Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: SabrinaSala    02/06/2016    17 recensioni
André l’aveva penetrata con quel suo sguardo irriverente e sornione, annientandola, spazzando via in un battito di ciglia la sua ostentata sicurezza, fragile come il più sottile bicchiere di cristallo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic

Capitolo 10 – Dimmelo, Oscar… Dillo!
 
 

Un bussare ritmico e deciso e Oscar emise un sospiro tra le labbra dischiuse.
«Avanti», mormorò senza guardare la porta.
André abbassò la maniglia, poi indugiò sulla soglia. Il tempo della contemplazione.
Lanciò un’occhiata al camino, poi ad Oscar e infine al bicchiere che teneva tra le mani candide e sottili.
Occupava la solita poltrona, Oscar, ma aveva le guance accese e lo sguardo vellutato perso sulla superficie profumata del liquido rosso che stentava a sorbire.
«Bentornata» salutò entrando.
Oscar non accennò a voltarsi.
Era rimasta volutamente lontana da casa per tutto il tempo necessario ad André a rimettersi in forze. Si era consultata con il dottore, giorno dopo giorno, e finalmente si era decisa a tornare. L’idea di un confronto, inevitabile quanto necessario, non la allettava, irritandola ulteriormente. Consumando i suoi nervi già provati dalla situazione e dall’oggettiva constatazione che, fermato André, anche i furti del Cavaliere Nero si erano fermati.
«Da quando hai bisogno di bussare alla porta per entrare in questa stanza, André? » domandò lentamente, riluttante a prendere il discorso, lo sguardo fisso al camino e alle fiamme che avviluppavano i piccoli ciocchi di legna.
Le labbra di André si piegarono in un sorriso appena accennato.
«Da quando non abito più in questa casa, Oscar… » mormorò, serafico.
Il primo colpo era stato sferrato.
Oscar strinse le dita attorno al vetro ormai tiepido.
«So che stai meglio» disse.
Non erano parole di scuse, né un’ammissione di responsabilità ma tanto bastò ad André perché ammorbidisse il sorriso. Perché in quella frase, arrochita dalla stanchezza e dalla voce profonda di Oscar, c’era qualcosa di più di una semplice constatazione.
Un paio di passi decisi e André si portò davanti al camino. Si appoggiò alla mensola di marmo e cercò lo sguardo di Oscar, entrando di forza in quello che sarebbe stato il suo campo visivo, se solo si fosse decisa ad alzare la testa.
“Guardami” pensò. “Avanti, guardami Oscar!” 
«Merito del miglior medico di Francia… e tuo, per avermelo messo a disposizione» ringraziò chinando il capo con sussiego e provocandola deliberatamente una seconda volta.  
Oscar sussultò. Una ruga profonda si insinuò tra le sopracciglia chiare. La stava schernendo? André sapeva perfettamente che era stata lei a ferirlo… Perché non l’accusava, allora, invece di ringraziarla come se non fosse  colpevole?
Sollevò lo sguardo.
Lo catturò, con un’occhiata impenetrabile, inchiodandolo alla mensola.
André non batté ciglio. Ingoiando, tra le labbra dischiuse, il baratro profondo in cui quello sguardo, desiderato ma inaspettato e improvviso, lo aveva gettato brutalmente.
Oscar indugiò su quei tratti maturi. Dolci e severi al contempo. Percepì un cambiamento, nel giovane uomo bruno che aveva di fronte. Corrugò impercettibilmente le sopracciglia, acuendo lo sguardo come cercando di capire e trovando poi la soluzione. Una maggiore consapevolezza di sé, ecco cos’era! Una sicurezza profonda che André ostentava senza nemmeno saperlo.
Inspirò. Si chiese da dove avesse origine, quella sicurezza, e come avesse potuto trovarla, André, quando lei, dal giorno in cui se ne era andato, non aveva fatto che brancolare nel buio. Un passo falso dopo l’altro.  Una delusione dopo l’altra. E forse per la prima volta, guardò ad André come si guarda a un uomo e non a un amico… Cancellò ogni pensiero... Non gli avrebbe dato quella soddisfazione. La soddisfazione di trovarla fragile e disorientata.  
Lo fissò negli occhi. Belli. Entrambi. E salvi. Una lunga cicatrice vermiglio si disegnava sulla palpebra superiore, fino ad oltrepassare il sopracciglio, per poi spingersi giù, dalla parte opposta, a segnare lo zigomo a la gota.
Oscar perse tutta la propria animosità e sfrontatezza. Si sentì stringere il cuore. Le mancò il respiro.
«Sto bene, Oscar… » mormorò André, cogliendo tra le ciglia tremule di lei il suo senso di colpa.
E quella voce calda e rassicurante, più delle parole del medico che le avevano garantito una completa guarigione di André se avesse osservato alcune semplici regole di buonsenso,  le scivolò addosso come un mantello, scaldandola come non accadeva da tempo, mentre un doloroso languore le si allargava nello stomaco spingendosi su fino alla gola.
«Ho saputo da tuo padre che lascerai la Guardia Reale…»
Una frase semplice, pronunciata lentamente e con noncuranza, forse solo il tentativo di  cambiare discorso. La premura di distoglierla da quel sentimento di colpa. Eppure, sentendola, Oscar si irrigidì e il suo sguardo tornò tagliente.
«Mi ha chiesto se ne fossi in qualche modo responsabile» continuò André, sottolineando il concetto con una breve risata e una scrollata di spalle.
Lei continuò a guardarlo, imperturbabile.
«E tu cosa gli hai risposto» domandò, dopo un attimo di silenzio.
«Che non sapevo più molto di te, ultimamente» rispose lui, tornando improvvisamente serio. Poi serrò la mascella e il suo sguardo si strinse fino a ridursi ad una lama sottile, verde e selvatica. «E’ per lui, Oscar? » domandò a bruciapelo. «E’ per il conte di Fersen che hai deciso di andartene? Di rinunciare alla carriera e al tuo grado?» continuò con sfrontata naturalezza.  
Oscar represse un moto di stizza. Strinse il calice di vino con entrambe le mani ma non rispose.
«So che ha chiesto e ottenuto di unirsi alla Guardia» asserì André, cortese e leggero. Spietato come solo lui sapeva essere.  Con quel tono mellifluo e tenero. Quasi un invito ad aprirsi. Infido e provocatorio. Testardo come quando erano bambini.
Senza attendere la sua reazione, certo che sarebbe arrivata, il giovane si chinò verso la bocca del camino e con l’attizzatoio allontanò rapidamente alcuni ciocchi di legna.
«Fa troppo caldo, in questa stanza…» disse avanzando verso di lei e fermandosi a un passo. Sovrastandola con la propria figura. Imponente e maschio. La scrutò per un istante, soggiogandola con il suo sguardo, poi le tolse il bicchiere dalle mani e glielo sostituì con un calice nuovo.
«E il tuo bicchiere e troppo pieno» commentò.  «Dovreste scegliere meglio la servitù» la schernì ironicamente, tornando ad appoggiarsi alla mensola e portando alle labbra il bicchiere che era stato di Oscar.
Nonostante la temperatura avesse iniziato rapidamente a scendere, Oscar avvertì le guance scottare. Si alzò, in silenzio, e si portò alla finestra, volgendo le spalle ad André che sorrise sornione della sua inaspettata reazione.
«So che non sei tu il Cavaliere Nero, André… » lo provocò lei, bruscamente. Decidendo di scacciare l’imbarazzo e i malumori che quello strano gioco del gatto col topo le faceva affiorare, affrontando l’ argomento che entrambi stavano cercando di evitare. Riprendendo il controllo della situazione, decisa a trovare  risposte ma soprattutto conferme.
«Ma so che conosci la sua identità…» concluse in un chiaro invito a parlare.
«Sai anche che non dirò niente, Oscar… » rispose pacatamente André, confermando indirettamente le sue speranze e i suoi sospetti.
Oscar inspirò. E dopo una prima sensazione di sollievo, si voltò e si mostrò sdegnata.  
«Non sei nella posizione di decidere, André» disse.
Lui non rispose subito. La catturò con lo sguardo. La percorse con gli occhi dalla testa ai piedi. Le penetrò l’anima con il proprio silenzio.
«C’è qualcosa di più grande di te e di me, Oscar… » mormorò infine. «Qualcosa che va oltre ai singoli individui. Una consapevolezza nuova… » continuò. «Una realtà che si sta affermando e che prenderà il sopravvento»
«Stai farneticando, André? » lo interruppe lei, stizzita da quelle parole inutili e vaghe.
André scosse la testa, facendo muovere le corte ciocche scure che ancora dovevano trovare una loro propria collocazione.
«Mi spiace» disse. «Ma non sei ancora pronta, Oscar»
Oscar si protese in avanti. I pugni serrati, in una posa che André conosceva fin troppo bene.
«Non mi ritieni pronta? Pronta per cosa? » lo provocò.
«Non sei pronta ad affrontare tante cose, Oscar… » spiegò lui, con voce pacata ma decisa. «Forse non sarai mai pronta» concluse lapidario.
Oscar lo aggredì. Annullando in un paio di falcate la distanza che li separava e afferrandolo per il bavero della camicia.
«Perché sono una donna, André? E’ per questo che pensi che non sarò mai pronta?»
André strinse gli occhi, sorpreso dalla sua reazione,  e avvertì un dolore acuto lungo la cicatrice vermiglio.
Le labbra serrate, le afferrò i polsi facendo in modo che le mani di lei lasciassero il colletto della camicia, obbedendo all’impulso che gli diceva di stringere più forte, ancora più forte. Farle male. Volontariamente male.  
Che gli urlava  spietato di attirarla a sé, stringerla e catturarle le labbra in un bacio rabbioso e violento.
Il contatto con la pelle di lei… Il fruscio delle loro camicie che si cercavano…  Il profumo sensuale dei suoi capelli biondi. E poi quello sguardo. Duro, fiero, indomito. Uno sguardo arrogante e disperato.
«La tua femminilità, per esempio…» mormorò con voce roca, fissandola negli occhi. «Ne hai paura. E’ per questo che lasci la Guardia! »
Sul volto pallido di Oscar, dove solo le gote erano accese, si profilò una maschera di sdegno.
Si divincolò, cercando di liberare i polsi. Inutilmente.
La morsa di André era inespugnabile, nonostante sembrasse non fare alcuno sforzo. Al contrario di lei.
Un uomo e una donna. Erano questo? Soltanto questo?
«Credi di conoscermi così bene, André? » gli ringhiò addosso, rabbiosa. Irritata dai suoi stessi pensieri.
Per tutta risposta, André inspirò in silenzio. I suoi occhi verdi si adombrarono. Con un gesto brusco l’attirò a sé e quando fu troppo difficile guardarla negli occhi, liberò una mano e portandola alla nuca di lei affondò il viso tra i suoi capelli.
«Fermati, Oscar… » mormorò dando voce al languore che gli lambiva lo stomaco, indolenzendo  lombi e gambe, fino alle caviglie. «Fermati e vivi come una donna» le suggerì, rimanendo immobile e saldo. Addossato a lei. Rifugiato in lei. Ripetendo una frase che Oscar avrebbe dovuto conoscere, se solo l’avesse sentita, quella volta, tanti anni prima.
Per la seconda volta, avvertì Oscar cedere al suo abbraccio. I muscoli distendersi un momento e il respiro vibrare all’unisono con il suo.
Poi sentì che lo respingeva. Ancora.
«Vattene André»
Una stilettata.
Ma se lo aspettava.
Sciogliendosi da quell’abbraccio, André si allontanò quel tanto che bastò ad entrambi per tornare a respirare.  
«Ero venuto a dirti questo, Oscar» ne approfittò, la gola secca.
Oscar lo guardò sorpresa.
«Torno a Parigi e al mio lavoro, se non hai nulla in contrario ovviamente» continuò lui rispondendo alle sue tacite domande. «Ti posso assicurare che il Cavaliere Nero non sarà più una minaccia. Per i nobili e per te» disse pensando a Bernard e alla sagoma nell’ombra che aveva rischiato di fargli perdere un occhio.
Oscar si raddrizzò nelle spalle. Senza una parola, tornò versò la poltrona e afferrò dal tavolino di servizio il calice con il poco vino rimasto. Lo bevve d’un fiato.
«Ho chiesto di essere assegnata ai Soldati della Guardia Metropolitana» disse. Poi si sentì avvampare. Per quella confessione ma soprattutto per il motivo che gliela aveva estorta: la vendetta. La voglia di ferire.
André annaspò, tuttavia dissimulò i propri sentimenti.
«Non sarà come comandare la Guardia Reale… » commentò con una calma che mai si sarebbe aspettato di avere ma stringendo istintivamente i pugni. «Questo lo sai, Oscar…»
Oscar lo trapassò con lo sguardo.
«Hai qualcosa in contrario?» domandò, secca.
André scosse lentamente la testa.
«Sei padrona della tua vita e delle tue scelte… Come sempre» disse.
A quelle parole, Oscar sembrò reagire stringendo appena gli occhi.
«Vuoi che venga con te? » domandò André istintivamente ma con voce atona, conoscendo la risposta.
«Sei un uomo libero, André » disse lei, posando il bicchiere. «Non ho più alcun diritto di dirti cosa fare»
André avvertì un leggero malessere. Forse il dolore all’occhio sinistro.
«Certo, Oscar… Lo so» rispose, chiudendo il discorso con un cenno del capo.
«Allora, ci vedremo a Parigi, un giorno di questi… » concluse raggiungendo la porta con un passo che a un occhio esterno sarebbe potuto sembrare fermo.
«André… » lo richiamò lei senza guardarlo, carpendone segretamente l’immagine attraverso il riflesso che i vetri della grande finestra le rimandavano.  
«Dimmi, Oscar… » la esortò lui, lo sguardo rivolto alla maniglia. “Dillo, Oscar…” pensò. “Dimmelo” si ripeté con una stretta allo stomaco.
«Torna a Palazzo Jarjayes, qualche volta… » lo invitò  lei, lentamente. «Marie ne sarà felice» concluse.
Le labbra di André si tirarono in un sorriso carico di disperata ironia.
“Non sei stanca di questo gioco, Oscar?” pensò. Poi afferrò la maniglia e spalancò la porta.
«Come vuoi tu, Oscar» rispose. «Come vuoi tu»
 
 
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 
 
DUE CHIACCHIERE…
 
Ammetto di aver trattenuto il fiato fino all’ultima parola di questo capitolo…
Ammetto che, alla fine, ho sentito lo stesso cerchio alla testa che deve aver sentito il nostro André…
Ammetto che Oscar, questa Oscar, mi sfinisce… Mi consuma…
Ammetto che, da questo capitolo in avanti, inizierà la “seconda parte” di questa storia…

In attesa di vostre elucubrazioni, GRAZIE infinite a tutti!

A presto,
Sabrina 
   
 
Leggi le 17 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: SabrinaSala