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Autore: AnnVicious    24/05/2016    0 recensioni
Londra, 1977.
Dominick è un ragazzo di 16 anni trasferitosi a Londra da un anno con sua madre, Sheila, dopo la morte del proprio padre. Vivono con i pochi soldi che hanno e Sheila farebbe di tutto per assicurare un futuro al figlio.
Steven ha 19 anni, il suo unico obbiettivo nella vita è quello di divertirsi, ma non a casa. Ogni sera, al suo ritorno, sarà come un tuffo nella cruda realtà.
Entrambi sono amici da quando l'anno prima si conobbero e da allora, si vedono sempre in una vecchia fabbrica abbandonata.
I due ragazzi dovranno far fronte a diversi problemi, a volte uniti ed altre no.
In un luogo dove il lavoro e le opportunità scarseggiano, dove la speranza viene divorata dalla realtà di tutti i giorni, ce la faranno a superare gli ostacoli che si presenteranno loro davanti e ad essere felici?
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Dominick odiava camminare per i corridoi della scuola ogni mattina perché sapeva che avrebbe trovato sempre loro ad aspettarlo, quei bulletti da quattro soldi che riuscivano a rendergli la vita scolastica impossibile, ma lui prontamente, incassava sempre i colpi, i loro scherzi stupidi e a volte i loro pugni.
Dominick non era un debole, ma non voleva creare altri problemi a Sheila, sua madre la quale faceva ogni giorno di tutto pur di mantenere un tetto sulle loro teste ed un futuro sicuro per lui. Per questa ragione Dominick preferiva non reagire, comportandosi in modo passivo e indifferente. Lui era convinto del fatto che facendo in questo modo, prima o poi avrebbero smesso di infastidirlo e annoiati, avrebbero cercato un'altra vittima da importunare.
Ma non quel giorno.
"Ehi frocio". Dominick posò gli occhi indifferenti su quelli del muscoloso ma senza cervello, di Ethan Cross, il quale gli si avvicinò col suo solito fare presuntuoso, mettendosi proprio davanti a Dominick.
La campanella era già suonata da un paio di minuti, perciò tutti tranne qualche ritardatario, si trovavano in classe, per cui il corridoio si presentava quasi deserto.
"Non ti sei ancora scocciato di darmi fastidio?" disse Dominick lasciandosi sfuggire uno sbuffo seccato per poi aggiungere: "devo andare a lezione".
Ethan subito reagì spingendo Dominick di petto, il quale fece un passo indietro, barcollando appena ma tenendo comunque lo sguardo fisso sul suo. "Sei proprio una mezza sega". Disse Ethan in modo sprezzante nel vedere Dominick barcollare un pò. "Sono quello che vuoi, ma dovrei proprio entrare in classe ora". Il tono di voce di Dominick ora, era infastidito, provò a passare sulla destra, ma Ethan si spostò in modo da bloccargli la strada.
"Tu non vai da nessuna parte, frocio".
Ethan spinse di nuovo il ragazzo, stavolta con la mano, ma Dominick non si mosse di un millimetro, o almeno ci provò. Dominick, stanco della situazione, decise di reagire, così per passare diede una spallata ad Ethan e accellerò il passo. "Brutto pezzo di merda, come ti permetti?".
Sentì la voce di Ethan seguirlo ma ormai era già arrivato davanti alla porta della sua classe e prima di entrare, riuscì a sentirlo urlare: "attento a quando esci da scuola!".
Dominick fece un sospiro ed entrò in classe.
Fortunatamente, i suoi professori (almeno una buona parte) sapevano cosa lui stesse passando e quindi capivano se a volte Dominick si presentava in ritardo a lezione o con qualche livido. Purtroppo nemmeno i professori potevano fare nulla. Avevano le mani legate dato che molti di quei bulli erano figli di genitori che facevano donazioni per la scuola e quindi intoccabili.
Finché si trovava in aula, Dominick si sentiva al sicuro, non gli piaceva molto lo studio ma almeno, nella sua classe non c'era nessuno che lo odiasse o infastidisse.
Lui stava studiando per diventare ragioniere, ma nella sua mente sognava di poter riuscire a fare successo con la propria arte: si sentiva così bene quando dipingeva o disegnava, come se fosse assuefatto, quando era nervoso, a volte disegnava fino ad avere i crampi alla mano.
Senza accorgersene, completamente immerso nei suoi pensieri, passò il tempo a scarabocchiare sui libri ed i quaderni, il volto di Steven, ma cancellò tutto, non voleva che nessuno vedesse quei disegni.
Fremeva dalla voglia di vederlo, di bere una birra insieme, di parlare con lui... Ma soprattutto di guardare i suoi lineamenti perfetti, di perdersi in quegli occhi azzurri e limpidi come i cieli di maggio, di poter sentire l'odore dei suoi capelli color miele lunghi e sempre spettinati, di sentirlo parlare con la sua voce roca e profonda mentre avrebbe fissato le sue labbra piene e rosee...
Nel sentire l'ultima campanella trillare, Dominick sbattè un paio di volte le palpebre.
Aveva passato tutte le cinque ore di scuola a pensare a lui e Debbie, la sua amica e compagna di banco, se ne era accorta, così quando si alzarono, subito ne approfittò per chiedergli con la sua voce squillante e vivace "A chi hai pensato per tutto questo tempo, mh?". Dominick rise e scosse la testa. "Perché non ti fai i cazzi tuoi?". Anche Debbie rise e gli dette una spinta, quindi gli sussurrò all'orecchio "per caso è Susan, quella che ti fissa sempre?". La ragazza a cui si riferiva Debbie, era una graziosa biondina diligente e con una buona famiglia. Lei l'aveva data in pratica a tutta la classe ed era sorprendente come non fosse rimasta ancora incinta. "Susan la zoccola? Ma dai". Disse Dominick scherzosamente, ma dentro di sé era sollevato del fatto che Debbie non avesse visto i suoi disegni, non voleva che nessuno oltre sua madre, venisse a conoscenza della propria omosessualità: sapeva che la voce si sarebbe sparsa e i bulli sarebbero aumentati fino a diventare insopportabili.
Sentì Debbie ridere, poi diede al ragazzo una seconda spallata amichevole. "Beh a qualcuno, di sicuro stavi pensando".
Dominick rise, Debbie era più pettegola di un branco di vecchiette ottantenni.
"Pensavo a quanto sei rompipalle oggi". Sentì di nuovo Debbie ridere e arrivati nel giardino fuori dalla scuola, lei si mise davanti a lui e disse "e va bene, non me lo vuoi dire. Ci riproverò domani, dopodomani e tra un mese, finché non tirerai fuori il rospo".
Il sorrisetto minaccioso di Debbie, si fece largo sul suo piccolo viso tondo e vivace, così Dominick divertito, le arruffò i capelli neri come l'ebano e le dette un veloce abbraccio. "Dopo ci sei alla fabbrica?". Lei fece no con la testa e rispose guardandolo "se mia madre quest'anno non vede dei buoni voti sulla pagella, ha detto che per tutta l'estate vedrò solo le mura della mia stanza. Quindi oggi mi tocca studiare".
Il ragazzo ridacchiò nel vedere l'espressione imbronciata di Debbie e lei in risposta, gli pizzicò un fianco "ehi, non ridere delle mie disgrazie!". Dominick le rispose con una linguaccia, poi le si avvicinò e sussurrò al suo orecchio: "allora impegnati perchè domani c'è la verifica di algebra" . "Cazzo, l'avevo dimenticata!". Rispose Debbie spingendo nuovamente Dominick, il quale se la rideva di gusto, poi nel vedere l'auto dei suoi genitori, salutò l'amico e andò via.
Dominick si trovò da solo ed anche se era stato tutto il tempo tra le nuvole, non si era scordato di ciò che gli aveva detto Ethan al mattino, perciò si affrettò ad andare alla fermata dell'autobus, ma fu proprio li che vide Ethan e Jimmy Bensen.
Dominick si trovava proprio di fronte a loro, dall'altra parte della strada, quindi si ritrovò a pensare in fretta: casa sua distava quattro chilometri, mentre la fabbrica abbandonata due, quindi facendo finta di nulla, iniziò a camminare in direzione della fabbrica, ma i due bulli lo avevano già visto e gli urlavano di fermarsi. Lui finse di non sentirli e continuò a camminare deciso, ma quando anche loro iniziarono a stargli dietro, Dom accellerò il passo, fino ad iniziare a correre, cosa che non scoraggiò Jimmy ed Ethan.
Dominick maledisse diverse volte il suo zaino che quel giorno era particolarmente pesante e cercò di essere più veloce di loro, i quali essendo entrambi atletici, non faticavano tanto a stargli dietro.
Riconosceva da lontano la struttura malconcia della fabbrica abbandonata, ma non voleva portarli lì dentro, ci mancava solo che scoprissero il luogo dove si rilassava, quindi svoltò in un vicolo stretto, ma alla fine di esso si trovò di fronte un cancello basso che decise di scavalcare, così senza pensarci due volte, gettò lo zaino dall'altra parte e cercò di arrampicarsi in fretta, scivolò un paio di volte coi piedi ma riuscì ad arrampicarsi facilmente, purtroppo non era la prima volta in cui era costretto a scappare.
Vide che sotto di se c'era un cespuglio e vi ci saltò dentro senza preoccuparsi delle conseguenze.
"Cristo!" imprecò a bassa voce perché un attimo dopo essere atterrato, si accorse che in quel cespuglio c'erano delle ortiche e qualcuna gli si era impigliata ad una gamba, così visto che sentiva le voci dei due ragazzi nelle vicinanze, cercò di togliersele senza fare dei versi di dolore, poi aspettò una decina di minuti e quando non sentì più le loro voci, lentamente e un pò zoppo, riuscì ad arrivare alla struttura abbandonata.
Dominick lasciò lo zaino all'entrata, gettandolo accanto ad un muro, poi nel vedere che Steven era già li, sorrise tra se e se, felice di poterlo vedere, poi tornò serio e nel raggiungerlo, disse: "Stai sempre seduto a fumare sigarette tu?". Andò a sedersi di fianco a lui, il quale soffiò del fumo sul suo viso "è una canna, ne vuoi?". Senza nemmeno aspettare la risposta di Dominick, gliela passò e lui la accettò volentieri, facendo un paio di tiri.
"Mi serviva proprio".
"Lo vedo". Sussurrò Steven al ragazzo, posandogli il pollice su una guancia per asciugaregli una goccia di sangue, Dominick si maledì mentalmente per non essersi controllato meglio dopo il tuffo nelle ortiche, ma guardando il viso di Steven, si accorse di un livido sulla sua guancia, così mentre gli passava la canna, disse: "anche per te non è una bella giornata, mh?".
Entrambi si lasciarono andare ad una breve risata.
Quel mondo era perfido, crudele per entrambi.
Nessuno dei due sapeva dove sarebbero andati a finire, ma entrambi provavano a sopravvivere.

 

  
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