.»  
Dopo le parole concitate di Kingsley, nell’ampio atrio del Ministero scese un silenzio surreale smorzato soltanto da sussurri e bisbigli sporadici.

Poi Draco Malfoy e Hermione Granger arrivarono tra incessanti flash di macchine fotografiche, esclamazioni, imprecazioni e un infinito susseguirsi di ingiurie nei confronti del ragazzo. Lo sguardo di Hermione era sicuro e mostrava fierezza, mentre Draco non sembrava essere realmente presente. Il capo non particolarmente retto sembrava già scalfito dalla sconfitta.
Tutti i giornalisti che erano accorsi si alzavano e si sbracciavano per iniziare con le domande. I reporter ritardatari spingevano dal fondo creando ancora più caos. Le guardie non potettero fare nulla finché intervenne Shacklebolt: «SILENZIO!» L’esclamazione del Ministro fu particolarmente prolungata con tono duro ed esplicito, ed ottenne ciò che desiderava. Dopodiché si accomodò silenziosamente aspettando che Hermione o Draco iniziassero la conferenza.

Fu lei ovviamente ad esordire.

«Dopo quella notte nel castello di Hogwarts avevo ripromesso a me stessa che avrei condotto una vita serena, lontano da quei riflettori che sicuramente io e i miei compagni Ron Weasley e Harry Potter avremmo attratto. Cercai di iniziare un viaggio alla ricerca dei miei genitori affinché potessi trovare un modo per ridonargli tutti i ricordi che codardamente gli avevo sottratto. Le valigie erano pronte così come ero pronta a voltare pagina. Una pagina sulla quale ho scritto tanto e dove ho cancellato in ugual misura. Da questo libro ho voluto stappare tanti fogli dei quali ho perso ormai il conto. Pagine sporche di sangue, di lacrime, di rancori, di incubi di occasioni perse o sprecate. Però un giorno un uomo ebbe l’ispirazione o non so, forse la speranza di cambiare tutto. Mi suggerì di chiudere quel mio libro ma facendomi capire che non avrei dovuto dimenticare una singola parola, ogni maledetta frase. Ogni capitolo. Mi scrisse che avrei potuto aiutarlo a cambiare tanto, che insieme avremo fatto grandi cose. Avremmo dato speranza, giustizia. Ecco, questa è la parola che oggi, più che mai, deve riecheggiare in questa sala. Tutti voi dovete essere protagonisti di un cambiamento. Dobbiamo essere coesi per fare in modo che non esista mai più un nuovo Tom Riddle e che un altro Lord Voldemort prenda il potere. Non dovrà esserci più nessuno che sarà in grado di poter controllare le nostre vite o di usare le nostre paure per colpirci. Nessuno dovrà piegarci e mai più chineremo il capo accettando la sconfitta. Ecco perché oggi qui, accanto a me, c’è Draco Malfoy. Perché dobbiamo far capire cosa vuol dire giustizia. Perché voglio concedere anche ad un “nemico pubblico” come molti di voi stupidamente lo identificano, un giusto processo. E sì, lui sarà il mio assistito e mai, per un solo momento ho pensato che questa cosa avrebbe cancellato tutto ciò che ho fatto in passato. Mai. Draco Malfoy è qui perché credo nella sua innocenza. Perché credo nel cambiamento di una persona. Nel dolore che ci dilania e che ci fortifica. Sono qui, perché credo in lui.»

Il lungo discorso di apertura di Hermione fu recepito dalla moltitudine di uomini e donne con rispetto misto ad ammirazione e, ovviamente, risentimento. Alcuni mugugni si levarono dal fondo fino a influenzare i primi. I giornalisti che avevano ascoltato con pazienza il discorso avevano appuntato le prime domande da porre. Ma ora toccava a Draco, che per tutto il discorso non ebbe modo di lanciare nessuno sguardo alla ragazza accanto a sé. Aveva soltanto elargito alcune occhiate al Ministro che intanto fissava Hermione con apprensione come se temesse che da un momento all’altro potesse dire qualcosa di terribile. Forse dopotutto nemmeno lui si fidava di lei pensò Draco. Il ragazzo si limitò a fissare dritto avanti a sé, nel vuoto, a volte accecato dal flash costante e nauseante. Tentò di concentrarsi su un punto e non distolse la vista da quello, ma quando si accorse che Hermione aveva terminato, capì che in quel momento aveva inizio una parte della sua vita.

«Rinnovo il ringraziamento del Ministro per la vostra ampia affluenza quest’oggi. Di certo se aveste saputo anticipatamente che io sarei stato presente, probabilmente molti di voi ora non sarebbero qui. Ed è forse stata questa la nostra idea-» ma ad un tratto Draco fu bruscamente interrotto da urla e offese: «Mangiamorte!» «Traditore!» «Insulsa bestia!» «Hai la coscienza sporca di sangue!» «Assassino!»

Draco si era aspettato questa reazione, ma replicare con le parole e i fatti era un discorso totalmente diverso. Non fu in grado di formulare nessuna frase di senso compiuto e, intanto, le grida aumentavano sempre di più. Malfoy si voltò velocemente prima verso Kingsley e poi verso Hermione. Quest’ultima tentò di afferrargli la mano, ma Draco la ritirò regalandole uno sguardo freddo, duro, brutale.
Kingsley riportò una pace apparente con l’ennesimo acuto, dando la possibilità al ragazzo di ricomporsi e di riprendere il discorso lì dove l’aveva lasciato. Hermione ringraziò silenziosamente il Ministro con un cenno del capo. Voltandosi lentamente in direzione della massa di fronte a lei vide un uomo che la osservava con sguardo severo, completamente accigliato. Era Ron.
Perché era lì? Perché non le aveva scritto che quel maledetto giorno sarebbe comparso così all’improvviso? Perché aveva scelto proprio quel giorno? Innumerevoli domande si stavano accavallando l’una sull’altra nella testa di Hermione. Poi si prese un solo istante per riflettere lucidamente: lei non gli aveva detto nulla, neanche un misero accenno. Ed ora eccoli, con molti volti che lo fissavano, con sguardi privi di emozione misti a quelli colmi di disapprovazione. Poteva sentire nel suo corpo rabbia e dolore, per Ron. Si sentiva colpevole di quella situazione, colpevole per ogni momento in cui poteva rivelargli la verità preferendo però tacerla.
 
I loro sguardi si incrociarono e sebbene lui fosse riuscito a non cambiare espressione, lei, invece, socchiuse leggermente le labbra facendo in modo che un lieve getto d’aria liberatorio potesse passarci attraverso. Il respiro diventò pesante. Poteva contare i lenti battiti al minuto. Ciò di cui aveva paura accadesse a Draco, in quel preciso istante, stava accadendo a lei.
«Devo complimentarmi per le intelligenti esternazioni» declamò il Primo Ministro «ammetto, con grande rammarico, di non essere sorpreso, forse perché sono stato abituato al peggio. Sono stato votato, credo che questo voi lo sappiate, perché riesco a distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è, considerando la mia esperienza nell’Ordine della Fenice mentre lavoravo anche nel corrottissimo governo di Caramell. Quindi lasciate che vi dica un’ultima cosa: io non sono qui per ascoltare ogni osceno e turpe insulto a Draco, Hermione o me. Non perché non ce lo meritiamo o perché non possiamo far finta di essere accondiscendenti con il vostro tipo di “giustizia”. No. Sono qui perché finalmente ho trovato un valido esempio per tutti. Sì, Draco Malfoy e Hermione Granger sono il simbolo di questa ripartenza. Non ho paura di dirlo e scrivetelo, scrivetelo ovunque. Sui giornali, sui muri. Ovunque. Perché dopo tutto il male, tutto il fango gettato su questo mondo che credevamo davvero migliore di quello babbano, ma che si è rivelato soltanto peggiore, dopo il sangue che è stato versato… beh, voglio solo credere in qualcosa che può essere profondo, significativo. Voglio che Hermione Granger possa essere ancora una volta portatrice di una speranza che non appare però così scontata. E questo, per gente come voi. Ora, se gentilmente potete essere rispettosi nei confronti del signor Malfoy, tanto meglio.»

Di nuovo la sala cadde in un surreale silenzio a volte perforato dal movimento incessante delle numerose penne che si agitavano sui taccuini dei giornalisti che, intanto, rimanevano immobili con espressione apatica. Tranne una. Rita Skeeter, ovviamente.

Draco deglutì rumorosamente e forzatamente, poi parlò: «Non io» iniziò dicendo. Tutti a quel momento sembrarono perder fiato. Kingsley si voltò immediatamente in direzione di Draco. Lo guardo incredulo o forse di chi non stava capendo cosa potesse succedere. Hermione sembrò invece l’unica serena. Anzi, riprese colore, ed evidenziò alcune frasi sui tanti fogli sparsi sul tavolo. Era il momento di Draco.

«Io a differenza del Primo Ministro non ho alcuna speranza. Ho smesso di averla molto tempo fa quando ho capito di essere precipitato in un pozzo senza fondo e soprattutto quando nessuno ha osato tendere la mano in mio soccorso. Non sto recriminando alcuno per gli errori che ho fatto e che io ho scelto di fare. Sono qui perché ho deciso che non avrei potuto cambiare nulla del mio passato e che l’unico modo di andare avanti è quello di conviverci. Il mio avvocato, Hermione Granger ha dato la sua disponibilità solo nel momento in cui il Ministero gli ha affidato l’incarico quindi non penso sia giusto giudicarla.»

A quel punto la ragazza non poté evitare di voltarsi colpita e meravigliata. Quella doveva essere la bozza di una, forse, sincera difesa nei confronti. Non sapeva se quel suo comportamento fosse dettato da un secondo fine,
voleva credergli ma, al tempo stesso, non poteva contare ancora sulla sua fiducia.
Forse un giorno anche quella sarebbe arrivata. Hermione tornò a fissare davanti a sé e Ron era scomparso.
Questo provocò in lei un nuovo moto di profondo disagio interiore. Sentì qualche malsano sentimento non etichettabile sbattere nella gabbia toracica. Dov’era andato? Partito ancora? E perché? Non lo aveva minimamente informato della vicenda di Draco, ma sapeva che c’era un limite alla privacy lavorativa e non voleva disobbedire a quest’obbligo al primo incarico. Ron non avrebbe mai accettato una giustificazione del genere e questo lo sapeva.

«Se qualcuno deve essere giudicato quello devo essere io soltanto. Non ricordo un solo giorno in cui non abbia commesso un errore, ho sbagliato così tanto nella mia vita e sono arrivato finalmente alla conclusione che se devo pagare, lo farò. Pagherò per i miei crimini e per le empietà della mia famiglia. Non avrò paura di affrontare un processo che so sarà lungo, logorante, asfissiante. Ma non per questo non mi difenderò dalle calunnie, dalle brutali offese che verranno mosse nei miei confronti e che non sono provate. Non permetterò che venga diffamato ancora di più ciò che resta della mia famiglia. È vero. Mio padre è stato, o forse è ancora un Mangiamorte e ho capito cosa potesse essere in grado di fare per servire il Signore Oscuro quando ormai era troppo tardi. Quando anch’io ero stato soggiogato da lui. Quando ero costretto a vederlo ogni giorno nei corridoi di casa mia. Ma mio padre era un vile, un codardo, un debole, pronto a sacrificare ogni cosa sulla via che lo avrebbe portato al potere. Compreso sua moglie. Compreso suo figlio. Perciò oggi davanti a tutti voi…»

Draco fino a quel momento aveva parlato con sovrumana intensità emotiva. Aveva saggiato ogni frase, ogni punto, ogni pausa. Aveva avuto un ottimo controllo della voce alternando sapientemente il tono sicuro a quello colmo di commiserazione. Doveva soltanto concludere e avrebbe fatto un primo passo verso la fine di quell’angosciante conferenza. Voleva dimenticare tutti quei volti senza nome. Quei bloc-notes. Ogni cosa.

 «Io vi chiedo scusa.»

Kingsley per l’ennesima volta si voltò, questa volta in direzione di Hermione: entrambi fecero un brevissimo cenno col capo come per dire “stiamo ancora a galla”. Ora però, arrivava il difficile. I giornalisti già pregustavano la luce della ribalta, pronti a scavare la tomba agli intervistati, a fare terra bruciata, a raccogliere soltanto cenere e polvere. Quelle penne erano coltelli affilati. Draco, Kingsley e Hermione bestie al mattatoio. Il Primo Ministro fece cenno con la mano di procedere con le domande.

«Salve, Jessica Hardy della Gazzetta di Dublino. Vorrei chiedere al signor Malfoy come e dove ha trascorso il periodo successivo alla sanguinosa battaglia di Hogwarts?»
«Non posso fornire troppe informazioni perché il Ministero sta compiendo delle indagini. Tuttavia, dopo quella notte, mio padre decise che l’unica cosa da poter fare era scappare. Ci siamo esiliati volontariamente. Purtroppo non posso dirvi dove, ma è sufficiente che sappiate che avevamo lasciato il paese.»

«Alec Miller del Profeta di Edimburgo. Signor Malfoy, non abbiamo ben capito il ruolo di sua madre e suo padre. Cosa c'è di così delicato che Ministero non vuole comunicare?»
«Mi dispiace rispondere al posto di Draco, ma non voglio assolutamente compromettere il già complicato lavoro degli Auror. Posso darvi pochissime notizie. Lucius Malfoy come sapete deve rispondere di più crimini a partire dall’evasione dalla prigione di massima sicurezza di Azkaban. Scappare da un luogo del genere è sicuramente qualcosa di estremamente difficile, quasi impossibile, pertanto parliamo di un uomo che sa come muoversi e beffarsi dei nostri validi sistemi. Ma non questa volta. Lucius Malfoy non sarà latitante per sempre. Questa è una mia promessa. Per quanto concerne Narcissa Malfoy posso dirvi che è segretamente sorvegliata in un edificio del Ministero e come persona informata dei fatti ci sarà d’aiuto nelle indagini. Draco e sua madre collaboreranno strenuamente per aiutarci ed è per questo motivo che si sono recati spontaneamente da me, pronti anche a costituirsi.»

«Ehm, ehm. Rita Skeeter della Gazzetta del Profeta.» Tutti tacquero. «Avrei una domanda da porre a tutti e tre, spero me lo permettiate. Partirei dalla signorina Granger. La mia domanda è la seguente: «Quando ha deciso di accettare di assistere Draco Malfoy ha tenuto in considerazione che la sua famiglia e quella Black sono coinvolte con la morte di Albus Silente e in quella di Cedric Diggory? Andando nel passato, le torture della famiglia Paciock, della collega del Ministro Amelia Bones, di Ted Tonks, di sua figlia e del suo genero? Ha pensato che proprio Remus John Lupin è stato l’ultimo pezzo della famiglia che ha abbandonato il suo migliore amico? Ha pensato che la zia di Draco Malfoy, sorella di sua madre, ha ucciso il padrino del suo migliore amico? Come la fa sentire? Immagino che non abbia confidato nulla al signor Potter?»

Hermione rimase impressionata, assolutamente scioccata da tutta quella serie di domande così dirette e crude nei suoi confronti. Come avrebbe dovuto rispondere? Avrebbe dovuto farlo? Cercò il volto del Ministro e questi le consigliò di tagliare corto facendo di “no” con la testa. E probabilmente l’avrebbe anche fatto se Draco Malfoy con un filo di voce non le avesse parlato: «Fallo. Non piegarti.»
Hermione lo guardò sospesa in un limbo, rimase con le labbra socchiuse senza proferire parola, solo un sottile getto d’aria fuoriusciva da esse. Gli occhi perlustravano quelli di Draco per carpirne i significati più celati. Ne era intimorita, non comprendeva cosa nascondesse.  Poteva essere una trappola, un modo meschino del ragazzo per vendicarsi. Ma qual vantaggio avrebbe avuto? Seppellire la sua unica salvezza?
Cercò di allontanare quell’alone di complotto alle sue spalle e decise di agire seguendo il consiglio di Malfoy.

«Ci sono cose che lei non sa o non vuole comprendere, signora Skeeter. Una di queste è l’osservanza a separare la vita privata da quella lavorativa. Posso affermare che fino a questo momento non ho mai mancato di rispetto a questa regola che reputo più morale che finalizzata a ragioni lavorative. Quindi no. Non ho mai parlato di questo incarico specifico né a Harry Potter né a nessun altro. Per quanto riguarda invece i numerosi “coinvolgimenti”, così come lei li ha definiti, della famiglia Malfoy e della famiglia Black… ecco, vede, io sono qui per questo. Per accertarmi che se il signor Malfoy ha partecipato in fatti che lo incriminano come un Mangiamorte o un favoreggiatore del Signore Oscuro, paghi davanti al cospetto del Wizengamot. Ma se Draco è innocente e non si è sporcato le mani per eventi, come quelli che lei ha elencato precedentemente… beh, è mio obbligo difenderlo. E non solo davanti al tribunale, ma difronte a chiunque lo additi come un assassino.
Per concludere vorrei ricordarle qualcos’altro. Lei crede che le morti di Albus Silente, Cedric Diggory o Remus Lupin… Tonks, non contino nulla per me? Bene, perché qui sbaglia ancora, signora Skeeter.»

La giornalista visibilmente stizzita da quella serie di risposte dirette e lucide alzò timidamente la mano per interrompere Hermione, ma quest’ultima non le diede la possibilità di replicare: «No, non le permetterò di parlare ed infangare. Devo concludere qui, dopotutto è lei che mi ha fatto un elenco di domande stupide, impertinenti, private ed empie. Quindi glielo dirò per l’ultima volta: le morti di queste persone sono il motivo principale che mi hanno spinto ad accettare, perché chiunque di loro lo avrebbe fatto. Avrebbero accettato perché credevano nel bene, nella giustizia, nel riscatto, nella speranza, nel cambiamento delle persone. Loro credevano nelle persone. E io credo in Draco Malfoy.»

Hermione stava iniziando a comprendere che il senso delle sue risposte stava abbandonando lentamente il puro significato “convenzionale” e ogni sua parola, ogni suo gesto indistinto diventava profondo, un segreto simbolismo che collegava lei a Draco. Sembrava una corrispondenza silenziosa che scrivevano senza guardarsi negli occhi, parlavano di loro stessi senza avere in pugno una penna. E quell’uditorio non era cosciente di tutto ciò. Per loro erano parole calde, ma di tutt’altro significato.

«Penso… signorina Granger, che abbia preso la mia domanda un po’ troppo sul personale e, di certo, non era mia intenzione. La prossima domanda è invece per il Ministro. Possiamo avere informazioni più dettagliate su Narcissa Malfoy? Perché non è qui quest’oggi?»

Kingsley strinse con più forza del dovuto le proprie mani e con un moto represso di rabbia parlò: «Perché non è una questione così facile da affrontare e proprio per questo motivo la signorina Granger non può assistere due persone, tra l’altro così strettamente imparentate. Narcissa Malfoy non ha ancora avuto il suo avvocato, ma non passerà molto tempo per questo. Sicuramente la sua situazione è più grave e delicata sotto alcuni aspetti rispetto a quella di Draco Malfoy, ma non posso negare che lei stia collaborando. Non c’è nessun trattamento di favore in quanto anche la signora Malfoy testimonierà davanti al Wizengamot come tutti gli imputati. Non posso rivelare dove si trova e con chi. Posso soltanto dirvi che è stata lei a “costituirsi” e non ha avuto paura delle conseguenze. Credo debba essere sottolineato quest’ultimo aspetto.»

La Skeeter cercò allora di alzare ancora di più il tono: «Dalle sue parole si evince una sorta di ottimismo, quasi una profonda stima nei confronti della signora Malfoy. Per caso ha anteposto questo suo “sentimento” ai doveri nei confronti del Ministero? I suoi colleghi erano a conoscenza di questa vicenda?»

Kingsley non poteva rispondere a una domanda del genere. Divagare sarebbe stato troppo esplicito e si sarebbe capito che la sua risposta era un vano tentativo di celare la verità. Avrebbe dovuto portare a suo favore quella domanda: «Provare stima? Dovrei provare stima per qualcuno che è coinvolto in sconvolgenti crimini? Lei, signora Skeeter, vuole farmi passare per un uomo privo di scrupoli? Questa è una domanda che io faccio a lei! Risponda!»
Kingsley sputò letteralmente le ultime parole, il suo tono di voce si era alzato notevolmente. Stava urlando e il modo in cui lo faceva spaventò molte persone.

Rita Skeeter non degnò di risposta il Primo Ministro evitando il suo gioco psicologico; girò la pagina del suo taccuino e prese di nuovo a scrive qualche parola per poi riprendere ancora una volta la parola: «Signor Malfoy, ha scelto lei la signorina Granger come suo avvocato?»
«Non ha risposto alla mia domanda!» esclamò Kingsley rincarando la dose, prima che Draco potesse rispondere.
«No, e non l’ha fatto neanche lei. Il mio lavoro è quello di fare delle domande, capire e, nelle mie possibilità, far capire a chi ci legge. Colui che in questa sala non sta adempiendo al suo incarico si trova esattamente davanti a me. Adesso, se gentilmente gli si può dare la possibilità, il signor Malfoy dovrebbe rispondere» concluse la Skeeter dipingendosi in quell’istante sul volto un’espressione divertita.
«No…» iniziò Draco, subito interrotto da una nuova perentoria domanda della giornalista: «E non ne ha richiesto uno che fosse a lei gradito?»
«No, non ne ho avuto la possibilità» rispose accondiscendente Draco.
«Quindi potremmo presumere che lei preferisca un altro avvocato che possa sostituire la signorina Granger?»

Kingsley cercò con la forza della disperazione il volto di Hermione per scongiurare qualunque dichiarazione di Draco che li avrebbe compromessi, però lei era concentrata a fissare il pubblico di fronte, totalmente assorta nelle parole di Draco. Non sembrava preoccupata. O forse, fingeva di non esserlo.
«Non capisco se le vostre sono domande, signora Skeeter, oppure sei io sia già al banco degli imputati. Ma non le darò la soddisfazione di pensare il contrario di quello che realmente è: se il Primo Ministro ha scelto la signorina Granger vuol dire che è capace di svolgere il suo lavoro e non mi sento un privilegiato. Mi sono state vietate molte cose, ma di certo non sono nella posizione di pretendere qualcosa. Da quando… Hermione ha iniziato ad assistermi tutto posso dire, ma non che non sia capace. Non cambierò avvocato, non perché non posso, ma perché non voglio. Io credo in Hermione Granger.»

Di nuovo il silenzio invase l’atrio. Draco bevve profusamente un bicchiere d’acqua, Hermione aveva il capo abbassato e si stava massaggiando le tempie. Poi il Primo Ministro parlò: «Credo sia abbastanza per oggi. Vi ringrazio per la vostra presenza e i vostri interventi. Se vorrete, nei prossimi giorni io e la signorina Granger potremo rispondere ad ulteriori vostre domande. Per ovvi motivi il signor Malfoy sarà esentato e vi invito a rispettare la sua privacy e quella di Narcissa Malfoy. La mia esortazione vuole essere finalizzata al rispetto, affinché lasciate che il Ministero faccia il suo lavoro nel miglior modo possibile. Grazie a tutti.»
Kingsley si alzò velocemente e sparì alle spalle di Draco ed Hermione che rimasero lì, sotto i flash che man mano diminuivano. La folla si stava disperdendo e si notavano sporadiche fiammate verdi dei camini. Draco ed Hermione a quel punto si alzarono.

Hermione stava raccogliendo i fogli sul tavolo, Draco accanto a lei la osservava attento.
«C’è qualcosa che non va, Malfoy?» chiese la ragazza appena notò il suo sguardo presente.
«Com’è andata secondo te?» chiese Draco, con l’intento di essere rasserenato.
Hermione sorrise. Vedere Draco fare un passo verso di lei non era cosa di tutti i giorni. Il ragazzo avrebbe potuto semplicemente desumere, ma capiva che in un momento come quello, lei era l’unica in grado di capire come si fosse evoluta la situazione. In fondo conosceva più di lui chi era presente e anche se non poteva vedere cosa stavano scrivendo i giornalisti sui propri taccuini, era riuscita a carpire i loro sguardi, i loro pensieri. Era molto più della legilmanzia. «Ce la siamo cavata piuttosto bene, tu più di tutti» gli rispose, elargendo alla fine un accenno di sorriso che si spense subito.

«Granger?» la chiamò Draco rivolgendosi ancora alla ragazza.
«Sto bene. Sono stata io a non essere stata all’altezza. Purtroppo la Skeeter ha fatto il suo bel lavoro andando sul personale. Stupidamente non mi aspettavo arrivasse a tanto, o almeno, non pensavo che potesse tirare in ballo Harry… e Ron.»
«Le hai tenuto testa» disse Draco, cercando di rassicurarla.
«C’era Ron. Era presente» controbatté all’improvviso Hermione.
«Sul serio?» interrogò retoricamente lui.
«Mi sarei aspettata chiunque, ma non Ron. Non oggi, capisci?»
«Granger te la stai prendendo troppo» fu freddo Draco.
«Cosa puoi capirne tu?»
Draco non rispose, valutando di aver preteso troppo fino a quel momento, che Hermione si era esposta troppo ed era ritornata velocemente nel guscio.
«Non volevo» provò a scusarsi lei.
«Dovresti andare da lui.»

Così dicendo Draco scese la breve rampa di scale e, insieme a due Auror, si diresse in direzione dei focolari.

«Malfoy!» esclamò lei.
Lui si girò.
«Erano vere? Quelle parole erano vere?» chiese lei che, non ricevendo nessuna risposta, continuò dicendo: «Tu credi in Hermione Granger?»
Draco non rispose.

Si voltò e scomparve tra brillanti fiamme verdi smeraldo.



NOTE DELL'AUTORE
PRIMA DI TUTTO, UN PROFONDO ABBRACCIO ALLA MIA CARISSIMA CECILIA -> FiammaBlu CHE STA AVENDO UNA PAZIENZA INAUDITA NEL CORREGGERE LE BOZZE DEI CAPITOLI. SCUSAMI PER GLI ORRORI COMMESSI. UN GIORNO SARO' UNA PERSONA MIGLIORE AHAHAH.
Allora.
Dopo innumerevoli giorni, settimane, mesi, eccomi. Mi dispiace (come sempre) avervi fatto aspettare, ma con gioia ho notato che che coloro che seguono la storia e chi l'ha messa tra le preferite, non hanno disertato.
C'è poco da dire.
Draco ed Hermione non possono più nascondere la situazione. Molto grave per lui, delicata per lei da un punto di vista più personale. 
Narcissa invece non sembra essersela passata piuttosto bene, anche se l'aver avuto il tempo di parlare sua sorella forse può averla aiutata. Chissà cosa succederà ad entrambe...
E Kingsley? Ha avuto attimi a suo favore e alcuni totalmente contro di lui. La Skeeter lo ha più di una volta messo spalle a muro. Non è che la sua posizione può essere minata?
E Ron? Chissà, forse potremmo vederlo già al prossimo capitolo...
Piccoli particolare che volevo annotare: due giornalisti, Alec Miller e Jessica Hardy. I cognomi non sono frutti della mia fantasia, bensì sono un omaggio ad una serie televisiva inglese meravigliosa: Broadchurch. Ho unito i nomi e cognomi dei due protagonisti: Alec Hardy e Ellie Miller. Jessica is nothing. La citazione di Joseph Conrad è tratta dal suo capolavoro Heart od Darkness.

A presto, 
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