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Autore: tixit    21/05/2016    7 recensioni
Alcuni momenti assolutamente non mancanti dell'anime, tra Lady Oscar e le rose.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: tutto è di Ryoko Ikeda, e, quel poco che non lo è, non è a scopo di lucro.

Note: questa storia non ha nulla a che vedere con l'universo in cui abita Sigyn, che, anzi si arrabbierebbe moltissimo, se lo venisse a sapere... lei se la sarebbe filata per le mensole del cornicione, dritta dai Girodelle, con la Carriola, pronta a farsi compromettere da uno a caso tra i tre spilungoni (con una certa preferenza non dichiarata, ma palese), tanto per forzare un po' la mano nella direzione che voleva lei...
E la sua Madame Marguerite, i conti di casa, li teneva sotto controllo.


 


 

Prima e dopo


Oscar osservò ammirata le rose bianche nei vasi sparsi per la stanza, le preferite di sua sorella: sua madre aveva organizzato tutto perfettamente per la festa di fidanzamento di sua sorella.

Annusò il profumo delicato con un sorriso soddisfatto e poi si raddrizzò per bene la fusciacca in vita: l’uniforme delle Guardie Reali le stava bene e lei sembrava nata per quello, in fondo lo era, suo padre l’aveva scelta, unica tra le sue figlie femmine ad avere l’onore di poter seguire le sue orme. Non aveva rimpianto una sola volta i nei posticci, la biacca, i ricci finti e i fiocchi nei capelli - suo padre, il Generale Jarjayes, sapeva sempre quello che faceva e lei aveva capito da tempo di essere nata per maneggiare una spada e flettersi con essa.
Forse un po’ meno per servire una donna, pensò impertinente, arricciando il nasino, ma si sarebbe adattata. Ci sarebbero state altre occasioni, pensò tra sé, decisa, e di sicuro qualche avventura. In fondo stava nel centro del mondo: dove altre dovevano capitare le cose davvero interessanti?

Cercò André con lo sguardo, e, con un cammino tortuoso tra gli ospiti, inframmezzato da qualche inchino e un paio di frasi di circostanza, lo raggiunse, senza che nessuno notasse le sue intenzioni - non avrebbero apprezzato e, comunque, le intenzioni erano sue e solo sue.

 

“Tua sorella, sta bene?” Oscar lo guardò corrugando la fronte… che domanda strana…
André non era stato a Palazzo l’ultima settimana, era andato ad occuparsi della compravendita di alcuni cavalli con il vecchio intendente e si era persa la mattata di sua sorella… gliel’avrebbe raccontata dopo, a festa finita. Tutto, gli avrebbe detto tutto.
Lo sapevano solo sua sorella, ovviamente, e poi Joséphine, che era corsa a chiamarla disperata, e lei - insieme, lei e Joséphine, avevano deciso di non dire nulla al loro Padre, di quello che quella sciocchina aveva fatto: si sarebbe solo dispiaciuto. Se non l’avessero bloccata, sarebbe stato uno scandalo. Nessuno doveva sapere. Nessuno.

Anche il fidanzamento di Joséphine ne avrebbe potuto risentire: i gentiluomini possono rompere i fidanzamenti se salta fuori che c’è una vena di squilibrio nella famiglia… o, non sia mai, immoralità. E Joséphine aveva un fidanzato stupendo, l’invidia di tutta la Corte. Alto, bello, giovane, elegante, ricco, gentile, intelligente... suo Padre aveva lavorato bene per trovare l'uomo giusto per Joséphine.

Nessuno doveva sapere, e nessuno avrebbe saputo.

Ma André non era “nessuno” e non era “tutti”, André era André e non c’erano molte cose che avrebbe voluto tenergli nascoste. E poi, anche se era sicura, sicurissima, di aver fatto la cosa giusta, voleva sentire il suo parere - sua sorella aveva pianto tanto quella notte, sembrava non capire che quello era il suo bene, eppure il Generale aveva scelto per lei con coscienza, cercandole una strada che le calzasse come un guanto, così come aveva fatto per lei. Ne era certa. Doveva solo imparare a fidarsi.

 

Guardò verso sua sorella, vestita di seta pallida - stava bene: sembrava una delle rose della stanza… era proprio carina. Bionda e con gli occhi blu di loro Jarjayes, con la pelle chiara - forse un pochino troppo, pensò, era pallida.
Erano tre giorni che non le parlava, ma le sarebbe passato, decise, le passava sempre. Era sua sorella, che diamine! La sua preferita, non aveva un ricordo in cui dentro non ci fosse anche lei.

 

I musicisti, ingaggiati per la serata stavano suonando nella stanza attigua - erano bravi, decise.

 

Mise una mano sul braccio di André “Poi stasera ti racconto…” André annuì, guardando la ragazzina vestita di bianco con aria inquisitiva.
Un uomo alto la raggiunse e con un gesto possessivo le mise le mani intorno alle spalle, portandola verso il centro della stanza, per un brindisi. Non gli sfuggì che alla ragazza tremavano le mani.

 

Oscar osservò l’uomo e lo trovò simile al loro Padre, solo un pochino più giovane. A sua sorella avrebbe fatto bene avere qualcuno che la comandasse un pochino: nonostante la timidezza era testarda e anche un po’ troppo frivola. E poi così le sarebbe sembrato di essere ancora a casa sua, una volta sposata: non sarebbe cambiato molto, si sarebbe trasferita in un palazzo a Parigi e si sarebbero viste spesso. Suo marito l’avrebbe guidata: era così diversa dalla loro madre!

 

Le cercò lo sguardo per lanciarle un sorriso, ma sua sorella abbassò gli occhi, senza ricambiare.

Oscar si sentì a disagio, ripensando a quella sera “Oscar ti prego,” quante volte glielo aveva chiesto, dietro la porta della sua stanza, mentre la implorava di farla uscire? Perché poi? Per andare dove? da chi? a rovinarsi la vita?
Non capiva che loro Padre aveva pensato a tutto? E se fosse fuggita via... nessuno della famiglia l'avrebbe più guardata o le avrebbe rivolto la parola, il Generale non lo avrebbe permesso, avrebbero dovuto preservare le altre dallo scandalo e tutto tra loro sarebbe finito. Possibile che non ci avesse pensato?
Non ci sarebbe stato più nessuno Natale da passare insieme, nessun regalo da aprire ridendo, niente abbracci, non l'avrebbe mai più trovata seduta, con un ricamo in mano, che la guardava duellare con André battendo le mani, e lei non l'avrebbe più accompagnata a nessun ballo. Possibile che non lo capisse?

 

Prese un calice e si allontanò fuori nel giardino, per prendere un po’ d’aria. Tre giorni fa sua sorella... accidenti a lei!

André la seguì con discrezione, ad un suo cenno e si infilarono nell’Orangerie, una costruzione letteralmente appoggiata ad un’ala del palazzo, con in mezzo la torre dell’acqua, che sembrava una torre di guardia, con addirittura un finto cannoncino tra gli ancora più finti spalti - magie dell’architetto ingaggiato un paio di anni prima da Madame Marguerite.
 

Lui le allungò una bottiglia che aveva tenuto nella tasca profonda del giustacuore.
“Mia sorella… tre giorni fa… poi ti dico, ma secondo me è andato tutto bene, mio Padre… lui ha deciso la cosa giusta, lo so!”
André le versò da bere ed i due brindarono ridendo, felici di stare insieme, dopo una settimana di tante cose da raccontare, lui e lei...

 

Fu allora, che, dalle finestre aperte le sentirono parlare. Tre pettegole, nulla di più.

“E’ una pena, la ragazzina ha, quanto? Sedici anni, diciassette? E lui potrebbe esserle padre!”

“Sedici anni è una buona età per sposarsi, andiamo!”

“Si, ma il Duca… Un uomo così particolare…”

 

Si sentì una risatina soffocata. Seguita da altre. E un colpetto, forse di ventaglio, su stoffa

 

Oscar si mosse a disagio, André le bloccò il polso facendole cenno di tacere.

 

“Il Duca, non ha mai avuto une femme entretenue… è troppo…”

 

“Esigente…”

 

“Ha gusti… frequentava la… casa di Madame Blanchefort…”

 

Une demi-mondaine…

 

“Ci fu un incidente con una ragazza…”

 

“Gli piacciono giovani… e ingenue...”

 

“Beh, dopo essere passate per le sue mani, non so quanto restino ingenue…” le tre risero divertite.

 

Oscar sgranò gli occhi e si mosse rabbiosa per interrompere quelle stupide, come si permettevano? Stavano parlando del fidanzato di sua sorella!
André la bloccò e la strinse a sé.


Lottarono silenziosamente, mentre le tre si allontanavano con un’ultima frase. “Non capisco i Jarjayes… una loro figlia… al Duca!”

“Oh ma non sapete? Non hanno versato nessuna dote per la ragazza… è il Duca che ha pagato!”

“Gli sarà convenuto... le sue serate dalle filles... con quei gusti... gli costavano troppo. Alla lunga...”

 

Oscar cercò di oltrepassare André, ma la lui la strinse a sé circondandola con le braccia e impedendole di muoversi.

 

“Lasciami andare!” sibilò, “Sono solo delle sporche bugiarde! Voglio andare da loro!”

 

“Shhh! Oscar, ti prego, calmati.”  André le accarezzò il viso piano la strinse contro il petto, mentre la sentiva tremare tra le sue braccia, di rabbia mal contenuta. “Non è il caso di fare scandali, non servirebbe a nulla...” le sussurrò, cercando di essere dolce. “lasciale perdere… ti prego, Oscar...”.

 

Oscar non disse nulla, opponendosi a lui, contratta, mentre le tornava in mente quello stesso “Oscar ti prego,” detto da un’altra voce, per tutta una notte.

Non era possibile, pensò, erano solo delle sporche pettegole, solo delle Cortigiane, che mangiavano il pane ed il sale dei Jarajyes per poi inventare bugie lubriche alle loro spalle. Se solo fossero stati uomini li avrebbe sfidati a duello.

 

Per il resto della festa cercò con lo sguardo sua sorella, ma fu inutile: ovunque lei entrasse, sua sorella riusciva ad eclissarsi con grazia, senza mai guardarla in viso.

 

Quando gli ospiti sciamarono via, Oscar entro nello studio di suo Padre, decisa a parlargli: aveva solo poco tempo, poi sarebbe dovuta rientrare al Quartiere Generale delle Guardie Reali, per il suo servizio. Aveva ancora l’obbligo di rientrare a dormire a Versailles, nel suo appartamentino da ufficiale, dopo che la Guardia aveva chiuso le porte di Versailles e consegnato le chiavi al Capitano della Guardia Scozzese: il fidanzamento di sua sorella era stato un evento eccezionale per cui le avevano concesso tre giorni di licenza. Poi basta.

 

    

Trovò il Generale che seduto accanto al camino spento beveva in silenzio.

 

“Padre…” disse incerta, poi si sedette su un divanetto, le mani poggiate su un tavolino basso, dove, anche lì, troneggiavano le rose di sua sorella. “Padre, questo fidanzamento…”

 

L’uomo non disse nulla.

 

“Mia sorella… sarà felice? E’ la cosa giusta per lei?” ecco lo aveva chiesto, pensò, e adesso sarebbe stata punita per avere osato… però suo Padre le avrebbe spiegato, le avrebbe elencato tutte le ragioni e dipanato tutti i dubbi, ne era certa, lei era così orgogliosa di lui: un uomo a cui voleva tanto somigliare. E lei avrebbe rassicurato sua sorella e avrebbero fatto la pace, era ora...

 

Il Generale non disse nulla, si limitò a fissare il fondo del bicchiere, poi, in tono amaro emise la sua sentenza: “E’ la cosa giusta per i Jarjayes. Tua sorella è una Jarjayes, quindi si, è una cosa giusta anche per lei.”

 

Oscar sgranò gli occhi.

 

“Non fare domande se non sai sopportarne la risposta.” Il tono era compassionevole, come se stesse dicendo addio a qualcosa. Forse all’ingenuità della sua figlia più piccola. Forse al suo mito di padre di perfetto.
Oscar non seppe dirlo. Anni dopo sarebbe tornata altre volte a quella sera, a quel profumo delicato di rosa, alla morbidezza di quei petali, ripensando a cosa aveva detto addio quella sera. A tante cose, le sembrò, nel tempo. Troppe.

 

“Perché è la cosa giusta?” non se la sentiva di chiudere lì il discorso. Non dopo aver chiuso una porta a chiave pensando di fare il bene.

 

Il Generale bevve ciò che restava del bicchiere. Se ne versò un altro e lo mandò giù di un fiato, poi, senza mai guardarla in viso le spiegò tutto, le doti delle sorelle, la dote immensa di Joséphine per quel suo fidanzamento che tutte le invidiavano, che aveva intaccato la loro liquidità, il denaro messo nelle azioni della Compagnia delle Indie, ora bloccato, o forse perso, o forse no, il rifacimento degli affreschi nella casa in Normandia, il suo brevetto, una occasione irripetibile, le Guardie Reali… non si poteva avere tutto, lo capiva Oscar? Qualcuno doveva pagare per tutto questo… la famiglia del fidanzato di Joséphine non avrebbe accettato dilazioni, i pacta dotalia erano cose serie…e il nome dei Jarayes non poteva essere messo in discussione... e lei Oscar, beh, lo sapeva che per lei serviva un esercito giusto ed un compito giusto. Calcò la voce su quell’aggettivo - giusto - per cercare di farle capire, senza dover ammettere quello che non le poteva dire, non dopo averla cresciuta come un uomo fin dalla culla.
Il Duca si era offerto, in cambio di una moglie.

 

“Perché è la cosa giusta?” insistette pallida.

 

“Perché la famiglia conta più di ogni suo singolo elemento,” le spiegò paziente.”Perché tu conti, in quanto Erede, più di questa famiglia.”

 

Oscar rimase senza fiato.

 

Poi suo padre aggiunse che non doveva preoccuparsi: lei non aveva avuto parte attiva in quella storia, non aveva scelto nulla, come non aveva scelto nulla Joséphine, era lui che aveva scelto per tutti. La responsabilità era sua. Si versò di nuovo da bere, senza guardarla.

 

Oscar glielo chiese, non avrebbe voluto, ma doveva sapere: sua sorella, lei sapeva?

 

Certo, fu la risposta, la risposta di un uomo triste ed amareggiato, certo, mormorò, sua sorella sapeva cosa le veniva chiesto e per chi.

 

Quando Oscar uscì dallo studio, ebbe l’impressione di aver lasciato nella stanza la sua ingenuità e pure la sua innocenza.
Per quanto cercasse sua sorella prima di dover proprio andarsene, trascinata via da André - non poteva permetterle di rientrare a Versailles con le porte già chiuse - non la trovò.

 

Cavalcando a velocità folle verso Versailles trovò ironico che proprio lei e Joséphine avessero riacciuffato sua sorella che voleva andare a parlare, solo a parlare, lo aveva ripetuto fino allo sfinimento, con chissà chi.

Passarono la porta di Versailles giusto in tempo. Sentì il portone chiudersi dietro di lei e le sembrò immorale pensare ad un’altra vita che non fosse questa, non dopo averne saputo il prezzo.


Quella sera, chiese ad André di accompagnarla alle stalle, per occuparsi di Cesar e lì, tra le balle di fieno, lo prese a pugni. Lui glielo lasciò fare, senza chiederle assolutamente nulla.
Si lasciò colpire e colpire, fino a quando non caddero tutti e due in terra, sfiniti; allora la prese tra le braccia, come faceva quando lei era piccola, nelle notti di temporale e la strinse a sé, accarezzandole piano i capelli, in silenzio, senza dirle nulla. Fu l’ultima volta che dormirono insieme abbracciati.

Lui non le chiese mai cosa gli avrebbe voluto raccontare, cosa era successo tre giorni prima.
Lei gliene fu immensamente grata.

Seppe che lui, nel tempo, sentiva che c’era stata una spaccatura tra la loro vita di prima e quella di dopo e se ne dava la colpa, ma non poteva spiegare a lui, proprio a lui, che la distanza non era dovuta al fatto che lei considerasse migliore la sua vita a Corte (e se stessa, soprattutto se stessa), rispetto a quella vissuta da ragazzi.
Ma che era proprio il contrario.

 
Note finali: un paio di capitoli per una storia brevissima.
   
 
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