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Autore: saffyj    21/05/2016    3 recensioni
Edward ama sua figlia, ma deve fare i conti con i sensi di colpa che porta con sé. Penny, la figlia di Edward ha portato con sè tutto il dramma che ci si aspetta da un Masen.
Sequel della FF "Fridays at Noon" di troublefollows
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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CAPITOLO 5

 "Se il cane si fa male, dovrai portarlo a casa tua” dissi ad Emmett mentre lo osservavo sparare un altro marshmallow nel cortile.
"Non si farà male" affermò con un sorriso. "Sai, se la facessi correre di più, non farebbe danni in casa. I cani hanno bisogno di sfogare la loro energia in eccesso." Puntò il suo tiratore di marshmallow un po’ più lontano dal punto in cui Cupcake stava cercando un altro "proiettile".
Eravamo in piedi sulla terrazza del tetto guardando la tenuta. I cavalli erano fuori, avrei dovuto portare Penny alle stalle per dar loro da mangiare delle mele dopo il suo pisolino. Il piccolo diavolo bianco, anche detto cane, stava correndo verso il suo prossimo spuntino.
Alcuni giardinieri lavoravano intorno alla casa di Tyler e Terry. Il giardino fiorito di Isabella stava crescendo molto colorato per quel periodo dell'anno ed i giardinieri stavano facendo un ottimo lavoro.
"Questa cosa spara meglio dell’ultima che abbiamo avuto" osservò Emmett mentre sparava di nuovo. A volte sembrava più un bambino che un uomo adulto.
Isabella una volta mi disse che sarebbe stato uno dei motivi per cui sarei stato sicuramente un buon padre… se riuscivo a capire come giocare con Emmett, i miei figli non sarebbero stati un problema.
Penso di aver fatto un buon lavoro con Penny. Non ero così bravo quando voleva giocare con le sue bambole, ma ero un eccellente ospite alle feste del tè. Sono stato anche molto bravo a nascondino - sia nell'occultamento che nella ricerca. Proprio l'altro giorno, ho battuto Lala e Penny a Old Maid. Ho preso il voto del papà più giocoso. 9+++
Emmett stava ricaricando il suo tiratore ed era comico guardarlo mentre con le sue enormi dita cercava di mettere mini marshmallow nel tubetto.
Mia madre giocava sempre con me ed Alice quando eravamo giovani, anche se non ci permetteva mai di avere altri giocattoli oltre quelli che avevamo nelle nostre camere perché mio padre non tollerava il disordine in qualsiasi altra parte della casa. Non avevo mai capito quanto mio padre si fosse perso, negandoci i momenti di gioco con lui, fin quando non è arrivata Penny. Non avrei mai fatto l’errore di mio padre, avrei condiviso tutto con lei, non mi sarei mai perso nulla della sua vita e sarei sempre stato presente.
"Mio padre non ha mai fatto nulla con me. Non mi ha fatto vedere come si gioca a palla o come annodare la cravatta. Non è mai venuto a un recital di pianoforte o a una misera partita di campionato. Era davvero un cazzo” dissi girandomi e appoggiandomi contro il ferro battuto e i mattoni.
Gli occhi di Em incontrarono i miei rapidamente, mentre continuava a lavorare al suo tiratore. "Total cazzo sulla base di quello che mi hai detto. Meno male che hai scelto di goderti tua figlia".
Mi spostai verso una delle sedie del patio e mi sedetti facendo cadere all’indietro la testa per guardare il cielo. Estrassi il telefono dalla tasca per controllare l’ora. Due e mezza. Il tempo sembra essersi fermato. Probabilmente perché volevo che scorresse più velocemente. Ancora due ore. Dovevo attendere ancora due ore.
"Mi chiedo cosa abbia visto mia madre in mio padre. Non ho mai trovato una sola cosa veramente positiva in lui.”
"Alcune donne hanno la capacità di vedere bene nei luoghi più oscuri."
Lo sapevo perfettamente. Ho sposato una donna del genere. Isabella. Isabella. Isabella. Chiudo gli occhi e mi perdo in lei per un attimo. Pensare a lei è preferibile rispetto a pensare a mio padre.
Il suo sorriso. Completamente disarmante, incantevole. Un suo sorriso e la mia giornata migliorava in modo esponenziale.
La sua risata. Più bella di un suo sorriso. Sexy, anche se lei non sarebbe d'accordo. Adorabile, quando lo nascondeva coprendo la bocca con la mano.
Baciarla. L'unica cosa che mi manca più di ogni altra cosa. Avrei potuto baciarla tutto il giorno se mi fosse stato permesso. Le sue labbra, le guance, il collo, la parte interna del gomito, il suo interno coscia.
Il suo interno coscia. Dio, il suo interno coscia era così dannatamente morbido. Era sicuramente la mia parte preferita del suo corpo.
Aprii gli occhi e controllai che Emmett non mi avesse notato. Per fortuna era troppo occupato a fare le stupide munizioni di marshmallow per il cane. Sposto, senza farmi notare, i pantaloni intorno ai bottoni dei miei jeans. Mi stavo per eccitare in modi imbarazzante se non facevo attenzione.
Chiusi gli occhi ed appoggiai di nuovo la testa. Avevo davvero bisogno di ricominciare a meditare. Avevo bisogno di una mente tranquilla, un po’ di sollievo dallo stress. E chi non vorrebbe trovare un po’ di pace interiore? Cazzo, soprattutto in quel momento, avevo realmente bisogno di un po’ di pace interiore. Ridacchiai alle mie riflessioni.
Ricordai le volte che mi ero seduto su quella stessa terrazza, meditando. Momenti di relax, di centraggio di me stesso. Avevo tentato di meditare con Isabella solamente una volta. Ci eravamo seduti sulle stuoie di yoga, uno di fronte all'altro. Lei teneva le mani appoggiate alle ginocchia con la punta delle dita unite e gli occhi chiusi. Eravamo riusciti a rimanere in quel modo per circa cinque minuti prima di iniziare a ridacchiare.
 
***
 
"L’obbiettivo è quello di rimanere tranquilli e liberare la mente."
"Lo so, ma non hai idea di quanto sei carino quando esegui questa operazione. Il tuo viso è così rilassato e gli angoli della bocca sono impercettibilmente rialzati donandoti un’espressione felice. Fissando le tue labbra mi fa pensare quanto mi piacciono. A quanto mi piace sentirle, mi fa venire in mente pensieri sconci. Quei pensieri sconci mi fanno ridere. Non posso farne a meno. "
Aprii gli occhi. Aveva i capelli raccolti in una coda di cavallo e la canotta che indossava le fasciava il corpo. Le cime dei suoi bei seni mi incitavano a toccarle. Pensieri sconci altroché… ma cercai di concentrarmi guardandola negli occhi.
"Dovresti chiudere gli occhi, non mi guardare."
"Mi piace guardarti."
“Mi stai rendendo difficile trovare la mia pace interiore."
"Tu sei la mia pace interiore."
L’ amavo così fottutamente tanto. "Chiudi gli occhi, Isabella, e taci."
Chiusi gli occhi dopo che lei chiuse i suoi. Pochi secondi e sentii le sue labbra sulle mie. Aprii un occhio e la vidi sforzarsi di non ridere.
"Scusa" cercò di dire seriamente. "Amo le tue labbra. Anche quando ho gli occhi chiusi."
"Penso che lei ami essere una distrazione, signorina Swan" dissi alzandomi sulle ginocchia e spingendola giù sulla schiena. La baciai sulle labbra e poi sul collo. Continuai a baciarla fino ai morbidi seni mentre lei gemeva apprezzando.
"La meditazione… il sesso all'aperto… raggiungerai la tua pace interiore. Te lo prometto." le sue mani scivolarono sotto la mia camicia e si mossero sensualmente sul mio petto.
La baciai avidamente. "La pace interiore o il tuo punto?" Le chiesi con voce roca, facendola ridere eccitata. La sua presenza era rilassante e incredibilmente eccitante allo stesso tempo.
La spogliai velocemente. L'aria del mattino era fredda, ma i nostri corpi aggrovigliati erano tutto il calore di cui avevamo bisogno. Non c'era niente di più bello che Isabella nuda alla luce del sole. La sua pelle praticamente brillava come fosse una specie di entità celeste. Il mio angelo.
 
Spalancai gli occhi. Mi strofinai la faccia e controllai per vedere dove era andato Emmett. Si era spostato verso l'angolo più lontano del patio. Stava ricaricando di nuovo il tiratore di marshmallow.
Mi mancava così dannatamente tanto. Tirai fuori il mio telefono. Erano passati solo dieci minuti. Mi rassicurai pensando che la giornata non poteva andare avanti per sempre.
"Cupcake è perfetto per tenere lontano gli scoiattoli" mi informò Emmett avvicinandosi.
“Tu e quel cane siete perfetti insieme. Perché non chiedi a Faith di poter portare il cane a casa con te? Lei te lo lascerebbe se le fai intendere che ti senti solo”
"Io non sono così solo."
"Ah sì? C'è qualcosa che dovrei sapere? O qualcuno che dovrei conoscere?"
Emmett mi puntò il tiratore carico di marshmallow “Non ho detto che c’è qualcuno, ho detto che non sono così solo da dover prendere un cane”
"Fossi in te non punterei quel coso su di me."
"Oh, davvero? Hai paura di piccoli marshmallow, E?"
Sollevai un sopracciglio in segno di avvertimento. "Se anche un marshmallow mi colpisce, sarai licenziato."
Emmett scoppiò in una risata che gli scosse tutto il corpo. “Quante volte ho sentito questa frase? Non sei così spaventoso." disse battendomi sulla spalla la canna del tiratore.
Coglione.
Mi alzai di scatto e mi diressi in solarium, passando dalla biblioteca. Venni accolto da Charlotte e una sonnolenta piccola che mi cercava.
"L’ora del pisolino di qualcuno è finita. Voleva il suo papà" mi informò Charlotte mentre Pennylove correva verso di me.
La presi in braccio e lei avvolse le braccia e le gambe intorno a me come una scimmia. Le baciai il lato della testa, stringendola forte. "Pensavo che avresti dormito più a lungo, dopo tutto quello che hai saltato e ballato oggi".
"Perché hai marshies tra i capelli, papà?" Sollevò la testa dalla mia spalla e prese un marshmallow dai miei capelli.
"Lo zio Emmett vuole iniziare una guerra. Da che parte stai?" Le chiesi, facendole il solletico al pancino. Lei ridacchiò e si agitò tra le mie braccia. Non c'era suono più dolce.
"Dalla tua parte. Prendiamolo!"
Masen… a volte era tutta una Masen.
"Faith! Come hai potuto schierarti con uno grande e cattivo come papà invece che con me?" protestò Emmett.
"Voleva colpire Cupcake con il marshmallow!"
"Bugiardo!" risi. Non potevo credere che potesse cadere così in basso da mentire.
"Papà ama Cupcake!" gridò Penny in mia difesa. Almeno credeva che fosse vero quello che diceva.
"Prendi i cuscini di lettura!" le dissi portandola nel suo punto di lettura in biblioteca dove c'erano decine di cuscini per rilassarsi.
Ci armammo di cuscini ed inseguimmo Emmett per tutta la stanza. Non aveva più marshmallow e non aveva la possibilità di ricaricare senza essere preso a cuscinate da noi. Correre era la sua unica opzione.
"Va da quella parte, baby. Lo intrappoliamo" dissi, indicandole di girare intorno al pianoforte.
"Faith, per favore! Abbi pietà!" supplicò Emmett. Mia figlia era gentile ma non misericordiosa quando si trattava di guerra di cuscini. Lei lo colpì con il suo cuscino unicorno e lo fece cadere.
Anch'io non ebbi pietà. Una volta che fu a terra, mi sentii abbastanza giustificato per colpirlo con il cuscino extra large che avevo scelto dal mucchio.
"Dì Masen vincitori" ordinò Penny, colpendolo ripetutamente sulla testa che teneva coperta con le braccia.
" Masen vincitori! Masen vincitori! Mi arrendo!" Emmett era più intelligente di quanto sembrava. La mia Penny smise il suo assalto, mentre colpivo ancora una volta Emmett per sentirmi meglio.
"Stai bene?" gli chiese accarezzandolo delicatamente sul braccio che aveva usato per coprirsi il capo.
"Sto bene, principessa." Si mise a sedere e mi lanciò uno sguardo assassino, per farmi sapere che era scontento per la mia ... rappresaglia troppo zelante. Alzai le spalle… Aveva cominciato lui.
Penny gli si arrampicò in grembo e lo abbracciò. Era davvero una via di mezzo tra me e Isabella all’interno di una piccola persona. "Ti vogliamo bene, zio Emmy, giusto papà?"
"Tu lo ami. Io lo tollero. Non dimentichiamo chi ha iniziato questa guerra, Pennylove". Presi i cuscini e tornai nell’angolo di lettura di Faith. Era una piccola e confortevole zona con i libri di Faith sugli scaffali più bassi. Passavamo un sacco di tempo in quell’angolo a leggere, suonare il pianoforte e a giocare con giochi da tavolo; era anche il luogo dove amava tenere le feste da tè.
“Mi conoscevi quando ero nella pancia della mamma?" chiese ad Emmett facendomi congelare sul posto.
 
"Sicuro. Conoscevo tua mamma e tuo papà quando eri nella pancia di tua mamma. Tuo padre è il mio migliore amico, ricordi?"
"Zia Alice sta andando in ospedale per avere il suo bambino. Quello in cui lavora il nonno."
"Che figata" rispose Emmett tranquillamente.
Tremai per il timore di dove fosse diretta quella conversazione.
"Sono nata anch’io all'ospedale del nonno?"
La mia schiena si irrigidì. Potevo sentire la tensione nel collo e nelle spalle. Non volevo pensare alla nascita di Faith. Certamente non volevo avere questa conversazione con lei e Emmett.
"Sicuro che sei nata lì. Eri super-speciale. Si sono presi molta cura di te perché eri la nipote del dottor Cullen." rispose Emmett mentre le solleticava la pancia.
“Come fai a saperlo? Mi hai visto in ospedale?"
"Certo che l'ho fatto", rispose Emmett con entusiasmo. "Non vedevo l'ora di vederti. Eravamo tutti assolutamente entusiasti del tuo arrivo."
Eccitato. Ansioso. Completamente terrorizzato. Erano la stessa cosa, giusto?
"Ho pianto subito? Zia Alice dice che i bambini piangono quando nascono."
Questa domanda bloccò Emmett. Mi guardò, sapendo che ero l'unico che poteva rispondere a quella domanda. "Ha pianto. Vero, Big Daddy?"
La nascita di Faith era poco più che una macchia nella mia memoria. Troppe emozioni mi avevano sopraffatto, rendendo alcuni dettagli sfocati. Annuii, ma non ero certo di aver detto la verità. Probabilmente aveva pianto. Non ero concentrato sul bambino nella stanza. Ero completamente concentrato sulla partoriente. La donna la cui frequenza cardiaca era salita alle stelle, seguita da un rapido calo della pressione sanguigna.
 
***
 
"Il battito cardiaco è in aumento" disse qualcuno. C'erano così tanti medici e infermieri in sala. Li avevo voluti tutti qui, ma mi infastidivano mentre cercavo di concentrarmi su Isabella.
"Andiamo, Bella. Ancora una spinta e questo bambino sarà fuori" disse la sua ostetrica.
Non volevo altro che tutto finisse. Volevo che il bambino uscisse, così avremmo potuto risolvere il cuore della mia amata e stare tutti meglio.
Le ultime due settimane non erano state buone, fisicamente e emotivamente. Sapevamo che dalla 32° alla 34° settimana sarebbe stato il periodo più difficile per il suo cuore. Avevo letto riviste mediche sufficienti e parlato con il cardiologo così tanto che mi sentivo un esperto di gravidanza e di malattie cardiache. Avevo spinto per farle mettere la valvola sostituita durante la gravidanza. Era una chirurgia che veniva utilizzata comunemente quando gli altri trattamenti non risolvevano il problema, però i sintomi di Isabella erano inconsistenti e lei aveva scelto di non fare l'intervento chirurgico.
Pregai per tutto il tempo di non dover rimpiangere quella decisione, perché l’unica cosa che volessi era che lei vivesse!
Aveva rotto le acque in tarda mattinata e le contrazioni erano diventate più forti. Era di 36 settimane. La bambina era piccola. Prematura e piccola perché la madre era malata di cuore. Aveva bisogno di un trattamento speciale ed ero preoccupatissimo per Isabella. Ringraziando aveva voluto la squadra neonatale in sala. Finalmente aveva imparato ad essere una Masen esigente.
Isabella strinse la mia mano così forte, che pensavo me l’avesse rotta. Spinse ed emise un grugnito selvaggio allo stesso tempo. Il suo respiro era affannoso, più affannato di quello che avrebbe dovuto essere. Non avevo bisogno di essere un esperto per capire che c’era un problema.
"Ottimo!" l'ostetrica la incoraggiò.
Mia moglie cominciò a tossire. Cominciò a tossire sangue. Le macchine iniziarono a suonare. Il monitoraggio medico dei suoi organi vitali prese il sopravvento. Un'infermiera, cercava di attirare la mia attenzione lontano da Isabella e verso la bambina. Non volevo affrontare la bambina. Qualcosa non andava. C’era qualcosa di sbagliato, molto sbagliato.
 
***
 
"La mamma copriva le orecchie così?" chiese Penny mentre copriva le orecchie con le mani e chiudeva gli occhi.
Emmett rise. "Scommetto che tua mamma amava sentirti piangere."
Faith lasciò cadere le mani e guardò Em come se fosse pazzo. "Odio il suono dei bambini che piangono. E' così forte."
Avrei voluto parlare e dirle di non usare la parola odio, ma ero soffocato dai brutti ricordi.
“Parli come tuo padre. Non gli piace che nessuno sia più forte di lui" mi stuzzicò mentre conversava con Penny. "Io scommetto che ha coperto le orecchie. "
"Scommetto che la mamma ha lanciato un’occhiataccia a papà ... come questa." La vidi arricciare il naso e stringere gli occhi.
Non volevo parlare di quel giorno. Non potevo neanche ascoltare.
Emmett annuì e rise della stupidità di mia figlia. Lui mi guardò e vide che tutto il sangue si era prosciugato dalla mia faccia, mi sentivo male a causa del loro argomento di conversazione.
 
"Ehi, tuo padre mi ha detto che ti sta insegnando una nuova canzone al pianoforte. Me la vuoi far ascoltare?"
La mia Penny saltò in piedi e corse al pianoforte. "E' così sciocca! Ti piacerà."
Scambiai un altro sguardo con Emmett, ringraziandolo per la distrazione. Mi diede una pacca sulla spalla accompagnandomi al pianoforte.
“Mi conosci troppo bene, Faith. Sciocco zio Emmy, sono io."
Avevo bisogno di riprendermi. Solo pensare al giorno in cui è nata mi rendeva irrequieto. Ho lavorato duramente ogni anno per il suo compleanno, concentrandomi sul celebrare l'anno che era passato e non l'anniversario della sua nascita. Rendeva tutto più facile.
Scrollai di dosso l'oscurità e mi unii a loro vicino al nero pianoforte Steinway a coda che stazionava nel centro della stanza.
Penny si arrampicò sulla panca, i suoi piedi pendevano perché era troppo piccola per poter raggiungere i pedali. Incrociò le gambe all'altezza delle caviglie e sistemò lo spartito dove poteva vederlo comodamente. Le avevo insegnato una semplice canzone che imparò abbastanza velocemente. Avevo dovuto optare per canzoni semplici, perché le sue mani erano ancora piccole. La sua gamma di note era limitato. Però le piaceva suonare. Ed amava ancora di più ascoltarmi suonare.
Iniziò a suonare ed insieme cantammo "In un posto che ..." pigiò il tasto sbagliato e ricominciò.
"In un posto che conosco un mago è uno spettacolo. In un cestino siede profondo un cobra addormentato."
Emmett inarcò le sopracciglia verso di me mentre Penny suonava e cantava. Quando ebbe finito, entrambi applaudimmo e lei sorrise con orgoglio.
"Le hai insegnato a suonare a 'c'è un posto in Francia'?"
"Papà, suona anche tu. Per favore!" Penny si spostò facendomi spazio sulla panca vicino a lei.
Mi sedetti e la scoltai, perché non c'era davvero modo di dirle di no. Suonai la canzone ripescando le note dalla memoria. Le mie dita si muovevano lungo i tasti suonando una versione più complicata della stessa canzone. La mia piccola amava quando sembrava che le mie mani avessero una mente propria. Applaudì appena finii il brano e mi pregò di suonarne un altro.
"Fai quello con tutte le canzoni dei cartoni animati e la ninna nanna della mamma mescolati tra loro. Per favore?" chiese facendo gli occhioni dolci.
Ogni tanto, mettevo insieme un po’ di mash up nelle canzone per la mia Pennylove. Di solito era un mix di canzoni per bambini e alcuni di musica classica. Quello che lei chiedeva comprendeva la canzone che avevo scritto per Isabella quando era incinta.
 
***
 
"Il bambino ama la sua canzone" disse Isabella dal suo posto vicino al camino.
Smisi di suonare per un secondo, guardando oltre la mia spalla verso mia moglie incinta. "L'ho scritto per te." Non per il bambino. Non volevo scrivere nulla per quel bambino.
"Oh, per favore. L’hai chiamato Isabella Lullaby. E' per me e tua figlia e tu lo sai."
Lei voleva che amassi il bambino, ma non l'ho fatto. Non potevo. Isabella doveva prendere tutte quelle pillole ogni giorno ed il suo cuore ne pativa. Aveva perso peso durante l'ultima visita di controllo, il che aveva preoccupato molto sia me che il dottore. Il bambino le stava letteralmente succhiando la vita.
Isabella si alzò e si avvicinò al pianoforte. Si sedette accanto a me. Posò la sua mano delicatamente sulla mia coscia ed io ricominciai a suonare la canzone.
"Ho letto da qualche parte che la musica è un bene per lo sviluppo del cervello del bambino. Scommetto che questa bambina sarà intelligente come il suo papà" disse accarezzandosi la pancia con amore.
Questo è quello che faceva per me. Mi ricordava costantemente come il bambino sarebbe stato come me. Non volevo che fosse come me. Non avevo nemmeno voglia di pensarci.
Isabella capì il mio conflitto interiore. "Perché lo fai?" mi chiese.
Smisi di suonare. "Fare cosa?"
"Fai quella faccia ogni volta che parlo di nostra figlia." Allungò una mano sulla mia guancia e mi accarezzò con il dorso delle dita.
Scossi la testa e le presi la mano. La baciai sul polso nel punto in cui si sentiva il battito del cuore. Ogni battito del suo cuore era prezioso per me. "Non so di cosa stai parlando."
"Non è colpa del bambino, Edward."
Mi rifiutai di guardarla e fissai i tasti del pianoforte. Bianco e nero. Così semplice. Così semplice a differenza del resto della mia vita.
"Ti amo più di ogni altra cosa in questo mondo. Non riesci a capirlo?" dissi sfiorando i tasti con le dita. Isabella batté la mano sul pianoforte, facendo un suono forte e discordante. "Sei così frustrante!"
"Sono frustrante?" La fissai, lasciando che la mia rabbia la penetrasse lentamente. "Perché ti amo così tanto? Perché non posso sopportare l'idea di non averti nella mia vita? Perché tu sei l'unica cosa che voglio?"
Scosse la testa risentita. "Non pensi che ti amo?"
"Non ho mai dubitato che mi ami."
"Non pensi che ti amo tanto quanto mi ami?"
"Nessuno può amare qualcosa tanto quanto ti amo" risposi mettendole la mano sulla guancia.
Mi coprì la mano con la sua. "Ti sbagli." Fece scivolare le nostre mani verso il basso e le mise sul suo ventre tondo. "Lei ti amerà in un modo che non si può nemmeno immaginare."
Deglutii e fissai le nostre mani. Non avrebbe avuto importanza se Isabella non fosse sopravvissuta. Il bambino non avrebbe mai saputo di me. Così avevo deciso.
"Ti amo" ha continuato Isabella. "Ti amo tanto quanto mi ami e mi fa incazzare che pensi che non è possibile. Sono stata all'inferno e ritorno per te. Ho rischiato la mia vita e affrontato un folle psicopatico per te. Non hai idea di come mi sento! "
"Per favore non ti arrabbiare” la supplicai, avvicinandomi maggiormente a lei. "Lo sai che non devi agitarti.”
Mise nuovamente le mie mani sulla sua pancia. Le fissò mentre i suoi occhi cominciavano a lacrimare.
"Amo anche questa bambina. Io la amo più di quanto abbia mai pensato possibile. Non posso esprimere a parole cosa si prova ad avere una vita che cresce dentro di me. Non c'è nulla di simile. Non ci sono parole per descrivere quello che lei significa per me. Che cosa significa il nostro bambino per me.  Potrei uccidere per lei. Potrei correre in un edificio in fiamme per salvarla. Pensi di riuscire a capire? Non hai il monopolio del folle e travolgente amore lo sai? "
La mia bella Isabella mi guardò, sperando che avessi capito. Mi chinai e le baciai la fronte. Non volevo turbarla. Non dubitavo di lei o del suo amore per me. Lottavo contro la sua volontà di morire per questo bambino. Lottavo contro il fatto che lei amava qualcuno che non aveva nemmeno ancora incontrato, anche se sapevo che amava anche me. Purtroppo era chiaro, ero ancora il figlio di mio padre.
"Vi amo entrambi da morire, Edward" disse guardandomi con occhi tristi.
"Non hai idea di quanto io ci voglia credere" La baciai dolcemente in un primo momento, poi mi persi nella sensazione delle labbra di mia moglie sulle mie.
Appena la mia lingua scivolò nella sua bocca, il bambino iniziò a calciare nel punto in cui la mia mano era appoggiata sulla pancia della madre. Scalciò così forte che Isabella grugnì in risposta. Non avevo mai sentito il bambino muoversi prima. Mi ero rifiutato di toccarlo quando me lo avevano chiesto. Avevo osservato il sorriso di tutti gli altri e udito le loro risate quando lo sentivano. Tyler, Charlotte, Esme, Alice. Anche Jasper, Charlie e Emmett.
Isabella ridacchiò. «Credo voglia che smetti di baciarmi e che finisci di suonare il brano."
Risi. Risi veramente. Qualcosa che non facevo da molto tempo. Il bambino calciò di nuovo e mi fu difficile allontanare la mano. Forse stava cercando di dirmi qualcosa. Forse voleva solo sentirmi suonare. Il bambino non aveva colpe anche se io stesso lo avevo incolpato. Il nostro bambino, al massimo, era la vittima di tutta quella situazione. Se Isabella fosse morta, sarei stato un padre terribile senza mia moglie. Ne ero certo.
 
***
 
"Tuo padre è bravo. Credo che la mia parte preferita sia quella dei Flinstones!" esclama Emmett appena terminai di suonare.
"La Ninna nanna della mamma è la mia preferita."
Baciai la testa di Penny. "Perché non corri al piano di sotto e dice Charlotte che siamo pronti per uno spuntino? Scommetto che hai fame."
La mia bambina scivolò dalla panchina. "La mia pancia è veramente affamata!"
Saltellò fuori dalla stanza allegramente per fare quello che le avevo chiesto.
 
"Lascia il passato nel passato a cui appartiene, E." mi consigliò Emmett facendomi l’occhiolino.
Spinsi la panca lontano dal piano e mi alzai. «Lo so. Mi fa sentire così dannatamente colpevole, però. Ho solo un bambino sangue del mio sangue. Uno. E non ho avuto la possibilità di godere l'esperienza, capisci? Non ho avuto la possibilità di essere eccitato. Cazzo, so quello che ho fatto. Sai che ho quasi ... "
"Amico, ferma. Non si può cambiare. Non si può tornare indietro. Sì, fa schifo. Sì, era una merda e hai fatto alcune decisioni merdose mentre stavi attraversando il momento più difficile nel quale un uomo può passare. Ma ora hai Faith, e tu sei un buon padre, che la ama. Questo è quello che sa e quello che ogni giorno impara. In più, come hai appena detto, è quasi successo. Sappiamo entrambi che non saresti andato fino in fondo. So che non lo avresti fatto."
Mi stropicciai gli occhi con le mani. Aveva ragione. Ancora. Stava diventando fastidioso.
"Lei meritava di meglio, questo è tutto." Sì, la mia Pennylove meritava molto meglio di come mi ero comportato.
"Alla fine, ha avuto il meglio. Ricordatelo."
Beh, di certo mi ero comportato nel peggiore dei modi. Isabella, poche settimane prima che Faith nascesse aveva ben chiarito che non c’era nulla di peggio del mostro che ero.
 
***
 
Tornai a casa tardi dal lavoro. Mi nascondevo, usando il lavoro come scusa per non tornare a casa per cena. Cena, un pasto che consisteva in cibi senza sale o grassi, perché Isabella non poteva mangiare tutto ciò che facevano male al suo cuore. Cena, il momento in cui mi raccontava del bambino, cose che non volevo sapere. Cena, il momento in cui volutamente tralasciava dettagli su come si sentiva perché non voleva che mi preoccupassi. Lei mi proteggeva ed io ero impotente a fare lo stesso per lei.
Stavo parlando con Kate sul mio cellulare quando aprii la porta del mio ufficio a casa. Isabella era seduta alla mia scrivania. Aveva gli occhi rossi e gonfi come se avesse pianto troppo a lungo.
"Parlerò con voi di questo domani." Riattaccai e misi il telefono in tasca. “Qual è il problema? Perché hai pianto?"
La rabbia del suo tono non era ciò che mi aspettavo. "Quando Terry è venuto l'altra sera e voi siete venuti qui per parlare, di cosa stavate parlando?"
Sentii il mio cuore fermarsi. Non poteva saperlo. Terry doveva rispettare la privacy avvocato cliente. Terry non lo avrebbe detto a Isabella o a Tyler. Nessuno ne era a conoscenza.
Isabella parlò prima che riuscissi a trovare una buona risposta. "Giuro su Dio, che se stai cercando di dirmi una bugia o un modo per evitare di rispondere, io ti farò del male. Io ... ti lancerò qualcosa"
Afferrò il fermacarte di vetro a forma di globo che era appoggiato sulla mia scrivania. Quella situazione era così strana per il suo carattere che quasi scoppiai a ridere. Non risi, però, perché mi avrebbe sicuramente lanciato il globo sulla testa, non c'era dubbio.
"Mi ha portato alcuni documenti che gli avevo chiesto di elaborare” risposi onestamente.
Non mi mossi. Avrei voluto, ma non riuscivo a sollevare i piedi.
Vidi il suo mento cominciare a tremare. Volevo distogliere lo sguardo. Il suo dolore mi lacerava. Non riuscivo a sopportarlo, avevo già troppo dolore mio da sopportare. Chiunque diceva che lei sarebbe morta. Chiunque l’avrebbe uccisa, sarebbe morto per me. Io l’avrei cancellato dalla mia vita in un attimo.
"Che tipo di carte?"
"Perché vuoi saperlo?"
"Alice ha chiamato stasera, per chiedermi circa il Summer Bash. Aveva bisogno di sapere se avevi firmato il contratto con la società che farà lo spettacolo di luci. Ha detto che lo aveva messo sulla scrivania quando era qui lo scorso fine settimana." Tirò fuori una grande busta gialla dal cassetto accanto a lei.
I miei occhi si chiusero per il dolore al petto. Nessuno aveva detto niente. Aveva scoperto tutto da sola a causa della mia disattenzione. Avrei dovuto tenere le carte da qualche parte alla Masen Corp. invece di nasconderle nella mia scrivania di casa.
"Sono venuta qui per cercare i documenti per tua sorella. Ho pensato che non ti dispiacesse. Non abbiamo mai avuto segreti tra di noi." Il senso di tradimento che provava era chiaro. Lei detestava i segreti e quello era il più grande.
"Isabel-"
Batté il globo sulla scrivania così forte da farmi tacere. “Come puoi fare questo? Come puoi anche solo pensare di fare una cosa del genere?"
"Non posso farlo senza di te! Non posso! Lo so!"
Con mano tremante, si pulì la guancia bagnata. Quando mi guardò, sentii tutto il suo profondo dolore dentro il mio petto. "Tu vuoi che sia come se non fosse mai esistita?"
Sì ... no ... forse un po’ di entrambi. Volevo Isabella viva. Questo era tutto quello che volevo. Se non potevo averla, non volevo null’altro. Niente di niente.
Cercai di tranquillizzarla con il ragionamento che avevo usato su me stesso. "Vorrei che vivesse con la migliore famiglia possibile."
Il fuoco nei suoi occhi per la rabbia per quello che sarebbe successo mi fece trattenere il fiato. Si grattò la testa e tirò i capelli. "La famiglia migliore possibile? Lei ha già la migliore famiglia possibile!"
“No, se sei morta!" Ruggii, avvicinandomi come una furia alla scrivania che ci separava. Sbattei i pugni sul legno. Respiravo a fatica mentre il mio cuore tuonava nel petto. "Se muori, muoio! Non sarò di alcuna utilità per il bambino!"
"Sei così egoista! Tu sei così gretto e fottutamente egoista! La nostra famiglia ama questo bambino. Tutta la nostra famiglia vuole questo bambino. Se lo darai via, non ti potranno mai perdonare! Non ti potrò mai perdonare!"
"Tu sarai morta! I morti non distribuiscono perdono! I morti non fanno altro che marcire sotto terra!" Diedi di nuovo un pugno sulla scrivania, facendola saltare. "I morti non possono dire un cazzo sul modo in cui chi vive porta avanti la propria vita!" La zittii.
Mi fissava con la bocca aperta dallo stupore. Cercava nei miei occhi un qualche segno di rimorso o scuse per la durezza delle mie parole. Non ce n’era nessuno, tranne per il fatto che lo aveva scoperto. Lei non avrebbe mai dovuto scoprirlo. I documenti sarebbero importati solo se fosse morta. Se fosse morta, avrei dato il bambino in adozione subito. Non avrei potuto far parte della vita del bambino.
Si alzò in piedi e portò il polso alla bocca come per trattenere la sua emozione. La mano cadde al suo fianco e le sue parole furono dipinte di malinconia. "Non posso più farlo. Ho provato duramente, ma hai perso la tua mente. Non so come aiutarti, e ho troppo da fare per capirlo. Mi dispiace, avevo giurato che non ti avrei mai lasciato”. Sembrava addolorata per quello che stava per dire. Le lacrime cominciarono a cadere senza tregua. "Ma credo che, Edward Masen, io chiederò il divorzio e lotterò per l'affidamento esclusivo della nostra bambina prima che nasca. Non ti darò mai la possibilità di attuare il tuo orribile piano."
Si diresse verso la porta. Lasciandomi.
"Ho chiamato Jasper per venirmi a prendere. Ho bisogno di uscire da qui. Hai bisogno di stare da solo, in modo da poter capire quale sia la cosa giusta.”
Quella notte fu peggiore del giorno in cui l'avevo lasciata a Forks. Quella notte, Isabella tracciò una linea nella sabbia che non osai attraversare.
Sapevo cosa voleva dire ogni parola. La sua minaccia era reale e mi aveva strappato il cuore. Quella sera capii che la morte non era l'unica cosa che avrebbe potuto annullare le sue promesse.
   
 
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