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Autore: riccardoIII    17/05/2016    15 recensioni
Questa è la storia di Sirius Black, dei Malandrini, di una generazione cresciuta nella guerra e che ha fatto la guerra. Questa è la storia di un bambino che diventa uomo, passo dopo passo, scelta dopo scelta, fino ad arrivare a un momento della sua vita in cui tutto cambierà, per l'ennesima volta, quella più importante. Fino a giungere alla Chiave di Volta.
"-Sirius Black, è un piacere conoscerti-
-Io sono James, e non credo che i cognomi siano importanti, tantomeno tra amici; e dimentica pure tutte quelle manfrine. Non sono mica tuo nonno, io-
Sirius sghignazzò apertamente sedendosi di fronte a lui.
-E così, io e te saremmo amici?-
-Io e te, mio caro Sirius, saremo amici. Me lo sento che sei un tipo forte-"
Rating e avvertimenti sono relativi a scene di maltrattamento di minore e di guerra.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Black, I Malandrini, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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Note:
Non ho potuto ignorare l'invocazione del Protocollo Capitolo Anticipato © (sarahthepooh ha giustamente aggiunto il copyright di eliseCS), e molti di voi mi hanno lasciato intendere che sarebbe stata cosa gradita non lasciarvi a bocca asciutta fino a domenica, per cui ho deciso che sarebbe stato giusto farvi felici visto quanto voi fate felice me.
Oddio, felici... Ne ripareleremo a fine capitolo.


 

Prima, aveva creduto di capire cosa fosse il tormento.

-Vostro padre era in missione da un paio di giorni-
I pugni di Sirius si serrarono. Riusciva a percepire soltanto paura.
-Milly?-
-Non ha saputo dirci molto più di quello che sospettavamo. Stamattina ha fatto colazione e poi ha raggiunto il Ministero, senza fare ritorno-
-Ha usato Metropolvere o Smaterializzazione?-
-Il camino, ma nessuno la vede in ufficio da più di ventiquattro ore. Sono stati i suoi stessi colleghi a dare l’allarme-
Un brivido di ghiaccio si fece strada nel petto di Sirius mentre posava gli occhi sul Preside e si apprestava a parlare per la prima volta da quando la McGrannitt aveva messo piede nel loro Dormitorio.
-Ma… Se ha usato il camino è arrivata dentro il Ministero. Com’è possibile che sia… Scomparsa… Nel bel mezzo dell’Atrium?-
Silente ricambiò il suo sguardo mostrando una comprensione che il ragazzo non voleva ricevere.
-Non ne abbiamo la più pallida idea. Può aver lasciato il Ministero appena entrata, per qualche motivo. Qualcuno potrebbe averla minacciata, oppure…-
-Quindi siete sicuri che si tratti di un rapimento, giusto?-
La voce di James era ferma ma il dolore e il terrore si potevano comunque distinguere.
-Credo che anche voi sarete d’accordo con me e Charlus nel dire che Dorea non si sarebbe mai allontanata volontariamente senza un buon motivo o un biglietto-
Dovette usare tutto il suo autocontrollo per evitare di afferrarsi la testa con le mani.
-C’è… Qualche possibilità… Che non sia opera Sua? Che arrivi una richiesta di riscatto, oppure…-
Il Preside sembrava sinceramente scosso.
-C’è sempre una possibilità, certo. Ma Alastor è convinto che in questo caso sia una possibilità molto remota, e io purtroppo la penso esattamente come lui-
Cadde il silenzio più totale; sembrava che la McGrannitt nemmeno respirasse e perfino Fanny taceva e restava immobile.
Nessuno osava dire che, in quel caso… Nel caso in cui la scomparsa di Dorea fosse imputabile agli uomini di Voldemort, allora non avevano speranza.
-Ovviamente sono partite le ricerche immediatamente. Il Signor Moody ha mobilitato tutto il Dipartimento Auror e al momento tutti membri dell’Ordine stanno sorvegliando le abitazioni dei Mangiamorte per cercare di cogliere anche il minimo indizio-
James annuì distrattamente fissandosi le mani. Era distrutto.
-La… La nostra spia. Non potrebbe aiutarci?-
-Abbiamo coinvolto anche lui appena ci siamo resi conto dell’accaduto. Speriamo riesca a darci qualche informazione-
-Charlus… Dove si trova?-
-Alastor l’ha richiamato immediatamente al Ministero, ovviamente. Ha cercato di insistere per prendere parte alle ricerche ma nessuno ritiene che sia il caso. L'hanno costretto a prendersi una settimana di congedo ed è stato estromesso dalle missioni per conto dell’Ordine. Credo stia finendo di fornire informazioni, insieme a Milly. Mi ha chiesto di trattenervi qui fino a che non arriverà-
Stavolta toccò a Sirius annuire anche se aveva ascoltato ben poco del discorso del Preside.

Gli sembrava di essere immerso in un sogno, uno di quei sogni surreali in cui tutti si muovono a velocità dimezzata e l’aria è più densa e le voci sembrano distorte. O forse era semplicemente lui ad avere il cervello rallentato.
Era assurdo, tutto assurdo.
Tutto così dannatamente impossibile.
Dorea non poteva essere sparita. Non era concepibile un mondo in cui Dorea non li aspettasse a casa per cena con il tacchino esploso. Lei doveva stare lì. Lì, con loro. Lì dove nessuno potesse torturarla, affamarla e assetarla, picchiarla, Maledirla. Tenerla lontana da loro per giorni, settimane. Tempo che avrebbero trascorso all’oscuro di tutto mentre le flebili speranze scemavano completamente senza che si osasse azzardare ipotesi, senza sapere cosa le fosse accaduto, dove si trovasse, quanto soffrisse. Senza sapere se fosse viva o morta.
Era impossibile. Uno sbaglio.

Ma poi Charlus emerse dalle fiamme smeraldine del camino e Sirius lo guardò, e allora comprese che non c’era stato alcun errore.
Sembrava invecchiato di dieci anni dall’ultima volta che l’avevano visto. Il suo viso era scarno come se non mangiasse da giorni e ogni ruga era profonda come se fosse stata incisa con un coltello affilato. Quando fissò i suoi occhi, verdi e infossati e cerchiati e vuoti, Sirius si rese conto di quanto la trasformazione indotta dal dolore fosse molto più potente dell’effetto del tempo.
-Ragazzi…- mormorò passando lo sguardo dall’uno all’altro; Sirius non riusciva a staccare gli occhi dal suo viso trasfigurato dall’orrore e dallo strazio. James si alzò e si avvicinò a suo padre, ma non parlò. Non c’era nulla da dire. Lo scortò semplicemente alla sedia che aveva occupato lui stesso fino a un attimo prima.
-Possiamo tornare a casa con nostro padre?- domandò a Silente, che aveva osservato tutta la scena senza parlare.
-No. Dovete restare qui-
Sirius voltò il capo verso Charlus, la cui voce stavolta era suonata dura e sicura.
-Perché? Così potrai cacciarti in qualche guaio, andare in giro a cerc…-
-Non ho intenzione di passare a casa molto tempo. Non potrò essere utile alle indagini, ma non me ne starò in poltrona ad aspettare. Alastor non riuscirà a costringermi a lasciare il mio ufficio. Voglio essere informato minuto per minuto. E voi siete più al sicuro qui, dove siete controllati-
I suoi occhi ritrovarono un po’ di determinazione quando si fissarono su James e poi su Sirius.
-Giuratemi che non farete sciocchezze. Ho bisogno di sapere che almeno voi sarete al sicuro. Vi prego-
Non poterono fare altro che annuire.

Charlus insistette per riaccompagnarli alla Torre e Sirius intuì che fosse per passare qualche minuto da solo con loro. Fecero gran parte del tragitto in silenzio ma poi, quando la Signora Grassa era già in vista, l’uomo si bloccò. Alla luce delle torce il suo viso segnato sembrava ancora più terrificante.
-Io… Vorrei potervi dire che vi riporterò vostra madre. Lo vorrei sul serio-
La mano di James si strinse attorno al polso del padre, attirando il suo sguardo su di sé.
-Sappiamo tutti che faresti qualsiasi cosa per lei, papà. Ciò che è accaduto non è colpa tua-
Lui strinse i pugni.
-Io non c’ero-
-Nemmeno noi c’eravamo. Eravamo qui, a scuola, al sicuro mentre tu eri in missione. Stavi lavorando. Non puoi essere ovunque, Charlus-
-L’unico posto in cui avrei dovuto essere è accanto a mia moglie-
-Già. Invece stavi lavorando, come ogni giorno da quarant’anni. Sii lucido, papà, se avessi soltanto proposto alla mamma di mollare il suo lavoro per stare con te ogni secondo della vostra vita ti avrebbe affatturato-
Il tentativo di James di fare dell’ironia non riuscì benissimo, ma le labbra di Charlus si tesero lievemente verso l’alto.
-L’avrebbe fatto, vero? Si, decisamente si-
Per un attimo cadde il silenzio, poi l’uomo deglutì e fece per parlare. Inizialmente nemmeno una vocale lasciò le sue labbra ma lui ci riprovò.
-Io… Lo so che non siete stupidi. Lo so che sapete benissimo cosa potrebbe… Capitare. Ma voglio che siate pronti, preparati. In casi simili le possibilità di trovare la vittima viva sono quasi nulle. Non è mai capitato che gli Auror siano riusciti a riportare a casa un ostaggio di Voldemort, e personalmente non ho molti dubbi su chi sia il mandante-
 Deglutì ancora e Sirius vide i suoi occhi appannati ma determinati ad andare avanti. James non aveva lasciato la presa sul suo braccio e Sirius si sentì accartocciare il cuore.
-Vostra madre è scaltra e astuta. L’unica cosa che mi consola è sapere questo: se esiste un modo per sottrarsi loro, qualsiasi esso sia, lo troverà-
Inizialmente Sirius non capì il significato delle parole di Charlus; aveva appena detto che nessuno era mai riuscito a scappare e avevano avuto diverse prove di come i Mangiamorte trattassero i loro prigionieri.
“… Il mio consiglio è quello di uccidervi prima che comincino a divertirsi con voi, vi risparmierete un bel po’ di dolore e almeno morirete con onore…”
Le parole pronunciate da Moody prima di lanciarsi nella battaglia di Upper Flagley rimbombarono improvvisamente nella mente di Sirius. Era questo che intendeva Charlus? Dovevano ridursi a sperare che Dorea morisse il prima possibile, che si uccidesse addirittura per evitarsi il dolore e il degrado di cui l’avrebbero sicuramente ricoperta?
Non gli restava nulla di più confortante dell’augurarsi la sua morte?
-Cercheranno di tenerla in vita. Vorranno interrogarla su di te, su noi tutti. L’hanno presa per questo, no? Per ottenere informazioni- la voce di James sembrava lontana anni luce; pareva volersi convincere di qualcosa che persino lui sapeva essere impossibile.
-Informazioni che lei non gli darà. Farebbe qualsiasi cosa per proteggerci, tenterà di resistere a qualunque tortura. Se davvero riuscirà a non parlare…-
-Perderà ogni valore, per loro-
Charlus chinò il capo quando Sirius concluse la sua frase, sconfitto.
Quando rientrarono nella loro stanza, dopo che Charlus ebbe stretto entrambi a sé chiedendogli ancora una volta di fare attenzione, trovarono Remus, Peter e Lily seduti sui letti con gli occhi sbarrati, in attesa.
La McGrannitt non aveva rivelato il motivo per cui la loro presenza fosse richiesta in presidenza quando li aveva invitati a seguirla; probabilmente, però, i tre dovevano aver intuito piuttosto bene cosa potesse essere accaduto.
James passò gli occhi su Lily prima di cominciare a fissarsi, ancora una volta, le mani; sembrava completamente inerme. Sirius scorse la muta domanda negli occhi di Remus e la paura in quelli di Peter.
-Dorea è scomparsa-

Il giorno dopo, nonostante quello che Sirius si era aspettato, sulla Gazzetta non comparve alcun articolo sul rapimento, né si fece un accenno alla sparizione di un funzionario del Ministero nei giorni a seguire. Loro continuarono a trascinarsi tra i corridoi e alle lezioni, attendendo in preda all’ansia notizie da parte di Charlus che inviava loro un resoconto quotidiano sulle indagini. Non che ci fosse stato molto da riferire in effetti, ma era in un certo senso consolante vedere Edwin arrivare da loro tutte le mattine.
Lily, Remus e Peter facevano loro da barriera contro il resto del mondo da quando mettevano piede fuori dal loro Dormitorio al mattino a quando vi rientravano la sera; ben presto si unì loro anche Mary che, pur non sapendo nulla di specifico, aveva intuito fosse accaduto qualcosa dall’atteggiamento distante dei due ragazzi. Non era mai capitato prima che James annullasse gli allenamenti di Quidditch o che Sirius non facesse una battuta a colazione e lei l’aveva notato, così come buona parte del resto degli abitanti del Castello. La costante vicinanza degli amici consentiva loro di non doversi nemmeno sforzare di dissimulare il proprio stato d’animo: chiunque si rivolgesse ai due ragazzi, che fosse per complimentarsi per un lancio particolarmente effettato messo a segno durante La Partita, per borbottare qualcosa di contrariato circa le loro amicizie plebee o per domandargli sarcasticamente cosa li avesse fatti calmare una buona volta, si ritrovava a ottenere risposte più o meno sagaci dagli altri quattro. Soprattutto perché, Sirius ne era certo, i loro amici temevano che lui e James avrebbero ucciso qualcuno se soltanto gli avessero permesso di avere a che fare con chi offendeva Lily o Peter.
In tutta onestà non poteva dire di non essere d’accordo con loro.

Lui e James non dormivano più. La notte si sedevano sui loro letti e rimanevano immobili a cercare di capacitarsi della situazione senza riuscirci, per poi crollare per un’ora o due all’alba. L’angoscia, l’attesa li stava logorando pian piano e i loro visi ne portavano i segni tangibili, con quelle occhiaie profonde e gli occhi infossati, le labbra secche e le barbe rasate male. Sirius vedeva James disfarsi sotto i suoi occhi e non riusciva a fare nulla per evitare che continuasse a cadere a pezzi. Anche lui stava crollando.
Si erano sempre sorretti l’un l’altro; ora che entrambi erano spiaccicati contro il pavimento chi si sarebbe preso cura di loro?

Il quindici mattina Prongs gli fece gli auguri e Sirius avrebbe voluto morire.
Desiderio che si acuì quando raggiunsero insieme alla loro scorta la Sala Grande per fingere di far colazione e notarono un gran numero di sguardi su di loro. Arrivati al tavolo di Grifondoro tutto venne spiegato.
-James, mi dispiace così tanto per tua madre… Non ne sapev…-
Ancor prima che Lizbeth finisse la frase Lily le lanciò un’occhiataccia e afferrò la copia del quotidiano che reggeva; in prima pagina c’era un articolo: “Quello che il Ministero non dice: l’uomo che sterminò la sua famiglia e il rapimento di Dorea Potter”. Sirius prima di rendersene conto prese il giornale dalle mani di Lily, lo accartocciò e lo gettò a terra per poi lasciare la Sala, suscitando un innalzamento immediato di tono del mormorio di fondo. Prima che se ne rendesse conto sentì qualcuno camminare al suo fianco; quando si voltò vide James  fissarlo negli occhi. Sembrava più presente del solito.
-Corri con me, Sir-
E quella fu la mano tesa di James a cui Sirius si aggrappò con tutta la forza della disperazione; perché James non l’aveva mai coinvolto in quella parte della sua vita, nelle corse improvvise per liberarsi di rabbia e pensieri e angosce. Sirius era sempre rimasto fermo ad aspettare il suo ritorno, sperando ogni volta che James finalmente parlasse e vedendo ogni volta crollare le sue aspettative.
Ma stavolta James lo portava con sé.
Cinque minuti dopo un cane e un cervo saltavano le radici sporgenti degli alberi della Foresta Proibita, rincorrendosi senza curarsi delle lacrime che, leggere, si staccavano dalle loro pellicce per abbandonarsi al vento.

-Allora, Potter, ancora preoccupato per la mamma? Ormai è scomparsa da quanto, dieci giorni?-
Un ringhio sordo si liberò dai denti digrignati di Sirius, ma James lo trattenne per un braccio.
-Gira al largo, Mocciosus- soffiò con la sua voce più pericolosa. Peccato che Piton non lo conoscesse così bene da sapere che quel tono preannunciava tifoni, non tempeste.
-Mi chiedo se sia stata davvero rapita, poi. Potrebbe aver semplicemente cambiato fazione, aver compreso l’errore che ha commesso rifiutando le sue origini e sposando un Tradit…-
Un lampo bianco e Piton si ritrovò a cozzare contro la parete dei sotterranei di fronte all’ingresso dell’aula di Pozioni mentre gli altri studenti del settimo anno trattenevano il fiato e Avery e Mulciber sfoderavano le bacchette.
-Siete proprio tardi- soffiò James, gli occhi talmente freddi da tagliare come lame di ghiaccio e incurante della mano di Lily che gli stringeva il braccio, -Se ancora vi ostinate a mettere su queste scenette. Cos’è, almeno una volta al mese dovete rendervi ridicoli? Non vi è bastato quello che è accaduto in Sala Grande ad ottobre, Piton? Ne vuoi ancora, per caso?-
Mocciosus si rialzò barcollando, la bacchetta già pronta e l’aria allucinata; Lily, affiancata da Sarah e Rosamund Madley di Tassorosso, non staccava gli occhi da Mulciber e Avery mentre Remus era troppo impegnato a trattenere Sirius insieme a Silas Witby, il Prefetto di Corvonero.
-Sir, calm…-
-Se si gioca col fuoco ci si brucia, Potter! Sappiamo benissimo quale sia la sorte che aspetta chi…-
Per la seconda volta Piton venne schiantato contro il muro, ma stavolta sbattè la testa piuttosto forte e perse i sensi. L’incantesimo che l’aveva colpito in pieno petto, però, non era stato scagliato da James: proveniva da Chase, il figlio di Cassidy Stebbins. La donna era stata Cancelliere del Wizengamot ed era scomparsa nell’agosto del ’76; il suo corpo era stato rinvenuto nell’Atrium del Ministero nel novembre dell’anno precedente, orribilmente martoriato, insieme a quello di altre persone scomparse mesi prima.
Chase, Battitore e piuttosto simpatico per gli standard di un Corvonero, era in genere un ragazzo molto tranquillo; Sirius rimase così sbalordito al vedere la sua espressione che smise di lottare con Remus e Witby per ottenere la libertà con l’obiettivo di strozzare Mocciosus a mani nude.
Il Corvonero era furioso, la rabbia aveva distorto i suoi lineamenti fino a renderlo pressoché irriconoscibile; Avery a Mulciber furono così sconvolti da quella reazione esagerata che rimasero bloccati con le bacchette in mano e l’espressione attonita.
-Chase, grazie. È tutto ok ora- gli disse James, pacato, per farlo tornare con i piedi per terra. Lui, infatti, parve riaversi e un po’ della sua furia scomparve.
-Mi dispiace davvero tanto, James, per quello che state passando-
Prongs gli mise una mano sulla spalla e gli rivolse un piccolo sorriso.
-Lo so. Lo so bene-

-Sono davvero addolorato, ragazzi. Non abbiamo scoperto nulla-
Sirius deglutì e si costrinse a continuare a guardare il Preside. Lily, in piedi dietro lui e James, posò una mano sulla spalla di ciascuno di loro e strinse forte; la destra di James raggiunse quella più piccola della ragazza e restò lì, ferma.
Remus, ancora provato dal Plenilunio della notte precedente, fece per parlare ma poi si trattenne. Silente voltò il capo verso di lui e gli fece un cenno di incoraggiamento.
-Avete provato… A usare gli Incantesimi che Sirius e Moody hanno trovato imposti su Casa Black? Se… Se tengono dei prigionieri a cui… Estorcere informazioni… Ne avranno bisogno-
-I membri dell’Ordine hanno analizzato le abitazioni di tutti i nostri sorvegliati. Non abbiamo ottenuto alcun risultato. Quella particolare combinazione non è riportata nemmeno sul Maniero nel Northumberland, la più antica casa dei Black. In parte, invece, e con qualche leggera modifica sono stati utilizzati su tutte le ville Purosangue del Paese, il che non ci aiuta particolarmente. Capirete bene che non possiamo chiedere al Ministero di fare irruzione in ciascuna di esse-
James annuì debolmente. Sembrava essersi arreso.
Erano passati circa venti giorni dalla sparizione di Dorea e ormai, anche se si guardavano bene dall’ammetterlo, nessuno di loro sperava più di ritrovare la donna. Almeno non viva.
Sirius, nel segreto dei suoi pensieri più oscuri, si augurava fosse morta. Possibilmente da un bel po’.
Non osava nemmeno immaginare quello che le avrebbero potuto fare in venti giorni di prigionia; le cose che aveva sentito sul ritrovamento della madre di Stebbins gli davano un’idea piuttosto precisa e fin troppo dettagliata di come i Mangiamorte trattassero i loro ospiti, senza contare che Dorea, in quanto Dorea Black in Potter, sarebbe stata colpita ancor più duramente.
Il suo peggiore incubo era che Bellatrix la toccasse.
Istintivamente si irrigidì.
-Nemmeno dal nostro infiltrato…?-
-Purtroppo no, Lily. Ricordate bene che gli era stato chiesto di indagare su alcuni membri del Ministero tra cui anche Dorea; questo gli ha permesso di fare domande senza sembrare inopportuno, considerato che uno dei suoi obiettivi era stato rapito senza che a lui venisse comunicato nulla, ma non ha ottenuto alcuna risposta. Non gli è stato detto perché i piani siano cambiati improvvisamente e senza che lui ne fosse messo a parte, né dove sia stata portata, né se sia ancora viva. Gli è stato solo dato l’ordine di continuare a indagare sugli altri-
-Probabilmente non si fidano ancora abbastanza di lui da raccontargli tutti i loro piani- concluse Peter in un pigolio.
-Lo crediamo anche noi- assentì il Preside in tono mesto, -Ma questo non significa che smetteremo di cercare. Nessuno si darà per vinto, ragazzi-
Sirius, che non era forte quanto James ma sicuramente era più egoista, non riuscì nemmeno a indirizzare un gesto di ringraziamento a Silente. Si alzò e, senza dire niente, lasciò lo studio sentendosi inutile e odiandosi come mai prima d’allora.

8/12/1977
Cari James e Sirius,
spero stiate mangiando e dormendo. Anche se conoscendovi credo che non facciate nemmeno quello, nonostante le insistenze dei vostri amici. Dovrò ringraziarli per essersi presi cura di voi, quando li vedrò.
Non ho molte notizie da darvi, come sempre da un po’ di giorni a questa parte. Continuano a tenermi fuori da tutto, Alastor non mi lascia nemmeno mettere il naso fuori dal mio cubicolo e continua a passarmi carte da esaminare e firmare.
Ieri un fascicolo ha tentato di mordermi il naso.
Milly vi saluta.
Vi voglio bene,
Papà”

Sirius passò di nuovo lo sguardo sulla lettera che Charlus aveva spedito loro due giorni prima, poi tornò a dedicarsi alla Mappa. Da quando Dorea era scomparsa tutti avevano intensificato i propri sforzi per incastrare i Serpeverde, ma lui aveva raggiunto livelli di ossessione mai sfiorati prima. Continuava a fissare i cartigli di Piton, Avery, Mulciber e Regulus per ore, anche se ciascuno di loro si trovava nella propria stanza a dormire. Remus aveva cercato di farlo ragionare, pregandolo quasi di chiudere la pergamena e mettersi a dormire, arrivando a giurargli che sarebbe rimasto lui sveglio anche tutta la notte se questo avrebbe significato far riposare l’amico. Sirius gli aveva ringhiato contro e James aveva detto stancamente a Remus di lasciarlo in pace, chiudendo la discussione.
Era stato tentato, un paio di settimane prima, di cercare Regulus di persona per scambiarci un paio di paroline. O magari per prenderlo a pugni. Quando James aveva capito cos’aveva intenzione di fare semplicemente guardandolo negli occhi il suo viso aveva brillato della vecchia determinazione.
-Lascia perdere, Sirius. Non servirà a niente, l’unico a farsi male saresti tu-
E lui, come al solito, aveva dato retta a suo fratello.

Il mondo attorno a loro continuava a ruotare senza che lui e James se ne accorgessero. Avevano ripreso gli allenamenti di Quidditch e la sera aprivano libri e prendevano in mano piume in Sala Comune sotto gli sguardi desolati e pietosi dei loro compagni, ma non facevano altro che cercare di salvare le apparenze: continuavano a muoversi ma in realtà erano fermi a una notte di venti giorni prima.
Non dovevano nemmeno impegnarsi, alle esercitazioni di Fenwick, per impedire al proprio Patronus di comparire; la McGrannitt durante le sue lezioni dedicava loro occhiate fugaci e speranzose di tanto in tanto, come se sperasse che lui e James riprendessero a chiacchierare e sparare battute tra una Trasfigurazione riuscita e l’altra. Vitious fingeva di ignorare che non provassero nemmeno a seguire le sue spiegazioni, persi com’erano nelle proprie teste, e Lumacorno continuava a dare “Oltre Ogni Previsione” ai temi che Remus scriveva per loro.
Sembrava che nessuno si fosse reso conto del calo del loro impegno scolastico ma Sirius era certo che quella dei loro professori fosse tutta una messinscena. Il fatto che Remus non li avesse ancora affatturati per aver smesso di studiare proprio l’anno dei M.A.G.O., più di ogni altra cosa, era una testimonianza tangibile della gravità della situazione. Lily, da parte sua, continuava a star loro accanto senza parlare poi tanto. Rispettava i loro silenzi e i loro spazi, non aveva provato a costringerli a studiare, o ad uscire, o a distrarsi. Se ne stava lì, semplicemente, come Remus e Peter, e questo pareva bastarle.
Non c’erano più stati scherzi, nessuno spettro invisibile aveva più rincorso Gazza nel pieno della notte urlando. Le narici della Vicepreside non tremavano da un po’ e Grifondoro non aveva ancora perso nemmeno un punto a causa dei Malandrini, cosa mai accaduta nei sei precedenti anni di scuola.
L’unica cosa che non era cambiata era stata la notte di Luna Piena. Nonostante tutto i tre Malandrini si erano riuniti attorno a Remus e con lui avevano corso e giocato come sempre, perché qualunque cosa fosse accaduta non avrebbero mai smesso di esserci l’uno per l’altro.

Sirius, nel buio del Dormitorio mezzo addormentato, si prese la testa tra le mani, esausto di tutto quel rimuginare.
Era passato un mese. Trenta giorni esatti e il nulla più assoluto.
Il silenzio. Il silenzio era diventato assordante. Nella sua testa, attorno a lui. C’era un basso mormorio di fondo ovunque andasse ma tutto era indistinto, lontano. I suoi sensi erano ovattati.
Era l’incertezza, l’assoluta impossibilità di sapere cosa stesse accadendo.
Era come rimanere chiusi a Casa Potter in un infinito sabato pomeriggio di agosto senza poter conoscere l’esito di uno scontro da cui erano stati tagliati fuori, quando Charlus e Dorea invece c’erano dentro fino al collo.
Era sapere che avrebbero potuto non avere mai le risposte.
E stavolta non c’erano muri da prendere a pugni o divani da distruggere. C’era solo l’ansia, quella paralizzante e strisciante. C’era la consapevolezza che avrebbero potuto arrivare alla fine delle loro vite senza sapere cosa ne fosse stato di Dorea, la consapevolezza di dover imparare a convivere con l’ignoranza eppure la ferrea volontà di respingere quella certezza.
Avrebbero dovuto andare avanti, certo. L’esito della storia era già scritto, dopotutto, e lo conoscevano tutti fin troppo bene. Sirius continuava a sperare in un miracolo, oltre ogni ragionevolezza, ma razionalmente sapeva, come lo sapevano James e Charlus, come si sarebbe conclusa quella situazione.
Sapevano che avrebbero potuto non scoprire mai come si fossero svolti a fatti; che avrebbero potuto non conoscere i dettagli, il modo o il tempo in cui sarebbe accaduto, poco importava.
Importava, invece. Non potevano semplicemente darla per morta e continuare a vivere. Non potevano. Non ce l’avrebbero mai fatta e per questo si sarebbero consumati, giorno dopo giorno, rifiutando il mondo.
Forse era questo il piano di Voldemort, dopotutto. Distruggerli così, senza doversi nemmeno scomodare ad usare la bacchetta.
Sirius finalmente si rendeva conto del terrore pietrificante che aveva avvolto il Mondo Magico da un po’ di anni, e lo capiva solo ora che se lo sentiva stretto attorno al collo.
-Sirius-
Si voltò immediatamente verso James, trovandolo seduto sul letto; non si era nemmeno tolto gli occhiali. Sirius si chiese se anche lui era assalito dai suoi stessi, terribili pensieri.
-Si, James-
Quello parve bloccarsi un attimo.
-Credi che sia morta?-
In quell’istante realizzo il motivo per cui Lily non era riuscita a usare quella parola quando suo padre era spirato. La voce di James gli strinse i visceri fin quasi a strapparli.
-Non lo so, James-
-Nemmeno io-

Passarono altri due giorni. Charlus andò a trovarli, una sera, per assicurarsi delle loro condizioni. Li aveva rimproverati, gli aveva detto di badare a loro stessi, che non potevano lasciarsi andare così.
Nessuno di loro, nemmeno Silente che aveva lasciato il proprio studio all’arrivo dell’Auror, aveva avuto il cuore di fargli notare che lui stesso somigliava sempre più a un cadavere ambulante. Sembrava aver perso dieci chili, i vestiti erano cadenti sulle spalle e gli occhiali scivolavano sulla gobba del naso. Dell’uomo forte e solido che era stato Sirius vedeva solo lo spettro dentro quegli occhi scavati che, tuttavia, continuavano a conservare tenacia e determinazione mentre li scrutavano. Li strinse a sé a lungo, come mai aveva fatto, e nessuno dei due ragazzi protestò. Ciascuno di loro aveva bisogno di qualcosa di solido a cui aggrapparsi e forse, laddove non potevano bastarsi l’un l’altro, essere in tre sarebbe potuto essere abbastanza.

Sirius ripensava a quell’abbraccio mentre se ne stava seduto davanti al camino nella Sala Comune, quel mercoledì; avevano avuto l’esercitazione di Difesa, quel pomeriggio, ed era riuscito a Schiantare Mulciber contro il muro in due mosse senza beccarsi nemmeno una punizione, perché “andiamo, Professore, mi sono fatto prendere la mano”.
Avevano un’ora buca prima di cena e, secondo Remus, avrebbero dovuto impegnarla nello studio. Il giorno dopo avrebbero sostenuto un test di Pozioni e Sirius davvero non aveva idea di come andasse distillata l’Amortentia, ma non riusciva a fare molto altro che guardare le fiamme ardere nel camino. James era chino sui libri ma non voltava pagina da un po’, sotto lo sguardo preoccupato di Lily che ogni tanto si posava anche su di lui, come a voler controllare che non sparisse. Peter continuava a prendere appunti frettolosamente, mangiandosi le unghie come ogni volta in cui era agitato; Remus aveva gli occhi incollati al suo manuale ma rispondeva alle domande di un’ansiosa Mary in crisi di panico con la solita tranquillità. A pochi passi da loro il resto del settimo anno di Grifondoro tentava di far tacere un gruppo di ragazzini impegnati in una rumorosa partita a Gobbiglie.
Non seppe come riuscì ad udirlo sopra tutto quel frastuono, ma lo udì. Un becchettare contro la finestra. Si voltò appena in tempo per vedere Moriah Perks del quinto anno far entrare un assiolo che si diresse verso il loro gruppo, mentre il cuore di Sirius gli saltava in gola e sentiva le sue membra intorpidirsi.
I gufi non arrivavano al pomeriggio. Non di solito, non in casi normali.
Ma l’animale non si posò accanto a James, che come lui si era bloccato e aveva smesso di far finta di studiare mentre tutti trattenevano il respiro; andò da lui, invece, e gli lasciò cadere una busta di spessa e costosa pergamena in grembo.
Le mani gli tremarono mentre rompeva il sigillo di ceralacca impresso con la figura di un cane in rilevo.
 
   
 
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