Quiet people have the loudest minds.

- Stephen Hawking

Quella mattina era decisamente iniziata con il piede sbagliato: il carica batteria aveva pensato bene di rompersi e quindi non caricare il mio cellulare durante la notte, che perciò non aveva suonato per svegliarmi; avevo aperto gli occhi quindici minuti prima del mio turno mattutino alla caffetteria per non so quale caso del destino ed alla fine ero riuscita a prepararmi in esattamente sette minuti per riuscire ad uscire di casa all'ora prestabilita e arrivare al lavoro con solo un minuto di ritardo.

Sapevo, però, che tutta quella fortuna non era decisamente da me perciò cominciai a lavorare sull'attenti, perchè sicuramente, non era ancora finita.

I primi ragazzi arrivarono a prendere i loro caffè prima delle lezioni del mattino e per circa un'ora andò tutto bene.

Stavo tranquillamente scaldando il latte con l'attrezzo del vapore per prepararmi un cappuccino quando sentii la sua voce per la prima volta, dietro di me.

<< Ciao >>

Mi venne la pelle d'oca all'istante, ancor prima che vedessi chi fosse, credo che quello che Freud indicherebbe come il mio subconscio probabilmente già lo sapeva, aveva capito.

Mi girai lentamente, sicuramente con un'espressione da idiota e rimasi qualche secondo a fissarlo a bocca aperta.

<< Ne vorrei uno anch'io, per favore >> continuò facendo un sorrisino parecchio irritante ma molto, molto bello.

Annuì velocemente cercando di riprendere le mie facoltà mentali ma, ovviamente, il pentolino che avevo completamente dimenticato di tenere in mano diventò bollente e il latte schiumoso cominciò a fuoriuscire scottandomi la mano; emisi un verso a metà tra un urlo e una parolaccia, in italiano, ovviamente, e lo appoggiai sul bancone velocemente.

Infilai la mano sotto il getto d'acqua fredda e con la coda dell'occhio vidi Jawad cercare di trattenre le risate.

<< Tutto bene? >> mi chiese dopo un po'.

Sentii il sangue fluirmi sulla faccia per l'imbarazzo ma cercai di mantenere un'aria composta.

<< Si, grazie >>

Asciugai la mano e feci un respiro profondo tornando a preparare la bevanda.

<< Lo bevi qui o lo porti via? >> gli chiesi fingendomi il più disinteressata possibile.

<< Lo berrò qua, grazie >>

Annuì e gli porsi la tazza, mi guardò di sottecchi mentre sempre più nervosa cercavo qualcosa da fare.

Sembrava che al suo arrivo fossero spariti tutti, c'eravamo solo io, lui e Jeremy che teoricamente era il mio collega, ma praticamente era sul retro a russare amabilmente.

Sciaquai qualche tazza, e giuro, con il passare dei secondi sentivo sempre di più qualcosa stringermi lo stomaco ma cercai di ignorarlo; era una sensazione strana, avevo l'impressione che qualcosa mi stesse ribollendo sotto la pelle.

Mi diedi della stupida mentalmente.

<< Sei sicura che la mano vada bene? E' molto rossa >> Jawad mi riportò alla realtà, notai il suo sgardo vagamente preoccupato.

<< Si, si. Non è niente di grave >> risposi mentre di sottecchi mi esaminavo la mano in questione.

Annuì e io distolsi lo sguardo dal suo, c'era troppa verità nei suoi occhi.

<< Allora...sei nuova da queste parti vero? Non ti ho mai vista in giro >>

Il suo interesse mi sorprese non poco.

<< Si, sono italiana, sono qua per l'Erasmus >>

<< Ah si? Io ho studiato un po' di italiano al liceo, davvero difficile >> mi disse sorridendo.

Ovviamente, mi incantai ancora.

<< Sono Jawad comunque >> mi allungò la mano.

La strinsi esitante e notai parecchio inchiostro nero spuntare dalle maniche della giacca che indossava.

Aveva la mano fredda e ruvida, rabbrividii al contatto.

<< Claudia che no, non si pronuncia ''Cloudia'' >>

Fece un altro sorrisino divertito.

<< Capisco, molto piacere C l a u d i a >> pronunciò il mio nome con enfasi cercando di dirlo correttamente e io mi sentii un idiota.

<< E dimmi, che corso frequenti Claudia che viene dall'Italia? >>

<< Lettarature moderne >>

Alla mia risposta fece un cenno con la testa.

<< Scommetto che ti piace scrivere >> constatò trafiggendomi sempre di più con quegli occhi magnetici.

Aggrottava le sopracciglia e stringeva gli occhi in modo concentrato, sembrava stesse cercando qualcosa che non vedeva.

Mi sentivo sempre più in imbarazzo.

<< E da cosa l'hai capito? >> gli chiesi incuriosita.

<< Dai tuoi occhi, scrutano tutto ma non si fanno leggere da nessuno. Hai lo sguardo di chi ha tanto da dire ma ha paura di parlare >>

Restai senza parole.

Com'era possibile? Com'era riuscito a capire?

In quel momento mi innamorai di lui un altro po', della sua mente, del modo in cui riuscì a capire la mia senza che me ne accorgessi. Ovviamente.