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Autore: Ciocciola    18/05/2016    0 recensioni
In un mondo afflitto da una guerra secolare, nel momento prossimo alla pace, il Male è tornato a strisciare tra gli uomini. Due creature, opposte e uguali, uniranno le loro anime per far trionfare l'equilibrio, al di là di ogni onorevole azione; laddove il coraggio non troverà scampo dalla distruzione, solo il più puro dei sentimenti avrà la meglio sull'Oscurità. La paura del diverso sarà sconfitta per far fronte a una paura più grande. Questa è la storia di Robert il Guerriero e di Fiona la Saggia. Uniti per salvare i loro mondi e i loro cuori, insieme per combattere il Male.
" Nelle lontane brughiere da cui provenivano si era diffusa una malattia oscena, che strappava i figli in fasce alle madri, gli amanti si disperavano alla perdita del loro amore, non si vedevano tanti orfani dai tempi in cui ancora regnava il Caos. Il male del mondo aveva strisciato nell’ombra, aveva atteso paziente la partenza degli uomini valorosi per poter diffondersi senza ostacoli, e adesso aveva preso le sembianze di una creatura spaventosa"
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Intro

Il promontorio del Monte si allungava sfavillante e inondato di una luce vivida in quella giornata di fine Primavera. L’aria fresca iniziava a lasciar spazio a un’umidità fastidiosa, il calore del sole arrostiva le pietre rosate e l’erba verde, dapprima d’un verde intenso, in alcuni punti già iniziava a dorarsi; l’acqua del mare, ai piedi delle possenti rocce vulcaniche, si cullava dolcemente sospinta dai tiepidi venti estivi. Non era ancora mezzogiorno, eppure l’aria era già soffocante.
    Lo scalpiccio degli zoccoli dei cavalli, il rumore delle ruote dei carri, il vociare degli uomini felici di far ritorno nelle loro terre; era il suono di una guerra terminata e durata troppi anni, da quando quegli uomini avevano memoria il loro paese non aveva conosciuto la pace. Adesso, col sole sopra le loro teste, i raggi del sole a illuminare le armature e le spade usurate, avevano i cuori leggeri e sotto le barbe scure, incolte, i sorrisi facevano capolino. A guidare quel cordone di uomini che percorreva il Decumano Sud, un sentiero che si snodava per oltre novanta miglia, c’erano due soldati. Il primo avanzava sul dorso di un cavallo dal manto chiaro, le bardature scure e finemente ricamate; l’armatura visibilmente ammaccata era un lontano ricordo del gioiello che fu, prima della guerra, così come la fierezza ormai appassita negli occhi stanchi. Il secondo – visibilmente più giovane ma dall’età indefinibile – calcava un giovane puledro dal manto scuro, dal sangue forte, la criniera folta e le zampe possenti; il volto scavato ma sereno, gli occhi stanchi ma pieni di vita, le labbra tese in una smorfia che avrebbe voluto assomigliare a un sorriso. - Quando saremo arrivati – disse il primo dei due, il più anziano – per prima cosa, prima ancora di andare a casa dalla mia signora, voglio andare a sbronzarmi di vino e donne – La voce baritonale risultava chiara nonostante i rumori provenienti dalle loro spalle, la voce di uno che sa cosa sia il comando. – Sono stanco di tutta questa merda, di questa guerra -. L’altro si limitò ad annuire in silenzio, come se in realtà non gli importasse di avere una conversazione con lui. Non davvero. Un’alzata di spalle concluse così la conversazione, un colpo di talloni fece avanzare il cavallo baio a un trotto leggero, ma abbastanza veloce da permettergli di allontanarsi dal gruppo di soldati. Gli occhi del giovane soldato scrutavano ansiosi l’orizzonte, l’oceano correva ad ovest, la pianura di apriva ad est e a nord avrebbe dovuto finalmente trovarsi casa sua; una casa fatta di umili  pietre, un modesto orto che il padre anziano curava con amore e pazienza. Il cuore gli scoppiava di dolore, per le cose che aveva visto, per le cose che aveva fatto e per le cose che ancora avrebbe dovuto fare, una volta tornato.
- Non essere in collera con te stesso, Robert – La voce del suo compagno d’armi, nonchè maestro, lofece voltare di scatto. Il volto anziano e saggio si era sciolto in un sorriso paterno e i cavalli si erano nuovamente affiancati. – E’ la guerra, ragazzo mio. Fa male la prima volta, alla seconda ti sei già abituato e infilzare un uomo o un agnello non farà più così differenza-.
- Erano donne, Joshua. Madri, mogli e sorelle, come quelle che attendono noi. Non cercare di farmi sentire meno in colpa, credo che ormai non ci sia altro modo per espiare le mie colpe che rinunciare per sempre alla poca felicità rimasta in questo mondo.- Parlava con aria mesta il giovane, d’una bellezza antica e vigorosa, come gli eroi delle leggende aveva i capelli chiari, gli occhi d’un azzurro profondo e un’anima delicata. – Mi sono arruolato per combattere e vincere con onore i miei nemici. Che onore c’è, nel trucidare delle donne indifese? Bruceremo all’inferno, per questo.-   Calò nuovamente il silenzio tra i due, lungo e fatto di sospiri.
    Erano da poco passate le due del pomeriggio quando l’esercito, o quel poco che ne rimaneva, si lasciò alle spalle il promontorio per inoltrarsi in una radura verdeggiante. La foresta si estendeva per ettari, fitta e segreta, composta da querce dal tronco scuro e dalle foglie dorate; alcune leggende raccontavano che in un tempo lontano in quella foresta si potesse respirare l’aria più pura della terra, ascoltare il suono dolce del vento che cantava al cielo, ma adesso pareva solo una vecchia foresta, stanca di vivere la sofferenza di quel mondo morente. La luce filtrava dalle chiome fitte, qualche raggio di sole si insinuava tra i rami spessi, l’ombra dava refrigerio a quegli uomini stanchi, dai cuori pesanti. Il sentiero, che per qualche centinaio di metri si era snodato dritto attraverso il bosco, aveva preso ora un’andatura curvilinea e adesso risultava più cupo, più opprimente; l’aria si era fatta umida, pregna dell’odore dell’erba marcia, e nessuno più dei due cavalieri avrebbe voluto uscire da quella cappa. I cavalli avanzavano sotto costrizione dei loro padroni, i carri che trasportavano i feriti e i più deboli dovevano fare i conti con i sassi e buche, segno che da molto tempo nessuno percorreva più quella via.
     Il brusio delle voci, prima animato e allegro, piano piano scemò in un silenzio inquietante. I soldati dalle armature usurate, grige, sporche di fango e sangue, si guardavano attorno guardinghi.
- E’ la foresta del demonio, si sa – diceva uno.
- Sì sì, si sa. – rispondeva l’altro.
- Troveremo la morte o la pazzia. Nessuno si è più inoltrato qui dentro, da molto tempo – spiegava colui che pareva saperne più degli altri, e che cercava di mettere in guardia i compagni da fantomatiche streghe, elfi dall’aspetto maligno e spettri dalle sembianze di bellissime donne -.Robert non lasciava al suo cuore la possibilità di avere paura, aveva affrontato così tanto – morte e rimorso – che le poche leggende su quelle terre non potevano impedirgli di tornare a casa. Stringeva le redini più strette di quanto sarebbe stato necessario, un colpo di reni per assestarsi sulla sella. Il sudore che gli bagnava la fronte correva lungo le guance bruciate dal sole, la barba incolta aveva ricoperto la pelle giovane e fresca; Joshua al suo fianco sembrava invece molto rilassato, si lasciava portare dal suo destriero con aria incurante. Probabilmente solo il suo corpo era lì, la mente già galoppava verso le braccia di un’amorevole donna che lo stava aspettando al di là di quei luoghi oscuri.
    Quel che non sapevano, ciò che i loro cuori ignoravano, era che la loro assenza aveva portato nelle terre una volta sicure e piene di luce qualcosa di ben più oscuro della guerra. Nelle lontane brughiere da cui provenivano si era diffusa una malattia oscena, che strappava i figli in fasce alle madri, gli amanti si disperavano alla perdita del loro amore, non si vedevano tanti orfani dai tempi in cui ancora regnava il Caos. Il male del mondo aveva strisciato nell’ombra, aveva atteso paziente la partenza degli uomini valorosi per poter diffondersi senza ostacoli, e adesso aveva preso le sembianze di una creatura spaventosa; si mormorava che a Nord – oltre le Montagne Rocciose, oltre il  Fiume Azzurro, oltre il Grande Tempio – aveva trovato rifugio un uomo. Per quanto le sue sembianze fossero tali, il suo cuore era duro come la pietra, l’anima putrida, la suo voce veleno e – come un serpente che colpisce per uccidere – anche lui aveva riversato la sua volontà nera nei cuori degli uomini deboli, trasformandoli in demoni. C’era chi li chiamava Spettri. Chi li chiamava Non Morti. Chi li chiamava semplicemente mostri. Vagavano per le città, per i villaggi, sterminando e seminando terrore, rapendo le donne, uccidendo i bambini. Le teste di coloro che avevano provato ad opporsi facevano da baluardo sulle picche all’ingresso dei villaggi. Queste cose non avevano più nulla di umano, gli occhi vacui e privi di ogni vita erano il loro biglietto da visita. “State attenti a non vedenti”, dicevano i più anziani. “ Non avventuratevi di notte nei boschi, non lasciate le vostre donne uscire di casa senza adeguata protezione, chiudete le vostre figlie nei templi dei Grandi Dei”. Ignaro di tutto questo, Robert avanzava verso la casa che non sapeva di non avere più. Non avrebbe mai saputo che il padre aveva combattuto per difendere la sua piccola proprietà, non avrebbe saputo che il suo corpo era stato dato in pasto ai mastini degli Spettri, con quanto valore avesse difeso la sua umanità.
- Joshua – la voce di Robert si era come affievolita, un sussurro nella foresta che riecheggiò come ungrido nel silenzio surreale. – Hai sentito? – Alla ricerca di quella risposta, il vecchio soldato impose al suo cavallo un stop repentino, le orecchie tese nella penombra cercavano di captare un suono molesto, una voce in lontananza, qualunque cosa che potesse indicargli la presenza di qualcuno. Robert gli stava accanto, il suo cavallo pure immobile, il cuore nel petto martellava senza sosta; anche se il suo compagno gli avesse dato una risposta negativa, lui era sicuro di aver sentito qualcosa. Non per forza udito. Ma avvertito. – Sono sicuro di aver sentito qualcosa, sono stanco, ma il mio cuore e le mie orecchie non si sono mai sbagliate. C’è qualcuno qui. Non siamo soli. –.
- Se qui c’è qualcuno – brontolò Joshua in risposta – non ci faremo cogliere impreparati, ragazzo. Siamo un esercito di ritorno da molte vittorie, abbiamo armi e coraggio a sufficienza per ogni nemico che volesse impedirci di attraversare questo bosco. Non avere paura, gli dei ci prote...- .
Il silenzio si impose con violenza. Gli occhi sbarrati di fronte a sè, la bocca schiusa in un’espressione mista di terrore e sorpresa. Mai nella sua vita il vecchio uomo aveva visto qualcosa di simile, così come gli uomini alle sue spalle che credettero di assistere a un miracolo.
    Davanti ai due cavalieri, a circa una ventina di metri, una figura si era palesata tra il chiaroscuro dellla foresta: sottile come un giunco, la pelle pallida come quella di un morto, gli occhi scavati e cerchiati d’un’aurea violacea. Gli occhi, dalla sclera nera e privi di palpebre, si erano fissati in quelli del vecchio soldato. Pareva una femmina, poichè i capelli erano lunghi e lisci, e il viso lasciava trapelare una bellezza spaventosa, surreale.
- Chi siete, donna? Toglietevi dalla nostra strada, tornate alla vostra dimora – Joshua pronunciò quelleparole con quanto più coraggio potè, lasciando però intuire ai suoi uomini, incluso il giovane ufficiale al suo fianco, che qualcosa di tremendo sarebbe accaduto. Il cavallo sotto il peso del vecchio comandante sbuffava innervosito, gli zoccoli raspavano il terreno.
La donna, che rimaneva immobile nella sua postura innaturale, non sembrava avere una minima possibilità di vittoria contro quell’esercito; lei, minuta e all’apparenza così fragile, come poteva solo pensare di contrapporsi a quella forza? Ma alla fine le sue labbra si erano curvate in un sorriso maligno, lasciando intravedere la bianca dentatura affilata.
- Umano – la voce che si sprigionò dalla creatura assomigliava a un stridio metallico, in parte femminile era accompagnata da un’eco cupa e rauca, che raschiava la gola e gelava i cuori. Un dito ossuto s’era alzato a indicare il gruppo di uomini increduli, zittiti dalla paura. – La vostra vita è niente. Il vostro nome è niente. Il mio padrone sta venendo per voi. Nulla di ciò che è attaccato alle vostre ossa sarà più vostro al calar del sole. Inchinati al mio padrone, inchinati, e avrai salva la vita. Sottomettiti al mio padrone e la vita dei tuoi uomini sarà risparmiata.- Tornò il silenzio, il braccio ritornò a fianco della creatura, comandante e ufficiale si scambiarono uno sguardo incredulo, come se quanto appena sentito fosse frutto di un sogno. Il cuore di Robert era oppresso da una sensazione di inadeguatezza, il respiro s’era fatto affannoso e le mani sudavano come quando s’era confrontato per la prima volta s’un campo di battaglia.  Eppure, volse lo sguardo in sfida alla femminea figura, squadrandola dall’alto al basso del suo destriero come avrebbe fatto con una puttana.
- Non prendo ordini, io, da una serva. Torna dal tuo padrone e di’ che l’ufficiale Robert Arkley e ilcomandante Joshua Meldon del Regno di Gascoyne non si piegheranno alla volontà di chi invia i suoi sottoposti a chiedere una resa senza scontro. Di’ la tuo padrone che qui stanno uomini liberi, liberi di scegliere come vivere e come morire! – La voce non mostrò segni di cedimento, nemmeno quando gli occhi neri si fermarono a scrutare il volto del giovane guerriero, sfidando quelli azzurri di lui. Fu Joshua, con un tocco della mano sul braccio del ragazzo, a placare il suo animo; era evidente che non c’era necessità di uno scontro diretto con qualunque cosa fosse quella creatura, nè col suo padrone. Gli impartì con lo sguardo l’ordine di tacere e Robert ubbedì come un figlio ubbisce al padre. Non ebbero comunque modo di replicare, perchè qualche istante dopo la risposta data dal giovane, la creatura scomparve così come era apparsa repentinamente davanti ai loro occhi, accompagnata da uno schiocco sordo, come quello di una frusta. In quel momento, il sole sembrò oscurarsi. Le fronde degli alberi, dapprima quiete, furono scosse da un vento freddo e violento, che costrinse la maggior parte dei soldati ad accucciarsi a terra, tenendosi la testa protetta tra le braccia. Il vento portava con sè le grida degli uomini, delle donne, dei bambini trucidati, ora morti, che ora come fantasmi cercavano di penetrare nei cuori dei soldati.
- Legate i cavalli! Puntellate i carri! Non lasciatevi intimorire! – tuonava la voce del comandante, chesceso da cavallo impartiva ordini  a chiunque gli passasse a tiro, nel tentativo di non far cadere gli uomini nel panico. – Robert! Robert! Per la Dea, scendi da quella bestia e trova un riparo nei dintorni, una grotta, qualunque cosa che possa proteggerci! Va’! – gridò in direzione del compagno, che in tutta risposta lo fissò stranito. Non si erano mai separati in battaglia, non comprendeva perchè un compito di così basso impegno non potesse essere affidato a un altro. Ma siccome il momento non permetteva repliche, scivolò giù dalla sella, legò il suo animale al ramo di una quercia appena fuori dal sentiero, e si incamminò rapido all’interno del bisco. Si lasciò alle spalle il manipolo di uomini, intenti a proteggersi l’un l’altro come meglio potevano; Joshua era un bravo comandante, li avrebbe protetti ad ogni costo.
     Spada alla mano si faceva dunque largo tra gli arbusti fitti, tagliando, spezzando, calpestando ogni cosa con furia cieca, col solo intento di voler trovare un riparo. Camminava ormai da tempo, forse mezz’ora, forse un’ora, il tempo aveva come perso valore in quel luogo antico; il vento si era calmato così come si era alzato, il sole timidamente era tornato a far capolino e l’animo del guerriero tornò in quiete. Alzo lo sguardò al cielo, ora che era solo, i polmoni si riempirono di aria pulita e la mente sembrò per un momento dimenticare quanto accaduto sul sentiero. Il comandante Joshua. La femmina. I suoi compagni d’armi. Di nuovo il comandante. Suo padre. Socchiudendo gli occhi avvertì una stanchezza innaturale avvolgergli il corpo, la gambe cedettero sotto il peso dell’armatura che non sembrava essere piùà in gradi di indossare; le ginocchia si piegarono, la punta della spada si conficcò nella terra facendo da sostegno alle sue membra che altrimenti sarebbero crollate come quelle di un morto.
- Che ... cosa... mi ... – bisbigliando tra sè e sè, strizzando gli occhi chiari, non si accorse della potenzaimmensa di quella foresta. Il profumo intenso dei fiori, prima piacevole, ora era diveuto nauseante e insopportabile, sortendo l’uomo al punto che le sue facoltà mentali stavano venendo meno. Si lasciò cadere completamente, senza opporre resistenza, prono, boccheggiando come un pesce fuori dall’acqua. Prima di cadere nell’oblio, riuscì a mettere a fuoco una figura che gli si era avvicinato. Due piedi scalzi. Due caviglie sottili. Una lingua sconosciuta che riecheggiava. 
 
 
  
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