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Autore: riccardoIII    29/05/2016    9 recensioni
Questa è la storia di Sirius Black, dei Malandrini, di una generazione cresciuta nella guerra e che ha fatto la guerra. Questa è la storia di un bambino che diventa uomo, passo dopo passo, scelta dopo scelta, fino ad arrivare a un momento della sua vita in cui tutto cambierà, per l'ennesima volta, quella più importante. Fino a giungere alla Chiave di Volta.
"-Sirius Black, è un piacere conoscerti-
-Io sono James, e non credo che i cognomi siano importanti, tantomeno tra amici; e dimentica pure tutte quelle manfrine. Non sono mica tuo nonno, io-
Sirius sghignazzò apertamente sedendosi di fronte a lui.
-E così, io e te saremmo amici?-
-Io e te, mio caro Sirius, saremo amici. Me lo sento che sei un tipo forte-"
Rating e avvertimenti sono relativi a scene di maltrattamento di minore e di guerra.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Black, I Malandrini, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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Prima, aveva compreso l'importanza di ogni gesto.

Sirius si rese conto, quel pomeriggio, che mentre loro erano troppo impegnati a estraniarsi dal mondo era arrivato l’inverno. Cinque giorni e sarebbe stato Natale.
Natale.
Faceva freddo, nonostante il pesante mantello avvolto sulle spalle. Che lo Statuto di Segretezza si arrangiasse, di sicuro nessuno si sarebbe stranito per il suo abbigliamento se a pochi passi da loro Silente se ne stava alto e immobile nella sua veste di velluto turchese con tanto di cappello coordinato.
Si era preparato con cura e attenzione per essere perfetto. Doveva salutare Dorea, e l’avrebbe fatto nel modo migliore possibile.

Charlus aveva esplicitamente detto loro che non voleva vederli bardati a lutto. Lui stesso non indossava una tunica viola o nera ma l’alta uniforme degli Auror, con il mantello blu notte ricamato d’argento su spalle e colletto e la veste di un tono più chiara impeccabilmente stirata.
James portava con naturalezza la sua toga di velluto verde col collo alla coreana; Dorea aveva insistito perché la comprasse l’ultima volta che erano andati a Diagon Alley, prima di partire per la scuola. Aveva detto che gli stava d’incanto e lo faceva sembrare un po’ meno scapestrato. Sirius non poteva in tutta onestà dissentire: James, ritto in piedi accanto a suo padre con gli occhi sgombri e l’espressione dura, sembrava più elegante e adulto che mai, e le sue spalle parevano in grado di reggere qualsiasi cosa.
Sirius, dall’altro lato di Charlus, si chiedeva come stesse riuscendo a non andare a pezzi mentre il freddo si ficcava tra le crepe della propria anima e le pieghe dell’abito blu profondo che aveva pregato Milly di sistemare, adattandolo alla sua nuova corporatura così diversa rispetto a quella del quindicenne che era stato l’unica volta che l’aveva indossato. Il giorno in cui era diventato ufficialmente parte della famiglia Potter.
Era l'unica veste che avesse conservato dai tempi di Grimmauld Place, come monito di una fine e di un inizio.

Il parroco del villaggio al momento era impegnato a studiare le Sacre Scritture nella sua canonica a causa di un’impellente desiderio di risolvere alcuni dubbi sulla propria moralità; l’uomo che glieli aveva fatti sorgere stava ora dicendo qualche parola su quanto Dorea fosse una moglie impeccabile, una madre perfetta e una lavoratrice instancabile, probabilmente senza aver mai scambiato con lei nulla più che un saluto. Sirius, che non poteva dire di averci capito poi molto in quel discorso, continuava a guardare la bara di cedro, così chiara e debolmente lucida; continuava a ripensare al momento in cui, un paio d’ore prima, il coperchio era stato definitivamente chiuso davanti ai suoi occhi, dopo che Charlus aveva lasciato un bacio sulla fronte della moglie e James le aveva sfiorato la guancia risanata, mentre lui non era riuscito a fare altro che guardare quel viso che tanta dolcezza e affetto gli aveva regalato.
Milly, nonostante le insistenze di Charlus, non aveva voluto partecipare. L’uomo era arrivato a offrirgli la possibilità di avere dei vestiti con cui presenziare, giurandogli sul proprio onore che l’avrebbe riassunto appena fossero rientrati in casa, ma l’elfo con le lacrime agli occhi aveva continuato a ripetere che non era posto per quelli come lui, un funerale di maghi.
Sirius era convinto che sarebbe stata molto più logica la presenza di Milly rispetto a quella di tanta altra gente raccolta attorno all’omino che continuava a ciarlare. Il cimitero era gremito, il poco spazio tra le lapidi era invaso dai maghi mischiati a qualche babbano dall'aria contrita e lievemente allucinata a causa dell’Incantesimo Confundus lanciato da un annoiato Obliviatore posto all’ingresso del cimitero.
Evidentemente qualcuno al Ministero doveva aver intuito che nessuno avrebbe badato all’abbigliamento. Tanto meglio.

L’omino smise di parlare e per un attimo cadde il silenzio. Charlus fece un sospiro e un passo avanti ma non voltò le spalle alla bara: cominciò a parlare fissandola.
-Mia moglie era testarda. Molto testarda. In quarant’anni di matrimonio non ha mai ammesso di aver avuto torto, perché era terribilmente orgogliosa. Non è mai riuscita a cucinare nemmeno le uova al tegamino senza fondere la padella, eppure ha continuato a provare a farcire tacchini soltanto per farli scoppiare in forno o a preparare crostate che sarebbero state inesorabilmente carbonizzate. Non lo sapevi, cara, ma io e Milly avevamo stabilito un patto: lui ti faceva cucinare illudendoti di lasciarti le redini della situazione ma in realtà aveva sempre un piano b pronto per quando la catastrofe sarebbe giunta. Ecco perché non siamo mai morti di fame, o per avvelenamento-
Le labbra di Sirius si curvarono impercettibilmente verso l’alto e vide sul volto di James un’espressione di tenera e dolente nostalgia. Poi Charlus riprese, stavolta con la voce un po’ meno salda.
-Non ho smesso di amarla un solo giorno della mia vita. Più lei si intestardiva, più diventava orgogliosa e mi riprendeva nonostante quella in torto fosse lei, più i suoi biscotti bruciavano e più io l’amavo.
È stata una Serpeverde quando io ero un Grifondoro, poi è diventata una ragazza meravigliosamente bella e sprezzante quando io ero un giovane irrequieto. Ho scoperto a diciassette anni che sarebbe stata l’amore della mia vita e, per la prima e ultima volta nelle nostre esistenze, sono riuscito a farle cambiare idea dimostrandoglielo.
Dorea mi ha dato la possibilità di diventare padre, la migliore possibilità che io abbia mai avuto. I nostri figli, grazie a lei, sono diventati uomini. Uomini di cui lei è fiera, di cui siamo fieri entrambi.
La nostra vita è stata più semplice di molte e più difficile di altre. Siamo stati felici, lei mi ha reso felice. Ci ha resi felici. Abbiamo lottato per ottenere ciò che volevamo, sempre, ma abbiamo vinto.
Tutti i nostri sacrifici, tutte le nostre battaglie, hanno dato frutto. I nostri figli dimostrano che la giustizia paga, l’amore è la più grande forza che esista e che i sogni, se si è disposti a lottare, si realizzano-
Poi si avvicinò alla bara, vi posò il palmo e sussurrò in modo che solo James e Sirius potessero sentire: -Grazie per tutto ciò che mi hai regalato. Ti amerò sempre-
Una sola lacrima scivolò lungo il suo zigomo e Sirius sentì un masso premere per lacerargli la gola. James si avvicinò al padre e si chinò a posare le labbra sul legno duro e freddo, gli occhi semichiusi, proprio come se stesse salutando sua madre con un bacio sulla fronte come ogni mattina. Sirius non riusciva a muovere un muscolo, si sentiva bloccato, immobilizzato dal terrore di non sapere cosa fare, come uscirne; ma poi Charlus lo guardò e gli sorrise con occhi colmi di lacrime e del più atroce dolore e allora, istintivamente, lo raggiunse. Posò la mano destra aperta sulla cassa, senza sapere come fare a lasciarla andare. Dopo un tempo che a lui parve infinito una stretta gentile raggiunse il suo polso e lui si abbandonò al tocco di James proprio mentre la bara si sollevava per poi calarsi, senza ausilio di funi o uomini, nella fossa. Tre fiori d’elleboro riposavano sul legno.
Quando la terra finì di sistemarsi nel tumulo una lapide bianca sorse come un fiore a crescita accelerata dal mucchio di terra; su di essa spiccava il nome completo di Dorea e, proprio al di sotto, quello che era da sempre stato il motto della famiglia che i Potter si erano impegnati a diventare per Sirius: “Non conta il sangue, ma il cuore”.

Il primo ad avvicinarsi a Charlus fu il funzionario del Ministero che aveva tenuto il discorso; strinse la mano a tutti e tre, immediatamente seguito da un uomo impeccabile nel suo cappotto nero a doppiopetto babbano, i capelli perfettamente pettinati e impomatati.
-Charlus, sono desolato-
-Grazie, Barty-
Crouch fu seguito da Alastor Moody e i tre quarti del Dipartimento Auror, una cinquantina di uomini e donne tutti in alta uniforme; Sirius riconobbe i due che erano intervenuti quell’estate in Casa Lupin insieme a Moody, e poi Gideon e Fabian Prewett, il loro vecchio Professore di Difesa contro le Arti Oscure tornato in servizio, Dorcas, Frank e Alice. Frank strinse James in un abbraccio, mandando all’aria le formalità, e il ragazzo ricambiò la stretta.
Seguirono quelli che Sirius capì essere i colleghi di Dorea; lo colpì una donna molto austera che gli ricordò qualcuno, anche se non riusciva a identificare chi. Pareva sinceramente triste.
Albus Silente si fece avanti, guidando un piccolo drappello di insegnanti di Hogwarts: la McGrannitt sembrava essersi ripresa, Lumacorno invece pareva devastato. Sirius sapeva che Dorea e Charlus erano stati entrambi suoi allievi, così come di Silente. Hagrid piangeva senza ritegno dentro un fazzoletto a quadri bianchi e rossi.
Fu il turno di Daniel McKinnon, piuttosto provato e accompagnato da una donna che sembrava almeno una decina d’anni più giovane di lui che teneva il viso nascosto dentro a un fazzoletto. Sirius capì che era Margareth, sua moglie, perché stringeva la mano un bambino che lui aveva già visto: Johnny, che ormai aveva sette anni, non corse verso Charlus e James come suo solito ma porse loro la mano come un piccolo adulto, grossi lucciconi a scivolargli sulle guance. Dietro di loro apparvero David e Marlene e entrambi si fecero stringere da Charlus per un secondo.
Un mago che dimostrava una cinquantina d’anni si avvicinò insieme a quella che doveva essere sua moglie, una donna che pareva forte come un tronco di quercia e il cui viso era segnato dal dolore; Sirius notò un collo di volpe stretto attorno al collo della strega e quando il marito gli tese la mano  credette di intuire chi potesse essere: aveva la stessa espressione triste e decisa di Frank.

Andarono avanti a stringere mani per quelle che parvero ore: fu il turno di Edgar Bones e Juliet, la sua fidanzata, poi di Elphias Doge e altri membri del Wizengamot, il Signor Olivander, una coppia giovane con capelli rossi parecchio familiari e due ragazzini più o meno della stessa età di Johnny stretti ciascuno a una delle mani del padre; la donna reggeva un bambino di circa un anno tra le braccia. Sembrava fosse di nuovo incinta, e anche di un bel po’ di mesi.
E poi Caradoc Dearborne insieme a Emmeline Vance e al Guaritore che si era occupato delle indagini sul corpo di Dorea, Dedalus Lux col suo cappello giallo tra le mani nervose, Sturgis Podmore, che non disse nemmeno una parola, accompagnato da un uomo che doveva essere un suo collega e che Charlus salutò come “Augustus”; Cora Fawley e una donna più anziana vestita in abiti Babbani che le somigliava molto, e ancora una vecchina leggermente curva che Charlus chiamò “Bathilda”, e il gestore de “La Testa di Porco” che squadrò Sirius con quegli occhi chiari che gli avevano sempre dato l’impressione di essere familiari, e un ometto con una bombetta verde acido che strinse la mano di Charlus in maniera nervosa, assicurando l’impegno del suo Dipartimento nella ricerca dei colpevoli.
Quando Caramell ebbe salutato anche lui e James, Sirius poté vedere una giovane donna avanzare verso di loro; alta e mora, i lineamenti raffinati ed eleganti e gli occhi di un caldo color cioccolato, Andromeda Black in Tonks tese la mano libera dalla stretta di una bimba coi capelli castani e gli occhi enormi che si guardavano attorno, spaesati. Quando lo sguardo della bambina si posò su Sirius i capelli ebbero un breve lampo rosa cicca per poi tornare, dopo un’occhiata di sottecchi rivolta alla madre, di un banale marrone.
-Signor Potter, sono terribilmente desolata-
Charlus accettò delicatamente la mano della donna, guardandola come se stesse cercando di ritrovare qualcosa in lei.
-Sono Andromeda. Mio marito Ted Tonks- e il giovane uomo biondo che reggeva l’altra mano della piccola si presentò impacciato a Charlus, che sembrava aver finalmente capito cosa quegli occhi e quei tratti gli riportassero dolorosamente alla mente, -E lei è nostra figlia, Ninfadora- finì di spiegare indicando con un dolce sorriso la bambina, i cui capelli ebbero un altro repentino mutamento di colore, stavolta verso il rosso, per cui ricevette un’occhiata di rimprovero.
-È un piacere conoscervi, Signori Tonks. Anche se avrei preferito potessimo incontrarci in ben più liete circostanze-
Lei lo guardò e un lampo di dolore passò anche nei suoi occhi prima che Charlus si chinasse per essere allo stesso livello della bambina, che pareva molto incuriosita dal suo bastone e soprattutto dal mantello intessuto con fili preziosi.
-E così tu sei Ninfadora, Signorina?-
I capelli della piccola tornarono rossi.
-Non mi piace molto il mio nome, Signore-
-Dora! Non è così che si parla! E cosa avevamo detto a proposito dei tuoi capelli?-
Lei abbassò la testa al rimprovero della madre, ma Sirius era sicuro che non fosse affatto pentita.
-Che dovevo tenerli marroni. Che i colori accesi non sono educati, qui. Anche se non capisco perché. Il Signore, mamma, ha un vestito molto colorato!-
Andromeda pareva pietrificata e Ted fece per rimproverare di nuovo la piccola ma Charlus, inaspettatamente, scoppiò a ridere anche se aveva gli occhi ancora lucidi e passò una mano tra i capelli di Ninfadora.
-Sai cosa ti dico, Signorina Tonks? Che hai proprio ragione. A Dorea piacevano molto i colori-
Lei  lanciò un’occhiata soddisfatta alla madre, ancora rigida, e poi si voltò di nuovo verso Charlus che ormai si era raddrizzato.
-Ha un mantello davvero bello, Signore. Tutto brillante! E sua moglie deve essere molto intelligente-
Charlus sorrise ancora, stavolta un po’ più tristemente.
-Oh, si. Lo è. E per il mio mantello devo ringraziare il Ministero, Signorina. È un privilegio concesso a tutti gli Auror-
Gli occhi di lei si illuminarono e i capelli tornarono rosa acceso. Andromeda assottigliò le labbra ma non commentò mentre Ted stringeva la spalla della piccola per lasciarle intendere che fosse arrivato il momento di smettere di parlare.
La famigliola si spostò verso James, che strinse la mano a Ted e poi la porse con un sorriso alla bimba che pareva molto compresa nel ruolo di adulta, a parte i capelli ancora rosa. Mentre Sirius salutava Ted, Andromeda  fronteggiò James che le sorrise.
-Grazie di essere venuti-
Il viso della donna si addolcì.
-Tu e i tuoi genitori avete fatto tanto per Sirius. Significa molto anche per me-
-Abbiamo fatto quello che fanno le famiglie-
Lei annuì, gli strinse un braccio e finalmente guardò Sirius, che si sforzò di produrre un’espressione vagamente allegra.
-Non mi aspettavo di vedervi-
-Mi sottovaluti come sempre, Sirius-
E poi lo abbracciò, nonostante fossero due Black, nonostante non fosse opportuno andare a un funerale coi capelli fucsia, nonostante Andromeda conservasse ancora, come Sirius, quel contegno rigido tipicamente impartito dalla loro famiglia d’origine.
Ma ormai non erano più così tanto Black e Charlus non aveva voluto che si vestissero a lutto, e sopra ogni cosa loro due avevano rinnegato quella dannata Casata.
Quando la stretta si sciolse Ninfadora, che stava cercando di trattenersi dal saltellare per non contravvenire agli ordini dolci di suo padre, fece per gettarsi addosso al cugino ma inciampò nell’orlo del suo minuscolo mantello e se Sirius non avesse prontamente allargato le braccia sarebbe caduta a terra. Invece si ritrovò in braccio a lui che le scompigliava i capelli, sorridendo tristemente.
-Ciao Dora-
-Sir! Mi sei mancato-
Il suo sorriso si ampliò un po’ di più.
-Ci siamo salutati solo qualche mese fa, e tu non sei cresciuta affatto-
Un adorabile broncio nacque sul suo viso.
-Non è vero! Sono più alta di due pollici- fece, mostrando tre dita con uno sguardo birichino.
-Guarda che lo so che quelle sono tre, piccola peste-
I capelli rosa parvero afflosciarsi un po’ sulla sua testa.
-Volevo farti ridere. Sei così triste oggi. Anche la mamma l’ha detto
Lui la strinse un po’ più forte mentre un groppo ormai famigliare gli si condensava nella gola.
-Sono triste perché una persona a cui volevo molto, molto bene è… Dovuta andare via-
Stavolta i suoi capelli diventarono verde acido.
-E non torna più?-
Sirius deglutì, guardando Andromeda che annuì.
-No, piccola. Oggi la salutiamo per sempre-
Lei parve corrucciarsi un attimo, poi voltò lo sguardo verso James che, a un passo da lui, assisteva in silenzio alla scena mentre Charlus salutava il panettiere del villaggio.
-Era la sua mamma? La Signora a cui piacevano i colori?- disse, indicando il ragazzo con un ditino paffuto.
-Si, era la sua mamma-
Il visino si girò di nuovo verso di lui.
-Ma la mamma ha detto che era un po’ la tua, di mamma. Che per questo eri così triste-
Sirius la guardò cercando di dissimulare il suo livello di commozione ma non riuscì a emettere suono.
-Era anche la mamma di Sirius, piccola. Lei gli voleva davvero tanto bene, quanto ne voleva a me-
L’occhiata di ringraziamento che Sirius mandò a James venne accolta con una stretta sul suo gomito.
-E a te non dispiace che la tua mamma voleva così bene a un altro?- ricominciò lei, testarda. James sorrise di nuovo.
-C’è spazio per tutti dentro a un cuore. Si allarga con la magia-
Sirius nascose una lacrima nei capelli rosa profumati di pesche.

Quando la famiglia Tonks li salutò definitivamente il cimitero era quasi del tutto vuoto; era rimasto solo un ultimo gruppetto di persone.
C’erano Sarah, Lizbeth, Caroline e Mary, loro compagne del settimo anno, e Casey Davis e Leonard Summers, diplomatisi l’anno prima; c’erano Jennifer Coote, Elijah Mcdougal privo di bicchieri di Acquaviola, Kingsley Shacklebolt che dopo averli salutati si diresse verso l’Auror nero e alto che aveva raccolto la testimonianza di Remus alla morte di sua madre, e poi Preston Jordan, insieme a quello che doveva essere suo fratello maggiore, che gli portò i saluti dei più piccoli Trevor e Spencer che non avevano potuto partecipare perché nessun poteva accompagnarli. C’erano Elsa Abbott di Tassorosso e Chase Stebbins di Corvonero, entrambi con gli occhi gonfi perché tutti e due condividevano la loro sorte, accompagnati dalla Signora Abbott e dal Signor Stebbins che strinsero le mani di Charlus con forza.
E poi, per ultimi, c’erano Remus, Peter e Lily, le spalle coperte da un Lyall Lupin provato e una Cecily Evans ancor più magra di quanto Sirius la ricordasse. I Signori Minus erano un passo dietro a tutti, probabilmente a disagio in mezzo a tutto quel dolore a cui loro erano estranei.
Prima fu il turno degli adulti e delle occhiate significative, perché Lyall e la Signora Evans sapevano benissimo cosa significasse perdere il proprio consorte. Così come Remus e Lily sapevano cosa significava perdere un genitore, e Sirius si chiese distrattamente quanto male dovesse avergli fatto rivivere tutto quello.
Si chiese anche quanti altri funerali li aspettassero mentre Remus stringeva James con forza e Prongs lasciava cadere un lacrima a occhi chiusi, senza far rumore, abbandonando per una volta quell’aria forte e sicura e mostrandosi semplicemente per quello che era; vide Lily abbracciare Charlus e non seppe chi dei due si stesse aggrappando all’altro. Lei soffocava i singhiozzi nel suo petto come aveva fatto un giorno di cinque mesi prima e lui le accarezzava i capelli, ad occhi chiusi, sotto lo sguardo commosso della Signora Evans. E sentì in un sussurro, mentre Peter gli afferrava il braccio destro in una sorta di strano abbraccio virile e lo guardava con occhi sgranati e preoccupati, la frase dell’uomo detta all’orecchio della ragazza un secondo prima che lei rivolgesse la sua attenzione verso James: “Abbi cura di lui. Di loro”.
La Rossa annuì con gli occhi lucidi.

Remus si parò davanti a Sirius, lo sguardo verde annacquato e dolce nonostante il dolore; gli afferrò un braccio come aveva fatto Peter solo per attirarlo con fermezza e sicurezza contro il suo petto sottile ma solido.
Fu una della poche volte in vita sua in cui Sirius si lasciò andare, calando tutte le maschere. Posò la testa sulla spalla di Moony, avvolto da quel profumo di pergamena e inchiostro e bosco, e si sentì cadere addosso il peso di tutto ciò che era caduto in quell’ultimo mese, dalla notizia della sparizione alla scoperta della morte, alla visione del corpo di sua madre distrutto dalla cattiveria e dall’odio, alla chiusura definitiva della bara sotto i suoi occhi quando lui non riusciva a lasciare andare.
-Come si fa, Rem?-
Sentì una lacrima non sua scivolargli sulla pelle del collo.
-Non l’ho ancora scoperto, Sir-
Remus strinse forte e lo lasciò andare in tempo perché potesse vedere James e Lily guadarsi negli occhi intensamente; James tese una mano senza distogliere lo sguardo dai suoi pozzi verdi, con l’aria distrutta e un piccolo, tristissimo sorrisino mezzo abbozzato sulle labbra. Sembrava aver paura che lei lo lasciasse solo.
Ed era uno stupido a pensarlo, perché Lily ignorò la sua mano per avvolgergli le spalle con entrambe le braccia e stringersi contro di lui, cogliendo James talmente di sorpresa con quell’impetuosità che il ragazzo sgranò gli occhi e per un attimo il suo viso fu illuminato da un vecchio e divertito stupore prima di immergersi nei capelli fiammanti di lei.
Sirius guardò Charlus, accanto a sé, che fissava i due corpi stretti con troppa malinconia negli occhi e un sincero sollievo a smorzare la sofferenza nei suoi lineamenti; vide Peter e i suoi genitori posare un mazzo di ranuncoli sotto la lapide bianca di Dorea, Lyall guardare il cielo coperto parlando del tempo con una Cecily Evans lievemente sorridente, per smorzare l’atmosfera creatasi attorno ai due ragazzi. Vide James e Lily stretti lì davanti a loro e poi si voltò verso Remus, non stupendosi quando scoprì che anche la sua espressione era meno angosciata di prima.
-Forse basterà fare così. Andare avanti, portandoceli sempre dietro-
Remus ammiccò ma la sua risposta fu interrotta.
-Remus, lascia in pace mio fratello. È il mio turno, ora-
Sirius guardò Lily, ritta davanti a lui, e gli angoli delle sue labbra si alzarono.
-Non dovevi interrompere il vostro romantico incontro solo per me, Lily-
Lei gli strinse la mano in una presa salda.
-Non mi scappi, Padfoot-
Quando lui la strinse a sé vide James, accanto a suo padre, fissarlo di rimando con quell’intensità che gli era propria, forte e deciso come sempre.
-Le piacevi. Sul serio. Sarebbe stata felice di sapere che lui aveva te-
Lei si staccò e lo guardò con aria truce.
-Così mi offendi, Sir. Dovrei pensare di non essere un pochino importante anche per te?-
Lui non le rispose nemmeno, alzando gli occhi al cielo, e lei continuò.
-Prima di qualunque cosa, tu e James siete fratelli. Io sono la tua sorellina, e lui è il mio amico. Il resto, Sirius, verrà sempre e solo dopo di questo-

Rientrare in casa fu strano e molto doloroso. Daniel McKinnon era rimasto, insieme a suo figlio David, ai margini del cimitero ad attendere che la folla scemasse; Sirius li ringraziò mentalmente quando insieme a loro superarono il cancello della Villa e una terribile morsa gli strinse il petto.
Charlus aveva provato a insistere perché anche i due Malandrini e Lily si fermassero per un tè, insieme ai rispettivi genitori, ma Lyall Lupin gli aveva stretto la mano dicendo che quello era un momento per la famiglia. Lily, Remus e Peter avevano assicurato che sarebbero tornati presto.
Milly, con lo strofinaccio impeccabilmente pulito e un tovagliolo nero stretto al braccio, non aveva nemmeno finito di servire le tartine quando dal camino del salone silenzioso si levarono fiamme verdi e Remus ne venne fuori.
-Spero che non sia un problema se ho pensato che “presto” fosse arrivato- fece col suo tono timido e uno sguardo di scuse a Charlus, che invece gli rivolse un debole sorriso.
-Grazie per essere tornato, Remus-
Il ragazzo si accomodò tra Sirius a James, che gli rivolse uno sguardo colmo di gratitudine, e accettò senza parlare la tazza di ceramica coi non-ti-scordar-di-me dipinti in blu. Un sorriso malinconico sorse sul suo viso mentre prendeva il primo sorso.
Dieci minuti dopo Milly fece accomodare Lily, Materializzatasi oltre i confini dopo aver riaccompagnato la madre a casa. Sirius si stupì quando comprese che non alloggiavano in Rathbone Street, come aveva dato per scontato: Lily gli disse che qualche tempo prima la Signora Evans aveva deciso di ritornare in Inghilterra per stare vicina alle sue figlie, nonostante le sue insistenze, e aveva affittato un appartamentino a Paddington per tutta la famiglia.
-E comunque ti ho restituito le chiavi, Sir- concluse il suo discorso la Rossa, lo sguardo fisso sulla tazza coi bucaneve che aveva tanto ammirato una mattina di qualche mese prima; un tempo che pareva lontano quanto una vita.
-Non hai bisogno delle chiavi, per entrare. Sei un strega, Evans, e gli Incantesimi di Guardia ti riconoscono-
-Non penserai sul serio che potessi ficcarmi in casa tua senza dirti nulla?- fece lei, un sopracciglio inarcato a esprimere tutta la sua indignazione.
A Sirius venne da ridere. E le sue labbra non furono le uniche a inarcarsi.
James, seduto accanto a lui sul divano, soffocò una risatina; gli occhi di Remus brillarono di divertimento. David si affrettò a portare la sua tazza alle labbra e Daniel lanciò un’occhiatina di sottecchi a Charlus. Seguendo il suo sguardo Sirius vide l’uomo ridacchiare piano.
-Merlino, Lily, che caratterino! Aveva la stessa espressione della mamma quando volevamo fare quella gara di volo con le gambe bloccate, ricordate?-
Nonostante un bagliore malinconico che passò nello sguardo di tutti, nessuno smise di sorridere. Charlus socchiuse gli occhi e un’espressione di pacata serenità distese un poco i suoi tratti.
-Vi ricordate… Quella volta in cui Dorea e Sirius hanno preparato il pranzo, poco dopo che lui era arrivato qui?-
Alle parole di Charlus, James e Sirius scoppiarono a ridere davvero e in breve si ritrovarono a raccontare dei fagioli finiti come per magia a decorare il soffitto della cucina e della crisi di panico di Milly al vedere la manica della veste della padrona prendere fuoco, mentre Sirius ci rovesciava sopra Vino Elfico per spegnere l’incendio.
E  a quell’aneddoto seguì il racconto di quando Charlus la spaventò a morte cadendo dal letto perché ancora non riusciva a muoversi bene con la gamba immobilizzata, e poi di quella sgridata epica in cui James venne minacciato di essere chiuso in cantina per tutta l’estate.
Quando Peter arrivò li trovò così, persi tra piccoli sorrisi e nostalgici ricordi, mentre Daniel rivelava loro di come Charlus si fosse approcciato a lei le prime volte, a scuola, e di com’era stato seccamente rifiutato con commenti sprezzanti degni di Lily Evans ai tempi d’oro.

La villa si fece silenziosa troppo in fretta, quella sera; tutti salutarono, uno alla volta, finché rimasero solo Charlus, James, Sirius e Milly in quella casa troppo grande e così tanto pregna di lei. Charlus insisté perché mangiassero qualcosa ma lui stesso ingoiò solo un paio di cucchiai di minestra. Quando fu ora di andare a letto Sirius si sentiva al contempo più leggero e terribilmente triste.
Leggero, perché aveva perso una delle mani che lo tenevano ancorato alla terra e lui non sapeva ancora come poter evitare di fluttuare via, senza meta e senza guida; triste, perché aveva scoperto che i ricordi si erano tinti di un colore nuovo, struggente e meraviglioso che non l’avrebbero più abbandonato.
Andò in bagno, si levò la veste che indossava da quel mattino e si fece una doccia. Quando si guardò allo specchio, con l’acqua che ancora gli gocciolava dai capelli, scoprì che la distruzione che la morte di Dorea aveva provocato dentro di lui non aveva intaccato troppo il suo aspetto, i suoi lineamenti, e questo lo fece infuriare. Non la voleva più, quella bellezza da Black. Non la voleva più la perfezione.
Voleva uno squarcio, un graffio, un segno. Voleva che gli mancasse qualcosa. Voleva guardarsi allo specchio e trovarvi un monito.
Voleva che fosse visibile una differenza, un prima e un dopo. Voleva ricordare, e soffrire, perché era giusto così.
Dopo tutto ciò che Dorea gli aveva donato, dopo tuto l’amore che gli aveva regalato, il dolore per la sua assenza era il minimo scotto da pagare.
Lei se lo meritava. Meritava che lui si ricordasse di lei in ogni momento, che ricordasse che c’era stato un con e ora poteva esserci solo un senza. Meritava il suo sentirsi instabile, meritava la sofferenza che aveva impregnato i suoi ricordi, meritava le lacrime che erano cadute dai suoi occhi, meritava la disperazione che aveva invaso i suoi giorni nel mese appena passato e che probabilmente l’avrebbe accompagnato in quelli a venire.
Meritava tutto l’amore che gli era rimasto dentro e non sarebbe mai andato via, anche se lei non c’era più.
Meritava che tutto ciò fosse portato con orgoglio sul petto come una medaglia.

Quando entrò nella Sala da Pranzo per la colazione, il mattino dopo, Charlus e James rimasero attoniti.
Era uno spettacolo che nessuno di loro due aveva mai visto prima.
In realtà nemmeno Sirius si era mai visto così.
E quando Milly arrivò, augurando il buongiorno con il naso ancora gocciolante e il fazzoletto nero sempre stretto al braccio, si bloccò e trasalì un secondo prima di servire il tè come se nulla fosse.
Perché i capelli di Sirius, quei capelli che Dorea aveva accarezzato ogni mattina che lui aveva trascorso in quella casa e ogni sera prima che si salutassero per andare a dormire, quegli stessi capelli neri tanto simili a quelli della donna, non erano più gli stessi.
Non c’era alcun laccio a tenerli legati, non erano sciolti sulle spalle o tirati indietro dalla fronte con la mano.
I lunghi fili di seta lucida che Sirius aveva amato far apparire casualmente disordinati e che Dorea aveva amato sistemare non c’erano più.
Sirius li aveva tagliati.

 
Note:
l'abito blu a cui Sirius si riferisce è quello che ha indossato per andare all'appuntamento  con Orion e il notaio al Ministero, il giorno in cui viene affidato ai Potter.
Per il legno della bara, so che il cedro è insolito ma ho voluto attribuirgli un significato particolare usando gli appunti Olivander sui legni da bacchetta; mi piaceva l'idea che, magari, Charlus avesse scelto lo stesso legno della bacchetta di Dorea (forza di carattere, lealtà, intuito, perspicacia e strenua volontà di difendere i propri cari mi sono sembrate qualità perfette per lei). Ovviamente le informazioni sui tipi di legno vengono da Pottermore.
L'elleboro, detto anche rosa di Natale, è un fiore che amo molto e che, si intuisce dal nome, fiorisce a dicembre. Hermione fa comparire una corona d'elleboro da posare sulla tomba di Lily e James quando si reca a Godrick's Hollow con Harry, nel settimo libro, ma non è questo il motivo che mi ha spinto a sceglierlo: nel linguaggio dei fiori l'elleboro simboleggia la liberazione dalla sofferenza e la rinascita e viene donato a chi si appresta a cominciare una nuova vita.
Nel capitolo 48 Sirius riceve un ragalo da Andromeda per il suo compleanno e afferma che andrà a trovare i Tonks durante le vacanze; ho dovuto saltare l'episodio della visita alla cugina perchè l'estate del '77 aveva prreso già parecchio tempo, ma non escludo di farne uno spin-off. Comunque, quando Sirius dice a Dora che si sono visti pochi mesi prima è perchè è andato a trovarli.
Tonks nel dicembre del '77 ha quattro anni e mezzo, perchè è nata il ventuno maggio del '73; ho cercato di usare un linguaggio che si adattasse a una bambina (i congiuntivi sbagliati non sono un caso) conciliandolo però all'educazione piuttosto severa che credo Andromeda abbia imposto a sua figlia (durante l'apparizione della donna nei libri mi par di intuire che abbia mantenuto una certa rigidità, a differenza di Dorea).
Molti dei personaggi che vengono citati come presenti al funerale sono volti noti per chi conosce la saga; ho immaginato che una tragedia come quella che ha subito la famiglia Potter abbia colpito trasversalmente tutto il Mondo Magico, considerato che Charlus e Dorea erano entrambi dipendenti ministeriali e che le loro è una rispettabile famiglia Purosangue piuttosto in vista. I membri dell'Ordine non temono dunque di essere individuati in mezzo alle tante persone presenti.
Casey Davis era la Battitrice dei Grifondoro, per chi non se lo ricordasse; confido invece che nessuno abbia dimenticato il povero Leonard Summers.
Jennifer Coote è la ragazza con cui è uscito Sirius al suo sesto annno, Elija viene nominato tra i Grifondoro festaioli dopo la vittoria de La Partita, Preston Jordan viene nominato diverse volte come addetto alla musicha delle feste e poi commentatore delle partite di Quidditch.
Le tazze con i fiori dipinti nominate in questo capitolo sono le stesse che, come Sirius ricorda, Lily ha ammirato qualche tempo prima; esistono davvero, è la collezione dei mesi della Royal Albert e io le trovo bellissime: ad ogni mese dell'anno corrisponde un fiore (il non-ti-scordar-di-me è di luglio, il mese in cui muore Hope Lupin, ed è lo stesso fiore che Remus depone sulla tomba della madre; Lily ha la tazza di gennaio con i bucaneve). Sono entrate in produzione all'inizio degli anni '70, quindi con i tempi ci siamo.
Paddington è un quartiere di Londra piuttosto tranquillo con una grande e famosa stazione, non troppo centrale e quindi non eccessivamente chic e costoso.
Dai ricordi di Piton sappiamo che Sirius nei primi anni di scuola aveva i capelli lunghi, che io ho immaginato fossero retaggio della famiglia Black, e li ha ancora nell'estate del '77 nell'episodio extra venduto per benificenza dalla Rowling (quello delle magliette con le fenici); quando Moody mostra la foto del primo Ordine a Harry, però, dice che Sirius "aveva ancora i capelli corti".
La morte di Dorea mi sembrava il giusto stimolo a tagliarli.

 
   
 
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