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Autore: seoulmate    31/05/2016    1 recensioni
Cha Jungwon, giovane reporter promettente, ambiziosa e disposta a tutto pur di diventare la giornalista di successo che ha sempre sognato di essere, anche se questo può voler significare restare intrappolata fra le grinfie di un cinico, freddo e ricco sfondato artista di successo, leader della boy band coreana più famosa al mondo: Kwon Jiyong. Lui ha un unico obbiettivo: proteggere la sua immagine, a qualunque costo. Entrambi pronti a rendersi la vita un vero inferno, cosa succederà quando Jiyong si renderà conto che la sua intera carriera rischia di essere messa in repentaglio proprio a causa di un'odiosa e spocchiosa reporter?
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: G-Dragon, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

What goes around comes around

Jiyong voleva, doveva rilassarsi. Le undici ore di volo lo avevano stremato, e adesso tutto ciò che desiderava davvero fare era spogliarsi, gettarsi a letto e fumarsi una lunga, lunghissima sigaretta. Poi, se possibile, scomparire e disintegrarsi. Ma non gli fu permesso. Il manager Han gli aveva concesso a malapena mezz’ora per darsi una rinfrescata dopo il viaggio, cambiarsi e mettersi in moto verso la YG. «“La situazione con Seungri va sistemata al più presto.”» lo aveva minacciato Hyun Suk per telefono «“risolvi il problema prima che Distpach si azzardi a pubblicare qualcosa. Potrebbe essere davvero la fine stavolta”»
Potrebbe essere la fine. Quell’atroce pensiero si addentrò nella sua mente e si piazzò lì, in un angolino remoto e ben nascosto. Non sarebbe accaduto nulla di tutto questo, non c’era davvero da preoccuparsi. Non prima di aver saputo di cosa si trattasse, almeno. Perché, sì, la situazione con Seungri andava sistemata al più presto, ma lui non aveva neppure la più pallida idea di che situazione si trattasse. Provò così ad immaginare, vista la natura da donnaiolo del compagno, in che guaio si potesse essere cacciato.
Le conferme, comunque, non tardarono ad arrivare.
 
«Nana Komatsu. Dio, sei così prevedibile.»  biascicò un Choi Seung Hyun quasi deluso. Gli altri compagni guardavano Seungri con aria di rimprovero, mentre il più piccolo si teneva la testa fra le mani disperato. Daesung era furioso tanto quanto Jiyong, che vanamente reprimeva la propria voglia di spaccare il volto del makane respirando a fondo. Respira Jiyong, respira. Sta’ calmo.
«Io non so...»balbettò Seungri, cercando in qualunque modo di evitare lo sguardo del boss, che nel frattempo se ne stava in piedi, le braccia conserte e gli occhi ridotti a due fessure puntati sull’incriminato. «Io non so davvero come sia successo! Sono stato attento, ero insieme ad altri amici in questo locale a Tokyo e...»
«E poi hai iniziato a bere.» concluse secco Young Bae, dall’alto della sua saggezza «poi ti sei fatto abbordare da questa Nina -
«Nana. Si chiama Nana.»
«Sì, come ti pare. Alla fine comunque te la sei portata a letto, e lei si è portata dietro i paparazzi. I miei complimenti latin lover, scacco matto anche questa volta.» e a quelle parole Jiyong non poté fare a meno di nascondere un sorriso vagamente divertito.
Seungri fece per replicare, alzò un dito e con lo stesso si tappò la bocca, comprendendo quanto poco fosse effettivamente rimasto da dire. Era stato stupido, per l’ennesima volta. E per l’ennesima volta si era lasciato trascinare dall’incrollata passione. Young Bae aveva ragione, la sua Nana doveva essersi portata dietro un intero team di paparazzi e questi, poi, orgogliosamente, avevano venduto a Dispatch le foto che ritraevano i due ragazzi nudi, nella lussuosa suite che il piccolo panda folgorato dall’amore aveva prenotato per loro, in posizioni che lasciavano ben poco spazio all’immaginazione. Che imbarazzo.
Jiyong si guardò attorno, e comprese che la situazione era più grave di quanto pensasse: un sex scandal nel bel mezzo delle promozioni del loro nuovo album avrebbe seriamente compromesso le vendite, e la loro reputazione. – la mia reputazione – pensò il leader – ancora una volta.
 
Mezz’ora dopo l’imbarazzante discussione, Jiyong lasciò Seungri nelle malvagie mani dei suoi compagni, che non volevano proprio saperne di smetterla di prenderlo in giro, una volta passata la rabbia del momento. Era un bersaglio così facile, poveretto. Così rimase solo, insieme al suo manager, a Hyun Suk, e a Teddy, uno dei più rinomati produttori della YG, oltre che suo migliore amico.
«D’accordo, sì, grazie mille. Faremo il prima possibile.» il presidente Hyun Suk riagganciò e si ficcò il cellulare in tasca, rivolgendosi adesso al resto dei presenti. «A quanto pare possiamo ancora fare qualcosa. Pare che le foto, in qualche modo, siano state vendute ad un gruppo di reporter alla KBS. E mi chiedono ancora perché mando i miei artisti alla SBS.» borbottò «comunque sia, una voce interna mi ha riferito che non hanno ancora pubblicato l’articolo online. Quindi è meglio sbrigarsi.» e a quelle parole Jiyong tirò un sospiro di sollievo. Sapeva già cosa fare.
 
Se c’era qualcosa su cui Kwon Jiyong non aveva mai dubitato, era che al mondo non ci fosse niente che non potesse essere comprato. Sin da bambino aveva considerato il denaro un mezzo per ottenere tutto quanto si potesse desiderare dalla vita. Persino la felicità, in un modo o nell’altro. Crescendo, la fama non fece altro che accrescere questa sua teoria, fin che non divenne una radicata filosofia di vita. Aveva ottenuto tutto ciò che voleva, che aveva sempre voluto. E non lo doveva ad altri che a se stesso. Donne a palate, abiti lussuosi, notorietà. Tutto quanto.
Così si fermò davanti l’ingresso degli studi della KBS, parcheggiò la sua eccentrica Lamborghini Aventador e scese dall’auto, sistemandosi gli occhiali scuri ed il berretto in testa. Non aveva alcun bisogno di permesso per entrare, era già stato lì migliaia di volte. Ma come accadde qualche sera prima al Grand Palais, i suoi rossi capelli, seppur coperti dal berretto, attirarono l’attenzione di chiunque gli passasse accanto.
Jiyong si guardò attorno spaesato per qualche istante, sentendosi costretto a chiedere indicazioni al suo manager. Adesso che ci pensava bene, non era mai stato alla KBS se non per prendere parte ad un qualche show televisivo. – Seungri, piccolo moccioso bastardo, questa me la paghi. – ebbe appena il tempo di pensare, prima di ritrovarsi con il sedere incollato al pavimento e i suoi adorati occhiali Gucci a due metri da lui, frantumati in mille pezzi. Qualcosa, o per meglio dire, qualcuno gli era appena finito addosso insieme ad una pila di fogli volanti, e adesso stava cercando di rimettersi in piedi con fare imbranato e frettoloso.
«Oh santo cielo, scusami! Sono mortificata! Non- non ti ho davvero visto!» le labbra di una ragazza mora, alta e dagli occhi inconfondibilmente neri come due biglie lucide, si mossero talmente rapidamente che a Jiyong sembrò di avere il mal di testa, facendogli quasi dimenticare dei suoi preziosissimi occhiali Lei raccolse tutti i fogli, si sistemò malamente i capelli in un disordinato chignon e si inchinò profondamente. Evidentemente ignara del disastro che aveva appena combinato.
«Questa è bella.» rise beffardo Jiyong, raccogliendo ciò che rimaneva delle sue lenti ormai distrutte,  «hai anche solo una vaga idea di quanto costino?»
«Non… non lo so.» rispose sinceramente la ragazza, chinando il capo.
«Più di quanto tu, piccola ragazzina imbranata, potresti mai permetterti.» e lo aveva detto davvero. Forse era troppo anche per lui, ma le aveva appena sputato addosso una delle sue più acide risposte.
Lei non rispose, e lì per lì non seppe cosa fare. Se fosse corsa via le avrebbe dato della maleducata, e se fosse rimasta lì era una perdente senza spina dorsale. Si stava facendo offendere gratuitamente dal più grande dei cafoni.
«Mi dispiace. Te li ripagherò… in qualche modo.»
«Sì, certo. Guarda dove metti i piedi la prossima volta, ragazzina. O rischierai di uccidere qualcuno. Andiamo, hyung.» biascicò il ragazzo senza degnarla di un ulteriore sguardo e si allontanò, lasciandola lì.
 
«Non credi di aver esagerato un po’ con quella ragazza?»
«Nh.» Jiyong alzò le spalle e le rilasciò cadere distrattamente. Non aveva alcuna intenzione di mettersi a discutere con il suo manager su un’inutile assistente che gli aveva appena distrutto i suoi occhiali da sole preferiti e aveva appena rischiato di spaccargli in due il sedere. Fosse almeno stata carina. «Ma qui dentro è un labirinto, dannazione, dov’è questo tizio, il giornalista? Come hai detto che si chiama, poi, Nam?» continuò il leader che iniziava a sentirsi spazientito. L’attesa non poteva certo definirsi la sua più grande passione.
«Pare di sì, e il suo ufficio deve essere questo, a giudicare dall’aspetto.» e si fermarono entrambi sulla soglia di una porta chiusa, con su scritto “TEAM NAM”. Per quanto entrambi ne sapessero, lì dentro poteva trovarsi qualunque cosa.
Senza indugiare oltre bussarono, entrando solo dopo che gli fu concesso. Quello del signor Nam era un ufficio ordinato, al centro del quale vi era un tavolo grande abbastanza per una quindicina di persone. Un’usata macchinetta del caffè in un angolo, articoli e foto appese ovunque sui muri, sulle bacheche, ovunque vi fosse spazio per tenerli in vista.
«Lei deve essere Mr. Kwon Ji Yong. E’ la prima volta che la incontro  dal vivo, sa? E’ più bello di quel che si vede in tv.» un uomo sulla quarantina dagli arruffati capelli e due lunghe basette sul viso, simili ai baffoni incolti che portava e dall’aspetto trasandato gli sorrise amichevolmente. Anche troppo, pensò Jiyong, che ebbe la disgustosa sensazione di aver già visto quello strano tipo da qualche parte. «Piacere di conoscerla.» gli porse la mano, ma il ragazzo non fece in tempo a stringergliela.
«Il piacere di incontrarla è nostro, signor Nam. Vuole scusarci, ma non abbiamo molto tempo. Siamo qui per una questione di estrema importanza e desidererei passare subito al dunque.» al manager Han quel tipo non piaceva, glielo si leggeva in faccia. E non aveva tutti i torti.
Poi Jiyong capì. Il signor Nam era identico a Mr. Satan, uno dei suoi personaggi preferiti in Dragonball. Dopo quell’istante tutto prese una piega curiosamente divertente.
«Prego.» lo incitò Mr. Satan, mettendosi comodo sulla sua vecchia sedia girevole, con le gambe stese sul tavolo. «continui pure. Cosa vi ha spinti qui oggi, signor…?»
«Han.»
«Signor Han.»
«Immagino non serve che le dica molto. So che la sua squadra di reporter, lei, o chi per voi, ha fra le mani delle foto… compromettenti? Sì, mi sembra il termine adeguato, riguardanti un altro membro del gruppo.»
«Seungri. Lee Seung Hyun. Manca all’appello, vedo.»
«Credo sia necessaria la mia presenza piuttosto che la sua, signor Nam.» lo incalzò Jiyong, enfatizzando sulla pronuncia del suo nome. Lo detestava già, quel vecchio baffuto. Non solo gli stava facendo perdere del preziosissimo tempo, ma con il suo sarcasmo da due soldi lo stava deridendo. E niente al mondo infastidiva Jiyong come la consapevolezza di essere deriso in faccia.
«Oh, capisco. Beh, sì, è così. Siete venuti qui per scusarvi, per rilasciare delle dichiarazioni…» e così facendo, Mr. Satan estrasse dal cassetto un block-notes semi terminato, sfilò la penna che per tutto il tempo aveva tenuto in bilico sull’orecchio destro e scrutò con attenzione gli interessanti, come se stesse aspettando che i due iniziassero quell’improvvisata intervista.
Il manager Han e il ragazzo si scambiarono un veloce sguardo di conferma, poi il più piccolo si inumidì le labbra e socchiuse per un istante gli occhi, prendendo un bel respiro prima di riaprirli, più cagneschi che mai.
«Mi ascolti bene, signor come-si-chiama, perché non intendo ripetermi una seconda volta. Sono venuto qui a scialacquare il mio prezioso tempo con lei non di certo per rilasciare delle inutili dichiarazioni. Ciò che voglio adesso è riprendermi quelle foto, ed intendo farlo adesso. Mi ha capito bene?»
 
**

Cha Jungwon aveva incontrato ogni genere di persona sin dal suo primo giorno alla KBS. Colleghe vipere e scontrose, che più volte l’avevano fatta sentire come l’ultimo essere sulla faccia della terra. Almeno un migliaio di idols, probabilmente. Alcuni erano gentili e cordiali con il personale degli studi, altri invece si comportavano come delle dive, come se tutto gli fosse dovuto. Naturalmente quelli li detestava, e cercava di evitarli il più possibile.
Anche nella sua squadra c’erano repoter di quel genere, comunque, ma preferiva restar loro indifferente, e limitarsi ad un civile rapporto lavorativo. Eppure quella mattina, avrebbe potuto giurarlo, aveva incontrato il più scontroso, maleducato, arrogante e borioso essere umano di tutta la sua vita.
 
« ‘Più di quanto tu, piccola ragazzina imbranata, potresti mai permetterti.’»
 
Ma come si era permesso quel coglione spocchioso di insultarla in quel modo? Di darle addirittura della povera imbranata, poi? Era forse una bestia? E lei che gli aveva persino chiesto scusa per essergli finita addosso, proponendosi di ricomprargli i suoi luridi occhiali. Ma lo avrebbe rifatto altre cento volte, se le fosse ricapitato. Anzi, era certa che se mai avesse avuto la sfortuna di rincontrare quell’abominevole essere sul suo cammino, lo avrebbe direttamente fatto fuori con una mossa di taekwando.
«Cha Jungwoooon! Cha Juuuungwooon!» la ragazza si lasciò andare ad un sospiro esasperato nel sentire l’ennesimo richiamo. Perché sembrava la peggior giornata di lavoro di tutti i tempi? Non volevano proprio mollarla un secondo. Il signor Nam l’aveva mandata a fotocopiare dei verbali “altamente importanti” e a prendere tre caffè macchiati, lunghi, senza zucchero. In più doveva ancora mettersi al lavoro con quel sex scandal assegnatole ma, dopo lo spiacevole incontro di quella mattina, la sua mente non riuscì in alcun modo a concentrarsi. Tutto ciò che riusciva a focalizzare era lo sguardo adirato e schifato del tizio dai capelli rossi, fissarla ed insultarla come un insetto.
Jungwon scosse il capo come per cacciare via dalla testa quella brutta immagine ed imprecò «Ah, al diavolo!» dirigendosi con le sue preziose fotocopie fra le braccia verso l’ufficio del capo.
 
«Signor Nam, i caffè e le fotocopie che mi aveva chiesto! La fotocopiatrice ha fatto i capricci per un po’, ma alla fine Cha Jungwon è riuscita a farla andare!» sorrise entusiasta, e soddisfatta del proprio operato si girò, chiudendosi la porta alle spalle. No. No. Non poteva essere. Che cosa ci faceva il coglione spocchioso nel suo ufficio? Quello era il suo territorio.
«Oh, Jungwon-ssi, finalmente. Erano ore! Loro sono...» provò ad introdurre il signor Nam, ma fu subito interrotto da un fastidioso biascichio.
«Fantastico. La ragazzina imbranata.» Jiyong roteò gli occhi e sbuffò adirato, come se la sola idea di condividere con la ragazza l’ossigeno di quello studio lo irritasse a tal punto.
Il suo manager lo afferrò per un braccio «Jiyong, datti una calmata.» e così facendo minacciò la sua iraconda natura.
«Com’è che mi avresti chiamata, scusa?» non lo avrebbe tollerato, non una seconda volta. Jungwon era rossa di rabbia. Rossa come il tipo che sedeva di fronte a lei con aria strafottente, e a cui avrebbe voluto tanto strappare i capelli uno per uno.
Lui si voltò lentamente, come per assicurarsi che ciò che aveva appena sentito non fosse solo il frutto della sua immaginazione. Lei assunse l’espressione più determinata che riuscì a mostrargli e si guardarono. Uno di quegli sguardi dai quali non ci esci. Non vivo, almeno.
«Non hai sentito? Imbranata. Cos’è, adesso hai preso la pillola del coraggio?» fu lui il primo a rompere il silenzio.
«No, sentimi bene pomodoro ammuffito…»
Il manager Nam, che doveva aver capito l’intera faccenda ben prima che Jiyong e il suo esasperante atteggiamento infantile lo facessero, lo colpì nuovamente.
«G-Dragon-ssi.» esordì il capo squadra Nam, interrompendo il conflitto e trattenendo a stento un sorriso colmo di soddisfazione. «Posso presentarti la giornalista Cha Jungwon? Ho affidato a lei la pubblicazione dell’articolo sullo scandalo del tuo amico, forse è con lei che vorresti parlare.»
Si sentì ribollire. Kwon Jiyong sentì le guance divampargli di un rossore ed un calore tanto intenso da farlo sudore, costringendolo a sbottonarsi il colletto della camicia. Quella era la giornalista a cui avrebbe offerto un centinaio di migliaio di yen? L’imbranata a cui aveva dato della morta di fame un attimo prima? Ottimo. Il karma lo stava decisamente punendo.
Jungwon si girò di scatto, irrigidita. Avrebbe tanto voluto che quello fosse un incubo. Fece due più due nel giro di un secondo. G-Dragon-ssi? Quel G-Dragon? Eh certo, quanti altri potevano essercene in Corea a cui dare del pomodoro ammuffito? Cielo, che sfigata.
«Signorina Cha Jungwon, spero che lei possa capire la nostra posizione.» prese parola il manager Han, che doveva essere stufo di quell’assurdo teatrino. «La prego di accogliere la nostra richiesta e chiudere, per questa volta, un occhio.»
Jiyong posò una valigetta in pelle sul tavolo, e la aprì. «Spero che questi possano bastare.» migliaia e migliaia, e migliaia e ancora migliaia di won di fronte ai suoi occhi. Jungwon per poco non ebbe un mancamento. Il signor Nam, invece, sembrava abituato a situazioni de genere.
«Diamoci un taglio, hm? Noi ci riprendiamo queste benedette foto e questi sono vostri. Sono almeno un centinaio, ma se vi sembrano pochi possiamo…»
«Non se ne parla.» silenzio. La voce chiara e determinata di Jungwon risuonò per tutta la stanza. Chiuse di scatto la valigetta e la allontanò da sè.
«Mi scusi, signorina, è possibile che non abbia inteso…» disse il manager, incerto.
«Non avrete indietro le foto, ma potete avere indietro questi. Nessuno di noi li vuole.»
Jiyong parve sconvolto, per la prima volta dopo tanto tempo, e senza parole. Non ne aveva davvero. Questo non era in programma. Tornarsene a casa senza le sue foto non era un opzione. La più odiosa delle giornaliste che avesse mai avuto la sfortuna di incontrare aveva appena rifiutato cento mila won e glieli stava ritornando indietro, senza neppure averci pensato due volte.
Aveva… perso?
 
«Sparite di qui il più velocemente possibile. Andatevene.» disse Jungwon, mentre spingeva Jiyong e il suo manager fuori dalla porta del suo studio.
«Cambierai idea, ragazzina.» bisbigliò semplicemente il lui, con un sorriso colmo d’odio e di divertimento. Il nervosismo gli stava corrodendo il volto.
 
Tornato a casa Jiyong si fiondò sul lussuoso divano in pelle bianca, avvicinò a sé Ai, un grazioso gattino tigrato e socchiuse gli occhi, respirando a pieni polmoni. In confronto a quella giornata, pensò lui, 30 concerti in un mese erano uno scherzo. Avrebbe dovuto chiamare i ragazzi, dir loro che le cose si sarebbero sistemate ugualmente e c’era anche Hyun Suk, sì, doveva chiamare pure lui. «Dov’è finito?» disse Jiyong svuotando completamente le tasche dei suoi pantaloni. Controllò all’interno della sua giacca, dovunque. Scese persino in strada, controllò in ascensore e rifece due volte il giro dell’isolato.
Il suo cellulare era sparito.
Poi qualcosa, una terribile immagine, gli balenò in testa, e tutto gli fu chiaro. Merda. Merda. Merda.

“Qualcosa, o per meglio dire, qualcuno gli era appena finito addosso insieme ad una pila di fogli volanti, e adesso stava cercando di rimettersi in piedi con fare imbranato e frettoloso. «Oh santo cielo, scusami! Sono mortificata! Non- non ti ho davvero visto!»
 
Era stata lei. Lei doveva aver preso il suo cellulare quando fece per rialzarsi e raccogliere quei maledetti fogli. Adesso che Jiyong pensava più attentamente, dopo quell’istante non riuscì più a trovare il suo telefono.
Bene. Il disastro era compiuto. La bomba era stata innescata. Adesso quanto tempo ci sarebbe voluto prima che quell’inutile giornalista trovasse il suo telefono e lo usasse contro di lui?

 
**
 
Mentre il notiziario del mattino mandava avanti le notizie, una semi addormentata Jungwon, con una tazza di caffè americano ed il viso poggiato su una mano, era del tutto assorta nei suoi pensieri da post sbornia. Eh sì, perché la sera prima, una volta uscita dagli studi non ebbe alcuna voglia dei soliti noodles precotti.
Chiamò Eunbin, la sua migliore amica e insieme andarono ad ingurgitare quanta più carne possibile. O forse, sarebbe più corretto dire, a bere quanto più soju possibile. Aveva una voglia matta di dimenticare quella tremenda giornata, di dimenticare la faccia di quel coglione dai capelli rossi. Kwon Jiyong, il numero uno sulla sua lista nera.
E così era tornata a casa oltre la mezzanotte a piedi, barcollando, dopo aver riaccompagnato Eunbin. Si era lasciata cadere sul divano senza neppure struccarsi o cambiarsi, soltanto gettando all’angolo della stanza la sua fedele 24h. Rimase lì stesa per tutta la notte, addormentandosi quasi subito in un profondo sonno senza sogni.
Così la mattina seguente si svegliò con un lancinante mal di testa, l’alito pesante da post-alcool e il trucco colato su tutto il viso. Alzò i suoi cinquanta chili doloranti dal divano, corse – beh, corse, si fa per dire – in bagno e si lavò per una buona mezz’ora, indossando poi una semplice tuta e una maglia larga. Era martedì, il suo giorno libero.
Ad un certo punto sentì qualcosa vibrarle vicino, non troppo, ma tanto vicino da poterlo avvertire. Quand’è che aveva impostato il cellulare in silenzioso? Non era da lei. - Deve essere stato ieri sera - pensò Jungwon - e non lo ricordo. - Si avvicinò alla sua borsa ed estrasse in fretta il proprio cellulare. «Eh?» nessuna chiamata. «Non sta squillando?»
Quella fastidiosa vibrazione continuò e lei ebbe lo spiacevole presentimento che nella sua borsa vi fosse ancora qualcosa.
Manager Han” comparve scritto sul piccolo schermo di un iphone 6 nero. «Manager Han, manager Han…» e fu a quel punto che Jungwon sputò il caffè dalla bocca, sgranando gli occhi. «MANAGER HAN?!»
 
C’erano volute quasi 12 ore, ma alla fine Jungwon si rese conto di avere fra le mani il cellulare dell’unica persona che detestasse davvero. Kwon Jiyong.

 
**

FINALMENTE. Questo capitolo è stato letteralmente un parto. E' estremamnete lungo, molto più lungo di ciò che avevo in mente ma non ho potuto fare altrimenti ;; spero soltanto che non sia troppo noioso e che, invece, l'approccio di quei due cretini vi sia "piaciuto"! Jiyong è davvero un cafone, lo so, ed è esattamente ciò che volevo risultasse. Lei è un po' imbranata, ma con il tempo riuscirà a tirare fuori del tutto la tigre che è in lei (?) 
Bene, detto questo volevo ringraziare chiunque abbia letto il primo capitolo e sia intenzionato a continuare gli altri, e chi addirittura lo abbia già recensito ;; siete un amore! Al prossimo aggiornamento! <3
 


 
 

 
  
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