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Autore: Captain Willard    03/06/2016    1 recensioni
Gabriel Gracelyn ha quarantadue anni e si accontenta di lasciarsi passare la vita accanto: l'amore per la sua fidanzata è ormai appassito, la musica non gli dà più soddisfazioni ed è stanco delle solite facce, della solita ipocrisia, di un'esistenza apatica che lo tiene avvinto.
È quando meno se lo aspetta che le fondamenta delle sue abitudini vengono scosse nel profondo: una ragazza a una festa dove entrambi si sentono estranei, un incontro atteso e inaspettato che lo costringe ad affrontare i fallimenti di una vita piena di successi; occhi verdi come i prati d'Irlanda, a guidarlo verso qualcosa di diverso. Sbagliando e cadendo, ma sempre rialzandosi.
“E pensò che forse si era perso più di quanto voleva credere, in tutti quegli anni.”
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- wipe you clean with dirty hands -

 

 

 

 

Gabriel allontanò il cellulare dall'orecchio, le urla belluine del suo agente perfettamente udibili anche a distanza. «Abbassa il volume, Fabio.»

«IO NON ABBASSO UN FICO SECCO, PEZZO DI CRETINO!» continuò l'altro ancora più forte. Il pianista non faticava a immaginarselo mentre sbraitava: basso e tracagnotto, i buffi capelli biondi esplosivi, le guance rosse di rabbia e le vene gonfie. Uno scenario a cui aveva assistito poche volte, ma sufficienti a farlo ringraziare di essere a distanza in quel momento.

«Senti, io-»

«No! Non sento un cazzo! Stavolta non hai giustificazioni, razza di degenerato. Norman mi sta col fiato sul culo, entro la fine di ottobre vuole il disco completo! Mi ha convocato nel suo ufficio, capisci? Nel suo ufficio, il grande capo in persona! Mi dice che se non ti dai una mossa rescinde il contratto e ti denuncia, e me lo dice tagliandosi una mela, me l'ha praticamente pugnalata davanti. Me la stavo facendo sotto!»

«Ok, capisco, ma io-»

«No, non capisci! Sono tre settimane che non combini niente, hai cavato fuori uno straccio di canzone e faceva schifo, assolutamente impubblicabile, lo sai meglio di me!»

Gabriel sospirò, massaggiandosi le tempie. Allungò una mano verso il vassoio dei liquori, prima di ricordarsi che aveva finito il brandy. «Sì e mi dispiace. È un periodaccio.»

«Alissa ti fa vedere i sorci verdi?»

«Ce li facciamo vedere a vicenda e pure variegati, ma non è solo quello.»

«E allora cos'è?» borbottò Fabio.

«Ho conosciuto una ragazza a una festa. Ma non vuole frequentarmi se non come amico, visto che sono fidanzato.»

Il pianista poté chiaramente percepire l'agente strozzarsi di rabbia dall'altra parte.

«Fammi capire, tu stai rischiando di mandare a puttane un rapporto discografico di otto anni... perché non riesci a scoparti una?!»

«Messa così suona molto stupida come cosa.»

«Suona stupida perché lo è! Anzi, tu lo sei! Hai quarant'anni cristo santo, non quattordici. Non puoi farti mettere in crisi solo perché una non ti ci sta!»

«È molto più complicato di così» sospirò il moro, buttandosi di peso sul divano.

«Raccontatela come ti pare, resta il fatto che devi rimetterti in carreggiata, capito? Lavorare, comporre, produrre, hop hop!»

«Capito, shorty.»

«E non chiamarmi shorty!» protestò Fabio, chiudendo la chiamata. Gabriel gettò il telefono sopra una delle poltrone del salotto e considerò per un momento l'idea di mettersi al piano, ma il suono della porta che si apriva lo fece scattare in piedi come una molla. Alissa lo degnò appena di uno sguardo quando gli passò accanto per andare a bere un bicchiere d'acqua. Gabriel le si avvicinò pur non osando superare la soglia della cucina, lei si irrigidì comunque ma continuò a non dire niente, come aveva fatto negli ultimi giorni. Il trattamento del silenzio era una cosa che aveva sempre fatto imbestialire Gabriel ma per amor di pace si mantenne tranquillo e pacato.

«Alissa.»

Nessuna risposta, anche se la mano che reggeva il bicchiere prese a tremarle.

«Alissa, vorrei chiederti scusa.»

«Non ho tempo di parlare di questo.»

«Per favore.»

«Lasciami stare!» scattò lei, cogliendo entrambi di sorpresa. L'uomo mosse un passo verso di lei ma Alissa gli fece segno di restare dov'era. Si passò le mani sul viso, sospirò stancamente. «Perdona la mia reazione. È un brutto periodo al lavoro.»

«Che succede?»

La bionda rise senza allegria. «Oh, niente, solo oggi mi hanno fatto... intendere, diciamo, per l'ennesima volta che dovrei dimagrire di più. Che non sono più giovane, quindi devo darmi da fare se non voglio restare indietro. Non sono stupida, lo so che significa: l'agenzia mi mollerà, se fra un mese, un anno o più non so, ma succederà.»

«Ali, sei già così magra...» sospirò Gabriel.

«Non basta mai. Non basterà mai. Io non basterò mai» gemette Alissa, dandogli le spalle. Gli occorse un momento per accorgersi che stava piangendo, le fu subito accanto, la strinse a sé nonostante le sue deboli proteste inframmezzate di singhiozzi.

«Ali...»

«Non dire niente» mugolò lei contro il suo petto, la voce incrinata roca di pianto. «Non adesso.»

E Gabriel non disse nulla, quando lei cercò la sua bocca con la propria; non disse niente mentre salivano le scale a tentoni, abbandonando i vestiti per terra; non disse niente quando Alissa lo attirò a sé, tra le coperte, e il suo membro fu accolto da un corpo che mai gli era sembrato così caldo. Si ritrovò a carezzare quell'incarnato pallido con stupore, come se stesse scoprendo una cosa ignota, leccando lentiggini di cui non si ricordava, baciando seni più morbidi, ripagando a morsi una bocca che non aveva mai sentito carnosa come ora, e affondò le mani in onde ramate, stringendo fino a strappare gemiti alla ragazza che stava premuta sotto di lui.

Occhi verdi come i prati d'Irlanda lo guardavano languidi, profondi, una voce fresca e dolce lo chiamava più vicino a ogni ansito.

«Gabriel» sospirò Maebh in estasi graffiandogli la schiena, e lui si abbandonò alla sirena.

 

***

 

«Puoi spostarti?»

«Come?» ansimò l'uomo, tornando in sé. Si sollevò appena sulle braccia e Alissa svicolò da sotto di lui, scendendo dal letto.

«Vado a farmi una doccia, tu dormi se vuoi» gli sorrise, chiudendosi in bagno. Gabriel restò immobile tra le coperte sfatte, il respiro ancora irregolare, le sensazioni ancora impresse sulla pelle.

Maebh, pensò sconvolto, portandosi una mano alle labbra gonfie. Era sembrato tutto così vero, ancora gli pareva di sentire i gemiti della giovane contro la gola.

«Che mi succede?» chiese rivolto al soffitto, ma sapeva che non c'era nessuno ad ascoltarlo. Era solo e alla deriva, senza bussola, senza vento.

 

***

 

«Prego, buona serata» augurò il portiere alle ragazze, indirizzandole verso la porta ad arco. Loren precedette Maebh, saltellando entusiasta sulle zeppe. La rossa la seguì con meno enfasi, ma entrambe si ritrovarono a bocca aperta quando entrarono nei giardini: fu come entrare in un piccolo ritaglio di paradiso, racchiuso all'interno di un cortile nel centro storico della città. Il giardino era di modeste dimensioni, tuttavia situato su più livelli tramite un gioco di scalini che davano un'illusione d'ampiezza. Nella parte centrale stavano tavolate da cui potersi servire bevande alcoliche e non, e cibi freschi adatti a un pasto in piedi. Nel candido gazebo in un angolo il quartetto stava preparandosi a suonare, al che Loren squittì e afferrò Maebh per un polso, trascinandola tra la gente per conquistare una posizione più ravvicinata.

«Certo che potevi fare uno sforzo in più, eh!» sussurrò la moretta, scoccandole un'occhiata obliqua. La ragazza sbuffò, aggiustandosi la sottile cravatta nera: aveva indossato un comodo completo giacca e pantalone, con una camicia bianca e le converse nere; i capelli le ricadevano sciolti sulle spalle, aveva indossato le lenti a contatto. «Sono elegante e abbinata alla tua jumpsuit. Comunque con quella scollatura secondo me Alberto ti salterà addosso.»

«Shh!» sibilò l'altra, avvampando e guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno le avesse sentite. «Certe cose non le devi nemmeno pensare!»

«Hai ragione, a quello ci pensi tu quando sei a letto la sera.»

Loren sembrava sul punto di volerla strangolare, quando si fece pallida di colpo e puntò lo sguardo a qualcuno dietro di lei.

«Ehi, che-» Maebh fu interrotta da un lieve tocco su una spalla, quasi le prese un colpo quando si girò, trovandosi davanti Gabriel.

«Buona sera, Maebh» la salutò lui con una certa formalità, ma dopo un attimo la rossa capì il perché: Alissa Calvo si avvicinò e prese a braccetto l'uomo.

«Buona sera, Gabriel. E lei deve essere la sua dolce metà, mi sbaglio?»

«Non sbaglia» sorrise la bionda, porgendole la mano. «Sono Alissa, molto piacere.»

«Il piacere è tutto mio» ricambiò la stretta Maebh, arrossendo leggermente. Chiamò a sé la moretta, che era rimasta in disparte. «Lei è Loren, la mia migliore amica. Loren, loro sono Gabriel e Alissa.»

«Oh, ma li conosco! Sa, mia sorella va matta per lei, la adora e registra tutte le sue sfilate!» sparò a raffica lei, con un trasporto che fece ridere deliziata la modella.

«Portale i miei saluti, allora» le disse, per poi rivolgersi al compagno che non aveva più spiccicato parola. «Gabriel, dimmi, come vi siete conosciuti?»

«Oh, alla festa inaugurale del Gloomy Matters...» gracidò lui impacciato, sentendosi come se gli avessero appena versato del mastice in gola.

«Sì, abbiamo parlato molto di musica» aggiunse Maebh con molta più naturalezza. I Brillanti Sparsi attaccarono col primo pezzo, suscitando un coro di applausi e distraendo Alissa e Gabriel; Maebh ne approfittò per dare una gomitata a Loren che si stava strozzando dalle risate.

Avrebbe dovuto essere una serata rilassante: Maebh si era immaginata di passare il tempo ad ascoltare musica niente male, mangiare e bere gratuitamente, fare pressioni a Loren nel tentativo di convincerla a parlare con Alberto, invece si ritrovò a stare due ore in quasi totale silenzio, imitata da Gabriel, mentre Alissa e Loren parlavano tranquillamente di moda, make up e cinema.

 

«E così la tua donna è una fan di Matthew McConaughey» commentò Maebh, servendosi dell'insalata di farro da uno dei tavoli.

«Già.»

«È un bravissimo attore.»

«Vero.»

Calò di nuovo un imbarazzante silenzio che fu fortunatamente interrotto poco dopo, quando i Brillanti Sparsi terminarono la serata e uno dei musicisti si fece presso a loro: era più alto di Gabriel e ben piazzato, il naso dritto e occhi scuri, maliardi, resi ancora più ombrosi dai ciuffi neri che gli ricadevano disordinati sulla fronte. Aveva una barba folta con riflessi rossicci e labbra delicate che Loren aveva tutta l'aria di voler mordere.

 

«Ehi, Gabe! Come stai?»

Il pianista si girò verso il nuovo arrivato, grato per quell'opportuna interruzione. «Alberto, vecchio mio! Non c'è male, tu?»

Si scambiarono una pacca sulle spalle, poi il sassofonista si accorse di Maebh e della moretta, che l'aveva raggiunta di corsa. «Chi sono le tue amiche?»

«Oh, loro sono Maebh e Loren. Ragazze, lui è-»

«Lo so già» sospirò la più bassa con aria sognante, porgendogli la mano. Alberto rise e invece di stringergliela si chinò a farle il baciamano, la ragazza avvampò e parve sull'orlo dello svenimento.

Maebh le diede una sonora pacca sulla spalla per farla tornare in sé. «Sì, è una tua grandissima fan.»

«Ah, grazie. Ma non ti ho già visto da qualche parte?» sorrise Alberto, rivolgendosi alla moretta.

«Forse al concerto all'Abbey, il mese scorso?»

«Ma certo! Sì, mi ricordo, eri in prima fila e ti bevevi una pinta dopo l'altra. Cantavi ogni pezzo.»

«Ha buon gusto, no?» sogghignò Gabriel.

Mentre i due musicisti discutevano dei loro ultimi lavori, Loren prese da parte Maebh.

«Come sto?» le chiese agitata, torcendosi le mani. La rossa celò un sorriso e la prese per le spalle, facendogliele raddrizzare.

«Petto in fuori,» le aggiustò la parte superiore della jumpsuit, esaltando la generosa scollatura, «testa alta» le pose un dito sotto il mento, «sorriso smagliante. Sei perfetta.»

«Hai sentito? Si ricorda di me! Si ricorda di meeee!» squittì gioiosa l'altra, lanciando occhiate al sassofonista, che ricambiava con sguardi altrettanto ardenti.

«Sì, e da come ti guarda direi che ti vuole spalmare sulla prima superficie disponibile e farti gridare l'alfabeto greco al contrario.»

«Ah, se usa la lingua potrei anche riuscirci.»

«Il preservativo» sospirò con tono materno Maebh, seguendola mentre tornavano dai musicisti. Alberto porse il braccio a Loren che sorrise deliziata. «Mi accompagneresti a prendere qualcosa da bere? A quel tavolo laggiù preparano un Margarita eccellente.»

Loren accettò il braccio, mentre si allontanavano Maebh poté sentirla dire: «Preferisco un Between the sheets

Alberto rise. «Be', non so se ne facciano, ma posso rimediare io...»

 

«Mortacci» non poté fare a meno di commentare Maebh, quando furono spariti nella folla. Gabriel emise uno sbuffo divertito.

«Già. Alberto è uno che va dritto al sodo.»

«Dov'è Alissa?»

Si guardarono intorno, la individuarono dall'altra parte dei giardini, era in compagnia di una giovane coppia e teneva in braccio un bambino di pochi mesi.

«Quelli sono Linda e Marco, dei nostri amici. E Matteo, il loro primogenito.»

Maebh si servì un altro piatto di insalata e ne prese uno anche per lui. «Dovresti mangiare, con tutto quello che hai bevuto finirai per ubriacarti.»

Gabriel le sorrise amaro. «E se volessi farlo?»

La rossa parve voler replicare, poi tacque e riprese a mangiare. Gabriel la imitò, ma il cibo gli sembrava insapore e duro come cartone, mandò giù un paio di bocconi a fatica e lasciò il resto, tornando al suo bicchiere di vino. L'alcol scorreva decisamente meglio, soprattutto ora che era a disagio e irritato.

Lo sguardo di entrambi tornò a focalizzarsi su Alissa, che sorrideva al bambino.

 

«Sembra felice» osservò la rossa. «Le cose vanno meglio tra voi?»

«Forse, ma non è quello il punto. È quel bambino... ultimamente tutti i nostri conoscenti ne stanno avendo, temo che anche lei ci stia pensando.»

«Non vuoi mettere su famiglia?»

«Non avrebbe senso farlo con una persona che non amo.»

«Dovresti dirglielo.»

«Non è facile.»

«Sì, e aspettare lo renderà ancora più difficile!»

«Per te è così chiaro» borbottò lui, versandosi altro vino. Maebh alzò gli occhi al cielo.

«Ogni persona con un minimo di buonsenso ti direbbe di chiudere questa storia. Un figlio peggiorerebbe solo le cose a questo punto, e ne soffrirebbe più di chiunque altro.»

«Ma che cazzo ne sai tu?!» ringhiò l'uomo con improvvisa rabbia. «Sei solo una ragazzina che vede le cose bianche e nere, non hai esperienze, pensi che gestire una relazione sia semplice ma non sai niente di niente!»

Maebh sgranò gli occhi incredula, strinse poi i pugni, distolse lo sguardo. «Ma certo, grand'uomo. Hai proprio ragione, io non so niente. Ma è chiaro che tu ne sappia ancor meno.»

Gabriel scosse la testa, stanco e ottenebrato dall'alcol. «Scusa Maebh, non volevo... il vino-»

«Vaffanculo, Gabriel» tagliò lei, gettando il piatto sul tavolo e allontanandosi a passo rapido. L'uomo si passò una mano sul viso, guardò Alissa ma la bionda non sembrava essersi accorta di niente.

«Che cazzo sto facendo?» gemette frustrato. Lanciò un'ultima occhiata alla compagna e corse via.

 

***

 

Rientrò di corsa nel palazzo, seguendo l'eco dei passi della giovane su per una scalinata.

«Maebh!» la chiamò, intravedendone le gambe in cima alla seconda rampa.

«Fottiti, bastardo!»

«Maebh, fermati dannazione!»

«Vattene!» urlò lei, aggiungendo poi una colorita sequela di insulti. Gabriel la vide infilarsi in una stanza, la raggiunse in un ultimo scatto e si buttò di peso contro la porta, spalancandola.

«Che cazzo fai, è il bagno delle donne! Non puoi entrare» strillò Maebh, arretrando. Gabriel sbatté la porta dietro di sé e le si avvicinò, incastrandola in un angolo.

«Non ho nient'altro da dirti, stronzo!»

«Io invece ce l'ho!»

L'afferrò per la vita e la strinse a sé, Maebh provò a spingerlo via ma lui non si smosse d'un millimetro.

«Gabriel, giuro che ti cast-»

«Mi dispiace, ok?! Mi dispiace! Non avrei mai dovuto dirti quelle cose perché tu hai ragione su tutta la linea. Sono un bastardo, è vero, rovino tutto quello che tocco e non so trattare bene neanche l'unica cosa bella che mi sia mai capitata...»

«Allora vai da lei e scusati, pezzo di cretino» mormorò lei, afferrandolo per la giacca e cercando di strattonarlo, più debolmente.

«Io sto parlando di te, e lo sai» sussurrò Gabriel chinandosi su di lei fino a far toccare le loro fronti. Ecco le labbra che lui aveva tanto bramato, curve in un sorriso che Maebh non riuscì a celare. Ecco lo sguardo verde d'Irlanda, lo chiamava come uno schiavo e lui si sarebbe lasciato incatenare, intossicare.

Lei rise appena, il suo respiro caldo contro le sue labbra. «Hai già dimenticato la regola?»

Gabriel fece scivolare una mano dai suoi fianchi più su, lungo la schiena, sorrise percependo la ragazza sussultare sotto il suo tocco. La prese per i capelli con uno scatto, Maebh gemette più di sorpresa che di dolore. L'uomo indugiò con le labbra sul suo collo, premette il naso contro la giugulare e inspirò forte il suo profumo, facendola rabbrividire.

«Al diavolo la regola.»

 

Le loro bocche si incontrarono senza grazia, si morsero e toccarono affamate, irruente, il desiderio esacerbato dall'attesa di giorni; Gabriel le insinuò la lingua tra le labbra, assetato del sapore dei suoi baci, baci finalmente veri, non più l'illusione di una notte.

Si sentiva caldo tra le sue braccia, carne nuova e ossa pulite, purificate dalla brama che lo rendeva audace ed eccitato; le allentò la cravatta, prese a slacciarle la camicia con una mano mentre l'altra indugiava sul suo fondoschiena, Maebh fece per sbottonargli i pantaloni quando la porta del bagno cigolò.

Veloce come una serpe, la ragazza li prese per un braccio e lo trascinò in uno dei cubicoli, chiudendo a chiave la porta giusto in tempo per non essere visti da una degli ospiti.

Trattennero a malapena le risate mentre la nuova arrivata svolgeva il suo compito e si lavava le mani con tutta calma, canticchiando persino sottovoce. Quando la porta fu richiusa, si scambiarono un'occhiata e scoppiarono a ridere come due ragazzini, ancora abbracciati e scarmigliati. Gabriel le scansò i capelli dal viso e ripresero a baciarsi, ma dopo un momento Maebh lo allontanò delicatamente.

«Meglio tornare di sotto, Alissa ti starà dando per disperso.»

L'uomo sospirò ma si sforzò di sorriderle, nonostante il pensiero di tornare alla festa gli stringesse lo stomaco. Si rassettarono con calma, aggiustandosi i vestiti e i capelli, poi Maebh controllò che il corridoio fosse deserto prima di uscire. Mentre scendevano le scale Gabriel percepì il suo disagio, al che le sfiorò la mano con la propria e sorrise. «Comunque la tizia era stonata.»

Maebh si mise a ridere, lui pensò che non aveva mai sentito musica più soave.

 

 

***

 

  
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