What kind of man
3. You're drunk and so am I.
Quel
giorno non aveva smesso di
piovere nemmeno per un secondo. Dal cielo nero come la pece
scendevano scariche di acqua e soffiavano raffiche di vento ad alta
velocità che rendevano instabile il traffico cittadino. Bastava un
po' di pioggia per trasformare gli automobilisti. Diventavano subito
inquieti, arrabbiati e decisamente pericolosi. Dopo essersi lasciato
alle spalle l'autostrada principale, la vecchia Cadillac bianca di
Enzo imboccò una stradina secondaria poco conosciuta. Stava tornando
da uno dei suoi giri all'Armeria. Alex era piuttosto stressata.
Nell'ultima settimana la sua squadra aveva setacciato ogni centimetro
della città alla ricerca di Bonnie Bennett senza alcun risultato.
Sembrava essersi volatilizzata insieme agli amici più cari. Il che
era un bene dal momento che stava tramando qualcosa di losco ai danni
della strega. Lui e Bonnie non erano esattamente amici e, in realtà,
non esisteva un termine appropriato per definirli ma sapeva che
proteggerla era la cosa migliore da fare.
La fitta boscaglia che circondava la
stradina nascondeva il rifugio da occhi indiscreti e nemici. Per
arrivare nel punto in cui si trovava la baita, era necessario
percorrere un sentiero non asfaltato difficile da individuare quindi,
a meno che qualcuno non conoscesse la strada, era impossibile
scorgerla.
Enzo fermò l'auto posteggiandola
sotto un albero dalle grandi foglie. Tirò il freno a mano e si
precipitò fuori dall'abitacolo, cercando di evitare la pioggia
battente. La porta di ingresso era socchiusa e dallo spiraglio si
intravedeva solo buio.
- Bonnie? - Chiamò a gran voce, per
sovrastare il rumore dello scrosciare dell'acqua.
Decise di entrare, spingendo in su
l'interruttore della luce. Il soggiorno era vuoto. Gettò una rapida
occhiata ai libri lasciati aperti e sparsi sul divano, la tazza di te
ormai freddo sul tavolino e il vecchio telefono cellulare abbandonato
in un angolo. Bonnie doveva aver trovato parecchie informazioni
perché aveva riempito fogli di appunti e annotazioni. La sua
calligrafia spiccava in mezzo ai post-it e alle fotocopie dettagliate
di vari documenti. Poteva sentire il suo buon odore ma della ragazza
nemmeno l'ombra. Corrugò la fronte, disorientato, mentre perlustrava
le altre stanze. La camera da letto era in perfetto ordine, a parte
qualche vestito adagiato sulla sedia e un solo stivale che giaceva
capovolto vicino alla porta del bagno. Aguzzò l'udito ma quello gli
rivelò il silenzio più assoluto. Bonnie non c'era e, in un primo
momento, si lasciò assalire dal panico, spaventato dall'idea che
qualcuno potesse averle fatto male. Che l'Armeria fosse arrivata fin
lì? Scartò l'idea sul nascere perché in quel caso sarebbe stato il
primo a saperlo.
Dannazione. Dove si era cacciata
quella ragazza?
Tornò in cucina e poggiò i gomiti
sul lavello, ragionando sul da farsi. Mentre alzava gli occhi al
soffitto, notò l'anta dello stipetto della dispensa aperta. La
bottiglia di Bourbon che di solito teneva lì era sparita. Ogni
tanto, a Mystic Falls, gli era capitato di incontrare Bonnie ed era
stato strano vederla tracannare alcool senza fare una piega. Alla
fine le cattive abitudini di Damon Salvatore avevano influenzato
anche la vita della dolce streghetta. Quindi, a meno che non si
sbagliasse, Bonnie doveva essere lì da qualche parte.
Uscì in strada, lasciandosi bagnare
dalla pioggia. Girò in lungo e in largo, attraversando il cortile in
ciottoli mentre il vento ululava spaventosamente. - Bonnie! - Chiamò
ancora e ancora. Proprio quando stava per spostarsi nei boschi, vide
che l'entrata del capannone degli attrezzi era insolitamente libera.
Veloce come il vento si piazzò di fronte e fu allora che il suo
cuore sembrò riprendere a battere. In fondo alla struttura, seduta
su una poltrona logora, vi trovò Bonnie. La raggiunse subito e
storse il naso, venendo colpito dal forte odore di olio e grasso. Si
prese un secondo per osservarla ma non ci volle molto a capire il suo
stato d'animo. Zuppa dalla testa ai piedi, indossava una larga
camicia di flanella trovata chissà dove che le stava appiccicata
addosso e un paio di short neri che lasciavano intravedere le gambe
flessuose e toniche. I capelli bagnati, resi mossi dall'acqua le
cadevano disordinatamente sul viso stanco. Teneva gli occhi chiusi e
si muoveva con i fianchi seguendo il ritmo di una musica inesistente.
Un braccio posato sulla pancia e l'altro che fuoriusciva dalla
poltrona, teso a reggere la bottiglia di liquore vuota per tre
quarti. A terra, la lettera di Damon ancora chiusa nella busta e
colpevole.
Quando si accorse del vampiro, lo
salutò agitando la mano e provò ad alzarsi ma il risultato fu
quello di cadere all'indietro. Enzo sospirò, inginocchiandosi
davanti a lei. - Che ti è successo? Uhm? - Chiese, scostandole dalla
fronte un ciuffo ribelle.
Bonnie lo guardò con occhi
appannati e si sforzò di capire. La voce di Enzo sembrava lontana
anni luce. - Sei tutto bagnato! - Esclamò, divertita. Poi si guardò
i vestiti. - Come me. -
Enzo sorrise, di fronte a quella
Bonnie così sopra le righe. - Sei ubriaca. Ma quanto hai bevuto? -
Lei mimò la quantità con le dita.
- Un po...pochino. Il bourbon è così buono. Damon lo beve sempre,
sempre, sempre. -
Enzo le prese le mani, tirandola su
delicatamente. - Torniamo dentro, tesoro. - Propose. Bonnie però si
divincolò subito, cercando di agguantare la bottiglia. Prontamente
Enzo gliela levò. - Direi che hai bevuto abbastanza per oggi. -
A quel punto Bonnie gli diede una
pacca sulla spalla per allontanarlo. - Sei diventato così noioso. -
Enzo alzò un sopracciglio. -
Noioso? -
Lei gli puntò un dito sul petto,
affondando con l'unghia. - Tu e Damon avete passato anni a bere e
nessuno vi ha mai rimproverati. -
Enzo si lasciò sfuggire un ghigno
sornione. - Noi però, streghetta, siamo vampiri e quella roba non ci
fa niente. - Poi la prese per il polso, trascinandola via da lì.
Bonnie si toccò la testa dolorante
e provò a scostarsi. - Dove mi stai portando? -
- Ad asciugarti, prima che ti prenda
un raffreddore. -
Il panico si impossessò della voce
di Bonnie ed Enzo udì il battito del suo cuore aumentare a
dismisura. - No, no. Devo trovarlo! - Esplose, cadendo in ginocchio
sul pavimento.
Enzo spalancò le iridi scure,
preoccupato. - Chi? -
Bonnie si guardò intorno, girando
il capo a destra e a sinistra. Poi puntò gli occhi lucidi in quelli
di lui e alzò un braccio. - Il mio braccialetto. Vedi, non c'è più!
-
Il vampiro vedeva già i luccichii
delle lacrime, posate sulle ciglia lunghe e pronte a cadere.
- Possiamo cercarlo appena sarà
finita la tempesta, stai tranquilla. - Propose, con tono di voce
accomodante.
In un gesto che richiamava tutta la
sua disperazione, Bonnie si tastò le tempie e poi, lentamente, si
abbracciò le ginocchia al petto. - L'ho perso...come mia nonna, mio
padre, Elena e Damon. - Rise tra le lacrime.
Enzo prese posto accanto a lei e le
sfiorò con delicatezza un braccio. - Bonnie, calmati. - La pregò.
Bonnie nascose il volto tra le mani.
- Voglio solo...voglio solo la mia migliore amica. -
Enzo si incupì. Come avrebbe potuto
aiutarla? Non c'era un modo per alleggerire la sua pena e la cosa lo
faceva sentire piuttosto impotente. - Mi dispiace, mi dispiace
davvero. - Rispose, la voce incrinata. Poi digrignò i denti. - Damon
è un coglione. Ed Elena...Elena non vorrebbe vederti ridotta in
questo stato. -
Lei alzò di scatto il capo e ingoiò
il groppo in gola. Il mascara le si era sciolto lungo le guance e
appariva profondamente provata. - Tu...tu non sai niente. - Lo
accusò.
Enzo annuì. - Forse hai ragione ma
credimi, sono in giro da molto tempo per capire che non hai bisogno
di quella robaccia. -
Bonnie afferrò la lettera di Damon
e se la rigirò tra le mani, pensierosa. - Volevo solo stare bene per
un po'. Ne avevo bisogno. -
In quel preciso istante la ragazza
sembrò aver recuperato un pizzico di lucidità. - Ho capito, sul
serio. - Affermò Enzo alzandosi in piedi. Aiutò Bonnie a tirarsi su
con estrema facilità.
- Però adesso sarà meglio tornare
dentro. Stai tremando. - Lei, aggrappandosi alle sue forti braccia,
si fermò a fissarlo ammirata. - Hai degli occhi così belli. -
Enzo appurò con estremo piacere che
il battito cardiaco della ragazza era nuovamente aumentato. Le toccò
il naso, teneramente, e sorrise cercando il suo sguardo. - Grazie,
anche i tuoi non sono male.- Si staccò quasi subito. Non era il caso
di approfittarsi della situazione.
Bonnie seguì il vampiro
all'esterno, dove la pioggia aveva iniziato a cadere con minore
intensità, e correndogli dietro gli si affiancò. Le tremavano le
gambe e si sentiva un po' frastornata ma soprattutto era come se
sopra la sua testa ci fosse un peso enorme che rimbalzava
continuamente.
Enzo prese ad osservarla mentre la
ragazza si soffiava aria sulle mani per scaldarsi. Era decisamente
buffa nella sua strana camminata a zig zag. Sul suo volto si posò un
sorriso canzonatorio. - Credi di farcela? - Sghignazzò.
Bonnie ridusse gli occhi in due
piccole fessure e provò a mandargli un aneurisma magico, ma a quanto
pare non era più in grado. - Per chi mi hai preso? -
Enzo la pungolò scherzosamente sui
fianchi. - Per un ubriacona. -
Lei alzò un dito con decisione. -
Non sono ubriaca. Sto bene. -
- Non si direbbe dai tuoi movimenti
alquanto bizzarri. - Rispose quello scrutandola con poca convinzione.
- L'apparenza inganna. - Affermò
Bonnie mentre alzava un sopracciglio e accelerava il passo.
Entrarono in casa, e subito si
piazzarono davanti al camino le cui fiamme sprigionavano calore a
sufficienza per scaldarli.
Bonnie si portò una mano alla
bocca, allarmata, poi scappò in bagno alla velocità della luce.
Enzo, che aveva già capito cosa fosse successo, sospirò e mosse
alcuni passi incerti verso la camera da letto. Si accostò alla porta
del bagno tendendo l'orecchio verso l'interno. - Che ti prende? -
- Non mi sento molto bene. - Fu la
risposta di Bonnie dopo svariati minuti, la voce rauca e quasi
impossibile da udire.
La sentì tossire e vomitare più
volte, come da copione. - Mi dispiace. - Commentò, costernato. - Hai
bisogno di aiuto? -
Dalla gola di Bonnie uscì uno
strano fragore. - Non preoccuparti. - Assicurò. I suoi conati di
vomito riempirono nuovamente il silenzio della stanza, seguiti a
ruota dal rumore dello scarico del gabinetto. - Sei sicura? - Chiese,
Enzo apprensivo. - Sul serio, non c'è alcun problema. -
Bonnie impiegò un po' di tempo
prima di rispondere. - Tra poco mi passa. Faccio una doccia e mi
riprendo. -
Enzo
decise di lasciar perdere e tornò alle sue faccende. In cucina
preparò una limonata calda per Bonnie e attese, seduto sul divano.
Passò almeno un'ora, poi la ragazza tornò. Si era cambiata d'abito
e appariva un filino più rilassata. Indossava una lunga t-shirt
bianca e un pantacollant nero, aderente. Era scalza e i piedi sottili
si muovevano veloci sul pavimento di legno che scricchiolava ad ogni
suo passo. Portava i capelli raccolti in una coda disordinata dalla
quale erano sfuggite qualche ciocche. Si sedette accanto ad Enzo,
buttandosi di colpo come un sacco di patate, poi accavallò le gambe
e diede al vampiro un'occhiata fugace.
Lui
le porse la tazza bollente accompagnando il gesto con un ampio
sorriso di incoraggiamento. - Come stai? -
Bonnie
afferrò tra le mani la tazza e fissò il contenuto, stringendosi
nelle spalle. - Uno straccio. - Fece una pausa, poi sbuffò. -
Penserai che io sia una stupida. - Soffiò timidamente.
-
Bonnie, tu non sei stupida. - Chiarì, Enzo mettendoci forse troppa
emozione nella voce suadente. Lei sussultò e voltò il capo dalla
sua parte, prendendosi un po' di tempo per osservarlo...rapita dalla
sua personalità fiera e impetuosa. Emise un sospiro tremolante e
cercò di far scomparire i brividi che le correvano lungo la schiena.
-
Sul serio? Mi sento proprio così. - Confessò, puntando nuovamente
gli occhi sul caldo liquido che profumava di limone.
Enzo
rimase fermo nella sua posizione per qualche secondo, cercando di
imprimersi nella mente ogni singolo particolare che le sue pozze
sovrannaturali riuscivano a captare. Era uno spettacolo troppo bello
al quale assistere. Bonnie Bennett stava risvegliando in lui
qualcosa, qualcosa che lo lasciava di stucco ogni volta che si
trovavano insieme nella stessa stanza. - Vuoi parlarne? - Chiese con
dolcezza, studiando attentamente la sua reazione.
Bonnie
sembrò essere attraversata da una nube di preoccupazione. - Ho i
ricordi ancora confusi ma, dimmi...dimmi che non ho fatto cose tanto
strane e imbarazzanti. - Replicò con una certa premura nel tono
della voce.
Enzo
si umettò le labbra e fece una risatina diabolica, puntando le iridi
scure in quelle verdi di lei. - Per cose strane e imbarazzanti
intendi il nostro sesso sfrenato? -
Udendo
quelle parole, Bonnie quasi fece cadere la tazza. Le sue guance si
infuocarono e spalancò la bocca, allarmata. - Cosa? - Gracchiò.
-
Sto scherzando. - Ammiccò, trattenendo a stento una risata. - La tua
espressione è qualcosa di fantastico, sul serio. -
Bonnie
gli diede una pacca non troppo affettuosa sul braccio poi ridusse gli
occhi in due piccole fessure. Rise un secondo dopo. - Vorrei farti
provare un po' di dolore ma sono una strega senza poteri al momento.
- Ammise, sospirando.
Enzo
fece schioccare la lingua sul palato. - Che peccato! -
Il
discorso cadde lì e Bonnie assaggiò la limonata. Il gusto le
piacque così tanto che, dopo averla lasciata raffreddare, la finì
in poche sorsate. Posò la tazza in ceramica sul tavolino da caffé e
sbadigliò, di colpo sopraffatta da una strana stanchezza. Non voleva
addormentarsi sul divano così indugiò per un po' sul da farsi.
Forse avrebbe resistito ma sentiva le palpebre pesanti e
probabilmente si sarebbe addormentata da lì a poco. Lo stomaco aveva
smesso di brontolare ma forse un po' di riposo le avrebbe fatto solo
bene. Si schiarì la gola, per attirare l'attenzione di Enzo,
impegnato nella profonda lettura di un grosso tomo dalle pagine
ingiallite. - Se non ti dispiace, vado a stendermi un po' nel letto.
Ho bisogno di farmi una dormitina. -
Enzo
annuì. - Nessun problema, io torno in città. Starò via per almeno
una settimana ma nella dispensa c'è tutto e se dovessi aver bisogno
di qualcosa...chiamami. Ti ho ricaricato il cellulare. -
-
Va bene. Grazie. - Rispose lei, nascondendo la repentina delusione
nell'apprendere che non lo avrebbe visto per chissà quanto tempo.
Gli diede le spalle e si rintanò nella propria camera.
Enzo
la seguì con lo sguardo fino a quando gli fu possibile, inebriandosi
del profumo della ragazza che ancora una volta riusciva a stordirlo
come una pericolosa tentazione.
Spazio autrice
Lo
so, sono in un tremendo e ripeto, tremendo ritardo. Avrei dovuto
pubblicare il capitolo giorni fa' ma sono stata impegnata e non ho
avuto proprio tempo. Perdonatemi.
Comunque,
mi scuso anticipatamente per il capitolo un po'...strano. Non so, non
mi piace molto come è uscito alla fine. Avrei voluto scrivere di più
ma se lo avessi continuato, chissà quando sarei riuscita ad
aggiornare...Beh in ogni caso fatemi sapere che ne pensate. Per i
prossimi capitoli ho in mente un po' più di brio che coinvolgerà
entrambi. Vi mando un abbraccio, alla prossima!
DS91