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Autore: BishamonYG    02/06/2016    0 recensioni
7 . 11 . 1986
Un pianto, un urlo, lacrime di una donna rimasta sola, sola con una creatura da crescere, una creatura nata da... cosa?
Sola con un insieme di righe malscritte che fu difficile leggere con gli occhi pieni di lacrime, ma con anche lo stupore che cresceva ad ogni parola letta, ed una frase pronunciata da lui poco prima di sparire:
“Arriverà e tu te ne dovrai prendere cura.”
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Volevo pubblicare questa storia da tanto, troppo tempo, ho finito di scrivere il prologo stanotte alle 3.30, quindi non so neanche la stabilità di esso. Ci tengo molto dato che questo o.c. me lo sono studiata per mesi, spero appassioni anche voi.
[#TeamMe, entra e ricevi 3 kg di cioccolata. (?)]
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Quando morì Elizabeth sembrò risentirne l'intero universo, niente era più lo stesso, non lo era per Milcham e né tantomeno per Tony, sentivano un carico enorme entrambi, come se il mondo si fosse deciso a gettare tutto il suo peso addosso ai due.

Tu dovrai occuparti di quella bambina.

Aveva detto così, raccomandato mille e mille volte ancora, per questo l'uomo avrebbe fatto carte false per prendere con sé la ragazza, ma non stava andando nulla per il verso giusto, niente di niente. Lei era stata mandata in un orfanotrofio della città e lui non poteva fare nulla, dicevano che non era affidabile, che non era adatto a quel ruolo, mettevano su un muro di scuse infinite, arrivarono persino al punto che a causa della sua insistenza non gli permisero nemmeno più di vederla.
Milcham al contempo faceva di tutto per apparire al peggio di se stessa, sapeva che una volta fatti diciotto anni se ne sarebbe potuta andare, sapeva di ogni sforzo da parte di Tony e non lo avrebbe reso certo vano. Chiunque avesse in mente di adottarla se ne pentiva non appena faccia a faccia con lei, una coppia una volta quasi fuggì dicendo qualcosa del tipo: “Quella ragazza è indemoniata! Chiamate qualcuno!”, era stato uno di quei rari momenti in cui aveva riso di gusto, fiera delle sue doti d'attrice, d'altronde crescendo con uno come Stark cosa doveva aspettarsi?

Così passarono i due anni, lenti e quasi interminabili, due anni trascorsi cambiando un numero indefinito di famiglie affidatarie, finalmente era libera, poteva decidere lei stessa dove andare, ma d'altronde sapeva benissimo che lui era pronto ad accorglierla, così come lei era pronta a passare i prossimi anni in sua compagnia, sotto la sua custodia.
Ed è così che il tempo passò, si era abituata al suo modo di fare, abituata a quella voce metallica che da un giorno all'altro aveva occupato ogni stanza della loro abitazione, abituata al suo essere egocentrico e ad ogni sua sfaccettatura.
Quando lui era scomparso aveva versato lacrime interminabili, quasi le stesse di quando lo vide tornare, seppur con qualcosa di diverso, una strana luce azzurra proveniente dal suo petto, a detta sua una sorta di batteria in grado di bloccare delle scheggie che se lasciate libere lo avrebbero ucciso; ma si era abituata anche a quello pian piano, non si stupiva più facilmente, ci si poteva aspettare di tutto da Tony Stark, qualsiasi cosa.
O almeno era questo ciò che pensava prima del suo ventunesimo compleanno.
Per quel giorno non si aspettava un gran regalo, anzi, in fatto di regali era meglio non sfidare quell'uomo, aveva anche insistito sul non volere una di quelle solite feste che spesso occupavano la Stark Tower, le era bastata una cena insieme, senza distrazioni di alcun tipo, ma quando finito di mangiare la invitò a seguirlo si ritrovò a pensare al peggio.
Ecco, ci risiamo, un altro di quei peluche giganti ed inquietanti.
Invece non fu così, arrivati appena fuori dall'abitazione l'uomo chiamò semplicemente J.A.R.V.I.S. indicandogli di procedere. Ciò che vide poi furono degli strani pezzi di qualche progetto volare letteralmente addosso a Tony, come a comporre un'armatura, quella era di certo una delle cose più meravigliose che avesse mai visto.
Era nato Iron Man.

Ma come ben si sa, con le novità arrivano anche i problemi, e di questi se ne deve pur occupare qualcuno... Era appena di ritorno da una commissione di cui era stata incaricata da Pepper quando in salotto vide un uomo, elegante e sulla quarantina con una cartella in mano, non passò inosservata, difatti l'uomo non si trattenne dal chiedere chi fosse.

“Mi scusi, lei è...?”

A seguito di ciò Tony cercò di evitare il dialogo tra i due, seppur con i suoi soliti modi di fare.

“Ha già monopolizzato Pepper, non si spinga oltre, Agente.”

 

“Sono Milcham, Milcham Phenix. Vivo qui da un paio d'anni ma cerco di evitare sguardi indiscreti.”

“Hey? Mi state ascoltando?”

“Si sta solo presentando, Tony...”

Dicendo questo Pepper cercò di allontanarlo quanto bastasse per tranquillizzarlo, mentre i due continuavano il loro breve dialogo, difatti l'uomo sorrise per poi presentarsi.

“Sono Phil Coulson, agente dello S.H.I.E.L.D.”

“Shield? Cioè... Dovete portare uno scudo in giro?”

“Si chiama così perché Strategic Homeland Intervention and Logistic Division risultava troppo lungo.”

Difatti la ragazza rimase interdetta per qualche attimo, per poi sillabare un semplice “Okay.”.

“Sì, diciamo che riempie la bocca.”

Aggiunse semplicemente l'agente sorridendo.

“Okay, okay, ho già il mal di testa, vi lascio ai vostri discorsi supersegreti.”

“Arrivederci.”

 

Così dicendo si congedò con un sorriso che fu subito ricambiato.
Da lì a poco Tony avrebbe accettato di far parte del progetto Avengers, un gruppo formato da supereroi per fronteggiare le minacce peggiori, nato appositamente per l'arrivo di Loki, Dio degli inganni, sulla terra.
Proprio quell'episodio fu l'inizio di tutto, fu anche il peggiore a cui assistettero Milcham e Pepper, quando Iron Man era svanito sotto gli occhi dell'intera popolazione, quando aveva rischiato più di chiunque la vita per deviare un missile nucleare, inviato dallo stesso consiglio già da allora compromesso dall'HYDRA per evitare una catastrofe.
Il sollievo nel vederlo riaprire gli occhi fu enorme per entrambe che avevano seguito il tutto dal Jet privato dell'uomo stesso, ma passarono poche settimane per far tornare l'esasperazione nella ragazza.
In quegli ultimi mesi passava più tempo alla Stark Tower che in casa, difatti quel giorno l'idea era la stessa, recarsi alla torre per passare lì la giornata, ma come sempre qualcosa non era andato per il verso giusto. Dopo aver cercato Tony per ogni piano, senza prestare molta attenzione ai dipendenti impegnati in chissà quale cambiamento di postazione, lo aveva trovato in uno degli ultimi piani con l'aiuto di J.A.R.V.I.S., lì però non era solo, anche a questo prestò comunque poca attenzione intenta com'era a chiedere spiegazioni, ma fu interrotta sul nascere da uno dei presenti: Natasha Romanoff seduta sul divanetto con un bicchiere tra le mani aveva esordito con una delle migliori frasi mai dette.

“Ti sei portato su una di quelle cosplayers psicopatiche e sudaticce che assediano la Stark Tower?”

Seguita poi da Steve Rogers, che era rimasto stupito nel notare un dettaglio non da poco.

“Indossa anche dei tuoi vestiti...”


Quest'ultima frase portò lo sguardo di tutti su Milcham, anche quello di Tony.

“Indossi i miei vestiti. Aspetta, perché stai indossando i miei vestiti?”

“Forse perché improvvisamente è sparito il mio armadio e in casa c'erano solamente un paio di tuoi indumenti lasciati a caso in giro? Com'è che da un giorno all'altro spariscono le cose?”

“Ah, ecco cosa avevo dimenticato di dirti... Ci siamo trasferiti qui, la Stark Tower da oggi sarà l'Avengers Tower.”

“Mi hai lasciata dormire mentre portavi via il mio armadio e metà dei mobili della casa, non ti è venuto in mente di dirmelo?”

“Forse avrei dovuto pensarci...”

Intanto il gruppo degli Avengers assisteva a questo piccolo siparietto facendosi domande su chi fosse la ragazza, ben presto si aggiunsero anche coloro che non erano ancora arrivati, come il dottor Banner o l'agente Barton.

“Forse! E i dipendenti? Che fine farà Mr. Burger?”

“Si trasferiranno a qualche piano più in basso, potrai continuare a nascondergli gli adesivi dei panini.”

A questo punto si era unita anche Pepper al dialogo, curiosa di sapere chi fosse il tipo appena nominato, mentre Tony si era allontanato per versarsi un Martini nell'angolo bar.

“Mr. Burger? Non parlerai mica di Happy?”

“No, lui ha un nome ridicolo già da sé, parlo di Hamilton del trentasettesimo.”

“Non trattare così Happy, sai che ti vuole bene.”

“Ha tentato di baciarmi quando ho fatto ventidue anni!”

“Lui ha fatto cosa?!”

“Tony non ti stavi prendendo da bere?”


Così iniziò la convivenza con gli Avengers, un inizio a dir poco stupefacente, se non fosse stato per quel dialogo che andò a parare su argomenti completamente differenti da dove era iniziato, difatti qualche giorno dopo Happy subì una strana ramanzina da parte di Pepper e si ritrovò qualche dollaro in meno nella paga mensile, ma questa è un'altra storia.



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EEEEEE.
Ho finito di scrivere alle 3.34 di stamattina, morta di sonno, ma dettagli. (?)
Questo comunque è una sorta di incipit, sì perché il prologo non bastava (?), per introdurre il personaggio di Milcham (coleicheavevaunnomedisagioso).
Fatemi sapere what ne pensate con una recensione, riceverete kg di biscotti in cambio, in caso contrario le vostre scorte di cibo scompariranno da un giorno all'altro. :^)

Ora vi saluto, mi raccomando, credo in voi (?).


See Yah!

   
 
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