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Autore: nonriescoa    04/06/2016    1 recensioni
Rimasero lì, in piedi, abbracciati, illuminati dalla luce di un giorno speciale di un Marzo confuso.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kim Taehyung/ V, Park Jimin, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Luce.

click.

Buio.

Era finalmente solo. 
Il suo respiro affannoso era l'unica cosa udibile nel bagno freddo e vuoto.
Non era in lacrime quella sera, ma ne aveva bisogno.
Era triste, non poteva farne a meno.
Era diventata la sua droga.

Si avvicinò cautemente alla piastrella fuoriuscente dal pavimento, si piegò e con mani tremanti scostò il quadrato. 
Eccola.
La sua unica amica.

Con un sorriso malinconico la estrasse e la portò vicino al lavandino.
Con una mano prese i fazzoletti nella tasca destra del pantalone.

Aprì il rubinetto e, frettolosamente, sciacquò la lametta fredda impolverata.
L'acqua era gelata e brividi correvano lungo tutto il corpo.

Una volta finito prese un respiro profondo e tirò su la manica destra della camicia.

Con la fioca luce che proveniva dalla luna, osservò con attenzione i suoi tagli.
Alcune erano cicatrici, altri erano più recenti, erano troppi per essere contati.

Finalmente. 

Pensò Jimin. 
Finalmente avrebbe sfogato tutta la sua rabbia e la sua tristezza accumulate.

Erano ormai mesi che andava avanti così.
Mesi e mesi di solitudine e incomprensioni.

Da quando Taehyung aveva smesso di parlargli la situazione si era completamente ribaltata.
Jimin aveva fatto il cretino, ma l'amico era sicuramente stato più stronzo.
Dopotutto era solo stata un'azione incosciente di un diciassettenne ubriaco.
Non avrebbe mai immaginato una reazione tanto esagerata da parte dell'amico.

Quando Jimin si scusò qualche giorno dopo, Taehyung non gli rispose e per tutto il resto delle settimane vi fu un silenzio incolmabile tra i due. 

I giorni sprofondavano sempre più.
Jimin continuava a cercare l'amico, ma nessuna risposta gli veniva data.
Si sentiva abbandonato e solo.

Oltre a Taehyung nessuno era capace di consolarlo.
Gli amici li aveva, questo era certo, c'erano Hoseok, Namjoon, Seokjin...ma nessuno era capace di farlo sentire bene come l'amico d'infanzia era capace di fare.

E a peggiorare la situazione già complessa furono i suoi compagni di scuola, che, da quando la voce di quello che era accaduto tra Jimin e Taehyung si era diffusa, avevano cominciato a stuzzicarlo ogni giorno.

Non sapeva come la notizia si fosse sparsa, ma era convinto che un giorno al coglione che aveva compiuto un'azione simile gliel'avrebbe fatta pagare.

Certo, era stato lui stesso a causare il tutto, ma non si sarebbe immaginato una conseguenza simile, dopotutto non era niente di osceno e improponibile, no?

Una cosa che nessuno era mai venuto a conoscenza era il fatto che Taehyung non si era ritratto, anzi, gli piaceva. 

Vaffanculo a quel Capodanno di merda.
Sì, Taehyung e Jimin, da amici dalla sessualità incerta e ubriachi fradici, erano finiti per scambiarsi un bacio appassionato la sera dell'anno nuovo.
Inizialmente era solo un leggero tocco di labbra, iniziato da Jimin, ma successivamente si trasformò in qualcosa di molto più profondo e sensuale, le loro lingue cominciarono ad essere coinvolte.

In quel bacio erano racchiusi tutti i loro dubbi e tutte le loro incertezze. Ma mentre per Jimin essi si risolsero, per Taehyung comparvero.

Infatti fu lui ad interrompere la sessione, ad accorgersi per primo delle loro azioni incoscienti e ad urlare subito dopo, in completo shock, che 'non era gay' e che non si aspettava un'azione del genere da parte di Jimin.

Quest'ultimo era rimasto con la bocca aperta, le mani poste in avanti, come per fermare l'amico prima che chiudesse con forza la porta della camera da letto dietro di lui.

Non aveva mai avuto intenzione di fare una cosa del genere, non ne era cosciente, il suo cuore andava a mille e la sua testa era ormai andata in tilt.

L'unica cosa che potè fare fu piangere sul suo fatale errore.
Rimase rannicchiato nell'angolo di quella stanza buia per tutta la notte, la lacrime gli consumavano gli occhi, fino a quando l'alcool inserito nel suo organismo non lo prese, portandolo nell'oscuro mondo dei sogni.

E ora era lì, a ripensare a quella scena, alla sua stupidità e incoscienza. 
Poggiato sul lavandino umido di quel bagno freddo.

Prese un gran respiro e portò la lametta al polso destro.


Un taglio.
  "Omofobi di merda che mi prendono per il culo"

Due tagli.
  "Mio padre è un pezzo di merda, lo ha fatto di nuovo"

Tre tagli.
  "Nessuno mi può aiutare, cazzo"

Quattro tagli.
  "Mia madre è una cogliona"

Cinque tagli.
  "Non ne posso più"

Sei tagli.
  "Voglio morire"

Sette tagli.
  "Basta..."

E le lacrime cominciarono finalmente a scendere. 
Con mano tremante cercò nell'armadietto del disinfettante mentre con l'acqua fredda sciacquava il sangue che si stava accumulando. 

Il dolore continuava ad aumentare, ma era quello che gli portava soddisfazione.
Si sentiva più libero.

Era come se l'acidità e l'odio uscissero dall'interno del suo corpo insieme al sangue che sgorgava. 

Gemette quando applicò delicatamente il liquido ossigenato.
Il rumore dell'acqua che scorreva gli stava trapanando le orecchie.

Toc toc toc.

Jimin sobbalzò quando qualcuno bussò leggermente alla porta del bagno.
Chi era sveglio alle due del mattino?

"Hyung, devo andare al bagno..."

"S-Sì, ora esco!"

Jimin andò nel panico: era suo fratello. Il solo pensiero di essere scoperto lo portava all'ansia, soprattutto se era il suo fratellino a doverne venire a sapere. Era la persona che più amava al mondo e non voleva che lo vedesse soffrire.

Però coagulare il sangue sarebbe stato difficile in poco tempo.

Chiuse il rubinetto e con i fazzoletti pulì il sangue rimasto.
Rimise la lametta sotto la mattonella e il disinfettante nell'armadietto.
Con la manica coprì di nuovo il braccio, che teneva con dei fazzoletti al di sotto del   tessuto della camicia.

Quando aprì la porta si ritrovò il fratellino più piccolo con un viso assonnato che lo aspettava impaziente, tenendosi, senza dignità, le parti intime.

"Mi sto pisciano sotto, cazzo"

Jimin avrebbe richiamato il quindicenne per aver utilizzato un termine simile, ma decise semplicemente di ritornare nella sua stanza, per non destare altri sospetti.

Una volta chiusa la porta della camera dietro di sè si poggiò ad essa e strisciò contro il legno lentamente, fino a raggiungere il pavimento freddo. 

Risollevò la manica e notò che i fazzoletti usati erano quasi completamente impregnati di sangue. 

Con un sospiro si rialzò e se ne procurò altri. 

E andò così per dieci minuti, fino a quando il sangue non si fermò.
Si alzò dalla sedia su cui si era accasciato e, come se niente fosse accaduto, si tolse l'uniforme e indossò il pigiama.

Sotto le coperte si sentì molto più al sicuro.
Ora guardava il soffitto, lo scrutava come per cercare una risposta a tutti i suoi problemi.

Rifletteva.

La tristezza gli faceva compagnia, era come se stessero accoccolati sul letto, insieme. Jimin non poteva staccarsi. 

Eventualmente chiuse le palpebre, la stanchezza di un'altra giornata storta lo stava portando via e sprofondò in un sonno da cui avrebbe desiderato non svegliarsi più.



                                                                           --


"Frocetto!"

Eccoli che ricominciano.

Jimin affrettò il passo, sentiva i loro piedi calpestare il terreno con velocità.
Il cuore gli batteva forte, aveva una paura dannata.

Purtroppo quella mattina non aveva impostato la sveglia ed era in ritardo per scuola, e con sua grande sorpresa si ritrovò i suoi compagni di scuola sulla strada parallela.

Erano il gruppetto di bulletti che non si curavano di arrivare tardi o della scuola in generale.

Qualcuno lo afferrò per il colletto, facendolo soffocare per un secondo.

"Perché vai così di fretta, non sei contento di vederci?"

Chiese uno sarcasticamente, scoppiando a ridere subito dopo, con i suoi amici bastardi.

"Sai, stamattina mi sono svegliato con la luna storta, non ho voglia proprio di far nulla. Che ne dici di intrattenermi un po', bella faccia?"

E lo scaraventò verso il muro.
Ora era circondato da ragazzi di tutte le età.

Quello più grande era chi lo stava tenendo per il colletto, era stato bocciato almeno tre volte e non pianificava di diplomarsi in nessun momento della sua vita probabilmente e con i suoi occhi torvi lo guardava.
Ogni giorno lo stuzzicava, era come un magnete.
Un magnete molto fastidioso.
Il suo nome è Min Yoongi.
Meglio conosciuto come Satana.

Il più piccolo era un ragazzino minuto, dagli occhioni grandi.
Aveva un viso innocente, ma, se stuzzicato, ti poteva portare al pronto soccorso in men che non si dica.

In quel momento era alla sinistra di Jimin, poggiato con la spalla destra contro il muro, lo squadrava dalla testa ai piedi mentre masticava rumorosamente una gomma. 
Jeon Jungkook.
Il figlio di Satana in persona.

"Allora, carino, vuoi che ti spacchi il naso o che ti spezzi qualche ossetto?" si leccò le labbra.

Psicopatico.

Pensò Jimin, che in quel momento era in un silenzio tombale mentre cercava di evitare il contatto con gli occhi del più grande. 
Respirava affannosamente mentre sentiva gli occhi di tutti puntati su di lui.

Il cuore gli batteva fortissimo, era in completo panico.
Aveva paura che un infarto gli sarebbe presto venuto se non avessero chiamato il pronto soccorso.

La gola era secca e non riusciva a difendersi in alcun modo mentre i ragazzi lo scaraventarono per terra.
Perché nessuno aveva il coraggio di intervenire?
Erano solo ragazzetti dalla dubbia intelligenza che non facevano altro che mandare la loro vita a puttane.

Nonostante le continue proteste di Jimin le percosse non cessavano. 
Si copriva il viso con le braccia inutilmente mentre era raggomitolato su se stesso.

Le lacrime cominciarono a solcargli il viso.
Non ne poteva più.
Non sapeva quanti litri di acqua e sangue avessero lasciato il suo corpo.
Era un inferno.
Ogni giorno era sempre peggio.
Ogni giorno lo portava a pensare al suicidio più di ogni altra cosa.
Forse la morte lo avrebbe aiutato.
Molti si affidavano a lei, avrebbe potuto firmare un accordo.

Lui si sarebbe venduto e in cambio i suoi dolori sarebbero scomparsi.

Conveniente, no?
   
 
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