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Autore: Doomsday_    22/05/2016    3 recensioni
- Future!fic -
Dopo cinque lunghi anni di pace, la fragile quiete di Beacon Hills viene nuovamente spezzata. Un nuovo nemico minaccerà di sottrarre al Branco quel che per loro conta più della vita stessa.
Dal testo:
"Il corvo la fissava silenzioso, gli occhietti intelligenti sembravano scrutarle l'anima.
Fu allora che le piume si tramutarono in gocce di sangue. Colarono lente e calde lungo il braccio di Lydia. Eppure lei continuò a carezzare quel grumo rappreso fatto di morte con un sorriso pacifico a rasserenarle il viso.
"
Genere: Angst, Fluff, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kira Yukimura, Lydia Martin, Malia Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Terzo Capitolo
 





Respirava a fondo, gli occhi chiusi, la katana salda stretta in entrambe le mani, dritta davanti a sé.
Ogni sua percezione convergeva sull'arma. Tutto era calibrato: l'inclinazione delle braccia, il peso, la stretta attorno all'impugnatura ruvida, l'equilibrio dell'elsa perfettamente parallela al suo corpo.
Un altro respiro profondo e mosse la katana in un unico movimento fluido, preciso, controllato, millimetrico.
Inspirò ancora una volta, profondamente, fino a sentire l'arma parte di sé, un'estremità della propria anima. Proprio come la Volpe che le bruciava il sangue e suonava con maestria le corde della suo essere.
Solo allora aprì gli occhi. Poggiò la punta della lama a terra e si asciugò la fronte imperlata di sudore.
Erano passati molti anni, ma per Kira si dimostrava sempre difficile tenere sotto controllo la Volpe. Vi erano delle volte in cui si sentiva addirittura sopraffatta, tanto da voler urlare a squarciagola pur di liberare quella potenza che le infiammava il cuore. Tutti gli allenamenti che giornalmente eseguiva sembravano non bastare mai.
Si svegliava di notte, con la katana in mano e gli occhi in fiamme, come se fosse pronta per combattere una guerra. E, forse, una guerra la combatteva realmente, giorno e notte, sempre contro se stessa. Ma non le piaceva vederla in questo modo, perché avrebbe voluto dire che perdeva più battaglie di quante ne vincesse.
Uscì dallo scantinato – trasformato in una palestra appositamente per lei da Scott – con l'umore incrinato.
La casa era tranquilla a quell'ora della giornata: Adam e Caleb erano già a scuola, Scott a lavoro e Matty ricadeva in un pisolino sufficientemente tranquillo da lasciarle il tempo di allenarsi abbastanza a lungo da mantenere i propri poteri controllati per il resto della giornata.
Per questo, quando entrò nella camera da letto sua e di Scott, per poco non urlò dallo spavento nel trovarvi quest'ultimo.
Lui rise nel vedere la sua reazione e si affrettò a scusarsi: «Non volevo disturbarti. Pensavo che saresti rimasta più a lungo giù ad allenarti».
Si tolse la camicia e continuò a raccontarle: «Oggi è stata una tragedia lasciare Caleb al nido. Piangeva e non mi si voleva staccare da dosso. Mi ha sporcato tutto di cioccolato».
«Devi smetterla di consolarlo con dei cioccolatini ogni volta che fa i capricci» lo rimproverò Kira, con cipiglio contrariato.
Non aveva mai visto nessuno viziare i propri figli come faceva Scott.
La luce del sole illuminava fiocamente la stanza, penetrando dalle serrande ancora abbassate. Kira rimase a guardare quel gioco di luce e ombra sul petto di Scott e il desiderio la colse impreparata.
Lui se ne era accorto e guardava il viso di lei ancora giovane, su cui gli anni non sembravano trascorrere, con un sorriso seducente. Kira non riuscì a fare a meno di accostarsi a lui e porre le proprie mani su i suoi addominali e le labbra sul suo collo.
Scott la strinse a sé, la baciò con trasporto trascinandola verso il letto.
«Sai, potrei tardare di cinque-dieci minuti» soffiò, contro la sua pelle.
Kira rise, sentendosi tentata a dirgli di sì.
«Sei già in ritardo» gli ricordò, invece.
Scott aggrottò la fronte, assumendo un'aria sconfitta «Okay», cedette, tirandosi su «ma questa sera continuiamo».
Si infilò in fretta una camicia pulita e, prima di uscire dalla stanza si voltò a guardarla un'ultima volta e le disse: «Potrebbe essere il momento giusto per il quarto McCall».
Kira sbiancò, ma Scott non era rimasto a guardare quale reazione avessero scatenato le sue parole; era già corso via, distratto dai suoi impegni, come se l'idea di un altro figlio non fosse poi chissà quale cambiamento importante.
La donna si lasciò cadere sul letto, il volto turbato. Come sempre suo marito parlava senza pensare alle conseguenze delle sue parole.


 
***


Quella mattina Malia si alzò presto e si vestì di tutto punto.
«Lo sai che non serve farlo ogni volta, vero?» le aveva detto Stiles, dopo averle dato un bacio sulla fronte a mo' di buongiorno.
Ma lei non gli diede ascolto. Non lo faceva mai. Indossò un vestito bianco, dai ricami merlettati perché in tutte le foto che l'aveva vista ritratta, la donna indossava abiti del genere e, in questo modo, pensava di farle cosa gradita.
Acquistarono il solito grosso mazzo di fiori e poi, con il braccio di Stiles stretto attorno alla sua vita, entrò nel cimitero di Beacon Hills.
Da quando c'era Malia a occuparsene, i fiori non li rubavano più.
Si inginocchiò davanti alla tomba di Claudia Stilinski e ne pulì la foto con la manica del giacchetto.
Curava il tutto con affetto, come se tra le mani avesse il cuore di suo marito piuttosto che una vecchia pietra fredda.
Stiles la lasciava fare, chiedendosi – il più delle volte – come una cosa che riguardasse così intimamente soltanto lui, potesse essere altrettanto importante per lei.
Si trattenevano sempre solo per pochi minuti, perché poi Stiles doveva correre a lavoro; eppure non importava di che ora fosse, quando i vasi ormai erano stati riempiti d'acqua, i fiori sistemati e Malia si era rialzata, aggiustandosi con impaccio le pieghe di un vestito che non era abituata a portare, Stiles non mancava mai di dire: «Questa volta potremmo andare anche dall'altra parte del cimitero».
Lo proponeva ogni mese, ma nell'altra parte del cimitero riposavano i rimorsi più grandi, quelli che Malia ancora non aveva imparato a perdonare. La vergogna continuava a bruciarle gli angoli degli occhi e le faceva tremare le membra dalla rabbia e dal disprezzo feroce per quel destino che era stato un po' troppo crudele con quella bambina così spaventata da non saper risparmiare neppure le due persone che amava di più al mondo.
Malia non lo sapeva, eppure di fiori freschi ce ne erano sempre anche lì, dove sua madre e sua sorella riposavano, perché seppure lei sentiva il senso di colpa ancora troppo forte per permetterle di inginocchiarsi davanti quella lapide nera e pulire con la manica del giacchetto anche le loro piccole foto scolorite, Stiles aveva bisogno di fargli sapere che vivevano ancora nella memoria di chi le aveva amate. Il matrimonio era anche questo, si diceva Stiles.
Ma quella mattina tutto questo non avvenne. Stiles era distratto, quasi assente, smanioso di andare a lavoro. A stento riusciva a tenere Jamie tranquillo, mentre Malia finiva di sistemare le ultime cose.
Quando il suo cellulare suonò per l'ennesima volta, le passò Jamie dicendole che non poteva proprio tardare oltre e scappò via, senza darle altre motivazioni.
Malia lo seguì con lo sguardo finché non riuscì più a vederlo. Poi rivolse un sorriso tirato a Jamie, il quale si era piuttosto stancato di dover restare tutto quel tempo in braccio ai propri genitori.
«Andiamo a mangiarci un gelato, io e te? Mh?» chiese al bambino, quando un lungo brivido le percorse la schiena e un capogiro la colse impreparata.
Barcollò, riuscendo comunque a restare salda su i propri piedi. Sentì i sensi farsi ovattati e le orecchie fischiare. Persino il volto di Jamie divenne sfocato.
In mezzo a tutta quell'improvvisa confusione, delle parole iniziarono a crearsi chiare nella sua testa, come leggeri sussurri.
«… La Grande Regina».
Si guardò attorno, seppure riuscisse a mettere a fuoco ciò che la circondava a stento, cercando la fonte di quella voce.
Sentì le manine di Jamie toccarle il viso. Forse la stava chiamando, ma lei non lo sentiva.
«Vedrete un mondo che non vi sarà caro…».
Malia strinse più forte Jamie a sé, quando lo vide: una figura sbiadita accanto a un cipresso. Una figura che assomigliava dolorosamente a quella di Deaton.
«Un'età empia…».
Malia iniziò a indietreggiare, ma non poteva sfuggire a quella voce che riecheggiava nella sua testa come un'eco lontano.
«Non guardarlo, il corvo rosso… Sorridi alla Grande Regina».
Per poco non inciampò su di una lapide alle sue spalle, quando tutto sembrò tornare alla normalità. Riprese a vedere e a sentire come se nulla di strano fosse mai avvenuto. Jamie ripeteva senza sosta degli allarmatissimi «Mamma?», ma Malia non poteva tranquillizzarlo, non quando le sue gambe le tremavano tanto e il cuore sembrava scoppiarle nel petto.
Fissò il punto in cui aveva appena visto la figura, ripetendosi che non poteva essere possibile. Deaton era morto. Era morto più di sei anni prima.


 
***


Scott era assorto a guardare le lastre di un paziente, quando un'infermiera entrò con impeto nella sala delle radiografie.
«Mi scusi, dottor McCall», disse con tono scocciato, «ma quelli della Omicidi chiedono di lei».
«La Omicidi?» ripeté, ancora concentrato nella sua occupazione.
«Sì. C'è qui il medico legale, la dottoressa Parrish. Ha chiesto di lei con una certa urgenza».
Scott si riscosse: «Parrish hai detto? Falla aspettare nella sala degli strutturati. Arrivo subito».
L'infermiera annuì senza replicare ed uscì.
Scott si prese un momento. Controllò il telefono, ma non vi trovò chiamate perse né da Kira e né da Stiles.
Lydia aveva di certo i suoi buoni motivi per essere venuta da lui di prima mattina, piuttosto che andare a lavoro, e si rese conto che – per la prima volta – ebbe paura di scoprire quali essi fossero.
Quando raggiunse la sala degli strutturati trovò Lydia seduta su di una poltrona, le mani giunte poggiate sulle gambe le tremavano appena e il suo viso sembrava più pallido e stanco del normale.
«Mi dispiace disturbarti, Scott» disse lei, appena lo vide entrare.
Lui le fece segno che non aveva importanza e prese posto davanti a lei.
«Cosa succede?»
Lydia abbassò lo sguardo e rispose: «Ho già inviato i risultati dell'autopsia a Stiles, ma penso che sia importante che li veda subito anche tu».
Così dicendo tirò fuori dalla valigetta le foto dei particolari del cadavere.
«Guarda le ferite lungo l'addome. Sono piccole, profonde, ma estremamente precise. Tutto il contrario del rozzo squarcio alla gola. Sono state fatte dopo la morte. Le analisi del sangue hanno mostrato delle notevoli alterazioni. La ragazza è stata drogata prima di essere uccisa».
«Sembra quasi trattarsi di una pratica rituale»,
«Esatto», concordò Lydia, come se non aspettasse altro che giungesse a quella conclusione anche lui, «Inoltre, all'interno della trachea, ho trovato un corpo estraneo. Era del vischio, Scott. Dalle ferite superficiali dell'apparato sembra essere stato introdotto con la forza prima del decesso».
«Vischio?», ripeté sbigottito l'uomo.
«Sì, è a tutti gli effetti un sacrificio rituale».
Scott tornò a fissare le immagini, soffermandosi con più attenzione sulle piccole incisioni chirurgiche circolari, poi chiese: «Stiles cosa dice?».
Lydia scosse la testa «Non lo so, sono subito corsa qui da te».
Scott strinse le labbra, grattandosi distrattamente la barba folta. Non sapeva cosa pensare.
«C'è un'altra cosa, Scott... in questi giorni faccio strani sogni...» ma la suoneria del telefonino dell'uomo la interruppe, impedendole di concludere la frase.
«È Stiles» disse Scott, controllando il display, prima di rispondere. Il suo sguardo si fece più serio, quasi antico, mentre ascoltava cosa aveva da dirgli l'amico.
«Okay, arriviamo subito» si limitò a dire, poi attaccò.
Si alzò di scatto e, in risposta allo sguardo interrogativo di Lydia, disse: «Hanno scoperto l'identità della vittima. Era un membro del branco di Brett».


 
***


Quando Scott e Lydia arrivarono alla stazione di polizia, la trovarono tanto in subbuglio che dovettero aspettare un'eternità prima che qualcuno desse loro retta.
Neppure ricordare agli agenti che Lydia era la moglie dello Sceriffo servì a qualcosa: restarono seduti, in attesa per un tempo che gli parve infinito finché finalmente Stiles non venne avvisato del loro arrivo e uscì dall'ufficio di Parrish facendo loro segno di entrare.
«Dov'è Jordan?» chiese Scott, sorpreso, quando trovò solo Stiles seduto alla scrivania dello Sceriffo, e – davanti a lui – Brett, fiancheggiato da altre due donne.
«Non ne ho idea... Oggi non si è presentato a lavoro e non risponde alle mie chiamate», disse Stiles fissando lo sguardo su Lydia in chiara attesa di spiegazioni.
La donna parve imbarazzata nel rispondere: «Si sente poco bene. Nulla di che».
Sia Scott che Stiles inarcarono le sopracciglia all'unisono, increduli, ma nessuno dei due volle insistere sulla questione.
«È scomparso un altro Licantropo» li aggiornò quindi il Vicesceriffo, «e anche questa volta si tratta di un membro del branco di Brett».
Scott fissò lo sguardo sull'uomo in questione: non era cambiato poi molto dal ragazzo che era stato al liceo. Stesso sguardo annoiato, dall'espressione strafottente di chi potrebbe considerare di mera importanza persino un eventuale fine del mondo.
Eppure non era la stessa persona. Un'ombra di oscurità era calata su di lui quando aveva accolto il ruolo di Alpha. Fu Satomi stessa a cedergli il comando quando, oramai troppo anziana e stanca per continuare, aveva preferito abbracciare la morte.
Molti dicevano che il dover uccidere la sua Alpha aveva segnato Brett nel profondo, tanto da renderlo incapace di mantenere il controllo dei propri poteri durante la luna piena.
Da allora il branco sotto la sua guida aveva finito per emarginarsi e tra esso e quello di Scott si era creata una distanza così profonda che tra di loro avvenivano contatti solo di rado e in casi strettamente necessari.
La donna alla destra di Brett prese la parola «Meagan stava ancora imparando a controllarsi» disse decisa e solo allora Scott la riconobbe: era Lori Talbot.
«Ha ricevuto il morso qualche mese fa e, sì, all'inizio non è stato facile, ma per chi lo è?», spiegò Lori, rivolgendosi direttamente a Scott. «Quando è scomparsa – circa una settimana fa – ho creduto che fosse a causa della luna piena. Poi però non è più tornata e abbiamo iniziato a cercarla», guardò suo fratello, scambiando un'occhiata carica di rammarico. «La morte dei suoi genitori l'aveva resa fragile, ma non debole. Era una brava ragazza e tutti le volevamo bene. Eravamo la sua famiglia, non aveva nessun motivo per andarsene. Perciò quando ci è giunta la notizia di un cadavere tra i boschi abbiamo subito capito che si trattava di lei».
L'altra donna, quella alla sinistra di Brett, si sciolse in un pianto sommesso e solo allora Scott notò che, stretta tra le mani, teneva la foto della giovane vittima. Il capo era chino per mantenere il proprio pianto privato e, in un lamento, disse: «E ora anche Thomas è scomparso».
Quindi si asciugò gli occhi col dorso della mano e, nello sporgersi a rimettere la foto nella cartella che conteneva le altre foto delle prove, rivelò un viso butterato da cicatrici piuttosto profonde.
«Chi ha ucciso Meagan ha preso anche Thomas. Dobbiamo trovarlo, prima che sia troppo tardi!»,
«Avete qualche sospetto?»,
«No, ma… il modo in cui Meagan è stata uccisa…» mormorò Brett in un basso ringhio «Non è stato un altro Licantropo».
Scott concordò, annuendo alle affermazioni dell'altro capobranco.
«Sembra mirare ai beta più instabili. Anche Thomas ha ancora difficoltà a mantenere il controllo», aggiunse Lori, «Ultimamente c'è un'aria diversa nella foresta. Qualcosa si sta nascondendo a Beacon Hills», nonostante l'evidente preoccupazione, la sua voce si rivelò ferma.
Stiles scoppiò a ridere: «Non vi sembra di esagerare? Un cadavere e già gridiamo al pericolo?».
Tutti i presenti si voltarono a guardarlo, chi interdetto e chi profondamente offeso.
«Meagan ha perso il controllo durante la luna piena. Forse la sua strada e quella di Thomas Murray si sono incrociate, quella notte. Lei lo ha aggredito e lui si è difeso finendo per ucciderla. Poi quando il cadavere è stato ritrovato non ha più sopportato la situazione ed è fuggito. Può essere un'ipotesi» esplicò Stiles con noncuranza, scrollando appena le spalle.
Dalle labbra di Brett uscì un ringhio indignato per tali accuse ma, prima che potesse dire alcunché, Lydia sbottò: «E tanto per dissimulare ha pensato bene di ficcarle un ramo di vischio in gola, no?», con voce che trasudava sarcasmo.
«Vischio?» le fece eco Stiles.
«Sì», confermò lei, «Non hai letto il referto che ti ho inviato questa mattina?»
«N-non ho avuto tempo», ammise il Vicesceriffo, afferrando la cartellina ancora sigillata davanti a sé, su cui spiccava evidente il bollino di priorità assoluta.
«Si tratta di un sacrificio rituale, Stiles. E se non ci sbrighiamo ce ne sarà un altro».
Lui si alzò, deglutendo a fatica «Scusatemi un attimo» disse, uscendo dall'ufficio.
Lydia lo seguì senza esitazioni, nonostante Stiles sembrasse avere tutta l'intenzione di volere un attimo per sé.
«Solo un minuto, Lydia» disse, infatti, quando se la ritrovò alle spalle.
Si lasciò cadere sulla sedia della propria scrivania con aria esausta.
«Senti, ti conosco: sei preoccupato, lo so e lo capisco. Ma non è il momento per sottovalutare la situazione e fingere che vada tutto per il meglio. Oramai è piuttosto certo che un nuovo essere ostile si stia nascondendo a Beacon Hills e forse un omicidio e un rapimento non sono sufficienti a confermarlo, ma il metodo di esecuzione sì», poggiò le mani sulla scrivania e si sporse verso di lui, rendendo il tono della sua voce più controllato e comprensivo, «Ho davvero bisogno che tu adesso torni ad essere quella persona paranoica e sospettosa che riesce a farci risolvere sempre ogni situazione».
Stiles sbuffò, alzando gli occhi al cielo, ma Lydia non sembrava avere nessuna intenzione di desistere.
«Abbiamo avuto la pace e ce la siamo goduta finché è durata», continuò imperterrita, «Lo sapevamo che non sarebbe continuata per sempre e negare l'evidenza non servirà a nulla. Ho bisogno del mio migliore amico, Stiles».
Forse l'uomo vide in fondo agli occhi di Lydia un tormento sufficiente da fargli comprendere che c'era sotto molto più di quello che le prove lasciavano intendere e di ciò che lui si ostinava a non voler vedere.
Il giorno prima gli aveva detto che forse Jordan le stava nascondendo qualcosa. In quel momento Stiles fu piuttosto certo che anche Lydia non era stata del tutto sincera con loro.
Il Vicesceriffo schiuse il primo cassetto della sua scrivania e tirò fuori la sua copia del Bestiario.
Lo aprì alla pagina desiderata e lo volse verso Lydia.
«Druidi», annuì lei, concordando con la sua intuizione.
«No» rispose Stiles, indicando un sottoparagrafo a fine pagina, «si tratta di un Darach».


 
***


Le ricerche nei dintorni della scena del crimine continuarono fino a tarda sera, ma non diedero nessun risultato.
Scott e Lydia stavano tornando alla macchina, esausti e sconfortati, pur senza darlo a vedere.
«Se sono i Beta ad essere presi di mira non dovremmo avvisare Liam ed Hayden?» Lydia diede voce ai dubbi che stavano assillando Scott da tutto il pomeriggio.
«No... Liam sta ad Amsterdam. Penso che sia il Beta più al sicuro in circolazione. Mentre il College di Hayden dista solo un paio d'ore di macchina. Quando le cose peggioreranno le dirò di tornare, ma fino ad allora è inutile creare allarmismi. Se si tratta davvero di un Darach sarà certamente qualcuno che si nasconde in mezzo a noi».
«Sai proprio come rassicurare le persone, tu» lo prese in giro lei e Scott fu sollevato di vederla sorridere, nonostante tutto.
«L'ultima volta che abbiamo avuto a che fare con un Darach, era stata mandata da Deucalion e ce la siamo dovuta vedere con un branco di Alpha» Lydia tentennò prima di proseguire, «pensi che anche questa volta potrebbe esserci qualcosa di peggio, dietro?».
Scott assottigliò le labbra, poi le cinse le spalle con un braccio, stringendola a sé: «Una cosa alla volta, okay?» rispose, dispiacendosi di poter dire solo parole evasive, prive di alcuna rassicurazione concreta.


 
***


Allie e Jamie disegnavano, tranquilli, seduti l'uno di fianco all'altra. O, per meglio dire, Allie scarabocchiava e Jamie fingeva di imitarla finendo per macchiare più il tavolo che il foglio da disegno.
Malia li teneva sott'occhio dalla cucina, senza farsi notare troppo, mentre preparava la cena.
Era impressionante come Jamie si trasformasse da uno scalmanato – con i fratelli McCall – a un angelo, in compagnia di Allie.
«Zia Malia?» la chiamò quest'ultima, correndo verso di lei e sventolando orgogliosa il suo foglio. Ma quando le fu davanti, si bloccò di colpo, osservandola curiosa con i suoi grandi occhi acuti. Inclinò leggermente la testa di lato e, indicando Malia, chiese: «Perché ti tocchi sempre la pancia?».
Allie aveva soltanto tre anni, ma possedeva già un'invidiabile parlantina e una dote critica non indifferente.
Spesso capitava che Malia assumesse inconsapevolmente la strana posizione che aveva suscitato la curiosità della piccola, quando sentiva leggere fitte al basso ventre: le mani a coppa, sotto la pancia, come a volerla sostenere. Perciò sorrise mesta, quando se ne rese conto: «Claudia inizia a pesare, soprattutto quando si muove», le spiegò e le fece segno di poggiare la mano per poter sentire.
I verdi occhi di Allie si illuminarono a quell'invito, lasciò cadere a terra il foglio e protese entrambe le manine paffute e poi, incapace di resistere, si alzò in punta di piedi per poggiarvi anche l'orecchio.
«La sento!» esclamò, le gote le si imporporarono dall'emozione.
Malia le accarezzò i riccioli rossi, rispondendo: «Vedrai, qualche mese ancora e potrete giocare insieme»
Allie si dimostrò entusiasta a quell'idea.
«Dai, ora fammi vedere cosa hai disegnato» propose Malia, e la bambina si precipitò a raccogliere il foglio da terra per porgerglielo.
Malia sorrise nel guardare gli scarabocchi privi di forme comprensibili: «È molto bello, Allie. Cosa sarebbe?».
Ci pensò su un attimo, poi rispose: «Un uccellino!»,
«Ah! E quale?».
Allie corrugò la fronte, indecisa.
«Un passerotto?» le venne in contro Malia, ma la bambina fece segno di no con la testa.
«Allora una rondine?», ma alla domanda seguì un altro diniego.
Allie si morse il labbro inferiore ed indicò la finestra della sala da pranzo che dava sul giardino posteriore; Malia si sporse oltre la porta della cucina per vedere e trovò, effettivamente, un uccellino che zampettava sul cornicione della finestra.
I lampioncini esterni illuminavano in modo appena sufficiente perché Malia ne potesse riconoscere la forma.
«Un corvo» disse, aggrottando appena la fronte, mentre Allie annuiva esultante.
Malia si avvicinò alla finestra: sul ramo dell'albero di fronte ce ne erano altri. Ma solo quando fu difronte al vetro poté vedere che l'intero albero ne era coperto.





________________
Note Autrice: Con questo capitolo si inizia a capire contro chi dovrà vedersela il branco di Scott, questa volta! Fatemi sapere cosa ne pensate! Delusi? Sorpresi? In ogni caso, spero di avervi coinvolto a sufficienza! Grazie ancora per tutto il sostegno e le bellissime recensioni che mi avete lasciato!

Il prossimo aggiornamento ci sarà il 29 Maggio
Grazie a tutti
   
 
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