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Autore: sabdoesntcare    22/05/2016    2 recensioni
"Caro John". Sherlock inizia il suo post con queste due parole. E le ripete, quasi bloccandosi su di esse, perché forse racchiudono tutto quello che ha provato da quando ha conosciuto quel piccolo, fragile, fortissimo medico militare. Cerca di andare avanti, di tirare fuori ciò che quelle parole significano, ma è come cercare di togliere una spina dal cuore: è per il tuo bene, ma ti senti morire ogni volta che ci provi.
La storia inizia da qualche giorno dopo il matrimonio di John e Mary, tuttavia lei non è incinta.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Ho passato la notte correndo per ogni strada che la mia mente ricordi di questa maledetta città, ma nulla.
Ho chiamato Mycroft, ma nulla.
John è da qualche parte con un folle, ma nulla.
Non riesco ad aiutarlo, e se gli accadesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo.
“Stupido, stupido, stupido!” comincio ad urlare per strada in preda alla rabbia, ho finito qualsiasi idea o pista, Moriarty non aveva voglia di giocare con me, ma con l’unico lato che non so gestire: quello emotivo.
Non ha intenzione di farsi trovare, non finché non avrà finito con John.
Le mie inutili ricerche si protraggono per altri quindici minuti, fin quando non sento il cellulare squillare. Rispondo, pregando qualsiasi pseudo divinità di far in modo che John sia vivo.
“L’avete trovato?”
“Sherlock, sono al St. Bart’s, John è qui con me.”
“Mycroft…”
“Non ha perso conoscenza, non è nulla di grave, calmati.”
“Aspettami.”
Potrei chiamare un taxi ma la fretta è tanta da farmi decidere di correre fino all’ospedale, non voglio perdere nemmeno un attimo.
Mezz’ora di corsa ed eccomi di fronte a quel maledetto ospedale. Ho il fiato corto, entro ignorando gli infermieri che mi squadrano dalla testa ai piedi, devo trovare Mycroft.
Lo vedo quasi subito, è in sala d’attesa.
“Cosa gli ha fatto?” dico a mezza voce, mentre faccio gli ultimi passi prima di abbandonarmi nella sedia accanto a lui.
“Varie cose. L’importante è che ora ci siano dei professionisti a prendersi cura di lui.”
Per la prima volta dopo tanto tempo, riesco a scorgere qualcos’altro negli occhi di Mycroft che non sia indifferenza. Sta soffrendo, tanto quanto me.
Fissa il pavimento come a voler fuggire il mio sguardo, forse ancora deciso a mantenere gli obblighi di un fratello maggiore. Rassicurare sempre, anche quando si è paralizzati dalla paura, dal dolore, dall’incertezza.
“Mycroft, cosa gli ha fatto? Devi dirmelo.”
“L’abbiamo trovato ferito in tutto il corpo, ma la cosa che mi ha preoccupato era il suo turbamento.
Conosco John Watson e non si lascia intimorire da un pestaggio, seppur violento.
C’è stato qualcos’altro che gli ha fatto Sherlock, e non ha voluto dirmelo.”
“Devo vederlo.” Comincio ad alzare la voce, all’idea che quel bastardo… non voglio pensarci. Non voglio ipotizzare nulla senza averlo visto prima.
“Sherlock, non perdere la calma, Mary sarà qui a momenti.”
“Hai avvertito anche lei?”
“Quella donna è sua moglie. Avrei mai potuto non farlo?”
“Perfetto, quindi inizierà ad urlarmi contro. Proprio quello che mi ci voleva adesso.”
E infatti, poco dopo ecco arrivare Mary, a dir poco infuriata.
“Sei un incapace! John ti offre tutto l’aiuto possibile e tu non riesci nemmeno a tenerlo al sicuro!”
“Mary, io ho portato John qui, ti dico che sta be-“
“Non mi interessa cosa dite, nessuno di voi due. Non riuscite a prendervi cura nemmeno di voi stessi, come hai potuto tenerlo a casa con te se sapevi che era in pericolo?”
Mi alzo in piedi, Mycroft cerca di rimettermi a sedere ma anche da seduto non smetto di urlare.
“IO ho tenuto a casa John? Dovresti farti un esame di coscienza, mia dolce Mary.
C’è un serio problema nel vostro matrimonio se preferisce abitare da me nonostante sia nel mirino di qualsiasi criminale inglese su cui posi gli occhi. Io gli ho chiesto più volte di andare a casa, è un uomo adulto e se non mi ascolta sono affari suoi.”
“Smettetela, vi sentirà di sicuro da lì dentro.”
“Che ci senta! Certo che abbiamo un problema Sherlock, quel problema sei tu. Se la smettessi di far preoccupare tutti forse nessuno finirebbe ammazzato per colpa tua!”
“Nessuno è finito ammazzato e nessuno ci finirà, dannazione!” l’urlo di Mycroft fa girare tutti i presenti, e nonostante l’evidente imbarazzo provato da quest’ultimo appena resosi conto della propria reazione, il personale ci invita ad uscire.
Rimaniamo all’esterno dell’edificio appoggiati con la schiena ad un muro, guardando l’alba. Nessuno ha più la forza di litigare dopo questa notte insonne, e vedere il cielo tingersi di un rosa tenue in contrasto con la fredda aria del mattino riesce a infonderci un certo senso di pace superficiale, nonostante i pensieri dolorosi che scavano la nostra mente in questo momento.
Mycroft sospira. “E adesso?”
“Non lo so. Ma riuscirò a prendere Moriarty, lo prometto.” Mary mi lancia un’occhiata sarcastica appena pronuncio queste parole, per poi intervenire freddamente:
“John torna a casa con me, che gli piaccia o no. Non intendo diventare vedova. Quindi se volete miei cari signori, ora potete anche andare a dormire.”
“Ma John…”
“Ci penso io a John. Andate.”
Avendo ormai intuito che quelle parole sono più un ordine che un consiglio, Mycroft ed io saliamo sul taxi personale con cui era venuto.
“Andiamo a casa, signor Holmes?”
“Dipende. Sherlock, ti andrebbe di stare da me oggi?”
“In verità sì, non credo possa essermi d’aiuto tornare a Baker Street adesso.”
“Lo immaginavo. Ci porti a casa, per favore.”

Le strade cominciano a sfrecciare sotto il mio sguardo sempre più pensieroso, i pensieri diventano sempre più bui e nulla può essere più irritante e crudele del sapere chi abbia vinto questa volta. Ha preso l’unica persona che tentavo di proteggere e l’ha strappata dalla mia vita, di nuovo.
Ha preso ciò che era importante e l’ha calpestato, per ricordarmi di quanto io sia inferiore.
Non oso immaginare cosa abbia fatto a John, eppure voglio saperlo. Questo pensiero mi porta uno strano senso di vuoto che arriva ad invadermi il petto, sento un nodo alla gola.
Mi giro verso Mycroft, e lo sguardo che mi rivolge è… agghiacciante.
Non avrei mai dovuto girarmi, non avrei dovuto guardarlo e permettere che quel qualcosa nei suoi occhi facesse risuonare nella mia mente le parole del ragazzino che era un tempo.
“Barbarossa si riprenderà. Te lo prometto, Sherlock.”
Un’insicura carezza ai capelli, quelle sopracciglia aggrottate e il sorriso finto.
Mi rigiro verso il finestrino, sperando con tutto me stesso che stavolta l’antica promessa possa essere mantenuta.


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Nota dell'autrice:
Spero che vi piaccia quest'ultimo capitolo, in realtà era già stato scritto da parecchio ma il mese prossimo ho la maturità quindi non c'è tempo nemmeno per respirare.
Appena avrò mezza giornata libera cercherò di aggiustare il lato grafico dei capitoli, non mi piace come non ci sia coerenza a volte tra l'uso dei corsivi (o l'uso del caps lock invece del grassetto) quindi niente, è un po' un casino ma al momento ho le mani legate.
In genere un piccolo spazio libero lo trovo sempre nei sabato sera, quindi salvo imprevisti ci si rilegge tra una settimana.
Stay tuned!
   
 
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