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Autore: sabdoesntcare    05/06/2016    2 recensioni
"Caro John". Sherlock inizia il suo post con queste due parole. E le ripete, quasi bloccandosi su di esse, perché forse racchiudono tutto quello che ha provato da quando ha conosciuto quel piccolo, fragile, fortissimo medico militare. Cerca di andare avanti, di tirare fuori ciò che quelle parole significano, ma è come cercare di togliere una spina dal cuore: è per il tuo bene, ma ti senti morire ogni volta che ci provi.
La storia inizia da qualche giorno dopo il matrimonio di John e Mary, tuttavia lei non è incinta.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Mi sorride, ed è il sorriso più ripugnante e odioso a cui io abbia mai assistito in vita mia.
“Non sai ancora nulla, vero Sherlock?”
“Dipende. A cosa ti riferisci?” lo so benissimo, eppure ho bisogno di sentirlo uscire dalle sue luride labbra da maniaco.
“A quello che ho fatto a John, ovviamente.”
Mi avvicino a grandi passi, senza nemmeno rendermene conto. Non sento il mio corpo muoversi eppure adesso siamo qui, a pochi centimetri di distanza, l’uno con gli occhi piantati in quelli dell’altro.
“Parla, prima che ti impicchi con la tua stessa cravatta.” Dico quasi ringhiando.
“Beh, devo dire che è stato divertente. John all’inizio è stato davvero scontroso con me, seppur legato non faceva altro che urlare e minacciarmi… un povero illuso, mi ha fatto tenerezza. Talmente tanta tenerezza da scatenare una certa passione in me, così mi sono dato da fare. Ci sentivamo entrambi così soli, non credi sia stata una grande idea?”
Rimango in silenzio, lo shock mi impedisce di capire cosa abbia appena detto.
Ho capito male. Devo aver capito male.
“Non ti seguo” dico con un fil di voce.
“Ma certo caro Sherlock, del resto sei una mente semplice. In poche parole: John ha soddisfatto tutti i miei desideri per una notte. Non mi sembra abbia gradito molto, ma non importa.” Il suo solito sorriso si trasforma a questo punto in un ghigno ancora più diabolico, compiaciuto e a quanto pare vagamente eccitato dal proprio racconto.
Quella smorfia grottesca sul suo viso mi risveglia dallo stato catatonico in cui ero caduto, sento il bisogno di ucciderlo.
Devo ucciderlo.
Adesso.

Lo spingo per poi lanciarmi su di lui e prenderlo a pugni. Sanguina copiosamente e sorride, ma perché? Perché non prova dolore?
“Sherlock, apri gli occhi” dice sorridendo beato, nonostante le ferite evidenti.
“Davvero vuoi che le tue ultime parole siano così stupide?” dico compiacendomi alla vista del sangue.
Continuo a colpirlo, ormai posseduto da gelosia animalesca e furia disperata per il povero John.
Il mio povero, disperato John… chissà quanto dolore gli avrà procurato e quanta vergogna avrà provato, immagino il suo viso segnato dal turbamento, dalle sevizie e sento la nausea salire.
Decido di strangolarlo, non merita di vivere un istante di più.
Eppure respira ancora, possibile che io non riesca a metterci abbastanza forza?
“Sherlock, ci sei?”
“Sta’ zitto”
“Sherlock”
“muori”
“Sherlock, svegliati”

“ho detto muori!” urlo, alzandomi di scatto.
Sto sudando freddo e respiro molto velocemente. Dove mi trovo?
Inizio a distinguere attorno a me quella che sembra una stanza da letto molto ampia. Non sono a Baker Street e sembra una delle stanze di mio fratello a giudicare dai mobili, una in cui non sono mai stato. Ho un’emicrania lancinante e le vertigini, eppure sono sicuro di non aver bevuto.
Volgo lo sguardo verso la figura accanto a me, probabile autrice di tutti quei richiami.
“Oh Dio.”
“No Sherlock, non sei riuscito a morire nemmeno stavolta. Sono solo quell’idiota del tuo coinquilino, hai presente?”
John mi rivolge il suo solito sguardo omicida, eppure non potrei essere più felice.
O meglio, lo sarei se il suo viso non fosse martoriato. Ha un occhio nero, tagli superficiali un po’ ovunque, quella che sembra una bruciatura sul collo…
Improvvisamente torno – del tutto - alla realtà.
“Moriarty!” urlo saltando giù dal letto, non c’è un momento da perdere e quell’uomo deve morire.
“Sherlock, ferm-“
John fa per bloccarmi, ma nel frattempo sono già caduto a terra.
Mi aiuta a rimettermi sul letto, spiegandomi che con la quantità di eroina che avevo assunto ero già fortunato ad essere vivo e che dovevo aspettare almeno un paio d’ore perché il mio equilibrio venisse ristabilito.
“Perché l’hai fatto?”
“Non ricordo, John. Te lo giuro.”
“Non so quante volte ti ho ripetuto di smetterla con gli stupefacenti”
“Nemmeno ricordo perché l’ho fatto. Parliamone un’altra volta, per favore.”
“Dopo che sarai morto di overdose?”
“Non morirò di overdose, so quello che faccio. Fidati di me.”

John sospira, continuando a guardarmi scocciato.
“Riprenderemo il discorso appena starò meglio. Comunque sia, spostati.”
“Cosa?”
“Sherlock Holmes, spostati. E’ un ordine.” Dice scherzosamente autoritario.
Mi spinge leggermente il fianco, per farmi capire che devo distendermi più in là sul letto.
Obbedisco, per poi vederlo sdraiarsi accanto a me.
“Anche io non riesco a stare in piedi, ad essere sincero aspettavo il tuo risveglio solo per poter condividere il letto e smetterla di stare su quella dannata sedia.”
Ci giriamo a guardarci, ridendo. Sembra che tutte le paure spariscano quando sento la sua risata, il mondo non è più così grigio, banale e volgarmente crudele.
Necessito però di rompere questo momento di pace per sapere la verità.
“John.” Smetto improvvisamente di ridere e lo guardo rimanendo assorto nei suoi occhi cristallini a poca distanza dai miei, nascosti in parte dal cuscino.
“Cosa?”
“Devo chiederti… cosa ti ha fatto di preciso Moriarty?”
Improvvisamente la luce nel suo sguardo si spegne, evita il contatto visivo.
“John.”
“Sherlock, non c’è bisogno che ti preoccupi”
“Te ne prego.”
“Beh… mi ha obbligato a guardare dei video, oltre a pestarmi ovviamente.”
“…nient’altro?”
Sento la sua voce sul punto di spezzarsi.
“Doveva fare anche altro?”
“No, ti chiedo scusa. Volevo solo conferma. Quindi, nient’altro?”
“Nient’altro.” Ripete lui, tirando su col naso e obbligandosi a fare la faccia da soldato che non piange per niente al mondo. Deve avergli mostrato cose davvero orribili per turbarlo così.

Vorrei consolarlo, ma non sono mai stato bravo in queste cose. C’è sempre quella vocina nella mia testa che mi ordina di abbracciarlo eppure so che non ne sarei capace, soprattutto in questa situazione.
Due uomini sdraiati a letto in pessime condizioni fisiche che si abbracciano, che senso avrebbe? Se entrasse mio fratello, cosa potrei dire?
I miei pensieri vengono interrotti da John che con un fil di voce pronuncia il mio nome, sembra quasi debba rivelarmi un segreto.
“Sherlock.”
“Sì?”
“Sai che sono qui per te e che nemmeno mille Moriarty potrebbero pestarmi abbastanza da impedirmi di trovarti ogni volta che sei in pericolo, vero?”
“Sì.”
Vorrei digli grazie, eppure mi rimane incastrato dentro come sempre. Parole non dette, il peggior veleno per l’essere umano.
Lo guardo di nuovo con l’insicurezza di chi non sa svuotare il proprio cuore e mi accorgo che ha appena chiuso gli occhi, visibilmente stanco e provato.
Chiudo gli occhi anche io, cercando di riposare facendomi trascinare dal ritmo regolare dei respiri di John. 
   
 
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