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Autore: clepp    29/05/2016    3 recensioni
Si alzò da terra: guardò prima il profondo taglio sul braccio e in seguito i tre uomini che si stavano dirigendo verso l’uscita.
Bucky aveva gli occhi puntati su di lei. Non era in grado di capire se l’espressione sul suo viso fosse di dispiacere per averle fatto male o per non avergliene fatto di più.
[BUCKY/NUOVO PERSONAGGIO] [POST Captain America: Civil War]
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(3)

 
Erano passati cinque giorni da quello sfortunato pomeriggio nella stanza degli allenamentiKamila non aveva parlato quasi con nessuno, fatta eccezione per sua sorella Tanka e per la sua, se così poteva definirla, amica Wanda. Aveva deliberatamente evitato il Capitano, T’Challa, Sam e chiunque altro potesse starle con il fiato sul collo.
James Barnes non si vedeva più da tempo ormai. Aveva sentito dire da una delle guardie che usciva dai suoi alloggi soltanto per andare a mangiare, e comunque solo ed esclusivamente fuori dall’orario dei pasti comuni.
Kamila non aveva ancora deciso che cosa fare e sinceramente non aveva voglia di sprecare più di tante energie in quella faccenda. Con il passare dei giorni aveva riflettuto su ciò che era successo e su quanto potesse essere difficile la vita di Bucky in quel momento: al confine tra la disperazione e la sopravvivenza, tra il suo io passato e il suo io attuale.
«Io mi annoio Kamila!» la voce di sua sorella la riportò indietro nella realtà. Kamila le sorrise teneramente e la invitò a sedersi sul suo letto, accanto a lei.
«Lo so, Tank, ma come ben sai non c’è molto da fare in questo posto per una bambina di nove anni.» le scompigliò giocosamente i capelli, cercando di infonderle un po’ di vivacità.
La bambina sospirò rumorosamente e guardò in giro per la stanza, alla ricerca di qualche passatempo.
«Ho già fatto tutti i compiti della maestra. Non so cos’altro fare!» esclamò alzando le mani al cielo in un gesto molto teatrale che per un momento le ricordò il Capitano. Trattenne una risatina e prese un libro dal comodino.
«Potresti leggere qualcosa. Così ti alleni.» le passò un suo libro ma si rese conto che per lei poteva risultare troppo difficile. In effetti, sua sorella aveva ragione. Era davvero dura trovare qualcosa da fare lì dentro. Lei in qualche modo riusciva a passare il tempo tra allenamenti e riunioni, ma si rendeva conto che per Tanka era diverso. Si sentì ancora di più in colpa.
«Vorrei giocare a qualcosa.» continuò la minore, «per esempio ad acchiappar ella, o a nascondino!» esclamò, d’un tratto entusiasta.
Kamila sospirò: quello non era esattamente un posto dove giocare ad acchiaperlla o a nascondino, ma non poteva dirle di no per la millesima volta.
«D’accordo. Giochiamo a nascondino, ma solo una partita. E soprattutto non dobbiamo essere di intralcio a nessuno, altrimenti Steve ci butterà fuori a calci.» la guardò con sguardo serio per farle capire che non c’era da scherzare. «Rimaniamo su questo piano. Tanto è abbastanza grande da poterci nascondere un centinaio di persone tranquillamente.»
Tanka saltò giù dal letto, felice di poter finalmente occupare il suo tempo. «Conto io!» esclamò dirigendosi verso il muro e appoggiandovisi la testa. Cominciò a contare.
Kamila alzò gli occhi al cielo, ma anche lei in fondo in fondo era felice di poter passare un po’ di tempo a giocare con la sorella. Nell’ultimo periodo era stata completamente assorbita dal suo lavoro e, senza volerlo, l’aveva trascurata.
Uscì dalla stanza e fece un breve percorso mentale per identificare le varie stanze in quel piano: c’erano gli alloggi della squadra e del personale, la cucina, la mensa, i bagni comuni, le sale di svago, una biblioteca e la sala per le riunioni speciali.
Kamila svoltò a destra e proseguì lungo il corridoio degli alloggi. Le numerose porte erano contrassegnate dal nome e dal cognome dei diversi proprietari.
Girò nuovamente a destra: quel posto era davvero infinito. Continuò a camminare velocemente, alla ricerca di qualche porta aperta di qualche sgabuzzino dove avrebbe potuto intrufolar visi dentro. Era sicura di conoscere la sorella. Non avrebbe mai guardato come primo posto l’area degli alloggi, ma uscita dalla sua stanza sarebbe subito corsa verso la biblioteca o la mensa dove conosceva molto bene i posti più nascosti.
Kamila scorse una porta socchiusa e si avvicinò per aprirla. Non appena fu davanti tuttavia lesse il cartellino che identificava la porta come la camera di James Barnes. Si bloccò all’istante.
Dalla stanza provenivano delle voci concitate. Quella di Steve, capì, era forzatamente bassa.
«…on puoi pensare che io te lo lasci fare. La tua mente è ancora compromessa, ma sbagli a credere che questa sia la decisione giusta da prendere.» Kamila dovette avvicinarsi di qualche passo per sentire meglio la conversazione. Non avrebbe voluto farlo, ma la curiosità ebbe la meglio su di lei.
«E’ proprio ciò che voglio fare, invece. Non... non siete al sicuro con me qui dentro.» dal piccolo spiraglio aperto Kamila riusciva a scrutare James seduto di spalle sul letto. Il capo era chino e le spalle ricurve, come se dovesse sopportare il peso di chissà quale responsabilità.
«E’ per quello che è successo l’altro pomeriggio con Kamila?» replicò Steve, la cui voce si era alzata di qualche tono. «Se è per quello, non ti devi preoccupare. Ho parlato con Kamila e ti posso assicurare che non ha nulla contro di te, anzi, è persino convinta a venirti a parlare...» il tono delle sue parole risultava falso persino da lì fuori. Kamila si morse un labbro.
«Sono passati più di cinque giorni ormai. Non credo che lei voglia venire a parlarmi.» la voce di Bucky non tradiva alcuna emozione, eppure lei sentiva la delusione trasparire tra le righe. «E comunque, non è per questo che ho preso questa decisione.»
Kamila voleva sapere di quale decisione stessero parlando. Bucky voleva forse andarsene da lì? Sparire? Non capiva. Tutto per colpa sua?
«Continuo a pensare che tu stia sbagliando.» riprese il Capitano. «Ci sono altre soluzioni. Posso aiutarti a ricordare chi eri. Posso aiutarti a ritornare la persona che eri prima degli esperimenti. Devi solo avere pazienza e impegnarti. Non sarà facile, certo, ma-»
Bucky lo interruppe alzandosi di scatto in piedi. «Pensi che io non voglia tornare ad essere quella persona? Lo voglio più di ogni altra cosa, anche se non ricordo nulla di com’ero prima di tutto questo.» la sua voce era intensa, profonda e carica di rabbia repressa. «Ci vorrà tempo, non è così? E hai idea di quanti danni potrei causare nell’arco di questo tempo? Non ci hai pensato?»
Kamila non aveva mai sentito parlare James così tanto. Era la conversazione più lunga che gli avesse mai visto sostenere, e soprattutto quella più carica di sentimento. Per la prima volta lo vide provare qualcosa: non sapeva bene cosa, ma era già un grande passo avanti.
«E pensi che prendere la decisione di congelarsi possa risolvere tutti i tuoi problemi?»
Quelle parole la colpirono come acqua ghiacciata. Bucky voleva tornare dentro ad una macchina congelatrice a causa di quello che era successo qualche giorno prima?
Tutto ciò non aveva alcun senso. Kamila dovette appoggiarsi allo stipite della porta. Si sentiva terribilmente in colpa adesso, più di quanto l’avesse fatta sentire Steve con le sue parole il pomeriggio dopo l’incidente. 
Non era sua intenzione causare tutto quel trambusto. Non era stata colpa sua, accidenti! Non pensava di certo che l’invito a partecipare ad un addestramento potesse portare a conseguenze così drastiche.
Sentiva l’impulso di irrompere nella stanza e fermare tutta quella situazione, ma non voleva far sapere loro  che per tutto quel tempo aveva origliato questioni private.
Strinse i pugni.
«Si, credo che sia la decisione più giusta per tutti.» e con questo, Bucky decretò la fine della discussione. Kamila sentì Steve sbuffare. Sapeva quanto quella situazione lo stesse facendo sentire male. Bucky era il suo migliore amico, e Kamila sapeva che dopo averlo avuto lontano per tutto quel tempo non aveva intenzione di lasciarlo di nuovo.
«Almeno, pensaci.» detto questo il Capitano si diresse verso la porta.
Kamila fece appena in tempo a girare l’angolo e a nascondersi. Passò qualche minuto prima che lei decidesse di ritornare sui suoi passi. Appena svoltò di nuovo, andò a sbattere contro qualcuno.
Bucky era di fronte a lei, impassibile, come se si trovasse lì, proprio davanti a lei, per un ragione ben precisa. Kamila irrigidì i muscoli.
«Scusami, non ti avevo visto.» gli disse, cercando di abbozzare un sorriso di circostanza.
James la guardò fissa negli occhi. Per un momento Kamila temette che la stesse accusando in qualche modo di qualcosa. E aveva ragione.
«Pensi davvero che io non ti abbia sentita fuori dalla porta?» la sua voce era infastidita. Tutto nella postura stava ad indicare che era molto contrariato.
Kamila incrociò le braccia in una posizione di autodifesa. «Volevi che io sentissi, allora.» replicò, alzando un sopracciglio.
Se l’aveva sentita, perché non si era alzato e non l’ aveva mandata via a calci, invece di portare avanti la conversazione con il Capitano, come se nulla fosse?
Bucky assottigliò le palpebre.
«No.»
«Allora dovevi tapparti la bocca.» sbottò lei, sorpassandolo rapidamente. Bucky le afferrò il polso con la mano umana e la obbligò a fermarsi. Kamila si voltò verso di lui intimandogli di lasciare la presa. Lui non lo fece.
«Hai voluto che io sentissi la tua decisione definitiva in modo tale da farmi sentire in colpa? E forse, da spingermi a venire a parlarti. Non è così? In questo modo avresti potuto lavare la tua bella coscienza da ogni senso di colpa e decidere di non congelare più il tuo bel corpicino e la tua mente malata.» non era quella la direzione che voleva dare alla conversazione, ma Kamila era troppo impulsiva e troppo  diffidente per potersi regolare.
Bucky non fece una piega. Il suo volto non tradiva alcuna emozione. Rimase a fissarla con le palpebre assottigliate e un’espressione concentrata. Lei stava cominciando a perdere la pazienza.
«Lasciami.» ringhiò, strattonando il polso ancora stretto nella sua presa. «Impara a parlare in maniera civile con qualcuno prima di poter pretendere qualcosa dagli altri.»
Come aveva fatto durante il loro ultimo allenamento insieme, Kamila afferrò con la mano il polso di James e con una leggera pressione cominciò a congelarlo. Lui oppose resistenza, guardandola con due occhi testardi e carichi di decisione.
«Giuro che te lo spezzo.» rincarò lei.
James strinse i denti perché la pressione sul braccio stava diventando insopportabile persino per un super soldato come lui. Alla fine, mollò la presa sul polso di Kamila e lei fece lo stesso.
«Io non sono una delle tue stupide “obiettivi” che puoi trattare come diavolo ti pare.» si stava sforzando di mantenere la calma e la voce ad un livello civile, ma in quel momento le risultava particolarmente difficile. «Se ancora non ti ricordi come vanno trattate le persone che cercano di essere gentili con te, allora ti consiglio di seguire il tuo istinto e portare il tuo culo dentro una di quelle camere di ghiaccio.»
James sentì la rabbia montargli dentro assieme ad altri sentimenti contrastanti: amarezza, delusione e vergogna di se stesso, ma soprattutto, paura di non essere più in grado di tornare quello di una volta. Stava per replicare e dare così via ad un’ennesima discussione, quando una voce lo fermò da qualsiasi intenzione.
«Trovata!» una bambina dai lunghi capelli biondi e dagli occhi blu si stava avvicinando verso di loro e Bucky notò subito la somiglianza tra lei e la ragazza che le stava di fronte.
«Tanka,» sospirò Kamila, piegandosi allo stesso livello della bambina. «Scusami, non mi sono nascosta molto bene.» le accarezzò i capelli e le diede un buffetto sulla guancia mentre lei le regalava un sorriso contento.
«Non preoccuparti, Kamila. Mi sono divertita lo stesso a cercarti.» mentre l’abbracciava Kamila si tirò in piedi, tenendo la sorella in braccio. Tanka parve accorgersi solo in quel momento della presenza di qualcun altro in quel corridoio e quando capì chi fosse i suoi muscoli si irrigidirono.
«Ciao.»mormorò timidamente ma Kamila non diede il tempo a James di rispondere. Con un’ultima occhiata al Soldato, si voltò e si diresse a passo deciso verso la fine del corridoio.
Bucky rimase fermo dov’era, incapace di muoversi. Aveva osservato la scena con una strana sensazione impressa dentro di lui. Era quella la normalità? Era quello il significato di famiglia?
Era quello, quindi, tutto quello che durante gli anni si era perso?
Nel profondo, conosceva la risposta. E conosceva anche la soluzione a tutte quelle sofferenze.
 
*
 
Kamila non avrebbe voluto discutere con lui in quel modo. Sfortunatamente, lei si rendeva conto dei suoi errori troppo tardi. Non era una persona che saltava a conclusioni affrettate, ma era una di quelle che si faceva prendere troppo spesso dalla sua natura impulsiva. Per quel motivo, poteva considerarsi un controsenso vivente.
Nemmeno quella volta era riuscita a mettere da parte l’orgoglio e la sua testardaggine per potersi scusare con il Soldato e fargli capire che lui non era il colpevole. Lo aveva aggredito accusandolo di non essere in grado di affrontare una conversazione in maniera civile, ma lei cos’aveva fatto?
Perlomeno lui aveva una scusante, ovvero quella di essere stato vittima di un lavaggio di cervello durato anni e anni. Lei invece era solo una ragazzina arrogante che non sapeva chiudere la bocca e farsi gli affaracci suoi.
«Agente Kamila Metanova.» dichiarò all’uomo seduto dietro al vetro che stava sfogliando distrattamente una rivista. Le lanciò un’occhiata annoiata prima di schiacciare un pulsante sulla sua tastiera e aprire la porta dell’archivio.
Kamila entrò nella stanza e venne sommersa dalle dozzine di scaffali contenenti tutte le informazioni di cui aveva bisogno.
Prese a muoversi all’interno della camera, tra la miriade di scartoffie che la riempivano fino al soffitto. Raggiunse lo scaffale nominato con una grossa B e si mise a cercare il fascicolo di James Barnes: aveva bisogno di leggere ancora una volta la sua storia, di modo tale da potersi convincere che quella in torto in realtà era lei.
Lo trovò. Si sedette per terra e cominciò a sfogliare il numeroso plico di fogli e documenti.
In testa, c’era una foto in bianco e nero del Soldato, prima di quella famosa caduta dal treno e del conseguente periodo all’HYDRA. La divisa militare era l’unica cosa che poteva collegarlo allo stesso James Barnes che in quel momento si trovava in quell’edificio. Kamila notò immediatamente la differenza fra il Bucky di quella foto e il Soldato con cui aveva discusso quella mattina.
Nella foto i capelli erano più corti e coperti da un berretto militare. L’espressione fiera e quasi ammiccante era completamente diversa da quella totalmente inespressiva del Soldato d’Inverno.
Era come se in tutti quegli anni lui avesse perso la capacità di provare emozioni al di fuori dell’apatia. Kamila si rattristò. Lei non poteva immaginare come sarebbe stata la sua vita se qualcuno avesse oppresso il suo modo di essere. La sua tenacia, la sua arroganza e caparbietà erano parte di lei, non poteva pensare che qualcuno un giorno avrebbe potuto portasi via tutto.
Si chiese che tipo di persona fosse Bucky prima di tutto ciò. A giudicare dalla foto, doveva essere un tipo furbo, spiritoso, divertente e parecchio popolare tra le donne.
Erano la stessa persona, ma allo stesso tempo era chiaro che in realtà erano due persone ben diverse.
Lesse i documenti, gli articoli di giornale, i racconti e le testimonianze... James Barnes era stato vittima di numerosi esperimenti. Gli avevano rubato la sua identità, strappandogli ciò che lo rendeva Bucky e impiantandogli nel corpo le fattezze di un assassino. Tutto ciò, contro la sua volontà.
Kamila si sentiva in colpa per averlo fatto sentire un mostro. Si rendeva conto che in realtà lui non aveva idea di come comportarsi ora che era libero di poter controllare le proprie azioni.
Avrebbe voluto aiutarlo, ma era chiaro che non poteva fare molto dato che non era in grado di fargli ricordare chi fosse il vero Bucky.
Tuttavia, poteva comunque fare qualcosa.
Controllò l’ora sull’orologio da polso e, una volta in piedi, risistemò il fascicolo sullo scaffale. A passo deciso corse fuori, diretta verso il secondo piano: sperava solo di arrivare in tempo.
 
*
 
L’orologio sulla parete segnava le 10.39 di sera. Bucky era seduto sulla barella nel laboratorio al terzo piano. Tutto era tranquillo.
Steve era in piedi accanto a lui, vicino alla finestra in vetro che rifletteva la luce della luna. Sam era in fondo alla stanza, semicoperto da un grosso aggeggio in acciaio che occupava il centro della camera. Intento a smanettare con i pulsanti di un computer c’era l’uomo che l’avrebbe richiuso in una di quelle capsule che l’avevano accompagnato in tutti quegli anni.
James si passò una mano tra i lunghi capelli castani, facendola ricadere sulle sue ginocchia, inerme.
Non era sicuro di ciò che stava per fare ora che mancava così poco. Non era più circondato da persone che volevano usarlo per scopi militari, bensì da persone che, a detta loro, volevano soltanto aiutarlo.
Eppure lui non si sentiva a suo agio in quel posto così grande ma anche così isolato. Se avesse perso di nuovo il controllo, che cosa sarebbe successo? Chi avrebbe colpito quella volta?
«Te lo chiederò un’ultima volta, Bucky.» la voce perentoria di Steve spezzò quel silenzio assordante. «Sei sicuro di quello che stai per fare?»
James si tirò su dalla barella e si mise in piedi. Guardò Steve, Sam e poi la capsula.
Annuì soltanto, incapace di trovare le parole giuste per esprimere ciò che stava provando. Perché lui stava provando qualcosa. Non era in grado di definire bene cosa fosse, ma era perfettamente cosciente di quel macigno enorme bloccato nel suo stomaco.
«Ci sono altre alternative...» ricominciò Steve per l’ennesima volta ma lo sguardo dell’amico gli fece cambiare idea. «D’accordo. Dottor Mendes, proceda pure.» il Capitano si appoggiò alla finestra e mantenne lo sguardo fisso verso una macchia del pavimento.
Bucky lanciò un’ultima occhiata all’amico e a Sam, poi seguì le indicazioni del Dottore e si andò a posizionare all’interno della macchina. Lo spazio era ristretto. Riusciva a malapena a muovere gli arti ma doveva ammettere che era stato abituato a situazione ben peggiori.
Nel momento in cui la porta si chiuse, ghiaccio secco cominciò a fuoriuscire dai molteplici tubi all’interno della capsula. Bucky sentì i muscoli  irrigidirsi mentre lentamente  cominciava a perdere sensibilità alle estremità degli arti.
Non era in grado di capire quanto tempo stesse passando, ma era quasi sicuro che fosse passata solo una manciata di minuti quando cominciò a sentirsi stranamente rintontito.
Stava per perdere completamente coscienza, quando delle voci lontane si sprigionarono nel suo campo uditivo. Erano distanti e attutite, ma erano chiaramente delle voci umane.
Bucky spalancò gli occhi come se qualcosa lo avesse colpito di soprassalto durante il sonno. L’uscio della capsula era aperto e il ghiaccio si stava dissolvendo.
Sbatté le palpebre con forza, completamente disorientato. Di fronte a lui il viso di una ragazza gli si stagliò davanti. I lunghi capelli biondi gli ricordarono Kamila.
Era Kamila.





Buonasera a tutti!
Non posso credere a quanto io sia puntuale nell'aggiornare ahahah forse perchè i primi tre capitoli erano già scritti, mentre da adesso in poi non ho ancora nulla di pronto perciò molto probabilmente dopo questo dovrete aspettare un po' :(
Comunque, non ho molto da dire. Volevo ringraziare di cuore tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le seguite/ricordate/preferite. Ogni giorno siete sempre di più e sono davvero contentissima! 
Volevo anche ringraziare la persona che ha recensito i primi due capitoli, sei stata davvero gentilissima!
In questo capitolo le cose cominciano a muoversi un pochino per i nostri due protagonisti.  Cominciano ad uscire i lati dei rispettivi caratteri, e spero davvero di riuscire a definirli al meglio nel corso della storia. Cosa ne pensate della decisione di Bucky di congelarsi? e di quella di Kamila di aiutarlo?
Farò di tutto per non cadere nel clichè. 
Grazie ancora a tutti, vi chiedo genitlmente di lasciarmi un vostro pensiero, se vi va ovviamente :) sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensate!
un bacio,
clepp



 
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