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Autore: SamuelCostaRica    30/05/2016    0 recensioni
Scappare da un pianeta per poi tornarci per cercare le proprie origini o costretti da dei sconosciuti per salvare se stessi e i propri segreti? Magia e tecnologia si incontrano, si scontrano e si amalgamano in uno scontro da popoli diversi
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il vento faceva rotolare i granelli di sabbia.

L’uomo guardava dritto davanti a sé, piegato sulla sporgenza di una rupe: il piede della gamba sinistra era appoggiata su una enorme roccia, la gamba era piegata al ginocchio, il gomito del braccio sinistro appoggiava sul ginocchio della medesima gamba e il mento del viso dell’uomo era posato sul pugno della mano sinistra.

Lo sguardo era perso nel nulla, come se fosse in meditazione: davanti a sé un deserto, immenso, piatto, senza alcuna duna, bianco e luccicante, di cui si vedeva solo la linea dell’orizzonte verso l’infinito, mosso dall’aria calda che da esso saliva verso il cielo.

Il vento caldo saliva anche dal deserto verso la montagna, investendo l’uomo.

Alle sue spalle si era lasciato delle alte montagne, con enormi distese di verde e le vette innevate da nevi perenni, da cui un’aria fredda scendeva lungo il crinale.

Era nell’emisfero sud di un pianeta, in piena estate, a lui sconosciuto e quella zona del pianeta era secoli che non vedeva acqua.

L'uomo, all’improvviso, sentì uno sbuffo di calore sulla sua spalla sinistra: passò il dorso della mano destra sulla quella spalla più volte, come per scacciare via qualcosa.

Riportò la mano destra sul pomolo della sua spada, che aveva un’elsa elaborata ed era inserita in un fodero nero, con una riga di color rosso scuro nel mezzo: l'impugnatura era nera come la pece, con degli strani riflessi blu, mentre il pomolo della spada era costituito da un rubino rosso, grosso quasi come il pugno dell’uomo.

L'armatura dell'uomo era anch’essa nera, con strani riflessi blu, formata da varie placche sovrapposte una sull'altra, dando però l’impressione di una struttura unica, che la rendeva resistente ai colpi di molteplici armi, sia da fuoco che da taglio, ma anche leggera e pratica da utilizzare.

Il mantello, che gli copriva la schiena dalle spalle fino quasi ai piedi, era di colore rosso scuro, con uno stemma d’orato, disegnato sulla spalla destra.

L'elmo era di forma cilindrica, che finiva a cono, con la visiera che copriva completamente il volto: la particolarità di quell’elmo era che non vi era nessun tipo di fessura e al posto dei fori per gli occhi vi erano due rettangoli di un colore più chiaro dell'elmo.

Lo sbuffo caldo giunse ancora una volta sulla sua spalla sinistra dell’uomo e i due rettangolari dell'elmo dell'uomo passarono da un blu scuro al rosso vivo.

L'uomo si rialzò dritto, torse il busto verso sinistra e alzò verso sinistra la testa: il muso triangolare di un enorme drago, con la pigmentazione nera, completamente ricoperto di una armatura dello stesso colore e dello stessa struttura di quella dell’uomo, gli stava davanti a pochi centimetri dalla sua testa.

Il drago sbuffò ancora dell’aria calda dalle narici, leggermente colorata di nero.

L’uomo fu investito da quell’aria calda, nauseabonda e gli occhi dell'uomo divennero gialli, così come gli occhi dell'elmo del drago.

L’uomo si girò completamente verso il drago, muovendo la mano sinistra davanti all’elmo, cercando di allontanare quell’aria scura e puzzolente.

I due si guardarono per alcuni secondi.

Poi l'uomo si accorse di una figura, posta alla destra del drago, con una armatura simile alla sua, ma di colore rosso, con un mantello di color oro.

La figura era decisamente femminile, date le sue forme e la grazia con cui si muoveva: a sinistra della cinta aveva una spada, con un’elsa elaborata e un pomolo formato da una pietra di color blu cobalto, grossa quasi come un pugno; il fodero era rosso con una riga nera che la percorreva per tutta la lunghezza.

Dietro a lei, un po' più in alto, un altro drago fece capolino da dietro una rupe, con una pigmentazione rossa e una armatura del medesimo colore.

L'uomo guardò la donna, mentre il drago, poggiato solidamente sulle sue quattro zampe fornite di zampe con dita provviste di poderosi artigli, alzò completamente la testa e il suo lunghissimo collo, aprendo contemporaneamente le enormi ali: il drago era lungo più di venticinque metri dalla punta del naso alla coda, la quale terminava con un palla piena di aculei, mentre ogni ala era lunga quanto il suo corpo, formata da una dura membrana.

Il drago, muovendo le ali, lanciò un urlo che echeggiò contro le pareti della montagna.

Più in alto un'altra armatura, di color blu, fece capolino da dietro un masso, accompagnato dal testone di un drago dello stesso colore.

La donna vestita di rosso si avvicinò all'uomo.

“Perché ci hai portato fino a qui? Non ti andava bene la pace o il solo suono di quella parole continua a darti  fastidio?”

Gli occhi dell'uomo divennero azzurri.

“Sai benissimo che non avremmo avuto un futuro, se non quello di morire in silenzio, chissà quando.”

“Preferisci, allora, portarci a  morire lontano da casa?” Disse lei, con voce suadente.

L'uomo non rispose.

“Allora, ci muoviamo?”

L’urlo, roco, arrivava da un uomo posto il alto, a destra del cavaliere nero: era un tipo piccolo, tarchiato, con un elmetto verde scuro in testa, con il sottogola slacciato, un tuta di color kaki e un enorme sigaro in bocca, che bucava una maschera collegata, con un tubo, ad un parallelepipedo legato alla cintura.

Il cavaliere si ricordò di quando aveva conosciuto quell’uomo, sul suo pianeta.

Era arrivato in un giorno di inverno, per l’emisfero nord del pianeta ove vi era la capitale, freddo, anche se era una giornata priva di nuvole e con il sole a picco sopra lo zenit del castello del re, su un veicolo che solcava nel cielo.

Lui aveva visto solo i draghi volare e di oggetti che volavano ne aveva sentito parlare solo dai maghi più anziani, come leggende: ma quelle che aveva davanti a lui non erano leggende, ma cose vere.

L’uomo, che sembrava un militare, era sceso da quel veicoli, camminando in modo strano, con le gambe arcuate, trattando tutti, compreso il re, con fare superiore.

Data la struttura del pianeta, con una bassa densità ed una atmosfera rarefatta, il militare e i suoi uomini si muovevano sempre con quella strana maschera in faccia e un macchinario che faceva si che non si alzassero in volo senza ali. Quella cosa aveva divertito tutti, ma si erano anche resi conto che rispetto a quegli uomini, loro erano molto più alti, grossi: per quanto riguardava la forza fisica, se non fosse stato per le loro dimensioni (il cavaliere era alto più di tre metri, quasi un persona normale su quel pianeta) spesso, in una lotta corpo a corpo con gli uomini del generale, anche se pur piccoli a loro confronto, avrebbero miseramente perso.

Il militare voleva sfruttare il pianeta per l’estrazione di qualche oscuro e raro materiale, se mai esisteva.

Di certo era una scusa bella e buona per sottometterli.

Ma il cavaliere aveva pensato che, anziché essere sfruttati, l’ideale era di usare i nuovi arrivati e cogliere l’occasione che da tempo aspettavano lui e i suoi simili.

Da tempo, anzi da secoli, la discussione tra l’uso della magia e della tecnologia sul suo pianeta era in corso tra coloro che possedevano la magia e quelli che, per un volere del fato, o di chissà chi, non ne avevano il dono.

E spesso si era fantasticato su un pianeta da cui tutti provenivano: quello su cui vivevano non era, a detta di molti documenti in possesso dei maghi, il loro pianeta natale.

L’idea del cavaliere era andare sul loro remoto pianeta natio, ammesso che ancora esistesse, la cui posizione era stata scoperta per caso guardandolo su antiche mappe da parte di alcuni scienziati non maghi: scoprire cosa era realmente successo e tornare con qualcosa di concreto alle innumerevoli domande che da tempo si facevano, abbandonando, poi, eventualmente, al suo destino il militare e chi era con lui.

Al cavalieri gli ci volle parecchio per convincere tutti, anche perché l’idea non era piaciuto a nessuno: il militare, oltra  a dover modificare le navi per trasportare gli abitanti del pianeta, abituati ad atmosfera e gravità diverse dalle sue, doveva portare i draghi sulle astronavi cargo e poi sbarcarli sul pianeta, con non si sa quale mezzo (i draghi erano enormi per qualsiasi traghetto spazio/terra in uso alle navi spaziali); i cavalieri non volevano viaggiare con i draghi rilegati in spazi angusti, (diventano poco socievoli e, comunque, si dovevano trovare dei volontari, che quasi sicuramente sarebbero stati i più scavezzacolli delle tribù); i maghi avevano paura di scoprire cose non gradite e i non maghi erano in pensiero perché il loro poco potere, se scoperto qualcosa di importante, avrebbe potuto finire nel nulla.

Il cavaliere, alla fine di parecchi giorni di discussione, riuscì a mettere tutti d’accordo, promettendo al generale un compenso in oro ragguardevole, di cui, ovviamente, il generale non ne fece parola con nessuno.

Il generale, su dei disegni segreti in possesso solo dei maghi, fece costruire alcune navette per il trasporto dei draghi dal pianeta a delle navi cargo speciali, fatte venire apposta da un pianeta miniera, uniche navi spaziali che potevano trasportare quegli animali.

Quindi partirono solo pochi cavalieri, circa un centinaio, con i loro draghi, alcuni maghi, nessun non mago (il cavaliere nero si era “prestato” a far da giudice sul materiale raccolto), il militare, i suoi uomini e tutto il personale addetto alle parecchie navi spaziali che presero parte alla missione.

Il pianeta fu subito identificato e rintracciato nello spazio cosmico.

Era un pianeta simili a quello da cui provenivano i maghi e i cavalieri, con bassa densità e aria rarefatta.

Il luogo di discesa per il primo approccio sul pianeta lo aveva scelto il generale.

“E’ un posto carino e simpatico!” Aveva detto: cosa ci vedesse di carino e simpatico in una pianura, circondata da alberi, vicino ad alte montagne, lo sapeva solo lui.

Ma nessuno discusse e furono scaricati tutti i draghi con i cavalieri e molte macchine terrestri che procedevano alcune con enormi ruote, altre con cingoli e con torrette, alcune rotanti e altre fisse, armate da armi diverse per forma e grandezza.

Scavalcarono le montagne in men che non si dica, senza trovare nulla di interessante, e senza che nessuno gli fermasse, seguendo le indicazioni che provenivano dalle navi spaziali.

Ora bisognava attraversare quel deserto, enorme: un tipo di terreno che sul pianeta dei maghi non esisteva.   

La donna risalì la montagna e accarezzò il muso del suo drago, salendogli sulla sella, posta davanti all’attaccatura delle ali.

L'uomo fece lo stesso, dando poi un leggero colpo coi tacchi degli stivali al corpo del drago, che, lanciando l’ennesimo urlo contro il cielo, aprendo d’improvviso le enormi ali, si alzò in volo.

Lo seguì la donna con il drago rosso, il cavaliere con il drago azzurro e tutti gli altri draghi, di colore, dimensioni dei corpi e forme delle ali diverse, tutti cavalcati da cavalieri con armature colorate e armi, alcune poste sul fianco delle selle, di vario tipo.

Intanto, dalla montagna, incominciarono a scendere, verso il deserto, i vari mezzi corazzati.

In uno dei veicoli ruotati vi era l'uomo che aveva sollecitato la partenza, con due donne e, oltre all'autista e al motorista, alcuni uomini armati.

“Cosa ti è venuto in mente di metterti d’accordo con questi tizi?” disse la donna vicino all'uomo, togliendosi momentaneamente la maschera, sporgendosi verso di lui e sottolineando la parola “accordo”: la donna indossava una tuta aderente di colore nero e stivali alta con tacco, con la solita cintura con attaccata la scatola.

Portava lunghi capelli neri, la pelle del viso era chiara, indossava occhiali scuri con le lenti riflettenti di forma ovale e le labbra, carnose, erano ricoperte da un rossetto rosso fuoco e faceva di tutto per non nascondere tutta la sua femminilità.

L'uomo girò la testa verso la donna, con quell'enorme sigaro puzzolente stretto tra i denti, passante per un foro della maschera e, con un fare da padrone, picchiettò la sua mano sinistra sulla coscia destra della ragazza.

La ragazza cacciò la mano dell'uomo e lo guardò di traverso, rimettendosi la maschera e ansimando rumorosamente.

“Non ti preoccupare!” disse l'uomo “Io so come trattare con certe persone. Ho mai tradito la tua fiducia e quella della compagnia?”

La donna fece una strana smorfia con il viso e si voltò verso l'altra donna, in ombra all’interno del mezzo, che giocava distrattamente con un'astina di metallo lunga circa cinquanta centimetri.

La donna sbuffò, girò la testa verso l'autista e appoggiò la testa allo schienale, chiudendo gli occhi, cercando di dormire un po’, mentre il blindato, durante la discesa, sbatteva di qua e di là i suoi occupanti.

I draghi volteggiavano nel cielo, in ordine sparso, a varie quote e distanziati tra di loro.

L'uomo sul drago nero non fece caso alla disposizione dei suoi compagni, preoccupato più di curare il cielo e la terra, con i mezzi corazzati che correvano sotto di lui, verso il deserto, uno dietro l’altro.

Si erano già allontanati parecchio dalla montagne, ma la colonna dei mezzi corazzati continuava a scendere dalle montagne.

Cosa serviva un tale schieramento con così tanti mezzi, quando sarebbero bastati lui e metà dei suoi compagni inviati sul pianeta per sottomettere qualsiasi tipo di  primitivo nemico?

L'uomo si girò a guardare i suoi compagni: subito gli ultimi quattro draghi si alzarono di quota, facendo ampi cerchi sopra gli altri draghi.

L'uomo riguardò giù e controllò la colonna dei blindati, che aveva finito di scendere dalla montagna, e ora si disponevano a ventaglio sul terreno, alzando alte nuvole di sabbia.

Il cavaliere si alzò di quota, per poter vedere il più lontano possibile.

A poco a poco incominciò ad intravvedere la fine del deserto, con delle alte montagne che si avvicinavano lentamente, di un colore, per colpa del sole alto e del riflesso di esso sulla sabbia, non ben definito.

Ma una cosa, mano a mano che si avvicinavano alle montagne, attirò la sua attenzione: una struttura, enorme, di forma semi sferica, che si stagliava davanti a lui, all'inizio di una profonda gola posta tra le montagne.

Il cavaliere rimase stupido da quanto enorme fosse quella struttura, adagiata su una roccia a strapiombo sul deserto, mentre, dietro ad essa, una nube, prodotta dall’acqua che cadeva dalle alte montagne, formando una enorme cascata, creava un incredibile arcobaleno nel cielo.

Era la cosa più strana che avesse visto: si chiese subito dove tutta quell’acqua andava a finire, visto che davanti alla cascata vi era quell’enorme terra bruciata dal sole.

Proprio in quel mentre, la seconda ragazza all'interno del blindato smise di giocherellare con il pezzo di metallo, alzando la testa, come se si stesse mettendo all'ascolto di qualcosa.

La donna in nero notò quello strano cambiamento nella ragazza e, spaventata, continuando a guardare la ragazza, cercò a tentoni la spalla destra dell’uomo e la picchiò, con la mano sinistra: l’uomo si girò da quel lato, guardandola la donna con il suo solito fare sgradevole: la donna girò la testa verso il militare e indicò, con un cenno del capo la ragazza e l'uomo, fissandola, si tolse il sigaro dalla bocca e dalla maschera.

Sulla astronave madre, posta in orbita bassa del pianeta, successe lo stesso ad uno dei maghi presenti sul ponte di comando.

Si chiamava Joirk: era alto, magro, con il viso scavato e un naso adunco, occhi azzurri, e stava fissava il nulla.

Lui ed altri maghi erano in una zona confinata della sala comando, rivestita di vetro per poter vedere tutto quello che succedeva nella sala, con un’atmosfera e gravità modificata apposta per loro.

Il comandante della nave, un certo Kirk Delano Koneig, che stava controllando su alcuni video il viaggio dei draghi e dei blindati sul pianeta, non si accorse subito del fatto: glielo fece notare una attendente, che tocco la manica al comandate e gli indicò il mago.

Il comandante si avvicinò ad un punto della parete in vetro dove vi era un interfono, ma fu anticipato da una figura, più bassa del mago, incappucciata e con una abito nero lungo fino ai piedi, che blocco l’interfono.

Il comandante si fermò e rimase lì, incapace di capire cosa stesso succedendo.

Ad un certo punto il mago si risvegliò dal suo torpore e si avvicinò all’interfono, mandando via il nuovo venuto con un cenno della mano.

“Cosa è quella cosa sul fondo di quella gola?” chiese Joirk, indicando un monitor dove veniva visualizzata quanto visto da una telecamera posizionata sul primo blindato della colonna.

L'animazione nella sala controllo fu grande: quella struttura era visibile sul video, ma non era stata evidenziata dai rilievi del terreno effettuato dai satelliti messi in orbita per mappare velocemente il terreno del pianeta.

Ad un più attento esame, la struttura aveva una base a forma ovale, con le mura di cinta a strapiombo delle rocce, con strani pilastri semi curvi, che si alzavano sopra la struttura, verso il cielo: all'interno del recinto della struttura vi erano palazzi, grattacieli, ogni altro tipo di abitazione, vie, piazze e fontane ancora funzionanti.

Tutti gli edifici risultavano in ordine e immacolati, come se gli abitanti non se ne fossero mai andati: in realtà non si muoveva una mosca e non si vedevano né mezzi né esseri viventi muoversi sul terreno.

La definizione di enorme, per quella struttura, era esatta: dalle misurazioni di un addetto della sala di controllo, l'ovale era, nella sua direttrice maggiore, lungo più di cinquanta chilometri e, nella direttrice minore, era larga venticinque chilometri e i pilastri semi curvi erano alti alcuni chilometri.

“Come ha fatto a non essere mappata dai satelliti?” Chiese il comandate, guardando l'enorme città.

Uno dei monitor incominciò a emettere uno strano sibilo: l'addetto guardò il monitor e schiaccio subito il tasto dell'allarme.

Il comandante si diresse alla postazione e sul monitor apparvero dei dati non molto rassicuranti.

“Avvisate la colonna!” Urlò agli addetti delle comunicazioni. ”Ditegli di stare lontani da quella città!”

“Non vi preoccupate.” Disse Joirk, con voce calma. “Turk e Nail sono già stati avvisati!”

Sul pianeta l'uomo in nero indicò ai dragoni di indirizzarsi verso destra, per tenersi lontano dalla città, e lo stesso fecero i blindati, indirizzati dalla ragazza con la bacchetta nel blindato.

I draghi erano nervosi e i cavalieri ebbero il loro da fare a tenerli calmi.

I draghi atterrano in una ansa della enorme gola, posta tra le due montagne ai cui piedi vi era la città, dove si formava un enorme altopiano, lontani da quel luogo misterioso, mentre i blindati, seguendo una strada battuta, salivano la gola fino alla zona dove si erano fermati i draghi.

Appena il blindato del generale si fermò, Turk, il cavaliere vestito di nero, e Lyla, la cavallerizza vestita di rosso, si avvicinarono con fare minaccioso.

Turk si era tolto l'elmo e mostrava il suo viso, ovale, senza capelli, con il naso schiacciato e delle enormi narici, con una pigmentazione scura, con una cicatrice verticale sulla guancia destra ed una cicatrice orizzontale sulla guancia sinistra, che partiva dal sotto l'occhio e arrivava all'orecchio.

Lila, invece, aveva un viso rettangolare, mascella squadrata, occhi chiari e capelli neri, legati a coda di cavallo.

Tutte e due erano molto più alti dei soldati del militare, tenevano i loro elmi sotto braccio, mentre le mani libere erano appoggiate sulle elsa delle loro spade.

Dal blindato scesero prima Nail, la ragazza che giocava con la bacchetta, anche lei alta come Lyla, poi la donna, la cui testa arrivava all’altezza della cinta di Nail, e il generale.

Nail si diresse vero la cavallerizza e, prendendosi per mano, si scambiarono un bacio sulle labbra, poi si voltarono verso la donna, che, in pedi, mostrava tutto il suo corpo veramente da mozzafiato.

“Non ci pensate nemmeno!” Disse a loro, con fare preoccupato, tenendosi con la mano la mascherina per respirare, nascondendo il rossore del viso.

Le due donne risero.

“Lei è mia sorella!” Disse Nail indicando Lyla.

Turk fece un mezzo sorriso, ma poi guardò truce l’uomo.

Turk aveva sentito chiamare la donna, che era scesa dal blindato, Hunter, ma non ne era molto sicuro di quello strano nome.

 “A quanto pare i tuoi sistemi tecnologici non funzionano così bene come dicevi!” Disse Turk, guardando torvo il generale.

L'uomo, che arrivava al femore di Turk, alzò la testa, con il suo puzzolente sigaro in mano, guardandolo con fare da uno che sa il fatto suo e si mise ad urlare a causa della maschera.

“Ti avevo detto che poteva non essere un passeggiata, mi sembra. Anzi, ti avevo detto che il pericolo sarebbe stato il tuo solo pensiero! Quello che si cerca prima o poi, se non addirittura spesso, si trova!”

“Sì. Ma quello è più di un pericolo! Non vedi, anche gli animali ne stanno lontani!” disse Lila, indicando degli animali con le ali che, avvicinandosi a quei strani pali, se ne scappavano di gran fretta, urlando con le loro stridule voci.

“Come è possibile ?” disse Nail.

Il Generale si grattò il mento, mentre si girava a guardare quella strana città.

“Tu e i tuoi maghi come mai non lo avete “sentito” il pericolo?” gli disse la donna rivolta a Turk.

“Perché non è un pericolo! Ma di certo c’è qualcosa che non va. Non è abitata, gli animali non si avvicinano e anche i draghi sono nervosi. E non so neanche se sarà possibile usare armi come quelle che avete voi in città!” Gli rispose Nail, sfregandosi il mento pensierosa.

Nail si avvicinò a Turk.

“Sei sicuro che non si senta niente? Io non sono molto esperta, ma Joirk dice che non era visibile neanche ai satelliti. Sei sicuro che la magia in quella città non sia più forte di quello che pensiamo. Non è il caso che...”

Turk la zittì con una mano.

Il sole stava calando dietro le montagne e il freddo e il buio della notte avanzavano, silenzioso e inesorabili.

“Accendete i fuochi! Per stanotte dormiremo qui.” Incominciò ad urlare Turk. “Lyla, organizza turni di guardia tra i nostri e gli uomini del generale. Uno dei nostri, con il suo drago, e tre di loro. Non si sa mai...”.

Il generale non controbatté e con Hunter si diresse verso il blindato.

Sulla nave spaziale il comandante parlò via radio con Hunter, organizzando il controllo della zona con satelliti a bassa quota e droni, inviati di gran fretta nella bassa atmosfera, e decidendo l'invio, per il giorno dopo, di veicoli volanti sul pianeta con altri militari armati.

Turk guardò Nail e Lyla.

“Prendete le bacchette, ditelo anche agli altri! Fate tutto il possibile perché nessuno di avvicini...” disse Turk, mentre un urlo lancinante squarciò il silenzio, seguito da un latrato e poi un altro più lontano.

“Meglio fare presto! La notte sarà lunga.” Disse Turk.

Hunter uscì dal blindato di corsa, verso Turk.

“Cos'era quell'urlo?”

Turk la guardò con dolcezza.

“Non lo so. Ma stia dentro il blindato. Ci pensiamo noi!”

Turk si mise l'elmo e se ne andò.

Lyla guardò con un mezzo sorriso Hunter che entrava nel blindato e eseguì gli ordini di Turk.

I draghi lanciarono alte urla, cercando di far paura a chi latrava.

I latrati si spostarono, poi, verso la città, lasciandosi alle spalle la comitiva.

I fuochi, scoppiettanti, erano stati accesi intorno e dentro al campo dai draghi, che lanciavano fiamme sui fasci di legna raccolti dai militari.

Gli uomini del generale si erano divertiti a quel modo di accendere i fuochi, per poi venire subito richiamati all'ordine dai vari sub-comandanti.

I cavalieri tolsero l'armatura ai draghi che non erano stati messi di sorveglianza del campo.

Turk e altri cavalieri, insieme alla maga Nail, fecero magie tutto intorno al campo per più di mezz'ora e, alla fine erano stanchi, ma soddisfatti del lavoro: nessuno si poteva avvicinare al campo senza mettere in allarme cavalieri, draghi e maga.

La notte trascorse tranquilla, con qualche rumore da parte di animali all'esterno al campo e il brontolio sordo dei draghi che dormivano.

Il Generale, all'interno del blindato, con Hunter, controllò i rilievi in 3D all’infrarosso dei satelliti sull'interno della città, che rilevarono un numero imprecisato di strani esseri che vi si aggiravano in modo sospetto.

Ma non notarono nient'altro e decisero anche loro di andare a dormire: al mattino avrebbero deciso il da fare.

Al primo sorgere del primo sole tutti si svegliarono.

L’animazione per la partenza crebbe.

Ma nessuno si accorse di una figura, piccola, magrolina, che si era avvicinato ai blindati, sistemati sulla parte della gola che dava verso il deserto: aveva i vestiti laceri ed era parecchio sporco.

Uno dei draghi, svegliandosi, lo notò, e incominciò ad emettere strani versi all’indirizzo dello sconosciuto.

Questi si fermo contro uno dei mezzi, cercando di nascondersi, estraendo da sotto i vestiti una strana bacchette in legno, non più lunga di venti centimetri.

Uno dei cavaliere sfoderò la spada e, insieme al drago che aveva notato la figura, con l’ausilio di alcuni soldati, si avventò contro l'essere, che si mise subito ad agitare la bacchetta, sprigionò lampi di luce arancione contro i soldati, che schivarono i colpi, mentre Nail colpì l’essere in pieno petto con un fascio di luce color rosso uscita dalla sua bacchetta.

L'essere venne tramortito e cadde per terra, esanime.

Tutto quel movimento fece sì che il campo fosse, in pochi minuti, già in fermento.

L'essere fu portato vicino al blindato del generale.

Aveva degli strani calzari, dei pantaloni, una camicia e un giacca, tutti alquanto logori.

Turk controllò la bacchetta di legno, alquanto rozza, e la rigirò tra le dita per alcuni momenti, per poi passarla a Nail, che gli si era avvicinata.

“Strana. Non ne ho mai viste così. E penso che neanche i maestri le usano più.” Disse Nail, mentre Turk controllava l’essere: era un ragazzo, forse sui quindici anni, con un taglio degli occhi a forma di mandorla, una pigmentazione della pelle giallognola e le dita della mani erano lunghe e affusolate.

Lyla gli diede una pedata, per vedere se era sveglio.

Il ragazzo non si mosse, ma Nail capì subito che faceva finta di essere svenuto.

“Io direi di ucciderlo subito!” Disse Nail, inginocchiandosi e sporgendosi in avanti verso il ragazzo. “A cosa ci può servire? Vivo o morto per noi è lo stesso.”

Il ragazzo aprì l'occhio destro per vedere cosa succedeva intorno a lui e si ritrovo il muso del drago nero a pochi centimetri.

Il ragazzo non sembrava spaventato e disse qualcosa in una lingua incomprensibile.

Il drago sbuffò, poi si girò verso Turk.

“Parla nella antica lingua!” Affermò il drago.

Tutto i soldati rimasero stupefatti, compreso il Generale e Hunter: non avevano mai sentito parlare i draghi.

Turk guardò il ragazzo: Hunter scrutava tutti i presenti e aveva sempre creduto che Turk usasse la telepatia per parlare con il drago.

Il silenzio durò alcuni minuti, fino a ché un forte rumore provenne dal cielo.

I mezzi aerei, promessi la sera al Generale dal comandante dell'astronave madre, erano arrivati: erano una cinquantina e alcuni si fermarono su uno spiazzo più in alto del campo principale, mentre gli altri continuavano a ronzare sul campo e tra il campo e la città.

I draghi rumoreggiarono e alcuni, infastiditi, lanciarono delle fiamme verso il cielo.

“Cosa le ha detto?” Chiese Hunter a Turk.

“Non adesso. Dobbiamo prima entrare in città per cercare dei documenti. Voi restate qui al campo..” Rispose Turk, con la faccia preoccupata.

“Non se ne parla!” Disse Hunter, muovendo il dito indice della mano destra verso il naso di Turk. “Vengo con voi! E non ammetto discussioni!”

“Come volete, mia signora!” Disse Turk, facendo un inchino.

“Preparate i draghi, si parte!” Urlò Turk ai suoi uomini e tutti misero le armature ai draghi.

Hunter salì in sella con Turk, il ragazzo sali in groppa la drago di Lyla e Nail rimase al campo, contrariata, a protezione degli uomini del Generale.

Il gruppo partì, in formazione serrata, verso la città.

Da uno dei veicoli volanti scese un mago, anziano, con un bastone munito, in testa, di una strana pietra, e si avvicinò al campo in silenzio, senza farsi sentire.

“Problemi Nail?” Chiese alle spalle della ragazza.

“No, Maestro.” Disse Nail, con fare indifferente, scrollando le spalle. ”Ma non capisco perché siete sceso sul pianeta?”

Nail si girò a guardare l’anziano uomo, con i capelli bianchi, sovrappeso, più alto di lei, l’andatura claudicante e un occhio chiuso da una ciccatrice.

“Devo controllare… devo verificare.. una leggenda..” Disse lui, pacatamente.

“Quale leggenda?” Chiese Nail, preoccupata, scrutando il viso del maestro per cercare risposte.

L'uomo non rispose, andando verso il blindato del Generale, mentre i soli ormai illuminava tutta la valle, scaldando l'aria.

I draghi volavano verso la città: Turk era preoccupato e il ragazzo, con cui parlava mentalmente, lo indirizzò verso una zona della città considerata sicura.

Era una enorme piazza, vero il deserto, su cui si affacciavano degli edifici abbastanza importanti della città.

Turk atterrò nel mezzo della piazza.

Tutto era rimasto intatto: il lastricato di pietra, i palazzi ai bordi della piazza e anche una fontana al centro di essa, anche se senza acqua, non dava la minima idea che la città fosse stata abbandonata da tempo.

Turk suddivise la compagnia in vari gruppi, per controllare gli edifici che circondavano la piazza.

Il ragazzo indicò, scendendo di corsa dalla sella del drago, un edificio basso, posto sul lato nord della piazza: lui lo chiamava “il laboratorio dell'alchimista”.

Turk conosceva alcuni alchimisti del suo pianeta, ma non avevano mai raggiunto grandi successi senza la magia.

Il ragazzo, da quanto aveva capito Turk, era uno dei discepoli di un alchimista, un certo Kilmi, che però non lavoravano più nella città, ma in un remoto paesino al di là delle montagne.

Entrando nell'edificio, Turk notò molti quadri sui muri che ritraevano dei famosi alchimisti di tutti i tempi passati, ma i loro volti erano diversi: alcuni avevano i volti rotondi e i corpi tozzi, altri avevano fisionomie quasi scimmiesche, altri ancora avevano volti lunghi e scarni.

“Uno assomiglia a  Joirk, non ti pare Turk?” Disse Lila, alle spalle di Turk.

Turk si avvicinò al quadro, insieme a Hunter.

Il volto del quadro era esattamente quello del mago rimasto sull'astronave.

“Allora è vero!”

Ma la voce di Turk fu soffocata da uno sbuffo di un drago di color giallo, che aveva infilato la testa attraverso la porta principale.

Il drago riferì un messaggio telepatico e Turk e si ritrasse.

“Meglio uscire da qui! Non siamo al sicuro.”

Turk si incamminò verso la porta, ma Hunter ebbe da ridire.

“Siamo qui, perché andar via?” Urlò Hunter.

“Se volete, spiegatelo voi a quello!” Esclamò Lila, indicando qualcosa che si muoveva dietro a Hunter.

Hunter vide un ombra che si muoveva alle sue spalle: la figura assomiglia vagamente ad un enorme lucertolone.

Hunter evitò di girarsi e corse verso l'uscita, mentre l’animale, rumorosamente, usciva dal suo nascondiglio.

Hunter si girò per vedere l’animale: assomigliava a un grosso varano, lungo dieci metri, che fiutava l'aria con la sua lingua, enorme e biforcuta, aprendo la bocca e mostrando un fila di denti affilatissimi.

“Ma non è un drago!” Disse Hunter a Turk, correndogli dietro verso l’uscita.

“No. Non è un drago! Ma lo poteva divenire, con le cure idonee. Ora è solo un mostro da uccidere!”

Ma il ragazzo, in quel momento, entrò di corsa e andò incontro al mostro, agitando la bacchetta.

Il mostro si fermò, annusando l’aria con la lingua.

Ma all'improvviso, da una finestra del corridoio, il drago nero infilò la testa e uccise il varano, mordendoli il corto collo e soffocandolo.

Il ragazzo urlò inferocito contro il drago, che mollò la presa.

Hunter rientrò cautamente nel corridoio, guardando il corpo dell'animale a terra, ormai morto, mentre il ragazzo lanciava strani anatemi contro il drago, agitando la bacchetta da cui uscivano lampi di ogni colore, vanamente.

Il drago scansò ogni colpo e si ritrasse dalla finestra.

Turk entrò, prese il ragazzo, cercando di calmarlo e portandolo fuori dall’edificio.

Hunter assistette alla scena, non sapendo cosa fare.

Ma a lei interessava ciò che era appeso ai muri del corridoio e incomincio a filmarli con la video camera.

I cavalieri erano intanto accorsi al rumore, con le spade sfoderate, pronti ad intervenire.

Quando videro il lucertole, tirarono un sospiro di sollievo.

“Forza, ragazzi, incominciamo a cercare quello che sapete!”

Turk invitò i suoi amici a cercare i documenti segreti, di cui si parlava da tempo nelle loro leggende.

Tutti incominciarono a guardarsi intorno e, scavalcando il corpo dell'animale, iniziarono a cercare nei vari armadi, dai piani più alti fino alle cantine.

Nei vari armadi trovarono libri, mucchi di libri antichi, non molto ben conservati e con scritte, alle volte, cancellate dal tempo.

Ma le cose più interessanti furono trovate nelle cantine.

In un stanza, con armadi metallici non molto alti e lunghi, sbucarono fuori disegni di strane apparecchiature, disegni in bianco su enormi fogli blu, alcuni piegati altri distesi, stranamente ben conservati.

In un armadio, dei disegni enormi riportavano delle macchine, con all'interno dei draghi.

Turk e tutti gli altri cavalieri, che avevano partecipato alla ricerca dei documenti, fissarono in silenzio quel disegno: le diciture erano illeggibili, scritte in una scrittura non più in uso, ma lo stupore fu, per tutti, grande.

Vedere un drago disegnato in un veicolo spaziale era qualcosa di più di quello che i cavalieri speravano di trovare.

Ma Hunter non era molto interessata a quello che i cavalieri avevano trovato.

Incominciò a cercare, da sola, nei vari locali dei piani seminterrati.

In un armadio trovò prima un modellino e poi dei disegni, formule e documenti ancora più interessanti.

Li guardò con calma, mentre il rumore delle voci dei cavalieri si avvicinavo.

All’improvviso il rumore del chiacchiericcio aumento e Hunter, preoccupata, cercò qualcosa in cui nascondere i documenti.

Trovò lì vicino una borsa e infilò dentro i documenti, alla bene meglio, compreso lo strano modellino.

Cercò una via di fuga attraversando i locali vicino, scivolo alle spalle dei cavalieri, che scendevano le scale, e scappò ai piani di sopra.

Uscì in fretta dall’edificio e si infilò nel blindato del Generale, che era fortunosamente appena arrivato in piazza.

Il Generale la squadrò, ma comprese, quando vide Hunter nascondere la borsa all’interno dell’armadietto armato del blindato, che aveva trovato qualcosa di veramente interessante.

I documenti della cantina furono ammucchiati con gran chiasso da parte dei cavalieri e messi in enormi casse portate dal Maestro con uno dei veicoli volanti.

I cavalieri caricarono le casse sullo stesso veicolo e, insieme alle casse, salirono il Maestro e Nail.

Quando il veicolo partì, tutti i cavalieri con i loro draghi si radunarono sulla piazza, intorno alla fontana, e incominciarono a discutere, mentalmente, con il ragazzo sul destino della città e del suo presunto declino.

Dopo quello che era successo, Turk decise di riportare il ragazzo dal suo maestro: lo fece salire sul drago e partì, anche se lo strano incidente con il varano aveva suscitato parecchio clamore tra i cavalieri e i soldati, ma tutto fu messo a tacere.

Per i giorni seguenti, i blindati del Generale batterono tutta la città, mentre i cavalieri, con i maghi scesi dalle astronavi, continuavano le loro ricerche dei documenti negli edifici, mentre  Hunter continuava a cercare, segretamente, documenti nei vari sotterranei, senza dare notizia del ritrovato ai maghi o ai cavalieri, che non si accorsero di nulla.

Hunter trovò parecchi documenti interessanti, che trafugò su di una astronave logistica, dove i cavalieri e i maghi non avevano avuto accesso.

Cosa trafugò fu visibile solo al Generale, che decise di liberare la principessa del pianeta, da dove provenivano i cavalieri, e uno strano uovo bianco.

Turk tornò dopo alcuni giorni, dopo che tutti i draghi e i cavalieri, oltre cento, portati dalla astronavi, erano scesi tutti sul pianeta.

Le ricerche sul pianeta continuarono per giorni, alla ricerca di qualsiasi cosa interessante per i cavalieri e i maghi, ma oltre a quella città trovarono solo piccoli villaggi, ove vivevano contadini, fabbri, commercianti e qualche mago o alchimista e i loro apprendisti.

Dopo un mese di ricerca, i maghi, i cavalieri e i loro draghi si riunirono sulla piazza.

Turk guardò tutti e si accorse di non sapere cosa dire.

Per lui parlò il suo drago.

“Siamo noi, maghi, cavalieri e draghi, i diretti discendenti di quelli che hanno vissuto qui.” disse il drago nero.

Tutti annuirono.

Il drago lanciò un alto urlo, seguito da una fiamma lunga e luminosa, così come fecero tutti gli altri draghi.

I maghi alzarono al cielo le loro bacchette e i cavalieri le loro spade.

Dai pilastri semi curvi che circondavano la città, all'improvviso, si sprigionò una luce intensissima, che correva da palo a palo, costruendo una visibilissima cupola di forza intorno alla città.

Dallo spazio la cupola che si formava intorno alla città fu visibile a tutti i componenti delle navi, che si spaventarono e non capirono.

Il Generale ed Hunter guardarono quell’evento dalla loro astronave, alquanto preoccupati.

“Senza di noi non potranno fare molto, Generale.” Disse Hunter.

“Non gli serviamo più, mia cara.” Disse il Generale, voltando le spalle al video. ”Ora hanno quello che volevano!”

“Anche noi ,Generale.” Disse soavemente Hunter.

“Sì. Ma basterà a tenerli a bada? Ora che sanno, chi li fermerà? Non basta la tecnologia, per certe cose.”

Hunter sbuffò, ben sapendo che il Generale aveva ragione: potevano anche aver scoperto qualcosa che potevano usare, ma di certo la potenza della magia dei loro avversari li avrebbe sconfitto in men che non si dica, se non avessero trovato qualcosa di alternativo.

Sul pianeta, tutti festeggiavano e si preparavano a rientrare sul loro pianeta: le loro scoperte avrebbero certamente cambiato il modo di vivere sul loro pianeta.

   
 
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