2
Maggio 1988. Battaglia di Hogwarts.
«Che
si fa, Harry?» gridò George. «Cosa
succede?»
«Stanno
facendo evacuare i ragazzi più piccoli, l'appuntamento
è
in Sala Grande per organizzarsi» rispose Harry.
«Si
combatte».
Tre
uomini con i capelli rossi erano a terra, vicini, nel punto in cui la
parete
era esplosa.
Harry
avanzò barcollando sopra cumuli di legno e pietra.
«No...
no... no!» urlò qualcuno. «No! Fred!
No!»
Percy
scuoteva il fratello, Ron era inginocchiato accanto a loro, ma Fred non
era
morto, era soltanto svenuto.
Una
donna
dai lunghi capelli neri aveva evocato uno scudo su di loro, che era
riuscito ad
attenuare l’impatto della parete.
Un
centinaio di Dissennatori planavano verso di loro, attirati dalla
disperazione
di Harry, che era come la promessa di un banchetto...
Vide
il terrier argenteo di Ron comparire nell'aria, baluginare e spegnersi.
La
bacchetta gli tremava in mano, e accolse quasi con gioia l'oblio
imminente, la
promessa del nulla, dell'assenza di sensazioni...
Una
lepre d'argento, un cinghiale e una volpe passarono a mezz'aria e li
superarono: davanti alle tre creature i Dissennatori indietreggiarono.
Tre
persone sbucarono dall'oscurità, con le bacchette tese,
tenendo saldi i propri
Patroni: Luna, Ernie e Seamus.
«Forza»
lo incoraggiò Luna, come se fosse ancora nella Stanza delle
Necessità e quello
fosse solo un allenamento dell'Esercito di Silente. «Forza,
Harry... pensa a
qualcosa di allegro...»
«Qualcosa
di allegro?» ripeté lui, la voce spezzata.
«Siamo
ancora qui» sussurrò lei, «stiamo ancora
combattendo. Su, dai...»
Una
scintilla d'argento, una luce guizzante e poi, con lo sforzo
più grande che gli
fosse mai costato, il cervo sbucò dalla punta della sua
bacchetta. E,
sorprendentemente, un altro cervo identico al suo lo
affiancò, subito seguito
da un enorme cane nero e da una cerva.
Harry
cercò di ricordare a chi appartenessero quei patroni, ma i
Dissennatori si
dispersero rapidi e il frastuono della battaglia riprese a echeggiare
nelle sue
orecchie.
D’un
tratto si levò un grido terribile che distrasse Voldemort,
ed Harry,
voltandosi, vide che Ron aveva ucciso il serpente, infilzandolo con le
zanne
che aveva preso dalla Camera dei Segreti.
Zanne
che, essendo intrise del veleno del basilisco, erano riuscite ad
oltrepassare
gli incantesimi di protezione di Voldemort.
A
quel punto Harry agì d’istinto. Colpì
Ron con un incantesimo Pietrificus e
lanciò su di lui il mantello
dell’invisibilità, poi afferrò il
serpente con un
incantesimo di appello ed uscì allo scoperto distruggendo la
cassa davanti a
lui.
Harry
non disse niente. Non ebbe nemmeno la forza di alzare la bacchetta.
Almeno
Ron doveva salvarsi. Gli dispiaceva solo di non essere riuscito a
salvare anche
Hermione…
«Harry
Potter» mormorò Voldemort. La sua voce era
così bassa che avrebbe potuto essere
lo scoppiettio del fuoco.
«Il
Ragazzo Che È Sopravvissuto».
Mentre
lasciava cadere il serpente a terra, Harry pensò
inspiegabilmente a Ginny, al
suo sguardo luminoso, alle loro labbra che si toccavano...
Voldemort
alzò la Bacchetta. Aveva ancora la testa piegata da un lato,
come un bambino
curioso che si chiede che cosa succederà. Harry
guardò dentro quegli occhi
rossi e sperò che accadesse subito, in fretta, quando ancora
riusciva a stare
in piedi, prima di perdere il controllo, prima di tradire la paura...
Vide
la bocca muoversi e un lampo di luce verde, e tutto svanì.
«Rivedrò
ancora Hermione?» domandò Harry con uno sguardo
basso.
«Temo,
Harry, di non poter rispondere a questa domanda. La signorina Granger
si trova
in questo momento in una situazione critica che la porterà a
fare una scelta
che cambierà sicuramente il passato, ma non questo presente,
nonostante lei
creda il contrario. Quindi quello che puoi fare è solo
sperare, e volerle bene
ovunque lei sia, perché è stato grazie al suo
improvviso salto temporale che i
tuoi genitori e il tuo padrino sono tornati in vita.»
Harry
strabuzzò per un attimo gli occhi, prima che la sua
espressione divenisse
rabbiosa.
«Non
si prenda gioco di me! Nessuna magia può resuscitare i
morti…» disse con
amarezza.
«Ma
dimentichi le mie parole, Harry: tu e
Lord Voldemort avete viaggiato insieme in regni della magia finora
ignoti e mai
sperimentati. In questo momento la moglie di Sirius sta
portando il tuo
amico Ronald al castello insieme, temo, alla notizia della tua morte. I
tuoi
genitori, Sirius, Remus, Ninfadora e i Weasley sono ancora in vita, e
stanno
combattendo fino allo stremo. Ma devi sbrigarti a tornare,
perché nell’istante
in cui Mary Black parlerà, prima che lo faccia Voldemort, le
morti
aumenteranno.»
A
quel punto Harry si alzò, con il volto pieno di speranza e
determinazione, e
Silente fece lo stesso.
«Mi
dica un'ultima cosa» chiese Harry. «È
vero? O sta succedendo dentro la mia
testa?»
Silente
gli sorrise e la sua voce risuonò alta e forte nelle
orecchie di Harry anche se
la nebbiolina luminosa stava calando di nuovo e nascondeva la sua
sagoma.
«Certo
che sta succedendo dentro la tua testa, Harry. Ma perché
diavolo dovrebbe voler
dire che non è vero?»
«Harry
Potter è morto. È stato ucciso. Stava fuggendo,
per mettersi in salvo mentre
voi davate la vita per lui. Vi portiamo il suo corpo a dimostrazione
che il
vostro eroe è caduto.
«Abbiamo
vinto la battaglia. Avete perso metà dei vostri combattenti.
I miei Mangiamorte
vi superano in numero e il Ragazzo Che È Sopravvissuto
è morto. La guerra deve
finire. Chiunque continui a resistere, uomo, donna o bambino,
verrà ucciso
insieme a tutti i membri della sua famiglia. Uscite dal castello, ora,
inginocchiatevi davanti a me e verrete risparmiati. I vostri genitori e
i
vostri figli, i vostri fratelli e sorelle vivranno e saranno perdonati,
e vi
unirete a me nel nuovo mondo che costruiremo insieme».
Silenzio
nel parco e dal castello. Voldemort era così vicino che
Harry non osava aprire
gli occhi. Sperò solo di aver fatto in tempo, prima che la
moglie di Sirius (della
quale ignorava l’esistenza) avesse dato l’annuncio
della sua morte ai suoi
genitori…
Attese.
Da un momento all'altro le persone per le quali aveva cercato di morire
l'avrebbero
visto apparentemente morto.
«No!»
L'urlo
fu ancora più terribile, perché non aveva mai
immaginato che la professoressa
McGranitt potesse emettere un simile suono.
Udì
un'altra donna ridere vicino a lui e capì che Bellatrix si
crogiolava nella
disperazione della McGranitt.
Sbirciò
di nuovo per un solo istante e vide la soglia affollarsi: i
sopravvissuti alla
battaglia uscivano sui gradini a fronteggiare i vincitori e a vedere
con i loro
occhi che era vero, che Harry era morto.
«No!»
«Harry!
HARRY!»
Le
voci di Ron e Ginny erano peggiori di quelle della
McGranitt, Harry non voleva altro che potergli rispondere, ma si
costrinse a
restare fermo ed in silenzio.
Le
loro grida di dolore innescarono una reazione nella massa
di sopravvissuti, che incominciò ad urlare ed inveire contro
i Mangiamorte,
finché...
«SILENZIO!»
urlò Voldemort, ed il silenzio venne ristabilito
con la forza.
Harry
si sentì volteggiare per qualche metro prima di essere
appoggiato delicatamente sull'erba.
Suppose
di essere stato messo al centro, tra i due
schieramenti.
«Vedete?»
disse Voldemort, ed Harry lo sentì camminare avanti
e indietro a grandi passi proprio lì accanto.
«Harry Potter è morto! Ve ne
rendete conto adesso, illusi? Lui non era niente, non è mai
stato niente, solo
un ragazzo che faceva conto che gli altri si sacrificassero per lui!
È stato
ucciso, mentre tentava di sgattaiolare via dal castello di
nascosto», disse
Voldemort, e si poteva percepire una nota di piacere nella sua voce
mentre
mentiva. «Ucciso mentre cercava di salvarsi...»
Ma
s'interruppe: Harry udì un rumore di passi e un urlo di
donna che gli fu stranamente familiare. Lo aveva sentito anni prima,
grazie ai
dissennatori, eppure in quel momento la disperazione che
trasudava da quella voce era nettamente
superiore.
Poi
un colpo, un lampo di luce e un grugnito di dolore; aprì
gli occhi di una frazione infinitesima.
Qualcuno
si era allontanato dalla folla e si era scagliato su
Voldemort: Harry vide la sagoma afflosciarsi a terra poco lontano da
lui, e quando
questa si alzò, ebbe un
colpo al cuore.
Così
come, suppose, anche Voldemort.
Sì,
perché Voldemort aveva paura dei morti, e quello davanti a
lui era un morto vivente: il padre di Harry, James Potter.
Lo
sguardo fiero, la mascella indurita dalla rabbia e la
bacchetta sfoderata davanti a lui. Ad Harry sembrò di vedere
il suo ritratto invecchiato
di qualche anno.
Nessuno
ebbe la forza di dire alcun che, soprattutto perché
alla figura dell’uomo si affiancò quello di una
donna dai lunghi capelli rossi
e dai luminosi occhi verdi, che in quel momento mandavano scintille.
E
Voldemort in qualche modo lo seppe, che quegli occhi
sarebbero stati la sua condanna.
Sul
suo volto serpentino si manifestò per la prima volta la
paura, che accrebbe quando all’uomo si affiancò
Sirius Black.
Il
suo sorriso sbilenco non aveva niente del divertimento che
lo aveva sempre caratterizzato, e Voldemort si ricordò delle
parole di Orion
Black, prima che lo uccidesse per averlo attaccato con un incantesimo
offensivo
dopo aver appreso della morte di Regulus.
La
mia famiglia sarà la
tua rovina.
Quando
Bellatrix scoppiò a ridere, senza riuscire davvero a credere
che quello che stava accadendo fosse vero, Harry seppe in anticipo che
cosa
stava per succedere.
Era
la stessa risata esaltata di suo cugino Sirius, prima di
cadere oltre il velo.
La
maledizione del cugino la colpì in pieno petto, al cuore, e
il sorriso maligno di Bellatrix si congelò, i suoi occhi si
dilatarono: in una
frazione di secondo capì che cos'era successo, poi cadde.
Fu
a quel punto che Voldemort urlò.
Mentre
la furia per la morte della sua migliore luogotenente
esplodeva con la forza di una bomba, alzò la bacchetta e la
puntò contro Sirius
Black.
«Protego!»
ruggì Harry, e il Sortilegio Scudo si
allargò a difesa anche degli altri due.
Voldemort
si guardò intorno cercandone l'origine, e fu allora
che Harry decise di alzarsi.
L'urlo
di sorpresa, le acclamazioni, le grida di «Harry!»,
«È
vivo!» furono subito soffocati. La folla ebbe paura e il
silenzio cadde
improvviso e totale, quando Voldemort e Harry si guardarono e
cominciarono a
muoversi in cerchio uno di fronte all'altro.
«Non
voglio aiuto» disse Harry, e nel silenzio assoluto la sua
voce risuonò come uno squillo di tromba.
Sirius
fermò James, che stava per avvicinarsi al figlio, e
Lily si forzò per restare immobile, ad osservare il suo
bambino che ormai era
diventato un uomo.
«Deve
andare così. Devo essere io».
Voldemort
sibilò, gli occhi rossi spalancati.
«Potter
non voleva dire questo. Non è così che si
comporta, vero?
Chi userai come scudo oggi, Potter?»
«Nessuno»
rispose Harry semplicemente. «Non ci sono altri
Horcrux. Siamo solo tu e io. Nessuno dei due può vivere se
l'altro sopravvive,
e uno di noi sta per andarsene per sempre...» «Uno
di noi?» lo schernì
Voldemort. Ogni suo muscolo era teso e i suoi occhi rossi erano
immobili: un serpente
pronto a colpire. «Pensi che sarai tu, vero, il Ragazzo Che
È Sopravvissuto per
caso, solo perché Silente tirava i fili?»
«È
stato un caso quando mia madre morì per salvarmi?»
chiese
Harry. Continuavano a spostarsi di lato, tutti e due, disegnando un
cerchio
perfetto, mantenendo la stessa distanza l'uno dall'altro.
Per
Harry esisteva solo il volto di Voldemort.
«Un
caso che io abbia deciso di combattere in quel cimitero?
Un caso che io non mi sia difeso questa notte, eppure sia
sopravvissuto, e tornato
per combattere di nuovo?»
«Casi!»
urlò Voldemort, ma ancora non colpì, e la folla
era
come pietrificata, delle centinaia di persone presenti sembrava che
solo loro
due respirassero. «Casi e fortuna, e il fatto che ti sei
rannicchiato a frignare
dietro le gonne di uomini e donne più grandi di te, e hai
lasciato che io li
uccidessi al posto tuo!»
«Non
ucciderai nessun altro questa notte» ribatté
Harry.
Ancora si muovevano in cerchio e si fissavano, occhi verdi dentro occhi
rossi.
«Non
potrai uccidere nessuno di loro, mai più. Non capisci?
Ero pronto a morire per impedirti di fare del male a queste
persone...»
«Ma
non l'hai fatto!»
«...
era mia intenzione, ed è questo che importa. Ho fatto
quello che ha fatto mia madre. Sono protetti da te. Non hai notato che
nessuno
dei tuoi incantesimi funziona su di loro? Non puoi torturarli. Non puoi
toccarli. Non impari dai tuoi errori, Riddle, vero?»
«Tu
osi...»
«Sì,
io oso» continuò Harry.
«Io
so cose che tu non sai, Tom Riddle. Io so molte cose
importanti che tu non sai. Vuoi sentirne qualcuna, prima di commettere
un altro
grosso errore?»
Voldemort
non parlò ma continuò a muoversi in cerchio, e
Harry
seppe di averlo ipnotizzato, per il momento pendeva dalle sue labbra,
trattenuto dalla vaghissima possibilità che Harry conoscesse
davvero un ultimo
segreto.
«È
di nuovo l'amore?» ringhiò Voldemort, il volto da
serpente
contorto in una smorfia di scherno. «La soluzione preferita
di Silente, l'amore,
che a sentir lui vince la morte. Ma l'amore non gli ha impedito di
cadere dalla
Torre e andare in pezzi come una vecchia statuina di cera, e pare che
nessuno
ti ami abbastanza da farsi avanti, questa volta, a prendersi la mia
maledizione. Quindi che cosa ti impedirà di morire adesso,
quando colpirò?»
«Una
cosa sola» rispose Harry, e ancora si fronteggiavano,
assorti l'uno nell'altro, separati soltanto dall'ultimo segreto.
«Se non è
l'amore che ti salverà, questa volta»
insisté Voldemort, «devi credere di avere
una magia che io non ho, o un'arma più potente della
mia».
«Credo
entrambe le cose» ribatté Harry, e vide la
sorpresa
balenare sul volto di serpe e dissiparsi all'istante; Voldemort
scoppiò a
ridere e il suono fu più spaventoso delle sue urla; folle e
privo di gioia.
«Tu
credi di conoscere più magie di me?» chiese.
«Di me, di
Lord Voldemort, che ha compiuto magie che Silente stesso non si era
nemmeno
sognato?»
«Oh,
se l'era sognato eccome» rispose Harry, «ma lui ne
sapeva
più di te, abbastanza da non fare quello che hai fatto
tu».
«Vuoi
dire che era un debole!» urlò Voldemort.
«Troppo debole
per osare, troppo debole per prendere ciò che avrebbe potuto
essere suo e
invece sarà mio!»
«No,
era più intelligente di te. Era un mago migliore, un uomo
migliore ».
«Io
ho provocato la morte di Albus Silente!»
«È
quello che credi. Ma ti sbagli».
Per
la prima volta, la folla che li attorniava si mosse e centinaia
di persone respirarono come una sola.
«Silente
è morto!» Voldemort sputò
queste parole contro
Harry come se gli potessero provocare un dolore insopportabile.
«Il
suo corpo marcisce nella tomba di marmo vicino a questo
castello, io l'ho visto, Potter, e non tornerà!»
«Certo,
Silente è morto» rispose Harry tranquillo,
«ma non
l'hai fatto uccidere tu. Ha scelto lui come morire, con mesi di
anticipo, ha
programmato tutto con l'uomo che credevi fosse il tuo servo».
«Che
sogno infantile è questo?» chiese Voldemort, ma
ancora
non colpì, e i suoi occhi rossi non si staccavano da Harry.
«Severus Piton non
era tuo» spiegò Harry. «Piton era di
Silente, di Silente dal momento in cui hai
cominciato a dare la caccia a mia madre. E non te ne sei mai accorto,
per via
della cosa che non puoi capire. Non hai mai visto Piton evocare un
Patronus,
vero, Riddle?» Voldemort non rispose. Continuavano a girare
come lupi pronti a
sbranarsi.
«Il
Patronus di Piton era una cerva» continuò Harry,
«come
quello di mia madre, perché lui l'ha amata per tutta la
vita, da quando erano
bambini. Avresti dovuto capirlo» aggiunse, vedendo le narici
di Voldemort vibrare.
«È stato la spia di Silente dal momento in cui la
minacciasti e da allora ha
lavorato contro di te! Silente stava già morendo quando
Piton l'ha finito!»
«Non
ha importanza!» strillò Voldemort. Aveva seguito
ogni
parola con attenzione rapita, ma ora scoppiò in una risata
stridula e folle.
«Non
ha importanza se Piton fosse mio o di Silente, o quali
insignificanti ostacoli abbiano cercato di mettere sul mio cammino! Io
li ho
schiacciati entrambi, e tutto torna, Potter, ma in modi che tu non
comprendi!
«Silente
stava cercando di tenere lontana da me la Bacchetta
di Sambuco! Voleva che fosse Piton il vero padrone della Bacchetta! Ma
io sono
arrivato prima di te, ragazzino... l'ho trovata prima di te, ho capito
la
verità prima di te. Ho ucciso Severus Piton un’ora
fa, e la Bacchetta di Sambuco,
la Stecca della Morte, la Bacchetta del Destino è davvero
mia! L'ultimo piano
di Silente è andato storto, Harry Potter!»
«Sì,
è vero» concesse Harry. «Hai ragione. Ma
prima che tu
provi a uccidermi, ti consiglio di pensare a quello che hai fatto...
pensaci, e
cerca in te un po' di rimorso, Riddle...»
«Che
cosa?»
Di
tutte le cose che Harry gli aveva detto, più di ogni
rivelazione o insulto, niente sorprese Voldemort come questa. Harry
vide le sue
pupille ridursi a fessure sottili, la pelle attorno agli occhi
sbiancare.
«È
la tua ultima possibilità» continuò
Harry, «tutto ciò che
ti resta... ho visto quello che sarai altrimenti... sii un uomo...
cerca...
cerca un po' di rimorso...»
«Tu
osi...?» ripeté Voldemort.
«Sì,
oso» rispose Harry, «perché l'ultimo
piano di Silente non
si è ritorto contro di me. Si è ritorto contro di
te, Riddle».
La
mano di Voldemort tremò sulla Bacchetta di Sambuco e Harry
strinse forte la sua. Capì che era questione di secondi.
«Quella
bacchetta non funziona ancora bene perché hai assassinato
la persona sbagliata. Severus Piton non è mai stato il vero
padrone della Bacchetta
di Sambuco. Non ha mai sconfitto Silente».
«L'ha
ucciso...»
«Non
mi ascolti? Piton non ha mai sconfitto Silente! Hanno
deciso insieme la sua morte! Silente voleva morire imbattuto, essere
l'ultimo
vero padrone della Bacchetta! Se tutto fosse andato come previsto, il
potere
della Bacchetta sarebbe morto con luì, perché non
gli sarebbe mai stata vinta!»
«Ma
allora, Potter, è come se Silente l'avesse consegnata a
me!» La voce di Voldemort era intrisa di piacere malvagio.
«Io
ho rubato la Bacchetta dalla tomba del suo ultimo padrone!
Io l'ho portata via contro il desiderio del suo ultimo padrone! Il suo
potere è
mio!»
«Ancora
non capisci, Riddle? Possedere la Bacchetta non basta!
Tenerla, usarla non la rende davvero tua. Non hai sentito Olivander? È
la
bacchetta che sceglie il mago... la Bacchetta di Sambuco ha
riconosciuto un
nuovo padrone prima della morte di Silente, qualcuno che non l'ha mai
nemmeno
sfiorata. Il nuovo padrone ha tolto la Bacchetta a Silente contro la
sua volontà,
senza mai capire cosa aveva fatto, o che la bacchetta più
pericolosa del mondo
gli aveva offerto la sua obbedienza...»
Il
petto di Voldemort si alzò e si abbassò in
fretta, e Harry
avvertì la maledizione in arrivo, la sentì
crescere dentro la bacchetta puntata
contro il suo viso.
«Il
vero padrone della Bacchetta di Sambuco era Draco Malfoy».
Una
vacua sorpresa comparve per un attimo sul viso di
Voldemort, poi sparì.
«Ma
che importanza ha?» mormorò il Signore Oscuro.
«Anche se
tu avessi ragione, Potter, non farebbe alcuna differenza per te e per
me. Non
ho più la bacchetta di fenice: il nostro sarà un
duello di pura abilità... e
dopo che avrò ucciso te, potrò occuparmi di Draco
Malfoy...»
«È
troppo tardi» osservò Harry. «Hai perso
l'occasione. Sono
arrivato prima io. Ho battuto Draco poche ore fa. Gli ho portato via
questa».
Harry agitò la bacchetta di biancospino estraendola dalle
sue tasche e sentì
gli sguardi di tutti i presenti su di essa. «Quindi
è tutto qui, capisci?»
sussurrò. «La bacchetta che hai in mano sa che il
suo ultimo proprietario è
stato Disarmato? Perché se lo sa... sono io il vero padrone
della Bacchetta di
Sambuco». Un bagliore d'oro rosso divampò
all'improvviso nel soffitto incantato
sopra di loro, e uno spicchio di sole accecante apparve sul davanzale
della
finestra più vicina.
La
luce colpì i due volti nello stesso momento e quello di
Voldemort divenne una macchia infuocata.
Harry
udì la voce acuta strillare, e urlò anche lui la
sua
speranza estrema verso il cielo, puntando la sua bacchetta di fenice.
«Avada
Kedavra!»
«Expelliarmus!»
Lo
scoppio fu come un colpo di cannone e le fiamme dorate che
eruppero tra loro, al centro esatto del cerchio che avevano disegnato,
segnarono il punto in cui gli incantesimi si scontrarono.
Harry
vide il lampo verde di Voldemort urtare il proprio
incantesimo, vide la Bacchetta di Sambuco volare in alto, scura contro
l'alba,
roteare verso il padrone che non avrebbe ucciso, che finalmente ne
entrava in
pieno possesso. E Harry, con l'infallibile abilità del
Cercatore, la prese al
volo con la mano libera mentre Voldemort cadeva all'indietro, le
braccia
spalancate, le pupille a fessura degli occhi scarlatti che si giravano
verso
l'alto.
Tom
Riddle crollò sul pavimento con banale solennità,
il corpo
fiacco e rattrappito, le mani bianche vuote, il volto da serpente
inespressivo
e ignaro. Voldemort era morto, ucciso dal rimbalzo della sua stessa
maledizione, e Harry fissava, con due bacchette in mano, il guscio
vuoto del
suo nemico. Un vibrante secondo di silenzio, lo stupore sospeso, poi il
tumulto
esplose attorno a Harry, le urla, l'esultanza e i ruggiti dei presenti
lacerarono l'aria. L'ardente sole nuovo incendiò le finestre
mentre tutti
avanzavano verso di lui, e i primi a raggiungerlo furono i suoi
genitori, le
loro braccia ad avvolgerlo, le loro urla incomprensibili ad assordarlo.
Poi
Sirius, Ron, Ginny, Neville e Luna, e poi gli altri Weasley e Hagrid, e
Kingsley e la McGranitt e Vitious e la Sprite; Harry non riusciva a
capire una parola
di quello che stavano urlando, né quali mani lo afferravano,
lo tiravano,
cercavano di abbracciarlo: erano in centinaia a premere contro di lui,
tutti
decisi a toccare il Ragazzo Che È Sopravvissuto, la ragione
per cui era davvero
finita...
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Ragazzuoliiiiiii
nei prossimi capitoli avremo l’incontro tra
Harry e i suoi genitori e finalmente scopriremo che fine a fatto
Hermione!
Grazie
mille per stare seguendo la mia storia sopportando i
miei continui ritardi! Un bacione! Mary Evans.