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Autore: Eliessa    21/05/2016    2 recensioni
Boston. Hoyt, il tagliatore di gole era tornato.
Il suo obiettivo era la detective della omicidi di Boston Jane Rizzoli, l’unica donna che non era riuscito ad uccidere.
Riuscirà Jane a prendere Hoyt prima che lui l’uccida?
Riusciranno la sua famiglia, i suoi amici e soprattutto Maura a starle accanto?
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Jane Rizzoli, Maura Isles, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter 3 

Jane e Maura erano ancora davanti la porta dell’appartamento della detective.
Ancora incredule per la foto che avevano appena ritrovato rimasero in silenzio.
Jane era spaventata ma allo stesso tempo la poliziotta che era in lei aveva qualcosa da cui partire, qualcosa con cui continuare le indagini.
Maura invece era atterrita. Hoyt era di nuovo vicino a Jane, di nuovo esposta al pericolo e non riusciva a non pensare al peggio. Tante erano le persone finite sul suo tavolo autoptico per colpa di quell’uomo ed ora aveva paura che potesse finirci l’amica. Era così testarda, così decisa a prenderlo che nei momenti in cui doveva essere protetta se ne dimenticava e trattava Hoyt come un qualunque serial killer, non come il suo personale… d’altronde voleva solo Jane. La sua rivincita.
-Quel bastardo è qui. Mi sta sorvegliando. Mi segue e chissà quante altre volte sarà venuto qui a casa mia senza che me accorgessi.-
-Bisogna subito informare Korsak e gli altri.-
-Si, entriamo un attimo per prendere i fascicoli e torniamo in centrale.-
Le due donne entrarono in casa a prendere gli appunti e uscirono, il tutto a grande velocità per poi dirigersi in macchina e una volta saliti Jane sfrecciò sulle strade di Boston per arrivare in poco tempo alla centrale. Arrivati alla stazione corsero direttamente nell’ufficio di Jane dove c’erano Korsak, Frost, Dean e Frankie, che anche se aveva smontato dalla notte voleva contribuire alle indagini, ed appena li vide mostrò il souvenir che le aveva lasciato Hoyt.
-L’ho trovata poco fa davanti casa mia ed…-
-Ed..?-
chiese Dean.
-Ed è stata scattata prima, quando sono uscita per andare a casa.-
-Hoyt è qui!-
Esclamò Korsak.
-Allora? Che succede?- Chiese Cavanaugh sentendo le voci un po’ alterate.
-Hoyt è tornato.- disse Frankie passandogli la foto.
-Rizzoli, da questo momento metterò degli agenti di guardia davanti la tua abitazioni e le visite saranno ridotte.-
-Ma signore, non c’è bisogno. Sono una poliziotta!-
-Lo decido io di cosa hai bisogno. Non possiamo correre il rischio che ti uccida. Ci stava già riuscendo una volta.-
-Credo che non sia il caso che torni a casa. Hoyt sa dove abita, è spietato, sappiamo di cosa è capace e non saranno di certo due agenti a fermarlo. Aggiungeremo solo altre vittime.-
disse Korsak.
-Si, credo che tu abbia ragione, Vince. Dimmi, hai un posto dove andare?- chiese Cavanaugh rivolgendosi a Jane.
-Può venire a stare da me.- disse Maura. –Non sarebbe mai da sola e di certo i poliziotti in casa mia non mancano mai.- disse guardando negli occhi prima Frankie, il fratello di Jane e poi il tenente, il compagno della madre di Jane.
-D’accordo, può andar bene. Ma due agenti in più non farebbero male. Avrai due agenti come scorta che non ti perderanno mai di vista a partire dal momento in cui metterai piede fuori la centrale.-
-E il mio parere non conta?-
chiese Jane.
-Jane, per l’amore del cielo sei in pericolo. Hoyt vuole ucciderti!- disse il tenente scandendo bene l’ultima frase. –Lo vuoi capire che ci stiamo preoccupando per te?-
-Non c’è bisogno di agitarsi.-
disse Korsak. –Jane lo sa.-
-Infatti perché o così o sarai sospesa dal servizio senza aver la possibilità di indagare.-
Jane sospirò. -Ora, Korsak tu prendi i filmati delle telecamere di sicurezza della centrale e guardale, fatti aiutare da Frost. Frankie tu cerca se vicino casa di Jane ci sono telecamere e controllale.-
-Ed io? Posso partecipare o sono fuori?-
-Tu e l’agente Dean continuate ad indagare. Jane questa è ancora la tua indagine, la vostra indagine.-
disse Cavanaugh indicando i colleghi. –Non ti sto chiedendo di non indagare ma solo di stare attenta e se farai a modo tuo l’indagine te la toglierò.-
-Agli ordini capo.-
-Io intanto posso darvi una mano.- 
disse Maura. –Posso rendermi utile con le sue cartelle cliniche. Posso riguardarle.-
-Va bene.-
rispose Dean. –Il suo aiuto può essere fondamentale.-
-Andiamo ragazzi!-
esclamò Jane. Tutti iniziarono a svolgere il proprio lavoro.
Hoyt era di nuovo “tra loro”. La loro priorità era trovarlo, aveva ucciso molte persone, ma aveva ancora toccato Jane.
La Jane di Korsak, che lui vede come una figlia pronto a tutto pur di proteggerla; la Jane di Frost, la sua partner e migliore amica; la Jane di Frankie, la sorella minore che voleva proteggere, ma alla fine era sempre il contrario e la migliore poliziotta ai suoi occhi; la Jane di Angela, la figlia adorata che ancora tende a proteggere in un modo quasi ossessivo ma il suo era solo amore di madre; la Jane di Cavanaugh, “la figlia acquisita” e una delle migliori risorse del dipartimento; la Jane di Maura, l’amica fidata, la migliore amica che aveva e che sapeva capire e soprattutto amare come nessuno mai avrebbe potuto fare; e infine la Jane della centrale di Boston, ammirata da tutti i colleghi perché era riuscita con il suo carattere forte e determinato a conquistarsi la fiducia e il rispetto dei colleghi, soprattutto quando era passata alla Omicidi ed era l’unica detective donna. Non reagiva agli scherzi idioti e alle provocazioni che le facevano i colleghi i primi tempi e rispondeva agli insulti risolvendo casi che i colleghi si trascinavano per mesi.
Hoyt una volta preso non sarebbe più uscito dal carcere. Per lui sarebbe stato l’inizio della sua fine, una vita in carcere, in isolamento. Prima però dovevano prenderlo.
Il dipartimento di Boston si stava mobilitando per trovarlo ovunque si trovasse.
I detective della omicidi erano dietro le loro scrivanie in cerca di riscontri, indizi di qualcosa che li conducesse nel suo nascondiglio. Hoyt a Boston non conosceva nessuno, era solo eppure sapeva come muoversi per rimanere nell’ombra e uscire quando voleva senza essere notato.
Jane aveva passato il pomeriggio a controllare e ricontrollare carte e fascicoli, aveva scovato per l’ennesima volta nel passato di del suo seria killer, ma niente. Poteva recitare a memoria gli  incartamenti che aveva sotto gli occhi, li aveva letti troppe volte, fino a quando non esplose.
-Basta!- gridò Jane alzandosi dalla sedia e facendo volare un paio di fogli a terra. –Vuole vedermi impazzire e ci è riuscito. Io non ce la faccio più.-
-Ora calmati.-
disse Gabriel raggiungendola alla finestra con le sbarre e poggiandole una mano sulla spalla ma Jane a quel gesto si allontanò e Dean ritrasse la mano. –Lo prenderemo.-
-Diciamo così da un mese e ancora nulla. A questo punto dubito che lo prenderemo.-
-Andiamo a prendere un po’ d’aria fuori Jane.-
disse con ton calmo e pacato Maura.
-Si, credo di averne bisogno, andiamo.- Jane si era già diretta verso la porta d’uscita lasciando Gabriel nella stanza e Maura che la seguiva senza però dire una parola. –Passiamo da Frost, vediamo se ci sono novità.-
-Avete già finito di lavorare?-
chiese Frost quando vide le due donne.
-No, solo una breve pausa. Tu dimmi che hai qualcosa.-
-Ho controllato le videocamere di sorveglianza del palazzo di fronte il tuo. E’ sicuro che Hoyt ha lasciato la busta davanti la tua porta di casa, guarda.-
Frost indicò il monitor. –E’ lui, quello con la felpa nera e il cappuccio. Non si vede in volto ma altezza e corporatura corrispondono alla sua.-
-Merda! Possibile che Hoyt è qui e non riusciamo a beccarlo?-
-Sto seguendo anche un’altra pista Jane, sto facendo il possibile. Appena sono sicuro di quello che ho in mano ti chiamo immediatamente. Ora vai un po’ fuori con Maura ora.-
finì di dire Frost.
-Dai, andiamo Jane.- continuò Maura. Le due donne uscirono dal dipartimento per fare due passi all’aria aperta, fuori da quelle quattro mura della centrale che sembravano soffocarle.
-Ti rendi conto Maura?- iniziò a dire Jane. –Non riesco neanche a fare il mio lavoro. Non riesco a…-
-Tu sei brava nel tuo lavoro, lo sai. E’ questo caso, è Hoyt che ti sta togliendo il sonno, la calma, la lucidità.-
-E’ in questi casi che si riconoscono le persone, eh…-
-Vero. Tu ora puoi mollare tutto, lasciare l’indagine e nessuno ti biasimerà, oppure puoi tornare di sopra come me e insieme agli altri lavoriamo per catturare Hoyt.-
-La sto facendo troppo lunga, vero?-
chiese Jane poggiata con la schiena al muro e portandosi le mani alle tempie.
-No, altri al tuo posto non avrebbero retto due minuti. Staccare un po’ ti fa bene, ma devi decidere cosa fare ora.-
-Hoyt è un assassino ed io sono brava nel prendere gli assassini. Non sarà lui a farmi passare per una persona snervata, inabile e incapace. Ci ho messo tanto a conquistarmi la fiducia e il rispetto di tutti, quindi sai che ti dico? Saliamo e cerchiamo di prendere quel pezzo di merda.-
Jane e Maura entrarono nella centrale e andarono di nuovo nella sala interrogatori, ma Frost li fermò non appena li vide.
-Ehi, ferme. Jane ho qualcosa!- esclamò Frost.
-Cosa?- chiese Jane.
-Chiamate tutti.-
-Ci penso io.-
rispose Maura e mentre Korsak e Frankie si avvicinavano alla scrivania, Maura ritornava con Cavanaugh e Dean.
-Allora? Dai Frost, parla.- lo intimò Jane.
-Questa persona incappucciata è quella che ha lasciato la foto davanti casa tua.- Iniziò a dire Frost indicando sul monitor del pc l’uomo interessato. –Non si vede in viso ma è lui così ho cercato di ricostruire il suo percorso. E’ stato in gamba a non farsi mai riprendere in faccia dalle telecamere, ma si vede perfettamente che dopo aver lasciato la busta cammina per cinque isolati fino al “ The Midtown Hotel”-
-Frost, sei un genio.-
disse Jane. –Tenente, se lei è d’accordo andrei con una foto di Hoyt in questo hotel per sapere se è ancora lì.-
-Vai insieme a Korsak e Frost ma se è dentro non fate nulla, chiamate i rinforzi.-
-D’accordo, dai andiamo.-
finì di dire Jane mentre prendeva le foto segnaletiche di Hoyt per poi infilarsi la giacca ed incamminarsi verso gli ascensori. Con la sua Jaguar nera, Jane, il suo partner e Korsak andarono all’hotel. Finalmente avevano trovato il suo nascondiglio. Jane lo aveva avuto quasi sotto casa e chissà per quanto tempo l’aveva spiata quando era in casa o seguita in girò per la città. In auto nessuno fiatava, era un momento importante, si chiedevano cosa sarebbe successo, se Hoyt fosse stato ancora lì o le indagini sarebbero arrivati per l’ennesima volta ad un vicolo cieco. Arrivati in hotel Jane si identificò.
-Buongiorno, sono il detective Jane Rizzoli, dipartimento della omicidi di Boston, loro sono i miei colleghi, i detective Frost e il sergente Korsak.-
-Salve, posso fare qualcosa per voi?-
chiese l’uomo brizzolato alla receptionist.
-Si, ha mai visto quest’uomo?- Jane gli mostrò la foto di Hoyt.
-Si. Noah McEnzie, ha lasciato l’hotel questa mattina verso le 9. Avevo da poco iniziato il turno.-
-Come, è andato via?-
chiese Jane
-Si, sono stato io a preparargli il conto. E’ arrivato ieri nel primo pomeriggio ed ha chiesto una camera singola per una sola notte.-
-Ha pagato con una carta di credito?-
chiese Frost.
-No, in contanti.- rispose l’uomo della reception.
-Maledizione!- esclamò Korsak. Jane intanto si allontanò di poco per chiamare Cavanaugh ed avvertirlo della situazione.
-Comunque ora non è più così.-
-Che vuole dire?-
chiese Frost.
-Ha i capelli più corte e un aspetto un po’ più giovane.-
-Dovremmo aggiornare le informazioni.-
disse Korsak rivolgendosi a Frost. –Senta, non è che potremmo dare un’occhiata alla stanza dove ha alloggiato?- continuò a dire volgendosi all’uomo.
-Non potrei…-
-Possiamo anche ottenere un mandato di perquisizione, ma ci impiegheremo un paio d’ore e sono ore tolte alle indagini dove noi potremo scoprire qualcosa. E’ uno spietato assassino, ci dia una mano.-

L’uomo si girò a prendere le chiavi della stanza di Hoyt.
-Prendete, questa è la chiave elettronica. La stanza è la 171, terzo piano a destra.-
-La ringrazio.-
rispose Korsak.
-Posso solo chiedervi un po’ di discrezione? Non vorrei che gli altri ospiti si allarmassero.-
-Stia tranquillo, nessuno si accorgerà della nostra presenza.-
Poi Korsak si girò verso la collega. -Jane, vieni. Andiamo a perquisire la stanza.-
-Senza un  mandato?-
-Il signore ci ha concesso gentilmente le chiavi, quindi…-
-Quindi abbiamo il permesso. Avanti andiamo.-
I tre presero l’ascensore e seguendo le indicazioni dell’uomo arrivarono nella stanza 171. Aprirono con la tessera ed entrarono.
-E’ stata ripulita.- disse Jane. –Avranno fatto le pulizie, non troveremo nulla.-
-Controlliamo lo stesso.-
disse Korsak.
-E’ tutto tempo perso. Non troveremo un solo indizio qui dentro.-
-Jane ha ragione, Korsak. E’ stata ripulita quindi se anche ci fosse stato un solo indizio sarà andato perso.-
-Siamo arrivati tardi, e siamo di nuovo al punto di partenza.-
ribadì Jane mentre i due uomini girovagavano nella stanza senza nessun risultato. –Dai, torniamo in centrale.-
Con l’umore a terra e la rabbia repressa dentro uscirono da quella stanza, consegnarono la card alla reception e tornarono alla centrale.
Hoyt per l’ennesima volta era riuscito a dileguarsi, era sempre un passo avanti a loro. Prevedeva le loro mosse in qualche modo e sapeva come comportarsi. Era molto astuto e ora era di nuovo libero in una città di quasi 620 mila persone, e la polizia per quanto in allerta fosse non poteva controllare ogni angolo della città. Hoyt si muoveva a piedi quindi si mascherava facilmente nella popolazione ed ora la polizia era di nuovo in attesa di un altro suo sbaglio, o traccia lasciata sul suo cammino.
Dopo un quarto d’ora i tre erano di nuovo nel loro ufficio.
-Allora?- chiese Cavanaugh.
-Niente di niente. Solo tempo perso.- ripose Jane sprofondando nella sua sedia.
-Abbiamo accertato la presenza di Hoyt li, ma ora è di nuovo libero in città.- continuò Korsak.
-Come diavolo è possibile?- iniziò a dire il tenente.
-Signore mi scusi, è sabato sera, sono quasi le sette. Potrei avere il permesso di andare?-
-Rizzoli, sei sicura di voler continuare sul caso?-
-Si, però per questa sera mi mandi a casa.-
Cavanaugh guardò Jane negli occhi. Stava prendendo in considerazione l’idea di sollevarla dal caso. Stava iniziando a perdere la lucidità necessaria ma allo stesso tempo si fidava di lei.
-D’accordo, anzi andiamo tutti a casa. Ragazzi, ci si vede lunedì sempre se domani qualche omicida non decida di farci venire a lavorare.-
-A lunedì gente.-
disse Frost.
-Jane, mi accompagni in ufficio così torniamo a casa?- chiese Maura.
-Veramente.- s’intromise Gabriel. –Potrei invitarti a casa questa sera?-rivolgendosi a Jane.
-Questa sera?-replicò confusa la donna. Maura a quella richiesta s’irritò. Era lei che doveva invitarla a cena, era lei che l’amava, con lei avrebbe dovuto cenare quella sera, ma non disse nulla. Tenne dentro di se la frustrazione che provava in quel momento. –Va bene.- continuò Jane chiedendosi nello stesso istante se faceva bene ad accettare quell’invito. Voleva declinarlo, aveva sbagliato ad accettare di uscire con lui. Aveva capito che Gabriel voleva qualcosa di più e lei non poteva darglielo, ma probabilmente poteva anche rivelarsi una semplice cena tra amici.
 -Allora andiamo.-
-Mi raccomando Dean.-
disse Cavanaugh. –Ricordatevi che gli agenti non vi perderanno di vista.- Jane annuì.
-D’accordo, allora notte a tutti eh…- continuò Jane rivolgendosi a Maura. –Ci vediamo tra poco da te.-
-Ti aspetterò.-
rispose la donna.
-Le chiavi dell’auto.- disse Jane. –Portala da te.-Maura le annuì e le sorrise mascherando il suo vero stato d’animo.
In poco tempo l’ufficio diventò vuoto. Tutti erano tornati a casa, tranne Gabriel e Jane che si stavano recando in un ristorante.
-Hai qualche preferenza?- chiese Dean mentre con la macchina era fermo ad un semaforo rosso.
-No, è uguale, decidi tu.-
-Uhm, va bene. Allora alla prossima giro a destra, c’è un ristorante carino.-
-Si, il Black&White, ne ho sentito parlare ma non ci sono mai stata.-
-Questa sera ci andrai.-
Dean ripartì con la sua macchina e con un colpo di fortuna riuscì a trovare parcheggio. Prima di scendere i due si guardarono e Gabriel scostò dal viso della donna una ciocca di capelli che le cadeva sull’occhio sinistro e lentamente si avvicinò con il viso per baciarla. Jane si allontanò con il volto, era la seconda volta in quella giornata che cercava di avvicinarsi a lei e nonostante lo avesse capito accettò l’invito a cena.
-No Gabriel, no.-
-Perché? Perché non vuoi?-
Jane non rispose. Non se la sentiva di dirgli che amava un’alta persona, per di più una donna dal nome Maura. Rimase semplicemente in silenzio. –C’è un altro?- Jane continuò a non rispondere. –C’è un altro. Lo conosco?-
-Che importanza ha?-
-Ti amo.-
Jane rimase interdetta davanti a quelle due parole. Non aveva il coraggio di rovinargli quel momento di confessione, ma non poteva fare altro. Non provava nulla per lui e mai sarebbe successo qualcosa tra loro. Jane scosse il capo come per dire “io no” e scese dall’auto lasciando Gabriel in auto da solo.
Dietro di loro c’era la macchina con i due agenti che scortavano Jane. Lei si avvicinò all’agente seduto dal lato guida e gli chiese gentilmente di accompagnarla da Maura. Salì in auto e andarono dritti a casa della dottoressa, l’unico luogo dove veramente voleva trovarsi Jane. Quando arrivò davanti la porta principale esitò ad aprirla, ma alla fine con fare deciso girò la chiave nella toppa ed entrò. Fece qualche passo in avanti e la vide davanti i fornelli intenta a preparasi un te.
-Ehi, Maura!-
-Ehi, non ti ho sentito entrare. E’ stata molto breve la cena a quanto vedo.-
-Veramente non c’è stata nessuna cena. E’ finita ancora prima di iniziare.-
disse Jane avvicinandosi all’amica.
-Come mai?-
-Ha tentato di baciarmi.-
-Cosa?-
-E poi ha detto di amarmi.-
-E tu?-
-Sono andata via, l’ho lasciato in auto davanti il ristorante.-
-Ne vuoi?-
chiese Maura indicando il te.
-Ma si dai, è stata una giornata pesante, beviamo questa roba schifosa per alzare il morale.-
-Se preferisci c’è della birra in frigo.-
-No, il tuo schifoso te andrà bene.-
-Racconta allora.-
la esortò Maura mentre toglieva il bollitore dal fuoco e Jane prendeva le tazze dalla credenza.
-Non c’è niente da dire. Dean per me rimane un federale, forse un amico ma nulla di più.- Maura a quelle parole provò un senso di sollievo. Non amava Gabriel, ma questo non voleva automaticamente dire che amasse lei. Intanto Jane mise dentro le tazze lo zucchero e i filtri per il te e Maura versò l’acqua calda. Le due donne rimasero in silenzio e il solo rumore che si poteva udire erano i cucchiai che urtavano alle tazze mentre giravano il te per addolcirlo. Quando smisero alzarono gli occhi dal te e si guardarono. Uno sguardo dolce, tenero, pieno di amore. Fu un attimo, i loro sguardi s’incrociarono così come le loro labbra così morbide. Un bacio che forse aspettavano di darsi da molto tempo ma lo reprimevano dentro di loro. Un bacio pieno d’amore, il loro amore frenato da tempo e ora all’improvviso era uscito fuori.
Non erano pronte per quel bacio avvenuto così in modo inaspettato eppure c’era stato e ora non sapevano se continuare quel momento d’amore o fermasi lì. Fu Jane a prendere l’iniziativa staccandosi da quelle labbra così morbide e delicate. Senza dire nulla tornò a guardare Maura  con lo stesso sguardo d’amore di prima, prese il suo te e si diresse nella stanza dove sapeva che avrebbe dormito, lasciando l’amica immobile in cucina e senza neanche darle il tempo di dire o di fare una qualsiasi cosa.
Quando uscì dallo stato di confusione in cui si trovava prese il te e andò davanti la porta della stanza dove si era chiusa Jane. Voleva entrare per parlare, per vederla. Aveva bisogno di risposte, di certezze, ma non ebbe il coraggio di invadere in quel momento, in quella circostanza, la sua privacy così si chiuse nella sua camera da letto, sorseggiò appena il te e si mise a dormire.
Jane invece si stese sul letto e iniziò a pensare. Era scappata da Gabriel perché non era lui la persona che voleva accanto ma Maura e quando finalmente prese il coraggio di baciarla scappò via come una codarda.
Lei poteva essere molte cose, ma non una codarda. Si stava per alzare dal letto per andare da lei quando decise che era più saggio dormirci su una notte.
Maura aveva ricambiato il bacio, ma lo aveva fatto d’istinto o perché anche lei provava davvero qualcosa?
Aveva troppe domande in testa, troppe cose a cui pensare così s’infilò il pigiama che Maura le aveva preparato sul letto come sempre, come ogni volta che Jane passava la note lì e cercò di dormire, di rilassarsi e di prepararsi per la giornata che le aspettava l’indomani dove forse, non avrebbe dovuto affrontare solo Maura.
Qualcun altro le stava preparando una sorpresa. O una trappola.
   
 
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